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Autore: Lady Stark    11/12/2014    1 recensioni
"Il mondo è un luogo così crudele"
Nel profondo ventre della terra, il ruggito di un drago risveglia la notte diffondendo in essa oscuri presagi.
Il sangue della vestale macchia gli affilati artigli della bestia, le catene che trattenevano la sua furia si sono ormai spezzate.
La sacerdotessa inneggia la sua preghiera alla ricerca di una giovane donna che rimpiazzi quello sfortunato destino fatto di violenza e dolore.
La musica di un sorriso che non ha mai conosciuto, condurrà Len in un lungo viaggio alla ricerca della sorella scomparsa tanto tempo fa, quando lui era solo un bambino.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il passato celato dietro il profilo di una cicatrice. ~ Chapter XIII

Gakupo si addormentò non appena la sua pelle si riscaldò un poco; allo stesso modo, il piccolo Alain cominciò a russare sommessamente dopo neanche mezz'ora, accoccolato sulle gambe del consigliere come un gattino.

Kaito era rimasto cocciutamente in silenzio, chiuso nel proprio inferno di bollente senso di colpa.

I suoi occhi sembravano essersi cementificati sul viso della guerriera, i pensieri sfrecciavano come ombre nelle sue pupille spente.

-Len, dimmi una cosa..- la voce dell'uomo rimbalzò contro le pareti rocciose della piccola grotta, tanto roca da spaventare il sonnolento ragazzo biondo.

-Sopravviverà?-

Il ragazzo abbassò desolatamente lo sguardo, osservando con preoccupazione il colorito malato dell'infezione propagarsi sulla pelle tesa.

-Non sono in grado di fare una previsione, Kaito. Non sono un medico e sinceramente..- cominciò a dire prima che il mago alzasse di scatto il suo sguardo dilaniato.

-Dammi una cifra a cui aggrapparmi, te ne prego.- la sua voce tremolò come una fiammella esposta ad un ruggente vento invernale.

Len rimase per un attimo nel più totale silenzio, stupito dalla fragilità presente nella voce dell'uomo che gli sedeva di fronte.

Aveva sempre creduto che il mago fosse stato forgiato nella pietra al momento della sua nascita ma, in quel momento, il ragazzo comprese che nei momenti più difficili, anche le rocce più dure si spezzano.

-Credo che abbia non molte possibilità di salvarsi, Kaito. Oserei dire un venticinque percento, considerando l'umidità e la mancanza delle erbe giuste per trattare l'infezione.- un nodo di angoscia gli impedì di terminare chiaramente la frase; non voleva che Meiko morisse, non dopo tutto quello che avevano passato per uscire da quelle dannate mura.

Il mago abbassò nuovamente il capo, premendo la fronte fradicia contro le braccia conserte. I suoi capelli si ricoprirono di delicate perline d'acqua che, ondeggiando appena, caddero sulla robusta punta dei suoi stivali.

Sembrava che tutto il suo corpo stesse piangendo.

-Non posso davvero credere che la prima persona che abbia mai tentato di proteggermi stia morendo di fronte ai miei occhi..- sussurrò a fior di labbra, lasciando che le parole rivelassero un dolore ormai vecchio di anni.

Len riuscì a scorgere con spaventosa chiarezza la ferita aperta che fino a quel momento era rimasta gelosamente nascosta nell'anima dell'uomo.

-Nessuno aveva mai fatto tanto per me. Ora, perché proprio lei? Perché non posso far niente se non osservarla impotente mentre scivola verso la morte ?- sibilò amaramente l'uomo, affondando le unghie nella pelle morbida dei palmi delle mani.

Len rimase immobile, quasi trattenendo il fiato per paura di disturbare ed interrompere lo sfogo emotivo del proprio compagno di viaggio.

Kaito ridacchiò dolorosamente, stringendo di riflesso le gambe contro il petto, come se volesse proteggersi da qualcosa che gli stava incidendo la pelle.

-Sai, nel corso della mia vita non ho mai trovato nessuno che abbia dimostrato un briciolo di interesse nei miei confronti.- il passato sfavillò sulle rocciose pareti della caverna, trascinando i due ragazzi indietro nel tempo, lì dove risiedeva il sorriso triste di un bambino dimenticato.

-Sono l'ultimogenito della numerosissima famiglia di mio padre. Per colpa di questa mia sfortunata condizione sono sempre stato l'ultima ruota del carro, il ragazzino indesiderato, l'eco lontana di una voce sconosciuta.-

I bellissimi occhi color zaffiro si persero nelle trame spinose della sua infanzia, spesa in sola compagnia della sua ombra.

-Non ho mai avuto un amico. Nessuno trovava particolarmente interessante rivolgermi la parola, a partire dai miei onorevoli fratelli sino ad arrivare al più basso degli stallieri.-

Len non faticò minimamente nell'immaginare il ragazzino triste e solitario che Kaito era stato; gli sembrò quasi di scorgerlo, seduto in disparte in uno dei tanti angoli del lussuoso palazzo del Sultano.

-Mia madre morì nel darmi alla luce; così, anche il suo affettuoso amore mi venne ingiustamente negato. Mio padre non sapeva neanche che una delle sue tante concubine gli avrebbe dato, nel giro di qualche mese, un altro discendente.- la voce dell'uomo si fece affilata come il filo di un pugnale, le sue iridi si screziarono di ripugnanza.

Len venne inghiottito dalle spire del passato mentre le parole di Kaito continuavano a dipingere a chiare, vivide tinte le esperienze di un bambino costretto a crescere troppo in fretta.

-Un giorno, per cercare di farmi notare da mio padre, andai a caccia. Volevo catturare uno dei rari conigli dal pelo d'avorio che si aggiravano per le foreste del nostro reame. La leggenda narrava che la loro peluria fosse più morbida di qualsiasi altra pelliccia al mondo; non c'era regalo più adatto per un sultano..-.

Il piccolo Kaito si inoltrò a passi felpati nella foresta, l'arco pronto nelle mani callose. Un sorriso impaziente gli solcava le labbra mentre i suoi occhi percorrevano con avida precisione ogni singolo centimetro del fitto sottobosco. Se solo fosse riuscito a catturare quel coniglio, suo padre finalmente l'avrebbe ricompensato con uno dei ruvidi sorrisi che aveva avuto il piacere di ammirare solo da lontano.

Quella volta, il suo regale orgoglio sarebbe solo stato rivolto al più piccolo e valoroso dei suoi figli.

Kaito pregustava già sulla lingua il sapore della vittoria; non vedeva l'ora di sentire le dita forti del padre carezzargli il capo.

Improvvisamente, un lampo di pelo bianco entrò nella sua visuale facendolo sobbalzare; un paio di orecchie si mossero dietro un frondoso cespuglio costellato da tante, rotonde bacche color tramonto.

Kaito scattò in avanti, sollevando senza esitazione la potente arma che aveva segretamente trafugato dall'armeria reale. I suoi muscoli si tesero, la metallica punta della freccia catturò una stilla di luce, riflettendola in un letale sfavillio. Sfortunatamente però, il desiderio frenetico di catturare quella bestiola cancellò del tutto la cautela che fino a quel momento il bambino aveva scrupolosamente mantenuto.

Il piccolo sapeva quanto la foresta potesse essere infida e crudele con coloro che non prestavano la necessaria attenzione ai suoi innumerevoli tranelli.

Kaito cominciò a correre in direzione dell'animale, senza accorgersi dal rapido cambiamento della consistenza del terreno che, passo per passo, si faceva sempre più molle e bagnato.

Quando finalmente le orecchie dell'animale arrivarono a sicura portata di tiro, i piedi del ragazzino scivolarono infaustamente lungo il crinale fangoso di un fiume.

Kaito piombò nell'acqua gelida senza che potesse realmente rendersi conto di ciò che era appena accaduto; una fitta di dolore incandescente gli esplose in testa quando i polmoni respirarono un fiotto di liquido. Le correnti cominciarono violentemente a sospingerlo a destra e sinistra come un bambolotto disarticolato; tutto il suo corpo urtò più e più volte contro il fondo melmoso, prima che il bambino riuscisse disperatamente a riemergere.

Le sue unghie si aggrapparono ad una scivolosa roccia coperta di muschio mentre, cercando di trattenere i singhiozzi, lui cominciò a gridare.

-Vi prego, aiutatemi!- strillò con tutto il fiato che aveva in gola, stringendo tanto forte il masso da sentire i palmi delle mani tagliarsi.

-Kaito, sei tu?- una voce incredula ma deliziosamente familiare raggiunse le orecchie del ragazzino.

Sulla sponda del fiume, interamente vestito con la ricca tenuta da caccia, c'era suo fratello Hisayuki il quartogenito della famiglia.

-Fratello, ti prego, aiutami!- implorò il bambino cercando però di non mostrare le proprie lacrime come ben si confaceva ad un principe del suo rango.

Hisayuki rimase immobile per un paio di lunghi secondi prima di scoppiare crudelmente a ridere, sollevando uno dei perfetti sopraccigli. L'intarsiata balestra che reggeva al fianco scintillò, quasi come se anch'essa si stesse prendendo gioco della sofferenza del bambino.

-Perché dovrei, moccioso? Rischiare la mia vita per salvare la tua? Non se ne parla neanche.- i suoi occhi verdi si socchiusero, bramosi di potere e autorità.

-Nessuno si accorgerà della tua scomparsa a palazzo. Poi, per quanto tu possa essere insignificante, sei un concorrente in meno al trono di nostro padre. Riposa in pace, fratello.- ringhiò prima di caricarsi la balestra in spalla ed andarsene, richiamato dalle preoccupate voci della sua scorta.

Il cuore del ragazzino si frantumò in pezzi tanto piccoli che neanche il più dolce degli amori avrebbe mai potuto ripararlo.

Rimase immobile, ancorato a quella roccia come una piccola cozza; le sue dita si erano tanto irrigidite che quando finalmente un cacciatore accorse per aiutarlo, faticò ad allontanarlo dallo scoglio.

Kaito aveva ormai perso sensibilità in tutte le parti del suo gracile corpicino, le labbra viola gli facevano tanto male che neanche le lacrime sarebbero servite a lavare via il dolore.

Il cacciatore lo ricondusse tra le sicure mura del palazzo, al cospetto dell'indaffarato sultano.

-Mio onorevole signore, ho trovato suo figlio nel fiume, il piccolo ha rischiato d'affogare.- l'uomo dalla folta barba scura si inginocchiò di fronte al trono cosparso di ricchi cuscini di seta e cachemire.

Il sultano si voltò appena sulla sua seduta d'oro, facendo frusciare i bellissimi abiti di satin colorato.

-Sparisci dalla mia vista, cacciatore. Non vedi che sono impegnato?.-

-Ma, signore..-

-Sentinelle, portatelo fuori e ricompensatelo per il nobile gesto appena compiuto.- ordinò il sovrano, soffermandosi acidamente sulla parola “nobile” come se quella definizione lo infastidisse.

Le guardie subito intervennero, allontanando il signore a suon di spintoni e imprecazioni sputate tra i denti; gli occhi slavati del gentile cacciatore incontrarono quelli spenti del bambino in una muta richiesta di scuse.

Il popolano troppo tardi aveva compreso che quel suo benevolo gesto non avrebbe reso il ragazzino felice come immaginava; senza volerlo, l'aveva appena ricondotto tra le sbarre dorate della sua enorme prigione.

-Figlio, dove sei stato?- chiese con burbera voce l'anziano dai capelli di neve.

-A caccia, padre.- sussurrò Kaito cercando di non dar a vedere quanto dannatamente fosse spaventato da quegli impassibili occhi turchesi.

-Chi ti ha dato il diritto di uscire?-

-Nessuno padre. Volevo farti una sorpresa portandoti..-

-Non mi interessa quali sono le tue ragioni. Mi hai deluso, ragazzo.- le dita grassocce del sultano si mossero, richiamando la febbrile attenzione del piccolo, in piedi di fronte all'immenso scranno d'oro.

-Togliti la maglietta.-

-Perché, mio onorevole padre?- chiese timidamente Kaito, cercando di farsi il più piccolo possibile di fronte a quel muro di severità. Le guardie rimasero in silenzio mentre il sultano si alzava, scendendo con passo pesante i quattro scalini che lo dividevano dal frutto del suo seme.

-Ubbidisci.- ringhiò prima di allungare il braccio verso uno dei suoi fedeli armigeri in un muto, ma chiaro ordine. Una frusta di nero cuoio intrecciato scivolò tra le dita del monarca davanti lo sguardo allucinato del ragazzino che, inciampando nei suoi stessi piedi, finì a terra.

-Ti prego, padre. Non lo farò più, lo prometto sulla mia stessa vita!-

-Sentinelle, toglietegli la maglietta.-

Mani crudeli si aggrapparono alle gracili spalle del ragazzino strappando il tessuto fradicio dell'indumento.

Kaito cominciò a dimenarsi come un cerbiatto catturata dal una tagliola; il terrore soffocò ogni pensiero razionale, trasformando il suo sangue in schegge ghiacciate.

Il soldato lo bloccò contro una delle tante colonne che sorreggevano le ampie volute della sala del trono; gli affreschi mozzafiato che arricchivano la nuda pietra scrutarono impotenti le lacrime del bambino cadere in una scia umida tra i suoi piedi.

-Padre..- implorò per l'ultima volta mentre il freddo granito aderiva alla surriscaldata pelle del suo petto. L'uomo lo colpì impietosamente con il tacco dello stivale di camoscio, lasciando impressa sulla pelle del fondo schiena un'impronta pulsante.

-Se oserai dire una sola parola in più, giuro che ti farò rimpiangere questo tuo sconsiderato uso delle corde vocali.- tuonò il sultano prima di far schioccare a terra la pericolosa estremità della frusta.

Kaito si morse la lingua e serrò gli occhi, aspettando che il tormento cominciasse.

Fu persino peggiore di quanto si fosse immaginato.

Il dolore lo avvolse come un bacio di fuoco; la sua pelle urlò, lacerandosi ogni qual volta il cuoio colpì la sua schiena.

Il sangue sgorgò dalle slabbrate ferite lasciate dalla furia dell'uomo che osava definirsi suo padre.

Kaito gridò tanto forte che qualche soldato abbassò gli occhi, sconfitto dall'orrore della scena.

Dopo qualche minuto di fustigazione, il sultano abbandonò il ragazzino, stufo delle sue urla ossessive; con un disinteressato gesto della mano, lanciò a terra la frusta macchiata di rosso.

Il bambino crollò in ginocchio credendo sinceramente di morire; il dolore della carne straziata si andava sommando a quello di un'anima tradita, ormai dimentica di tutte quelle ingenue speranze a cui si era per anni aggrappata.

Kaito terminò bruscamente la propria narrazione, tornando alla fredda atmosfera presente; i suoi occhi si erano involontariamente ricoperti di un velo di lacrime.

-Ora capisci, Len? Questo è l'unico amore che io abbia davvero conosciuto nella mia vita. Un affetto doloroso, che ha lasciato sulla mia pelle la traccia dei suoi baci.- sussurrò voltando le spalle all'amico per poi sollevare la maglietta che ancora umida gli avvolgeva il petto. Un pallida ragnatela di cicatrici si rincorrevano tra le sue scapole, scivolando lungo tutto il sinuoso profilo della sua spina dorsale. Len premette una mano contro le labbra, cercando di sopprimere il moto d'orrore che era risalito a graffiargli la gola.

Come poteva un padre aver ridotto in quello stato uno dei suoi figli?

-Ora, ragazzo, conosci ogni singola sfumatura del mio essere. Non so perché ti abbia fatto dono di questo mio crudele passato ma..-

Len sorrise, sollevandosi piano per non destare i due compagni che ancora dormivano beatamente; il piccolo Alain si mosse nel sonno, abbracciando con tenera dolcezza la vita del consigliere.

-Invece lo so.-

Kaito sollevò incuriosito un sopracciglio, voltandosi a guardare in viso il suo giovane collega.

-Sentiamo, quali sarebbero queste ragioni?-

-Semplice, tu ti fidi di me.-

Il mago soffocò a stento una forte risata quando quelle ingenue parole riempirono l'aria.

-Da quanto queste cicatrici furono impresse sulla mia schiena, non ho più saputo che cosa significasse “fidarsi”, Len. Come puoi credere che qualche giorno e peripezia passata con te possa avermi fatto cambiare idea?-

La voce suadente dell'uomo risuonò più dura di quanto Len avesse immaginato, ma ovviamente non si lasciò intimorire dall'acidità insita nelle sue parole.

-Siamo amici, Kaito. Che tu lo voglia o meno.- il sorriso del ragazzo biondo si allargò quando gli occhi azzurri dello stregone rotearono esasperati verso il cielo.

-L'amicizia è una delle medicine più potenti che esistano, non c'è ferita del cuore o dell'anima che possa resisterle. Ti prometto che riuscirò a trasformare quel tuo ghigno arrogante in un sorriso riconoscente.-

La mano callosa del ragazzo si tese nello spazio che li divideva.

-Questa è una sfida.-

Kaito arricciò le labbra verso l'alto, afferrando con decisione le dita fredde di quel cocciuto ragazzino.

-Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, spero sinceramente che tu vinca, Len.-

 

   
 
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