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Autore: Ali_TheDemigod    13/12/2014    1 recensioni
E se ogni venti anni le anime di Romeo e Giulietta si reincarnassero in due giovani destinati a morire come i due ragazzi? Cosa succederebbe?
[Dal testo]
Sentivo di aver già provato quel sordo dolore che mi toglieva il respiro, ma in quel momento non mi importava.
Non mi importava più di niente.
C’era solo lei.
Solo la mia Giulietta.
[...]
Mi sorrise. “Oh mia santa” mormorò prima di annullare la distanza tra di noi.
All’inizio il bacio fu casto, poi io gli buttai le braccia al collo e lui mi strinse a se.
Sorrisi sulle sue labbra mentre ricambiavo il bacio con passione.
Lui mi sollevò ed io intrecciai le gambe sulla schiena.
Sentivo di averlo già baciato in quel modo intenso, ma non riuscivo a pensare lucidamente mentre lui mi accarezzava piano la schiena.
Si staccò per un attimo. “Oh Giulietta”
[Ispirato a Fallen]
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E' la mia prima ff, spero vi piaccia :*
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: I personaggi sono stati leggermente cambiati (per esempio Mercuzio diventa Marco, Benvolio diventa Antonio ecc) per adattare la storia ai nostri giorni. Perché, ammettiamolo, non ci sono molte persone che si chiamano Mercuzio o Benvolio ;)
Inoltre, in questa storia, non esiste Romeo e Giulietta. Mi spiego meglio: Shakespeare non ha scritto “Romeo and Juliet”, non esiste.
Perciò… buona lettura, spero vi piaccia. Ci vediamo giù! ^^


Verona – Romeo

Morta. Era morta.
Con un grido strozzato mi accasciai sul corpo della mia amata.
Il suo viso era pallido, gli occhi chiusi e le labbra schiuse, come in cerca dell’ultimo bacio. La accontentai posando la bocca sulla sua.
Non ricambiò. Non poteva farlo.
Una lacrima scivolò sulle mie guance bagnando l’orlo della camicia che indossavo, ma non ci feci caso rimanendo ad osservare il suo volto.
“Giulietta” mormorai accarezzandole la guancia con mano tremante. “La mia bellissima Giulietta”
Altre lacrime sgorgarono dai miei occhi e urlai con il volto rivolto al cielo. Un urlo di disperazione e sofferenza, che non si avvicinava nemmeno a ciò che stavo provando.
Sentivo di aver già provato quel sordo dolore che mi toglieva il respiro, ma in quel momento non mi importava.
Non mi importava più di niente.
C’era solo lei.
Solo la mia Giulietta.


Mi tirai su di scatto ansimando.
Non era la prima volta che facevo un sogno del genere, ed ero sicuro che non sarebbe stata nemmeno l’ultima.
Con un sospiro tremante mi portai una mano alla fronte e scossi la testa per scrollarmi di dosso quella sensazione di vuoto con cui mi svegliavo ogni mattina oramai.
Mi alzai dal letto e mi diressi verso il bagno. Feci un cenno ad Antonio, mio cugino, che stava scendendo le scale per andare a fare colazione e mi chiusi la porta della toilette alle spalle.
Mi sciacquai il viso, mi passai una mano tra i capelli per dargli quell’aria spettinata, e mi guardai allo specchio. Presi la divisa dal mobile lì accanto e la indossai.
Oltre ad essere molto carino – capelli castano dorato, fisico asciutto e occhi azzurri – ero uno dei pochi ragazzi a cui stava bene la divisa della scuola, cioè un paio di pantaloni blu, una camicia bianca e un maglione del colore dei pantaloni.
Mi guardai un’ultima volta allo specchio e scesi al piano di sotto facendo gli scalini a due a due.
Salutai mio padre con un cenno del capo e mia madre con un bacio sulla guancia e mio cugino con una pacca sulla spalla.
“Questi dannati Capuleti!” Esclamò mio padre guardando il giornale mentre la nostra cameriera gli metteva davanti un piatto con del bacon.
“Che hanno fatto?” chiesi incuriosito sedendomi accanto ad Antonio.
“A quanto pare Paride, il cugino del sindaco, si è preso una cotta per una di loro.”
“Ah si? E di chi?” chiesi ostentando indifferenza mentre addentavo il mio pancake sperando di non sentire il nome di Rosalina. Sapevo che non era possibile – la ragazza di cui mi innamorato per adesso, volendo diventare suora, non usciva con nessuno – ma rimasi comunque col fiato sospeso.
“Oh, la figlia di Capuleti, non so nemmeno come si chiama”.
Tirai un sospiro di sollievo e bevvi tutto ad un fiato il mio bicchiere di succo d’arancia.
Il fatto che ero infatuato di una Capuleti, sarebbe stato una tragedia per i miei.
Capuleti gestiva un’azienda come mio padre, e erano rivali. Quest’odio si estendeva alle famiglie.
Scrollai le spalle e mi alzai. “Pronto Antonio?” Chiesi afferrando il mio zaino.
“Si” lui si pulì la bocca con un tovagliolo e fece lo stesso. “Andiamo”

Verona – Giulietta

I suoi meravigliosi occhi azzurri erano fissi sui miei.
Io trattenevo il respiro mentre si avvicinava.
Quasi non mi accorsi di essermi mossa, finché non mi ritrovai a pochi centimetri di distanza da lui.
Mi sorrise. “Oh mia santa” mormorò prima di annullare la distanza tra di noi.
All’inizio il bacio fu casto, poi io gli buttai le braccia al collo e lui mi strinse a se.
Sorrisi sulle sue labbra mentre ricambiavo il bacio con passione.
Lui mi sollevò ed io intrecciai le gambe sulla schiena.
Sentivo di averlo già baciato in quel modo intenso, ma non riuscivo a pensare lucidamente mentre lui mi accarezzava piano la schiena.
Si staccò per un attimo. “Oh Giulietta”


Mi svegliai di soprassalto a causa di un rumore.
Sbattei le palpebre e mi guardai attorno confusa. Il mio sguardo si bloccò sulla portafinestra dove si trovava spiaccicato un uovo.
Scesi velocemente dal letto e ricaddi sul materasso dopo un piccolo capogiro.
Mi alzai di nuovo, stavolta più lentamente, e mi diressi verso la finestra.
Vidi esattamente ciò che mi aspettavo: Montecchi.
Sbuffai e mi avvolsi in una coperta che si trovava sulla poltrona ed uscii sul balcone.
“Siete matti?” Urlai stringendomi nella coperta.
“Zitta Capuleti!” Gridarono quelli a loro volta tirando un altro uovo. Non feci in tempo ad abbassarmi  e quello mi colpì in faccia.
Sbattei un piede a terra e rientrai in camera seguita dalle loro risate.
“Balia!” Esclamai togliendomi del tuorlo dal viso con la trapunta.
Lei arrivò saltellando. Era una donna bassa e tarchiata, vestita come una cameriera e con un gran sorriso stampato in faccia, anche se le mancavano parecchi denti. In realtà era la mia domestica, ma siccome si era sempre occupata di me, io avevo cominciato a chiamarla così.
Il suo sorriso si spense non appena mi vide. “Tesoro mio, che ti è successo?”
“Montecchi” mi limitai a dire e lei annuì comprensiva.
“E’ assurdo. Non capisco perchè se la devono prendere anche con te, tesoro”.
Scossi la testa. “Sai com’è. I nostri genitori si odiano e così noi ci odiamo” scrollai le spalle.
“Dai, ti preparo un bagno caldo, d’accordo?” mi sorrise.
Annuii. “Grazie” sorrisi a mia volta e la seguii in bagno.
Mentre mi spogliavo lei mi preparò il bagno ed io entrai nella vasca.
“Vado a prenderti la divisa, torno subito!” mi fece l’occhiolino e sparì oltre la porta.
Chiusi gli occhi rilassandomi e un paio di iridi azzurre mi comparvero davanti. Erano gli occhi del ragazzo che avevo sognato. Erano così belli e così familiari.
 “Giulietta?”
Riaprii gli occhi di scatto e vidi la balia con un sorriso sdentato osservarmi.
“Non addormentarti tesorino! Devi andare a scuola!” mi strizzò l’occhio.
Dopo essermi sciacquata uscii dalla vasca avvolgendomi in un accappatoio.
“Sei così bella, Giulietta” mormorò la donna pettinandomi i lunghi capelli.
Io le sorrisi. “Come te!” ribattei e lei rise.
“Oh, magari io fossi bella come te, bambina!”
Dopo essermi asciugata anche i capelli mi vestii.
Dopodichè mi guardai allo specchio. Capelli mori, quasi neri sciolti come al solito in morbide onde, occhi verdi, qualche lentiggine sul naso e labbra carnose. La divisa, mi stava alla perfezione, anche se non mi piaceva più di tanto. Andiamo, chi è che nel 2000 va ancora in giro con camicetta bianca, gonna a quadri rossa e bianca e golfino rosso con stemma della scuola?
Sbuffai e poi scossi la testa. “Io vado”
Lei annuì. “A dopo” mi sorrise dandomi un veloce abbraccio.
Io le diedi un bacio sulla guancia e scesi giù in soggiorno dove mia madre stava mangiando mentre parlava con mio cugino Teo.
“Buongiorno” sorrisi.
“Buongiorno, Giulietta” mi salutò Teo ricambiando il sorriso, mentre mia madre grugnì un “’Giorno” senza nemmeno alzare lo sguardo dalla sua colazione.
Alzai gli occhi al cielo, e chiesi di mio padre.
A quanto diceva mio cugino, era già uscito. Aggrottai la fronte. Strano, non usciva mai prima delle 7:45.
“Ah” fece mia madre alzando finalmente gli occhi su di me. “Ti viene a prendere Paride e ti porta a scuola, oggi”.
“Oh” la fissai corrugando le sopracciglia. “E perché dovrebbe accompagnarmi”.
“Dio, quel ragazzo è pazzo di te Giulietta!” Esclamò Teo esasperato.
Io arrossii. “Ma se siamo amici…” mormorai.
“Beh, a quanto pare lui vorrebbe essere un’altra cosa per te” ribattè lui facendomi l’occhiolino.
Scossi la testa divertita da quel comportamento e bevvi un sorso del mio cappuccino.
Sentii suonare il campanello e sospirai. “Okay, io devo andare” sorrisi, feci un cenno di saluto con la mano e afferrai lo zaino. Poi feci per uscire.
“Giulietta” mi fermò mia madre. Mi girai.
“Si?”
“Vedi di fartelo piacere. E’ parente del sindaco, ricorda”.
Mia madre e mio padre erano molto arrabbiati del fatto che Marco, parente del sindaco di Verona, era molto amico del figlio di Montecchi, ed evidentemente volevano rimediare facendomi fidanzare con Paride. Deglutii e annuii, poi uscii di casa.


Note: Ciao a tutti ^^ questa è la mia prima ff, perciò se non è fantastica non ammazzatemi! ;) In questo capitolo vediamo i nostri due giovani in una mattina come un’altra.
Non è un capitolo molto interessante o lungo, ma prometto che nei prossimi capitoli qualcosa romperà la monotonia che c’è in questo.
Recensite, è molto importante per me sapere cosa ne pensate! ;)
Ps: se ci sono errori di battitura, mi dispiace ma ero impaziente di pubblicarlo
Baci,
Ali
   
 
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