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Autore: Dregova Tencligno    12/12/2014    0 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No, non posso rimanere statica come il viso pallido della luna, come la montagna che veglia silenziosa sul paese. Vorrei essere impetuoso mare che sconvolge le navi con il suo ruggire, o come il vento che ulula forte bisbigliando fra le fronde degli alberi che si piegano al suo passaggio. Però, penso, preferirei essere come quel falchetto che vola nel cielo rigato da spilli d’acqua, illuminato da lampi, scosso da tuoni e squarciato da fulmini. Finalmente libera di essere quello che voglio senza essere costretta a indossare le maschere che il vivere insieme impone.
 
Il cielo è nero e la luna è coperta da nubi, il suono della pioggia unito a quello del vento e del tuono mi fanno sentire rilassata. La pioggia ha sempre avuto questo potere su di me, forse perché posso tornare a immaginare di essere con Ronan, tra le mie braccia quando era piccolo e tra le sue quando a essere piccola ero io.
Quante cose mi sono persa, ci siamo persi. Tante prime volte che non potremo più riscattare… forse però io sono stata più fortunata, qualcuna io sono riuscita a viverla.
Un cratere enorme si apre davanti a me. Seduta su un altare c’è Samara e al suo fianco c’è Lovro.
-Sapevo che saresti venuta.-
-Samara… è questo il tuo vero nome?-
Mentre la raggiungo lei scende dall’altare e inizia a cambiare forma.
Ha un occhio verde ed un occhio rosso, i capelli biondi con un ciuffo arancione che le ricade sul viso. Non l’ho mai vista con questo aspetto.
Cambia nuovamente. Erika. Poi assume un’altra forma a me molto familiare.
-Esmeralda…-
-Come mi hai sempre conosciuta.-
Il mondo mi crolla sulle spalle. Esmeralda, la donna che ho amato, è colei che mi sta dando la caccia, che aveva messo Lovro in pericolo. Non posso credere che lei… che lei sia stata capace di tanto? Perché fingersi la madre di Beatrice? Per Lovro e per tenere sotto controllo me?
Ride soddisfatta, come se sapesse quali pensieri stanno turbinando incontrollabili dentro di me.
Mi mordo le labbra amareggiata: le mie visioni non sono state d’aiuto, non sono riuscite a mettermi in guardia verso la persona che rappresenta il motivo della mia distruzione e sofferenza.
Poi è la rabbia a prendere il sopravvento.
Tutte quelle volte che ho creduto essere amata sono solo i frutti marci delle menzogne, di un inganno architettato fin nei più minimi dettagli. Lei ha osato farmi questo, lei che ha sterminato la mia famiglia come se niente fosse…
-Lascia stare Lovro, ormai su di lui non puoi avere più nessun controllo. Elebene è salva e Zephyro si sta occupando di lei. Possiamo sistemare questa cosa, di qualunque cosa si tratti, tra noi due. Siamo donne adulte ormai da parecchio tempo.-
-Lovro…-
Un’eco dolce si espande, Lovro è incantato dalla sua voce. Si avvicina a lei e mi guarda con il risentimento negli occhi mentre cambia nuovamente forma.
-Interessante vero?- ride.
-Vir… Virginne.- mi sento gelare le vene -Virginne non è mai esistita, vero?-
Mi sorride.
-È stato un vero colpo di genio, sei d’accordo con me? Prendere le sembianze di una ragazza comune e sedurre un uomo. Agire dall’interno, cercare di fare leva su i suoi punti più deboli, renderlo fragile e poi spezzare le radici che lo tengono in piedi.-
-Però non ha funzionato.-
-No, hai ragione. Non sono riuscita a concludere nulla con lui. Troppo spaventato dai rimorsi per aver allontanato la sua famiglia e il suo migliore amico.-
-Così hai pensato bene di circuire un altro ragazzo. Stefano.-
-Sbagli. Mi serviva solo qualcuno per ingelosirlo, e stava anche funzionando. Sei stata tu, tu hai deciso di cambiare, di provare altro. E hai rovinato tutto.-
-Cosa gli hai fatto?-
-Ma, mia cara, dovresti saperlo. Per semplicità ho usato la strategia di sempre, non mi sembrava giusto complicare troppo il gioco. Non sarebbe stato leale nei tuoi confronti.-
-Non c’è niente di leale in quello che hai fatto.-
-Ognuno la vede come vuole.-
-Liberalo.-
-Ancora con questa storia. Non posso più farlo, il dado è tratto e la partita è cominciata e immagino che tutte e due giocheremo usando tutti i nostri assi nella manica.-
-Farò tutto quello che vuoi.- dico, ormai non so che pesci prendere, non capisco neanche a pieno la situazione in cui mi sono trovata –Basta che lo lasci stare.-
-No.- sospira –Questo è impossibile.-
-Impossibile?.-
-Sì. Vedi, lui è una pedina molto importante del gioco che noi due abbiamo creato, non potremmo mai fare a meno del nostro Lovro.-
Samara gli si avvicina ancora più, non c’è più niente a separarli se non i vestiti che indossano. Il mio corpo reagisce come se fosse vivo facendomi venire la pelle d’oca. Lei mi guarda e sorride, caccia la lingua e gli lecca la guancia mentre con le dita gioca con le sue labbra. Mi fa venire il voltastomaco.
-Gioco? Noi non abbiamo creato nessun gioco e, sinceramente, non mi interessano le tue storie.-
-Come non ti interessano? E pensare che lo sto facendo anche per te. Non vorresti che tutta la tua famiglia tornasse a vivere?- schiocca le dita e dietro Lovro si condensa lo Spettro Oscuro –Quanti anni sono passati?- mi chiede ridendo -Troppi a mio avviso.- si risponde con gli occhi ridotte a due piccolissime fessure.
Le spalle dello spettro Oscuro si allargano, i muscoli si assottigliano e tutta la figura si alza. Dal fumo emergono abiti, carne, pelle, occhi… mio padre.
Samara si avvicina a lui, gli accarezza il volto e con un dito volta il suo viso e le loro labbra si incontrano. Il volto di mio padre si contrae come se stesse soffrendo e le labbra si anneriscono, un fetore di carne bruciata si spande nell’aria.
-Smettila, gli fai male!-
-È quello che voglio, che le altre persone soffrano come ho sofferto io.-
-Basta! Ti prego…-
-Altrimenti? Sappiamo entrambe che mi puoi fare ben poco, sei sempre stata troppo sentimentale e questo è un tuo punto debole, come l’essere molto stupida. Credi ancora nell’amicizia pura e nell’amore eterno, devi capire mia cara che sono solo delle leggende create dall’uomo per fargli sembrare la vita meno dura.-
-Ti prego, lasciali andare.-
Lei per tutta risposta dà un altro bacio allo spettro di mio padre. –Dedalo, è ora di insegnare a tua figlia come può essere dura e ingiusta la vita. Sai cosa fare, ma non ucciderla. Mi serve.-
Non sento nessun dolore dovuto all’impatto, solo un peso all’interno del mio petto che mi stordisce. Mi ritrovo a terra con la polvere nella bocca.
-Pulce, perché non ti unisci a noi. Potremo stare di nuovo insieme.-
Mi rimetto in piedi, a quanto pare gli spiriti si possono nuocere l’un l’altro.
-Stai zitto.-
-Non lo capisci? È inutile andare contro al tuo destino. Lei potrà essere per te una nuova madre e quel ragazzo tuo fratello se vorrai, o il tuo amante se desideri divertirti. La nostra famiglia può essere ricostruita. Non lo hai sempre sperato? Non ci vuoi più bene?-
-Papà…- le lacrime cominciarono a scorrere, chiudo gli occhi e li stringo con tutte le mia forze fino a quando non mi fanno male.
-Pulce…- mi tende una mano e mi guarda con aria supplichevole –Ti prego, piccola mia. Puoi ancora avere una famiglia, questa volta per sempre, non rimarrai più da sola.-
Vederlo davanti a me, come se non fosse mai accaduto nulla, mi fa male; i suoi occhi hanno la stessa limpidezza di quando mi abbracciava o mi parlava, di quando mi sorrideva con quelle due fossette che si creavano ai lati della bocca. Vorrei che fosse lui, ma non lo è, è solo il riflesso di un’anima imprigionata. Io l’ho visto morire e nessuno potrà mai prendere il posto di mia madre, di Ronan… il suo.
Samara non potrà mai avere una vera famiglia perché non sa amare genuinamente, ha bisogno di incantesimi per legare a sé le persone e questo non è amare e né farsi amare.
-Tu non sei mio padre!-
La sua espressione cambia, diventa più dura, con un accenno di delusione.
-Pulce…-
-Non chiamarmi così! Non sei reale!-
-Ti sbagli, sono tuo padre, l’anima che mi dà la vita è la sua.-
-Potrai anche avere la sua anima, le sue sembianze, ma non potrai mai sostituirlo. Sei solo un contenitore freddo, vivi solo perché Samara ha bisogno di te, quando non le sarai più utile non ci penserà su due volte prima di eliminarti. Sei solo un burattino, un giocattolo. Niente di più, tutto di meno.-
-Tu non sai niente, lei mi ama!-
-Dici di essere mio padre e accetti l’amore di una donna che non è Elizabeth! Vuoi sostituirla e vuoi fare la stessa cosa anche con Ronan… il mio VERO padre non lo farebbe mai. Preferirebbe soffrire invece di sottomettersi a tutto questo.-
Qualcosa dentro il mio petto cresce. È una bolla pronta a scoppiare da un momento all’altro e quando accade mi sento veramente libera.
È una sensazione che non ha nulla a che fare con la gioia provata quando sono uscita dalla mia prigione dopo quasi cento anni… non assomiglia neanche lontanamente all’emozione appagante che mi ha invasa quando ho giaciuto con Lovro… niente di quello che ho mai provato si avvicina a quello che ora il mio corpo sta ospitando.
È una sensazione impetuosa, dolce e amara al contempo. Non è rabbia o felicità, mi sento serena e tranquilla come mai sono stata prima. Finalmente so quello che devo fare, so che tutto andrà per il verso giusto. Capisco che rifarei tutte le scelte fatte, tutti gli errori commessi. Ognuno di questi è stato importante per rendermi ciò che sono.
-Sai qual è la cosa che più mi dà fastidio di te? Mi vuoi illudere veramente di essere mio padre e questo mi fa soffrire. L’ho visto spegnersi e so che non lo potrò più riabbracciare, non potrò più ascoltare il canto di mia madre, non potrò più vedere l’uomo che mio fratello sarebbe diventato. Non potrò, ed è questa una delle cose che mi fa imbestialire, costruire una famiglia che sia veramente mia!-
-Non dire stupidaggini!- urla e un’onda d’energia si abbate sul mio scudo di nebbia dissolvendolo –Devi fare quello che Samara dice, LEI sarà tua madre e LOVRO tuo fratello. Capisco che ti è difficile accettarlo, ma alla fine, mia cara Sir…-
-Non dirlo! Non pronunciare il mio nome! Non ne hai il diritto.-
-Non fare così. Solo dopo che avrai accettato quello che ti sta accadendo potrai stargli vicino.- dicendo questo indica con un gesto della mano Lovro –Tu lo ami, altrimenti non faresti tutto questo. Ma una cosa mi incuriosisce… Come fai ad amarlo se sei…-
-Se sono morta? Perché l’amore copre con le sue ali qualsiasi persona, che sia viva o che sia morta. È un calore che non può essere attenuato, un fuoco che non può essere estinto. Rifiutare l’amore nella sua forma più pura è come voler spegnere l’unica candela che illumina una stanza immersa nella più assoluta oscurità. Ma questo tu non puoi di certo capirlo, sei solo un ammasso inorganico di essenze che non ti apparterranno mai e che tu usi solo come maschere per nascondere quello che in realtà sei. Un parassita!-
Lo Spettro Oscuro sbianca, una luce accecante si diffonde e la fonte sono io.
Raggi luminosi vengono irradiati da ogni cellula, molecola ed atomo del mio corpo.
I miei abiti prendono fuoco, ma non sono le solite fiamme azzurre quelle che accarezzano il mio corpo. Sono bianche e roventi.
Sul volto di marmo di Lovro leggo la sorpresa, su quello di Samara la soddisfazione.
I vestiti, ormai laceri, si disintegrano in piccolissime scintille che sfrigolano mentre si allontanano dalle mie gelide membra.
Un leggerissimo canto sibila nelle mie orecchie. È lo stesso che ha riempito, di tanto in tanto, le mie giornate.
Le fiamme si alzano e si ingrossano, giocano, si divertono… poi si spengono lentamente.
Un abito bianco e lungo con una sola spallina lavorata a mo’ di treccia alla spalla destra. Il braccio sinistro è completamente avvolto da un guanto nero, il vestito è stretto al bacino da una fascia argentata sulla quale spicca un fiocco dello stesso colore sul fianco destro.
-Padrona…?-
Lo Spettro Oscuro è confuso, ma Samara sembra comprendere bene cosa significhi questa trasformazione. Bene almeno quanto me.
-È inutile che cerchi di farla ragionare. Le devi solo dare una bella lezione.-
-Se è così…-
Due lingue di fumo nero gli escono dalle maniche della giacca di pelle che indossa formando delle spade nere che brillano di una luce violacea.
Evoco la nebbia e sento subito la sua forza scorrermi nelle vene, formo uno scudo intorno a me quando lo spettro mi attacca. Le sue lame rimbalzano contro la mia protezione, si crea un’onda d’urto che gli fa perdere l’equilibrio.
Non gli lascio il tempo di riprendersi dall’impatto. Lo colpisco con un muro d’energia che si frantuma quando una spilla rossa si accende sul colletto della giacca.
Pianta un piede a terra e con tutto il suo peso spinge la punta della spada contro il mio scudo che inizia a vibrare. Sento un intenso calore pervaderlo. Alla fine riesce a penetrarlo…
È difficile spiegare quello che accade dopo.
Lo Spettro Oscuro è a pochi centimetri da me, la sua spada bloccata a qualche millimetro dal mio viso da un filo di luce tremolante. Una forza invisibile ci scaglia in direzioni opposte.
Finisco contro un albero, il fiato spezzato e cado a terra in ginocchio.
Un forte rumore proviene da qualche parte davanti a me, un fumo denso si sta avvicinando velocemente saettando tra gli alberi che si seccano al suo passaggio.
La temperatura cala e il terreno viene coperto da un sottile strato di ghiaccio che brilla sotto le venature rosse delle nuvole.
Un scintillio oscuro infrange la quiete dell’aria. Mi difendo come posso.
Leggo l’odio negli occhi del mio falso padre.
In mano stringo una spada, un fioretto per la precisione, tutto il mio corpo sprigiona dei leggeri fili di nebbia che mi circondano e vorticano intorno a me come se fossi io il loro centro gravitazionale.
Guardo il mio assalitore negli occhi.
Non c’è più niente che mi possa fermare.
Le spade cigolano mentre spingiamo le lame l’una contro l’altra, nessuno ha la meglio. Iniziamo così una sfavillante ed elegante danza fatale.
Niente sopravvive ai nostri colpi. Onde di energia, lame di fumo e di nebbia si scontrano a mezz’aria dissolvendo l’erba gelata e i tronchi degli alberi che incontrano nel loro tragitto. Le nostre spade si cercano, si desiderano e si uniscono in un connubio di sibili e fischi.
Lo scontro continua, inesorabile, incessante, nessuno molla, non siamo stanchi, non potremmo mai esserlo perché nessuno dei due appartiene al mondo fisico. fisicamente andiamo avanti aspettando un passo falso dell’avversario per scagliare quello che sarà l’attacco finale e quando giunge lo colgo al volo.
Si è dato la spinta saltando da un tronco, le sue mani stritolano l’elsa, la spada portata all’indietro per dare più forza al colpo.
Mi avvento su di lui e con precisione chirurgica affondo la lama nella sua spilla che si spezza, e poi nel suo collo.
Un’espressione di puro terrore si disegna sul suo volto, lascia la presa sulla spada e lo spingo a terra. È immobile, estraggo la lama e gli do la morte trafiggendogli il cuore.
Nessun ultimo respiro, è una morte rapida. Il suo corpo diventa fumo denso che si perde nell’aria liberando un globo luminoso che emana un dolce calore.
Un essere orribile prende forma davanti a me. Non ha occhi, non ha labbra, sembra uno scheletro ricoperto da una pelle nera che si tende a fatica sulle sue forme spigolose.
Questo è il tuo vero essere?
Non ha niente di umano, non ce l’ha mai avuto. Mi fa pena.
Ruggisce e nel farlo una lunga coda terminante con un aculeo gli fuoriesce dalla base della spina dorsale.
Non è rimasto nulla di umano, le anime che avevi nel tuo corpo ora sono libere, possono andare nel luogo che spetta loro. So qual è il mio destino. L’ho capito, alla fine. Meglio tardi che mai, giusto? La maledizione riguarda solo i Custodi delle Anime.
Siamo molto simili, ma c’è una cosa che ci tiene distanti. Tu poi essere salvato, io no.
La nebbia intorno al mio corpo si condensa formando centinaia di schegge azzurre che lo colpiscono come fossero dardi, trapassandolo da parte a parte e sminuzzando pelle, ossa, muscoli e legamenti.
Cerca di aggrapparsi alla vita, in fin dei conti nessuno vuole mai lasciarla veramente.
­-Non posso morire…- sibila -…sono come te…- un grumo di sostanza nera gli esce dalle fauci.
-Ti sbagli…-
Mi avvicino a lui, lo stringo con la nebbia in modo da non farlo muovere e quando gli sono vicino lo abbraccio.
La Redenzione scatta dentro di me, la mia pelle si illumina e lui comincia a urlare e cerca di liberarsi dalla prigione che lo circonda, ma non ha più senso combattere. È finita. Il suo corpo si dissolve. Questa volta per sempre.
Guardo il globo di luce stringo al petto, si divide in sfere luminose più piccole che si perdono nell’etere schizzando da tutte le parti.
So che tra loro c’è anche l’anima di mio padre e spero che possa incontrare mia madre e mio fratello… che possano ancora essere felici.
Una saetta luminosa mi sfiora la pelle e tutto si fa scuro.
 
‘-Eliza, devi andare a letto, non sei in condizione di…-
-Posso stare alzata quanto mi pare. Sono incinta, non malata.-
Quelli che vedo sono i miei genitori, non gli ho mai visti così giovani. Mia madre è mio il riflesso, mio padre quello di Ronan eccetto per gli occhi, quelli sono di mia madre.
-Appunto perché sei incinta devi riposarti, non vorrai mica far del male al bambino.-
-Dedalo! Sembri mia madre.-
La donna dalla lunga capigliatura corvina si cinge il pancione con le braccia.
-Non dare retta a tuo padre. Ci vuole bene anche se vorrebbe rinchiuderci in una stanza piena di piume.-
-Se bastasse questo a tenerti ferma lo farei, ma sei testarda e quindi dovrò agire per altre vie.-
-E cosa vorresti fare? Sono proprio curiosa. Non vorrai mica far del male alla madre di nostra figlia?-
-No, no. Questo mai. Ma… come fai a dire che è una bambina? Potrebbe essere un maschietto.-
-Santo cielo, non dire queste sciocchezze!- si accarezza la pancia –Scusalo piccola, non voleva darti del maschietto.-
-Sarebbe così grave se fosse un maschietto invece che una femminuccia?-
-E sarebbe altrettanto grave se fosse il contrario?-
-Bè, no, ma….-
-Ovvio!-
-Cosa ovvio?-
-Ne basta uno che sbava dietro una scollatura pronunciata o a un corpo tutto curve. A un certo punto sareste in due ed io incomincerei a invidiare quelle che vi faranno comportare come dei cagnolini.-
-E sarebbe tanto sbagliato? Poi lo sai che amo solo te.-
-L’amore non te lo ferma.-
-Eliza! Fai sentire queste cose al nostro bambino?-
-La verità. È una bambina.-
-Ma non posso essere il padre di una bambina.-
-E perché?-
-Perché? Cosa pensi che le dovrò dire quando mi verrà a confidare che le piace un ragazzo?-
-Non ti preoccupare per questo, è più probabile che ne parli con me.-
-O con nessuno dei due. Comunque… e quando il ragazzo verrà a farle la corte davanti alla nostra casa?-
-Cosa c’è di male. Sbaglio o lo hai fatto anche tu?-
-E ricordi cosa mi voleva fare tuo padre? Basta solo dire che aveva un coltellaccio in mano.-
-Questo non vuol dire che ti comporterai come lui.-
-Non puoi saperlo. E quando farà quella cosa?-
Mio padre è diventato rosso in viso.
-Quale cosa?-
-Lo sai quale cosa. Quella cosa.- si passa una mano sul viso asciugandosi l’improvviso velo di sudore che gli imperla la fronte.
-Vuoi dire quando farà l’amore?-
-Non dirlo, te ne prego!-
-Caro…- dice mia madre ridendo posandogli una mano sulla spalla -…anche se sarà un maschietto prima o poi lo farà. È una tappa ed è naturale che ci arrivi, e non penso che parlerà con noi di questo, che sia maschio o femmina. Lo sapremo con certezza quando avremo dei nipoti… Ma non mi fare pensare a questo! Non voglio sentirmi vecchia prima del tempo.-
-Sarai sempre bella.-
-Lo dici adesso, voglio vedere se tra quarant’anni penserai lo stesso.-
-Comunque spero ancora che sia maschio.-
-Facciamo così…- dice mia madre prendendogli le mani tra le sue –Non è importante il sesso del bambino, ma solo che sia sano.-
-Va bene.- le dà un bacio –Tanto sarà maschio.-
-Sei incorreggibile.- dice e gli dà un pizzicotto alla pancia.
-Passiamo alle maniere forti allora!-
Papà inizia a farle il solletico e finiscono con l’abbracciarsi e baciarsi riscaldati dal fuoco che scoppietta allegro nel camino mentre, ognuno per conto proprio, sognano un futuro con il loro bambino. Con quello che sarei stata io.
Sento delle urla giocose provenire da dietro la porta d’ingresso, la apro lasciando i miei genitori divertirsi senza essere osservati.
La luce della stanza in contrasto con la semi oscurità di quella precedente mi confonde un attimo, non riesco a vedere nulla perché vengo accecata dal bagliore. Mi basta però sentire delle parole per far riaccendere la fiamma vibrante della memoria.
Qualche giorno prima dell’ultimo compleanno di mamma.
-Ronan, vieni qua!-
Si è appena lavato e gira per casa mezzo nudo.
Una lacrima mi riga la guancia, la asciugo con il guanto. Vorrei essere lì, veramente me, e non osservare il mio riflesso di un tempo che è passato troppo velocemente. Non sono riuscita a trattenere nulla, a portare nella mia testa dei ricordi fissi perché ogni volta essi vanno e vengono a proprio piacimento. Essere morti, non avere una storia alle proprie spalle che si può osservare, è più che una maledizione… ma il mio destino non era quello di continuare a vivere… o non sarei qui, ora.
Vorrei che fosse stato diverso per i miei familiari, ma non posso cambiare quello che è stato, posso solo combattere per rendere migliore il futuro e fare in modo che quello che è capitato a me, e a tanti prima di me, non si ripeta più.
Ronan mi prende alle spalle mentre sono intenta a tagliare le verdure per lo stufato.
-Ringrazia la tua buona stella che mamma e papà non sono qui, altrimenti te ne direbbero quattro.-
-E per cosa? Mica sono entrato in casa nudo, mi sono messo i pantaloni.-
-Non parlo di questo, ti ho visto varie volte sgattaiolare e correre con le chiappe al vento. Volevo dire che dovresti metterti una maglia, fa freddo e non penso che quei quattro peli che ti porti appresso possano tenerti al caldo.-
-Su questo hai ragione. Ma sul fatto che mi hai visto senza niente a dosso… non penso.-
-Io dico di sì.-
-Forse quando eravamo bambini.-
-E due giorni fa.-
-Ne dubito, non ero neanche a casa.-
-Inira Lake. Verso l’imbrunire, nella foresta.-
Rido rivedendo la faccia di Ronan assumere un colore simile a quello dei papaveri.
-Ti stai sbagliando.-
-O c’è un’altra persona che ha una voglia a forma di cuore sulla natica sinistra, o eri proprio tu.-
-È da quando sono nato che lo sai.-
-Anche questo è vero.- faccio un sospiro che suona più come un verso di scherno –Allora immagino che lascerò a te decidere se credermi o meno.
Mi fissa in silenzio -Non lo dire a mamma.- mi supplica.
-Dovresti preoccuparti più di papà.-
-Lui lo sa.-
Lascio il coltello a guardo mio fratello che abbassa lo sguardo concentrandolo sui suoi piedi con espressione colpevole.
-Lo hai detto a papà e a me no?-
Sbuffa.
-Come potevo dirtelo?-
-Non lo so. Un semplice: ho fatto sesso con Inira Lake? A me sarebbe andato bene.-
Diventa ancora più rosso.
-Il fatto è questo… non siamo arrivati a quel punto. Abbiamo solo... esplorato.-
Ad essere imbarazzata sono io, non pensavo che in vita fossi stata così ficcanaso.
-Allora è per questo che hai ancora la testa sulle spalle.-
-Sì. Ma non una parola con mamma.-
-Per te questo e altro.-
Lo ripeto insieme alla me del passato.
-Ti voglio bene.- dice e mi dà un bacio sulla guancia.
-Dovresti incominciare a raderti.-
-Non mi piace, e se poi mi taglio?-
-Guarirai.- lo guardo disperata –Sono stanca di pungermi ogni volta.-
Mi ricordo di aver pensato quel giorno, con amarezza, che Ronan stava crescendo troppo in fretta, ma bene. Forte e slanciato, molto più alto di me nonostante io fossi più vecchia. Alto persino più di nostro padre.
Mi ricordo di aver sentito una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi ha sbattuto la verità in faccia. Non è più il mio Ronan, quello da difendere, è diventato un uomo.
Ronan esce dalla nostra stanza vestito tutto elegante.
-Dove stai andando?-
-Da Inira.-
Mi vedo infilzare una patata con un coltellaccio e gliela metto davanti agli occhi con fare minaccioso.
-Se ti fa del male dille che finirà come questa patata.-
-Sbucciata?-
-No, a pezzi.-
-Penso non si arriverà a questo punto. Forse, un giorno, farà parte della nostra famiglia.-
-Non correre troppo con la fantasia, sei ancora troppo piccolo per questi pensieri.-
-Guarda che sarei già in età da matrimonio, e anche tu.-
-Non posso pensare a un altro imbranato se devo costantemente pulirti il naso e sistemare i guai che combini.-
-Mi sembra di averti già detto che non sono più un bambino.-
-Per me lo sei.-
-Ti voglio bene.- dice ed esce di casa.
-Io più di te.- mormoro ormai da sola in casa -Ahi! Che devo fare con lui? Appena vede un pelo spuntargli sul petto pensa già di potersi comportare come un uomo fatto e finito. Povera me! Essendo mio fratello non posso non volergli bene. Vero Zoe?-
Zoe?
Nella stanza sono sola e non mi ricordo che fosse entrato qualcun altro.
Lo spazio alle spalle della me del passato si contorce e libera dalle sue pieghe una figura femminile.
Mi sorprendo nel vedermi tranquilla, un altro Vivente nella mia stessa situazione si sarebbe messo a urlare dalla paura, ma nella visione continuo a spelare e a tagliare a dadini le patate.
È molto diversa dalla Zoe delle mie visioni.
È bellissima…
Ha i capelli di un intenso nero, una ciocca lunga le ricade sul volto e lei la sistema dietro l’orecchio destro. Il resto della lunga chioma corvina è trattenuta da un nastro bianco in cima alla testa.
-Hai ragione.- mi risponde.
Vedermi parlare con un fantasma mi terrorizza.
Non può essere… mi ripeto. Per i Viventi non è considerato normale parlare con i morti, solo asserire una cosa del genere può portare alla condanna a morte.
Loro possono andare e venire, solo i Custodi sono intrappolati. Esiliati da entrambi i mondi. Non possono accedere al loro regno, devono vivere tra i mortali fingendo.
-Peccato che Ronan non abbia preso da nostra madre. Almeno avrebbe qualche amico in più.-
-Solo fantasmi.-
-Siete di buona compagnia, e poi è sempre meglio di niente.-
Zoe si muove nell’aria come se nuotasse.
-Ma voi avete bisogno dei vostri simili per vivere.-
-Loro non hanno le vostre storie.-
-Alcune sono inventate.-
-Altre sono vere.-
Il fantasma sorride.
-Alcune volte sarebbe meglio non ricordare.-
Cala il silenzio e sono io a romperlo.
-L’ho detto a mia madre.-
-Cosa?-
-Quello che mi hai riferito riguardo Xia. Spero che non sia vero.-
-Purtroppo lo è, la saprei riconoscere anche tra mille.-
Sospiro e butto le patate tagliate dentro il pentolone.
-Posso farti una richiesta?- chiedo.
-Tutto quello che vuoi.-
-In realtà sarebbero due.-
-Vediamo se posso accontentarti.-
-Puoi mandare Larz a controllare Ronan? Ho paura che possa fare qualche stupidaggine.-
-Lo sta già tenendo d’occhio.-
-Grazie…-
-E l’altra richiesta?-
-Potresti cantare per me? Oggi è festa e non posso uscire di casa per via della febbre, mi farebbe molto piacere se mi accontentassi.-
Zoe sorride e poi inizia a cantare.
Le strofe che si susseguono melodiosamente parlano di una notte sacra, magica, durante la quale la Vita fa un bellissimo dono agli uomini. Una creatura vede la luce e riesce a ledere l’oscurità che grava sui cuori, scioglie gli affanni e porta amore. Tutto in una notte in cui si possono sentire le voci degli angeli che cantano in coro. Un’armonica danza tra crescendo e diminuendo di toni, pause e note prolungate. La sua voce acquista una sottile eco che riverbera per la stanza dando l’impressione che siano più voci a cantare. La canzone mi rimbomba nella testa, nel petto, nelle viscere…
Mi vedo chiudere gli occhi e so cosa sto immaginando. Immagino mia madre e mio padre con me e mio fratello e mia nonna guarita, tutti insieme, e, come la me passata, piango commossa, ora anche affranta al pensiero che tutta la mia vita sia stato un intrecciarsi di eventi che mi hanno portata a questo punto. All’infrangersi dei sogni.
La musica si assottiglia progressivamente fino a terminare.
-Gr…-
La visione si dissolve.
Cosa ho ereditato da mia madre che Ronan non possedeva?
Tutta la scena cambia. Non sono più a casa mia, non mi trovo in nessun luogo che conosco.
Sono immersa in un liquido rosso che contiene delle schegge di vetro che mi strofinano la pelle di tanto in tanto graffiandomela e dandomi sensazioni contrastanti. Ora di gelo, ora ustionanti.
Sento qualcosa attraversarmi il petto, farsi largo nella mia pelle e agganciarsi al cuore. È come un amo che, legato a una lenza invisibile, mi trascina.
Una luce accecante mi disturba e sono portata a chiudere gli occhi, ma non ci riesco, come non riesco a ricordarmi nulla. Non so chi sono, se sono viva e se tutto questo sia vero.
Non riesco a chiudere le palpebre e tutto si oscura diventando una massa informe nera che mi accarezza volgarmente il corpo.
Quando riemergo…’
   
 
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