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Autore: flowersinmyhair    11/12/2014    2 recensioni
Capita poi casualmente che Harry alzi lo sguardo e che, altrettanto casualmente, lo posi sulla figura di Louis che tiene in braccio una bimba dai capelli color cioccolato e con le guance paffute. Louis lo sta già guardando da un po’, e non si perde la luce che attraversa i suoi occhi e poi si perde nel momento in cui Harry fa caso alla presenza di Eleanor.
Entrambi sanno che dovrebbero semplicemente superarsi e fare finta che nulla sia successo; entrambi sanno che è una gigantesca ma inevitabile cazzata, quella di fermarsi in mezzo ad un vialetto di Hyde Park.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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To build a home
 
In Inghilterra non esistono giornate che non finiscono mai. Esistono, piuttosto, giornate che non sono mai iniziate, le nuvole che coprono il sole e la pioggia che batte ad intermittenza, paesaggi e rumori sono così monotoni che diventa difficile riconoscere le sei del mattino dalle otto di sera. Louis sa però che l’odore di pane tostato e di tè ai frutti di bosco segna le prime ore del mattino; quindi si alza, rabbrividisce appena quando è costretto ad uscire dalle coperte, cammina a piedi nudi verso la cucina producendo un rumore sordo che invade le camere del suo grande appartamento. Lo accolgono nella stanza due paia di occhi da cerbiatto, Louis sorride stancamente ma sinceramente prima di lasciare un bacio a stampo sulle labbra di Eleanor e un lungo bacio umido sulla guancia di Valerie – uno schiocco rompe l’aria ferma, facendola vibrare. La cravatta ruvida ed eccessivamente stretta attorno al collo significa lavoro. Louis arriva in redazione verso le otto della mattina e non la lascia prima delle sette di sera, quando anche la luce del corridoio si spegne, ricordandogli che avrebbe dovuto finire il suo lavoro da un pezzo – e magari Louis l’ha anche fatto, ma questo non è necessario ammetterlo. A sé stesso così come agli altri. I rumori che riempiono le serate sono piuttosto monotoni sul lungo andare: i cartoni animati di Valerie alla televisione, la sua voce acuta e infantile che recita le poesie imparate a memoria all’asilo, i gemiti e i respiri pesanti di Eleaonor quando la bambina è dai nonni. A Louis piace il cibo cinese, a Eleanor quello indiano e a Valerie piace la pizza – “Non quella di papà, comunque” -, così una volta a settimana ordinano una cena a domicilio, diversa di volta in volta per accontentare tutti. Louis, Eleanor e Valerie si  addormentano poi con l’odore del tè alla menta nelle narici, magari con le voci di qualche film per la famiglia come sottofondo e loro accoccolati uno stretto all’altro sul divano. E Louis sta bene, in qualche modo.
 
Quando Harry Styles ritorna è semplicemente un fottuto disastro, e Louis lo sa dal primo momento in cui lo vede, testa bassa e ricci che gli ricadono sul viso, le mani infilate nelle tasche di un cappotto strettissimo che gli fascia il corpo donandogli delle curve quasi femminili. Capita poi casualmente che Harry alzi lo sguardo e che, altrettanto casualmente, lo posi sulla figura di Louis che tiene in braccio una bimba dai capelli color cioccolato e con le guance paffute. Louis lo sta già guardando da un po’, e non si perde la luce che attraversa i suoi occhi e poi si perde nel momento in cui Harry fa caso alla presenza di Eleanor.
Entrambi sanno che dovrebbero semplicemente superarsi e fare finta che nulla sia successo; entrambi sanno che è una gigantesca ma inevitabile cazzata, quella di fermarsi in mezzo ad un vialetto di Hyde Park per poi guardarsi per diversi istanti e chiamarsi quindi a vicenda quelli che potrebbero essere pochi secondi ma anche qualche ora più tardi. Due nomi che fluttuano nell’aria gelida di una Londra sotto Natale, che la riscaldano e vibrano forti, facendosi spazio sotto la pelle.
“Chi è, tesoro?” chiede una voce femminile, ricordando a Louis che Eleanor è ancora al suo fianco. “Un vecchio amico”, risponde di malavoglia, mentre mette Valerie nel passeggino e si obbliga a reprimere l’istinto di toccare Harry in qualsiasi modo; e comunque l’altro gli è addosso pochi istanti dopo, prima ancora che Louis possa realmente mettere a fuoco la situazione. Le braccia di Harry sono così lunghe che gli avvolgono completamente la vita e il mento di Louis arriva appena sopra la sua spalla, così che quando sono stretti creano un incastro perfetto, unico e che Louis ha sempre trovato estremamente giusto. Harry sussurra un “Mi sei mancato” che ha un suono quasi doloroso, strozzato; Louis sbuffa nei capelli dell’altro e pensa che vorrebbe incastrarci le dita, fra quei ricci scuri e disordinati.
Intanto Eleanor spinge dolcemente il passeggino avanti e indietro, guardando ignara e sorridente l’abbraccio fraterno fra suo marito e Harry.
 
“Una birra. Solo una birra”

Niall Horan è il proprietario di un pub – il The Old Ship – nella zona di West London, ha origini irlandesi ed è il migliore amico di Louis – o la sua peggiore disgrazia, questo dipende dai punti di vista – da quando il ragazzo ne ha memoria. Quando Louis entra nel locale accompagnato da Harry, Liam schiocca la lingua sul palato, Zayn si prende qualche istante per ponderare la situazione e poi scuote il capo contrariato, “Proprio come una volta” commenta quindi Niall dando voce al pensiero comune. Sotto lo sguardo indagatore di quelli che erano i suoi migliori amici, Harry si sente estremamente sotto pressione. Allunga la mano destra e quasi per istinto o forse per abitudine stringe il polso stretto di Louis fra le dita, facendo una leggera pressione. L’atmosfera generale, in ogni caso, si fa più rilassata nel giro di pochi istanti: “Bentornato, Harry” annuncia quindi Niall alzando il suo boccale di birra a mezz’aria. Louis vorrebbe dirlo che è lì solo per una birra, ma poi semplicemente non lo fa. Pensa solo che Niall Horan, fra le altre cose, è anche un grandissimo bastardo.
 
Liam e Niall ridono rumorosamente ricordando un aneddoto del passato, Louis e Harry si limitano ad osservarsi intensamente con un sorriso accennato sulle labbra e gli occhi resi più scuri e lucidi dall’alcol – "Beh, magari due. Di birre". Zayn passa la punta dell’indice sull’imboccatura della sua bottiglia di birra, sembra non pensare assolutamente a nulla ma “Harry Styles, perché te ne sei andato?”, chiede invece guardando Harry attraverso le sue ciglia lunghe e scure che, con gli occhi stretti come li ha adesso, sembrano addirittura in grado di coprirgli completamente la vista. Harry sa che Zayn lo sta giudicando, il suo tono deciso ma così evidentemente colmo di risentimento parla chiaro. Harry sa anche che Zayn sta facendo quella cosa che Louis ha sempre voluto ma non ha mai avuto il coraggio di fare; consapevolezza che fa incredibilmente e sorprendentemente male. Prende un respiro, socchiude gli occhi: “Cercavo la libertà, immagino” dice poi riaprendoli e incastrandoli in quelli scurissimi di Zayn – la dita che strizzano appena la coscia di Louis, però, indicano chiaramente chi sia il vero destinatario di quelle parole. Zayn sbuffa un verso contrariato, scuote la testa e si accascia sulla sedia; non è ovviamente soddisfatto dalla risposta, ma la verità è che le ragioni di Harry hanno smesso di interessargli davvero da qualche tempo ormai. A Louis invece, nonostante tutto, probabilmente quelle ragioni non smetteranno mai di interessare. Così, quando Zayn sembra essere tornato ai suoi pensieri e Niall e Liam sono troppo presi dalla loro conversazione per prestare loro attenzione, “E l’hai trovata?”, chiede incerto. Lo fa muovendo nervosamente le gambe e con lo sguardo fisso sulle sue mani intrecciate sopra al tavolo, non alza la testa per un solo secondo; Harry, invece, lo osserva quasi in contemplazione: dai capelli spettinati che gli danno da sempre l’aria di un perenne liceale alla maglietta con delle stampe che parlano di un asilo nido e la scritta “STAFF” a grandi caratteri sul retro, la bocca sottile e la barba appena accennata, il profilo armonioso e lo sguardo stanco, i suoi occhi così immensamente blu e la fede al suo dito: “No”, risponde mordendosi forte la carne morbida all’interno della guancia fino a che non la sente bruciare.
 
Sembra che il tempo abbia smesso di scorrere nella cameretta di Harry a casa Styles. Sono finiti a letto insieme, comunque, e mentirebbero se dicessero che non sapevano sarebbe successo fin dal primo momento in cui si sono rivisti.
Louis ha una mano aperta sul petto nudo di Harry, le dita dell’altra giocano piano con i suoi ricci; ha mille pensieri per la testa, ma si trova incapace di esprimerne anche un solo. La verità è che avrebbe solo cose dolorose da dire e, dopo cinque anni di assenza, dopo cinque anni da quando Harry l’ha lasciato senza spiegazioni nel vuoto in cui una volta c’erano loro due, Louis non è ancora pronto a ferirlo in alcun modo. Quindi si morde piano le labbra, ricaccia indietro i pensieri e osserva Harry steso al suo fianco in modo quasi maniacale perché gli è mancato, perché diverse volte in quegli anni ha avuto paura di poterlo dimenticare e ora che ne ha la possibilità ha intenzione di osservarlo fino a quando non sarà in qualche modo impresso nella sua mente e magari anche in ogni parte del suo corpo.
“Avevo una paura fottuta.- dice all’improvviso Harry, Louis non lo sta guardando in viso ma sa per certo che l’altro sta piangendo, seppur piano. Tira appena una ciocca dei suoi capelli, non sa se per incitarlo a fermarsi o a continuare –Di noi. Di quello che avevamo. Era così potente, Louis, e semplicemente credevo di non riuscire a gestirlo. Mi— Harry singhiozza all’improvviso, Louis stringe le dita attorno al suo braccio e affonda il viso fra il suo collo e la sua spalla, cerca fisicamente e mentalmente ogni appiglio per non crollare insieme all’altro –Mi dispiace”

“Rilassati. Non riuscirei a vivere nella casa che avevo comprato per noi”

L’appartamento di Louis è più grande di quello che ci si potrebbe aspettare osservando il condominio dall’esterno; è luminoso, bianco e colori sobri regnano sovrani e l’aria sa di bucato, lavanda e detersivo per i pavimenti. L’ambiente quasi asettico è reso vivace da diverse foto attaccate alle pareti che ritraggono Louis e la sua famiglia, sorridenti e felici, e da innumerevoli dettagli che rendono chiara la presenza di un bambino in casa: il frigorifero tappezzato di disegni fatti con pennarelli grossi e di magnetini a forma di lettere, quelli che si trovano negli yogurt o nei succhi di frutta, una coperta di plaid con delle nuvolette sullo sfondo azzurro cielo arrotolata in un angolo del divano, bicchieri di plastica colorata poggiati letteralmente ovunque, c’è anche un baby monitor sul mobile della televisione in salotto. “Valerie è un po’ grande per quello,- dice Louis indicando la radiolina, quando si accorge che Harry la sta guardando da diversi secondi –ma a Eleanor piace ascoltarla mentre dorme” conclude mentre un sorriso accennato gli illumina il volto; Harry lo imita per qualche istante, prima che il sorriso di entrambi si spenga in un sospiro leggero.

“Avrei risposto di sì, comunque.- Harry sta quasi sussurrando, ma Louis lo sente e sbuffa di conseguenza una risata isterica; non ha bisogno di chiarimenti, perché sa esattamente di cosa Harry sta parlando. Prima che possa dire qualcosa, Harry riprende a parlare –E non c’è stato un solo momento in questi cinque anni in cui non mi sia pentito di non averlo fatto.- riposa delicatamente sul mobile da cui l’aveva presa una fotografia che ritrae Louis ed Eleanor il giorno del loro matrimonio, passa quindi il pollice sulla guancia di Valerie a poco meno di un anno, nella fotografia accanto –Potrei esserci io, al suo posto”
Louis sente, nel petto e nello stomaco e poi in tutto il corpo, un’infinità di sentimenti contrastanti che lottano fra di loro e che gli rendono difficile rimanere lucido, tanto fanno male. Solo dopo un singhiozzo forte che gli scuote tutto il corpo, Louis è di nuovo in grado di parlare: “Non potresti, Harry, perché niente di tutto questo è stato pensato per te”

“C’era nei miei piani, cinque anni fa, una casa ad Hampstead vicina alla fermata della metropolitana che collega il quartiere a Camden Town, perché so che questi sono i tuoi posti preferiti al mondo. La cerimonia del matrimonio sarebbe stata estremamente sobria, probabilmente ti avrei concesso di celebrarlo a Los Angeles ma devo ammettere che non ti avrei mai dato il permesso di indossare quel vestito tutto lustrini e papillon rosa di cui mi parlavi in continuazione.- Louis contrae il viso in una smorfia che assomiglia dolorosamente a quella che era solito rivolgergli anni prima, quando parlavano dell’organizzazione del loro eventuale futuro matrimonio e quell’orribile completo saltava puntualmente fuori, Harry che lo pregava arricciando le labbra e accoccolandosi al suo petto come un bimbo piccolo che chiede alla mamma di comprargli un nuovo giocattolo. Sorridono complici, occhi azzurri ed occhi verdi che sembrano dimenticarsi per qualche istante del presente; poi Louis sospira e torna al suo discorso –La luna di miele era già prenotata, quando ti ho chiesto di sposarmi.- Louis si morde forte il labbro inferiore, gli occhi sono ormai lucidi e anche se volesse, sa che non ci sarebbe modo di nascondere il suo pianto imminente, quindi decide semplicemente di non farci caso. –Saremmo stati da soli in India per un paio di settimane, ma il viaggio si sarebbe concluso con un tour on the road dell’America con Zayn, Niall e Liam, sai, quel progetto di cui parlavamo dai tempi del secondo anno di liceo e che pensavamo non avremmo mai realizzato; non che ci sbagliassimo, in realtà.- Harry lo abbraccia con delicatezza e senza urgenza, Louis vorrebbe davvero poter dire di avere la forza o la voglia di allontanarlo, ma sarebbe solo l’ennesima gigantesca bugia. –La vita che avevo immaginato per te, Harry, con te, sarebbe stata straordinaria e anche se magari le cose non sarebbero andate secondo i miei piani, non mi sarebbe assolutamente importato perché avrei avuto te. Ma questo, Harry, questa casa, questa vita e questa famiglia non sono adatte a te, sei semplicemente di troppo qui".

Harry si guarda attorno, si sente strano riguardo alle parole di Louis perché in realtà crede di non essersi mai sentito tanto a casa come lì, in quel luogo pieno di dettagli che urlano di Louis e della sua nuova vita senza di lui; perché dopo tutto, è lì che c’è Louis e non è così che funziona? Le circostanze non dovrebbero essere un dettaglio secondario e pressoché insignificante di fronte all’amore? L’unica cosa importante non dovrebbe essere poter stare con la persona che si ama? Ed è a quel punto che un pensiero fastidioso e così tagliente che sarebbe in grado di farlo morire dal dolore sull’istante si fa spazio nella sua mente per poi raggiungere ossa, pelle e organi vitali: “La ami?”

“Sì”, e in questo caso Louis mentirebbe se dicesse il contrario. Ama Eleanor, la ama immensamente e non solo perché è la madre di sua figlia – vorrebbe dirlo, questo, ad Harry; perché lo legge nei suoi occhi adesso pieni di invidia mista ad una rabbia primordiale che è esattamente quello che sta pensando, che il ragazzo di fronte a lui non riesce e non vuole credere che fra lui ed Eleanor non ci sia nulla di più di un legame dovuto ad una figlia condivisa. Louis è profondamente ferito da questa convinzione di Harry, vorrebbe davvero urlargli che non è colpa sua se lui ha deciso di mandare tutto a puttane fra di loro, che non si sente in colpa per aver almeno provato ad andare avanti dopo che la sua assenza ha praticamente minacciato di distruggerlo, che Harry non poteva davvero credere che l’avrebbe aspettato per tutta la vita; ma non lo fa, e non solo perché in fondo, da qualche parte, ha ancora paura di ferirlo; lo fa per Valerie, per Eleanor e per sé stesso, perché la verità è che all’improvviso realizza di non dovere ad Harry nessuna spiegazione. Poi, Harry gli afferra il polso – decisamente per abitudine, Louis non avrebbe mai dovuto dubitarne - e lo stringe con forza eccessiva. Mentre parla ha gli occhi gonfissimi, le gambe sono sul punto di cedere: “Mi ami?”

“Sì”, Louis ama Harry al di là di ogni limite che umanamente riesce ad immaginaire e per questo lo bacia, nonostante tutto, per quella che dovrà essere l’ultima volta. Lo bacia sulla bocca, poi il collo e le spalle, ogni millimetro di pelle esposta, rimarcando i succhiotti della notte precedente e prendendosi tutto il tempo del mondo. Quando torna a baciargli le labbra, tutto ciò che Louis prova è dolore. Sa che è davvero definitivo, che non potrà mai più toccare Harry, sentirlo suo, stringerlo e farsi stringere fino a quando non importa più dove finisce uno e dove inizia l’altro. Le sue braccia si intrecciano istintivamente dietro al collo di Harry, lo avvicina finché non sente i muscoli bruciare per lo sforzo e non vuole lasciarlo andare, non ora; sa però anche che in ogni caso non ne avrà mai abbastanza, e che deve riuscire quindi a trovare da qualche parte quella forza per dirgli addio.
“Ti amo, e probabilmente lo farò per sempre” dice dopo essersi allontanato, ad occhi chiusi, perché è sicuro di non riuscire a reggere quegli occhi verdi che sapeva l’avrebbero fottuto fin dal primo istante in cui gli ha incrociati, come se quello fosse il loro unico scopo. Vorrebbe aggiungere un “Ma abbiamo sbagliato”, solo che d’un tratto sente che “sbagliare” non è probabilmente il verbo giusto. Harry, davanti a lui, è scosso dai singhiozzi: “Dimmi solo—Dimmi come posso andare avanti sapendo che mi ami. Come posso andare avanti per una vita intera sapendo che ti avrò per sempre ma non ti avrò mai davvero”
“Ricordati solo che starò bene, Harry. E che sarà lo stesso per te”

“Ci credi ancora,- Harry, appoggiato con una spalla allo stipite della porta d’ingresso, si sta asciugando gli occhi gonfi con la manica della sua felpa, i ricci gli ricadono disordinati e gli si appiccicano sul viso bagnato. La sua bocca, in ogni caso, è piegata in un leggero sorriso -Louis Tomlinson,- continua, occhi che si incastrano e di nuovo quei due sorrisi complici –a quelle cazzate sulle infinite vite future in cui finiremo sempre per incontrarci ed innamorarci, a prescindere dal tempo, dal luogo e dalla circostanze in cui ci troveremo?”. Louis rotea gli occhi, per qualche istante Harry teme di essere stato patetico o inopportuno, poi Louis gli lascia uno sbuffetto sul braccio: “Quante volte ti ho detto– fa, puntandogli un dito sul petto e guardandolo con espressione seria –di non chiamarle cazzate, Harry Styles?”. Harry non sa se deve credergli davvero, se quello con cui sta parlando è lo stesso Louis di qualche anno prima o se è il Louis ormai cresciuto e padre che sta solo tentando di rendergli le cose più facili; sa, però, che non ha paura di fare la figura dell’Harry ancora sedicenne che pende dalle sue labbra e gli crede senza riserve, quando: “Alla prossima allora, Louis. E sappi che indosserò quel vestito”
 
   
 
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