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Autore: Charlotte_Insane    12/12/2014    0 recensioni
Storia d'amore ambientata ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, da una parte c'è Brian (Synyster Gates), soldato nazista in cerca di vendetta per la sua famiglia, dall'altra Francesco (Frank Iero), che nonostante gli orrori visti, riesce a conservare ancora un po' di innocenza, la stessa innocenza che attira e spaventa Brian.
Brian, un uomo ancora incapace di amare, ma che presto imparerà...
Questo è solo un "esperimento", ma non mi pento di nulla!
[BrianXFrank]
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Avenged Sevenfold, My Chemical Romance
Note: AU, Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Buonasera a tutti! Ebbene si, finalmente e sottolineo FINALMENTE sono tornata a scrivere ff per questo fandom, anzi, in particolare per la famiglia dei Deathbats.
Non esiste un motivo preciso per cui mi sono allontanata, ma sono contenta di essere qui e di RIPROPORRE una mia vecchia storia, cominciata il 22 maggio 2012, l’ho rivista, corretta, sistemata e sono pronta a proporla, non solo a voi ma ai membri di un altro fandom, Hetalia, che spero apprezzeranno la mia storia, soprattutto perchè, inconsapevolmente avevo cominciato una sorta di GerIta. (?)

 
Non mi pento di nulla! Buona lettura a tutti!
Charlotte_Insane.
 

 
Between your eyes, I can find my world.
 
 
  1. Who are you tonight?
 

 
Fissai quegli occhi così chiari e mi parve di trovarvi dentro ancora un barlume di speranza, forse non era ancora finita, o forse stavamo semplicemente per morire, ma c’era, comunque, qualcosa oltre quei suoi sguardi.
Un forte rumore di passi riecheggiò lungo tutto il lungo corridoio.
«Ecco, ora verranno ad ucciderci.»
lo sentì sospirare mentre chiudeva gli occhi, gli stessi che mi avevano dato un po’ di speranza solo due secondi prima, ora, invece, lasciavano percepire la sua rassegnazione, si era arreso e le sue parole lo confermavano. Lo avevo cacciato io in quella situazione e ora stavamo per morire, lo sapevo, lo sapevo benissimo eppure non ero riuscito a resistere al desiderio di farlo mio, di riuscire ad amarlo davvero, proprio come meritava.
Strinsi più forte i pugni e colpì il muro, non poteva davvero essere la fine di tutto, era così ingiusto...
Mentre i soldati si avvicinavano alla nostra cella ripensai a com’era cominciata tutta quella storia…
 

 
Anno 1942, quarto anno di guerra.

Il mio nome è Brian Elwin Haner Jr. e su questi campi di battaglia ci sono praticamente cresciuto, avevo 21 anni la prima volta che misi piede qui, ricordo tutto benissimo, come se fosse ieri, anche se sono passati già quattro anni, ma questa non è una storia di guerra, sto solo cercando di ricordare cosa successe in quella che pareva una sera come tante, quando vidi quel ragazzino avvicinarsi, non troppo alto, dai capelli scuri, ma con due immense iridi verdi, sembrava conservare ancora un po’ di innocenza nonostante avesse combattuto anche lui, era certo che avesse visto i suoi compagni cadere a terra, uno dopo l’altro, finché…
«Hey ciao!» Scossi la testa leggermente, a quanto pareva il ragazzino si era seduto accanto a me senza che io me ne rendessi conto.
«Ehm... ciao...» azzardai, mentre lui mi guardava sorridendo
«Sono Francesco Iero, piacere!»  mi disse porgendomi una mano, io la afferrai e lui me la strinse con decisione.
«Bri…Brian, Brian Elwin Haner Jr.» gli risposi un po’ sorpreso
«Però, che nome lungo!» commentò il ragazzo in italiano, ecco ero fottuto, io non capivo nemmeno una parola di quella stramaledetta lingua, dovevo inventarmi qualcosa e alla svelta, anche perché nel frattempo era calato un silenzio fin troppo imbarazzante, Francesco teneva lo sguardo basso, mentre si torturava le mani in grembo, mi guardai intorno cercando un modo per non passare per un ritardato.
«Schieße…» sospirai piano, ma purtroppo lui mi sentì ugualmente e mi rivolse uno sguardo interrogativo, che mi mise ancora più a disagio del silenzio.
«Va tutto bene?» mi domandò, ma questa volta in tedesco.
“Ma come quante cazzo di lingue parla questo ragazzino?!” pensai guardandolo stupito.
«Guarda che anche tu dovresti imparare l’italiano, amico…» mi rimproverò, ma il suo sguardo non mi lasciava capire se fosse serio o meno.
«No, non mi serve imparare la tua stupida lingua, siete voi che dovete imparare il tedesco.» risposi secco e con un tono più duro di quello che volevo.
«Questa è la cosa più stupida che io abbia mai sentito.» commentò cercando di sembrare serio, ma era chiaro che scherzasse, il lieve sorriso che gli increspava le labbra lo tradiva.
Mentre rimuginavo, lo vidi fermare una ragazza dai capelli scuri, anche lei italiana, pochi minuti dopo tornò da noi con due birre, me ne porse una sorridendo e l’altra la diede al ragazzo
«Grazie sorellina!» le disse in italiano scoccandole un leggero bacio sulla guancia
«Prego caro...» sorrise lei andandosene, guardando attentamente i due mi accorsi della somiglianza.
«Scusa se non vi ho presentati, ma ha parecchio lavoro stasera, vedi?!»  indicò i vari tavoli con un gesto della mano «Qui è più pieno del solito e voi tedeschi bevete davvero tanto…»
«Mi stai forse dando dell’ubriacone?!» gli chiesi con un tono che mi parve più minaccioso di quanto mi aspettassi, lui bevve un sorso di birra e prima di rispondere mi squadrò dalla testa hai piedi, come se avesse bisogno di riflettere parecchio su quella domanda.
«Mmh… no, non direi!» continuammo a parlare per tutta la sera, o per meglio dire, lui parlava ed io mi limitavo ad ascoltarlo, mi spiegò che odiava stare lì e che lo faceva solo per non deludere suo padre. Sua sorella, invece, si chiamava Diana, erano gemelli e non se l’era sentita di lasciarlo partire da solo, così lo aveva seguito, lavora li da qualche mese, in un locale vicino al quartier generale della città di Milano. Anche se, entrambi sapevano bene che presto i soldati avrebbero lasciato il fronte, erano rimasti fermi per qualche giorno e lunedì sarebbero ripartiti. Con l’aiuto dell’alcool anche io riuscì a raccontargli qualcosa di me, mi chiese di tutto, chi ero, da che parte della Germania venissi, pareva davvero interessato a saperne di più su di me, anche se quel suo modo ingenuo mi metteva ancora a disagio, non c’ero abituato.

Quando finimmo di parlare, mi resi conto che il posto era ormai quasi vuoto, doveva essersi fatto tardi, Diana si avvicinò al nostro tavolo, Francesco ci presentò velocemente, ma lei non pareva molto socievole, come invece mi era parso prima
«Francesco, io sono stanca, torno a casa con Valentina… Buonanotte!»
«No aspetta, vi riaccompagno io! Non voglio che andiate in giro da sole a quest’ora…» disse alzandosi in piedi, poi rivolse le sue attenzioni a me rivolgendomi un sorriso cordiale. «E’ stato un piacere Brian, ma ora devo andare, buonanotte!» mi sorrise un ultima volta, anche la ragazza fece lo stesso, li vidi allontanarsi insieme ad una terza ragazza, aspettai di vederli uscire prima di andarmene via.
  
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