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Autore: Sakurina    06/11/2008    8 recensioni
In un India di inizio secolo, si prepara la celebrazione del matrimonio fra il maharaja Neji e la principessa Hinata, il cui cuore però è ancora legato al ricordo del suo primo amore Naruto. Nemmeno lui l’ha mai dimenticata, ma non può fare nulla per uscire dallo stato di povertà in cui vive insieme ai migliori amici Kiba e Shikamaru. Ma basta un incontro per modificare il destino, e quando Ino, l’amante del maharaja, incontra la principessa Hinata, il fato sembra non dover più seguire il suo corso…
[NaruHina, ShikaIno, Accenni NejiTen. Crack pairing finale]
Storia vincitrice del contest "Naruto Around The World" indetto da Wishful Thinking e MillyMalfoy.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki, Shikamaru Nara | Coppie: Hinata/Naruto, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Note prima della lettura:

Note prima della lettura:

*Maharaja: titolo dei sovrani dei principati indiani.

**Intoccabili: in India, le persone senza casta, perciò esclusi dalla vita sociale.

*** Maharani: titolo della sposa del maharaja.

 

Immagini utili:

http://www.indiafolder.com/indian-monuments/img/Taj%20Mahal.jpg

http://lh6.ggpht.com/_4ByJynxioQw/SFSiqn8rPCI/AAAAAAAABWY/QUoqZhospZc/balcony.jpg

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/ec/Interior4.jpg/300px-Interior4.jpg

http://s304.photobucket.com/albums/nn179/LulyChan/?action=view¤t=ShikaRisci.jpg      -> XD

 

 

 

Un Petalo Di Rosa

Nella Notte D’Oriente

 

 

 

Capitolo 1. “Un Petalo di Rosa In Una Scatola”

 

Una foschia leggera circondava ogni edificio, una coltre evanescente simile a un velo candido, di quelli usati dalle giovani spose nel giorno più importante della loro vita per celare i loro volti dal trucco perfetto prima della cerimonia, una tenda inconsistente che si sollevava dalle strade fangose ancora impregnate della pesante umidità dei giorni precedenti.

Il Taj Mahal, candido tempio consacrato all’amore devoto ed eterno, dominava la sconsolata città di Agra, fortemente debilitata durante quella stagione monsonica così violenta e distruttiva.

Un passo pesante venne affondato nel fango, seguito da un altro, e un altro ancora; poi uno sbuffo annoiato, una mano che frugava nella tasca alla ricerca di un sottile foglietto bianco mentre l’altra maneggiava con cura il drum; si rollava la sua prima sigaretta del mattino, Shikamaru Nara, sedendosi sui gradini di un edificio degradato e maleodorante che da quelle parti osavano chiamare casa.

Espirò delle nuvolette di quel fumo così amaro da lasciare quasi la gola secca, che si andarono ad unire alla foschia che lo avvolgeva, dando alle strade deserte, illuminate a stento dall’alba spenta, un’aria decisamente spettrale.

Era semplicemente meraviglioso. Amava godersi in pace, da solo con se stesso, quegli effimeri raggi di sole, che ben presto sarebbero stati sostituiti da cupi e pesanti nuvoloni neri, già visibili all’orizzonte.

Shikamaru sbuffò sonoramente, affondando la sigaretta ormai consumata nel fango e alzandosi in piedi di malavoglia. Del resto, il lavoro sporco toccava sempre a lui, ed era meglio farlo bene e in fretta, prima di venir preso nel sacco.

Tirò su la grossa bisaccia che si portava appresso, caricandosela sulle spalle, e ricominciò a scarpinare in mezzo alla strada fangosa, mentre l’alba lentamente si oscurava e il canto mattutino dei galli veniva surclassato dall’eco dei vicini tuoni.

 

\

 

Il suo respiro caldo si adagiò delicato sul vetro, creando una patina biancastra sulla finestra, che la ragazza levò con un lento colpo di mano.

Gli occhi chiari, insolitamente tendenti al bianco, si posarono tristi e rassegnati sulle nuvole tuonanti che sovrastavano come ogni giorno il suo cielo, rendendo il Taj Mahal, visibile dalla sua stanza, un monumento estremamente malinconico, spegnendo in un triste grigio le mura di quel bianco che d’estate pareva quasi vivo.

-“Principessa Hinata…”-

Una voce calma e amica le accarezzò l’orecchio, tormentato notte e giorno da grida isteriche e rimproveri delle varie madri e zie che tanto pretendevano da lei, forse troppo.

Hinata si voltò con occhi lucidi, ritrovandosi davanti la dolce e affettuosa Tenten, la sua amata dama di compagnia nonché unica amica. Si strinsero con forza le mani, mentre la bella principessa dai lunghi capelli neri sospirava, rassegnata.

-“Principessa… fatevi coraggio, domani è il 4 luglio.”- cercò di incoraggiarla Tenten, semplicemente bella avvolta nel suo sari purpureo.

-“Io… non voglio sposarmi, Tenten.”- sospirò Hinata, voltandosi nuovamente verso la finestra, trascinando il suo abito colorato del blu divino e adornato da splendide rifiniture dorate.

La brunetta abbassò gli occhi, dispiaciuta, non sapendo che dire. Sapeva bene quanto l’amica fosse contraria all’unione con suo cugino, ma non c’era nulla da fare per impedirlo. Il maharaja* Neji aveva espresso chiaramente il suo desiderio di unirsi in matrimonio con la congiunta per preservare pura la stirpe Hyuga, una delle più antiche casate reali d’India, e nessuno poteva fare nulla per fermarlo… nemmeno Tenten stessa, in quanto sua amante preferita, era riuscita a dissuaderlo dai suoi propositi.

 

\

 

Un profondo sospiro si espanse per l’atrio non appena il ragazzo toccò il pianerottolo sporco e trasandato, gettando a terra la pesante bisaccia.

Shikamaru chiuse gli occhi, stanchi e pesanti dopo una nottata in piedi, sbadigliando sonoramente. Un topolino gli passò velocemente sopra un piede, fuggendo in direzione della porta. Dalla strada, le urla gioiose dei bambini che, per quanto poveri e affamati potessero essere, non perdevano mai la voglia di giocare.

Il Nara si regalò un lieve sorriso, mentre con la mente tornava indietro ai giorni in cui erano lui e i suoi amici i bambini che giocavano chiassosi per le strade; i rimproveri di sua madre, i bagni nel fiume, le risse, i dispetti: era tutto così lontano…

Improvvisamente, la porta davanti alla quale sostava Shikamaru si aprì, mostrandogli il volto di Kiba, che lo guardava male con espressione molto più assonnata di lui.

-“Bentornato bello, che ci hai portato di buono?”- sbiascicò tra uno sbadiglio e l’altro il ragazzo dai bizzarri segni rossi sul volto.

-“Il solito. Come hai fatto a capire che ero tornato?”- domandò perplesso il Nara, entrando in casa.

-“Beh, quando sbadigli tu sull’uscio tremano le pareti.”- rispose Kiba divertito, prendendo a ravanare dentro la bisaccia dell’amico.

Shikamaru si levò la giacchetta sgualcita, lanciandola sul divanetto, poi si diresse verso la porta più mal ridotta della casa; la porta della casa che era sempre stata aperta, ma che da qualche giorno a quella parte rimaneva perennemente chiusa.

Il ragazzo vi diede qualche lieve colpo, ma ovviamente, nessuno rispose. Fece pressione sulla maniglia, facendo scricchiolare l’ormai instabile pezzo di legno, e si intrufolò nella stanza lentamente. Lo sguardo di Shikamaru si spense gradualmente non appena si posò sulla figura dell’amico, che da ormai una settimana se ne stava sdraiato su quella scrivania antica (che avevano trovato per strada qualche anno prima), senza parlare mai.

Quello sul tavolo non era il Naruto Uzumaki che era cresciuto con lui, decisamente non lo era. Era un ragazzo triste, privo di speranza, rassegnato. I suoi occhi blu sempre saettanti ora erano vacui come quelli di vetro di quel mercante d’armi incontrato per strada molti anni prima.

-“Ho portato qualcosa da mangiare, Naruto.”- asserì Shikamaru, avvicinandosi e appoggiandogli una mano sulla spalla, amichevolmente.

-“Hai saputo qualcosa?”- domandò il biondino, ignorando deliberatamente la proposta dell’amico.

-“Il solito. Ci sono un sacco di carrozze che arrivano da ogni dove e si affollano intorno al palazzo. Del resto, è per domani.”- ammise in tutta sincerità il ragazzo col codino.

-“Già, domani… domani è il 4 luglio…”- sospirò l’Uzumaki, tirandosi su a sedere, continuando a fissare la scrivania mestamente.

-“Naruto… hai provato a fare di tutto. Purtroppo le mura del palazzo sono invalicabili, le abbiamo tentate tutte per infiltrarci e abbiamo fallito miseramente. Lascia perdere e torna a vivere, amico mio.”- gli propose Shikamaru, stringendogli con forza la spalla.

-“Vivere… tu la chiami vita, la nostra? Combattiamo ogni giorno per sopravvivere, rubiamo ogni notte da qualche fornaio per sfamarci, tiriamo un risciò fino a sfinirci per guadagnare pochi spicci… che cavolo di vita è, la nostra?”- commentò Naruto, amaramente.

Il Nara corrugò le sopracciglia, fissandolo seriamente e con aria dubbiosa: chissà se parlava per sofferenza o era veramente ciò che pensava.

-“Che proponi di fare, Naruto? Mollare tutto per andare in giro per il mondo come viandanti? Tu puoi farlo, tuo padre era marinaio, tu stesso sei nato su una nave, non hai mai avuto radici legate alla terra; io non sono così. Sono nato in campagna, in mezzo agli allevamenti di mio padre; io sono un tipo sedentario, ho bisogno di una casa, di un posto a cui legarmi.”- spiegò Shikamaru, con tono amaro, rimpiangendo i vasti pascoli di montagna fra i quali era cresciuto spensierato.

-“Già. Figlio di marinaio, di contadino, di cacciatore… che importa? Alla fine siamo tutti bloccati in questa città, fra quattro mura degradate in lotta continua per la sopravvivenza. Per quanto diversi possiamo essere, di sogni… non ce ne sono comunque. La sopravvivenza non mi basta più come sola ragione di vita, Shikamaru.”- sospirò infine Naruto, senza aggiungere altro.

Passarono brevi ma intensi momenti di silenzio, interrotti solo dai loro respiri. Poi i passi strascicati del Nara si diressero verso la porta, chiudendosela alle spalle, senza aggiungere altro.

Il biondino strinse con forza i pugni, sbattendoli sul tavolo preda di uno scatto d’ira. Perché non riusciva mai a rassegnarsi al destino? Perché dentro sentiva sempre l’imperante bisogno di combattere anche davanti a una sconfitta certa?

Naruto alzò gli occhi stanchi verso quella scatolina blu posta all’angolo della scrivania: quello era l’oggetto più prezioso che possedesse, l’unico che avesse un valore per lui, che da anni custodiva gelosamente.

La raccolse, aprendola lentamente mentre il groppo in gola gli si stringeva sempre più: dentro, nient’altro che un petalo bianco essiccato sul fondo.

-“Ehi Kiba, smettila di abbuffarti e fila a lavorare.”- gli intimò Shikamaru, ritornando in salotto.

-“Eh?”- sbottò l’Inuzuka, che aveva tirato fuori dalla bisaccia tutto il cibo che l’amico era riuscito a recuperare in una notte di furti vari. –“Ma come, sempre a me tocca andare a lavorare?!”- protestò, indignato.

-“Beh, vedi tu, io ho già dato stanotte…”- sbiascicò il Nara, chiudendosi in quella che osava chiamare camera.

-“Ma, ma…e Naruto?! È comodo fare i depressi, tanto ci sono gli altri che sgobbano per lui!”- brontolò Kiba, stizzito.

-“Fila al lavoro, Kiba!”- gli ordinò Shikamaru, con tono irritato, dalla camera.

-“Va bene, va bene…”- sbuffò l’amico, tirando su la giacchetta sgualcita dal divano.

 

\

 

Tutta la corte era radunata nella sala delle cerimonie, luogo dove cibi raffinati venivano serviti in grande abbondanza, dove fiumi di vino scorrevano fra i tavoli, dove risate goliardiche si innalzavano fino a raggiungere l’orecchio infastidito del maharaja, che dominava la sala dall’alto del suo trono d’oro zecchino.

Neji sbadigliò annoiato, regalando una superficiale occhiata ai numerosi invitati con disinteresse. La sua vista acuta scrutò tutti i presenti senza trovare nessuno che fosse minimamente degno della sua attenzione. Si voltò verso il suo fedele servitore, invitandolo ad avvicinarsi con un gesto della mano.

Kakashi gli si accostò silenzioso, piegandosi con discrezione verso di lui per sentire ciò che il suo maharaja ordinava.

-“Kakashi, dov’è la principessa Hinata?”- domandò Neji, pensieroso.

-“La principessa è nei suoi appartamenti, Vostra Altezza. Sapete bene che non ama queste cerimonie troppo sfarzose.”- cercò di spiegare l’uomo dal volto perennemente coperto, ma venne interrotto da un cenno della mano di Neji.

Il maharaja sogghignò compiaciuto quando vide le porte sul fondo della sala aprirsi, lasciando che una cascata di colori, di gioielli e di musica invadesse l’enorme stanza.

Giovani bellissime e dai corpi perfetti danzavano, muovendosi a ritmo di note sinuose che si diffondevano ovunque leggiadre; erano ricoperte da ricchi abiti succinti, fatti di sete preziose d’oriente e di gioielli brillanti d’occidente, e ballavano ingannando e seducendo i presenti con movimenti sensuali, giocando con lievi veli colorati.

Kakashi si allontanò da Neji, lasciando che il sovrano si godesse appieno quelle meraviglie della natura, le ragazze più belle di Agra radunate alla sua corte solo per soddisfare i suoi occhi avidi di bellezza.

Ma ve n’era una, una sola, la cui bellezza sovrastava quella di tutte le altre, la cui grazia faceva sembrare elefanti le fanciulle che le si avvicinavano, la cui sensualità poteva far cadere ai suoi piedi un uomo anche grazie a un solo sguardo.

Ella era una dea discesa sulla terra per gli uomini, una sfacciata senza pudore per le donne; un “Fiore di Luna” per il maharaja Neji.

Ino Yamanaka (questo era il suo nome) entrò per ultima nella stanza. Il seno era avvolto in una succinta fascia di seta viola araba, adornata ai bordi da ricami dorati e pietre preziose incastonate appositamente per lei; una catenella d’oro collegava, attraversando tutto il bacino piatto, il top con il pareo di veli violaceo stretto in vita da una costosa cintura aurea, tappezzata anch’essa di gemme. Le braccia morbide erano ricoperte di bracciali non meno lussuosi di quei gioielli che le adornavano i lunghi e setosi capelli, raccolti in una coda alta, così lucenti da sembrare brillare da soli.

Non appena mise piede nella sala, tutti si zittirono; silenzio assoluto per ammirare con il dovuto rispetto la cortigiana più giovane, più bella, più potente e più desiderata che quella corte avesse mai avuto. Silenzio assoluto per ammirare la preferita nonché ufficiale amante del maharaja.

Tutte le altre odalische si appartarono ai lati della stanza, inginocchiandosi davanti al loro esempio di vita. Ino Yamanaka era tutto ciò che una ragazza di umili origini poteva aspirare a divenire, anzi, forse era persino troppo per una della sua condizione sociale.

La bellissima cortigiana prese a danzare sola e indisturbata nel centro della stanza, consapevole che vi era il mondo a guardarla, il mondo a giudicarla, il mondo a bramarla e ammirarla. Gli occhi di tutti erano suoi, ne era certa, nessuno riusciva a schiodarle lo sguardo ammaliato di dosso.

Ino racchiudeva in sé la grazia e la sensualità di tutto l’oriente, grazie ad anni e anni di studi, di viaggi, d’insegnamenti.

Ancora bambina, il padre l’aveva strappata alla sua terra natia d’Egitto per condurla attraverso gli harem d’Arabia, facendola istruire dalle più abili concubine dei sultani, raggiungendo persino l’Estremo Oriente, dove le amanti degli imperatori cinesi e le raffinate geishe del Sol Levante si erano offerte di farle da maestre. Ino aveva appreso tutte le arti dell’amore fisico e della seduzione in maniere molto diverse, in mondi distanti eppure tutti collegati dall’arte lasciva del sesso.

Suo padre aveva puntato tutto su di lei, sulla sua bellezza; aveva cresciuto una rosa bella e procace, a cui nessun uomo di potere sarebbe stato in grado di sottrarsi. Per concludere la sua opera, l’aveva condotta dal più ricco e potente maharaja di tutta l’India, l’aveva presentata alla corte di Neji Hyuga. Da ottimo intenditore delle più svariate bellezze della natura quale era lui, il giovane maharaja non si era fatto sfuggire quell’eterea gemma preziosa, che sin dall’inizio egli aveva soprannominato “Fiore di Luna”.

E ora eccola lì, Ino Yamanaka: danzava per sedurre quel maharaja freddo e affascinante, colto e sapiente, verso il quale non aveva mai provato il benché minimo sentimento, ma nemmeno il benché minimo disprezzo. Si riteneva fortunata a essere l’amante di un bel uomo, giovane e raffinato; sapeva che molte altre donne della sua stessa razza non avevano avuto una tale fortuna. Oltretutto, era consapevole della sua unica proibizione: mai amare un uomo se non per il denaro che egli può donare.

E Ino non amava, infatti: ella danzava, seduceva, si concedeva, si arricchiva, per poi ricominciare a danzare ancora. Quello era il suo compito: nulla era più importante per lei dell’appagamento del suo maharaja.

Mentre danzava leggiadra, lanciando sguardi ammalianti in direzione del suo amante, Ino non fu sorpresa di quegli occhi glaciali rivolti perennemente a lei, quanto da uno sguardo effimero e sfuggente non dedicato alla sua danza. Sì, la biondina si era chiaramente accorta di una netta distrazione da parte di Neji. Per un attimo sfuggente, il maharaja aveva dedicato la sua attenzione a una giovane ancella di corte, il cui corpo imperfetto era avvolto in un ingombrante e semplice sari, e i capelli comunissimi erano raccolti in due umili chignon. La ragazza, che Ino aveva riconosciuto come Tenten, la dama di compagnia della principessa Hinata, aveva ricambiato imbarazzata con un sorriso, distogliendo immediatamente lo sguardo da Neji. Lo stesso fece lui, tornando a interessarsi (o almeno di fingendo di farlo) alla sua amante bionda.

Ino sapeva fin troppo bene quante amanti avesse Neji, ma davvero non le importava, non finché rimaneva lei la numero uno. Mai Neji le aveva fatto un affronto del genere; mai il maharaja aveva distolto lo sguardo per un solo secondo dalle sue danze seducenti. E adesso preferiva guardare una scialba sguattera piuttosto che lei? Questo davvero era troppo. Era un’offesa troppo grande per essere accettata.

Ma Ino non si lasciò prendere dalla rabbia. Come una vera professionista, concluse il suo spettacolo, prostrandosi ai piedi del suo amante (sebbene con un po’ di ribrezzo) alla fine di questo.

Neji la ringraziò, alzandosi in piedi, invitandola ad alzarsi a sua volta, mostrando all’intera corte il suo tanto bello quanto raro “Fiore di Luna”. Impassibile, imperscrutabile come sempre, degno erede degli Hyuga.

Ino rifiutò l’invito a prendere parte ai festeggiamenti, congedandosi con la scusa di sentirsi poco bene. Semplicemente, la vista di quella sgualdrina di Tenten la ripugnava. E Neji non la fermò, invitandola a non raggiungerlo nelle sue stanze quella notte in modo da poter riprendersi completamente. Tradotto con altre parole era un chiaro invito a non intralciarlo quella notte, visto che ci sarebbe stata un’altra donna a soddisfarlo.

Senza protestare, Ino se ne andò, con in volto stampato un broncio e in cuore incisa un’offesa troppo grande da mandar giù.

 

\

 

Qualcuno bussò leggermente sulla porta, attirando l’attenzione della principessa.

Hinata sollevò il volto bagnato di lacrime dalle lenzuola, mentre vedeva la figura di una donna molto affascinante intrufolarsi silenziosa nella sua camera buia.

Kurenai si avvicinò al letto della ragazza, sedendosi accanto a lei mentre quest’ultima si tirava su, asciugandosi le ultime lacrime.

-“Principessa Hinata, non dovete fare così, lo sapete bene.”- la rimproverò con tono gentile l’insegnante della Hyuga, porgendole un pregiato fazzoletto.

-“Oh, maestra Kurenai… ma come, come posso sopportare questo? Non è ciò che voglio!”- protestò Hinata, singhiozzando.

-“Vostra Altezza, non dovete comportarvi come una bambina capricciosa. Voi siete la principessa di una casata molto ricca e potente, sapete quante persone al mondo invidiano questa vostra posizione? E voi invece vi lamentate, protestando di quanto ingiusto sia il fato. Ringraziate piuttosto di vivere sotto un tetto sicuro, di potervi cibare ogni giorno, di dormire in un comodo letto. Voi meglio di chiunque altro sapete che la vita per le strade di Agra non è così. Voi meglio di chiunque altro, tramite il sacrificio del matrimonio, potete salvare questa città dalla miseria!”- cercò di incoraggiarla Kurenai, accarezzandole i lunghi capelli corvini.

Hinata sfuggì al gentile tocco della donna alzandosi dal letto, preda dei singhiozzi che ancora non ne volevano sapere di andarsene. Si avvicinò alla finestra, lasciando che la lunga veste strisciasse contro il pavimento, osservando per l’ennesima volta il Taj Mahal e sospirando rassegnata. Quell’enorme tempio d’amore era sempre lì, davanti ai suoi occhi, pronto a ricordarle quanto il maharaja che lo fece erigere amasse la consorte. Sapeva fin troppo bene che con quel matrimonio, lei non avrebbe mai avuto nulla del genere. Solo figli dagli occhi di nuvola, che avrebbe amato sì, ma mai completamente. Sarebbe stata schiava di un marito e di una famiglia che non la amavano per chi era, ma solo per ciò che era. Un oggetto di preservazione della specie. Solo questo.

La moretta si morse il labbro inferiore con forza, volgendo lo sguardo sofferente alla scrivania di prezioso legno d’ebano intarsiata d’oro. Lasciò scivolare la mano vellutata lungo tutto il perimetro del tavolo, raggiungendo una scatola d’avorio candida, posta al centro della scrivania. La attirò a sé, sostando a lungo sul coperchio che portava le sue iniziali, accarezzandone gli angoli con i polpastrelli. Poi prese un respiro profondo, come per farsi forza, e aprì lentamente il coperchio.

I suoi occhi sembrarono rasserenarsi alla vista di quel fiore di rosa bianco, che ormai privato completamente della sua linfa vitale dallo scorrere del tempo, giaceva fragile e secco sul fondo di quella scatola preziosa.

-“Che cosa guardate, principessa Hinata?”- domandò Kurenai, avvicinandosi alla ragazza e lanciando un’occhiata curiosa dentro la scatolina. –“Una rosa essiccata?”-

-“No, non è solo una rosa essiccata. È… il mio cuore.”- sorrise teneramente la Hyuga, richiudendo il prezioso scrigno e stringendoselo al petto.

-“Principessa!”- sussultò la donna, posando una mano contro la sua, allarmata. –“Non potete tenere pegni d’amore di altri uomini! Se il maharaja lo scoprisse…”-

-“Maestra Kurenai!”- la guardò con sguardo supplichevole Hinata, sul punto delle lacrime –“Ho più gioielli di qualunque altra principessa d’India, eppure nemmeno il più grande e costoso di essi vale quanto questo piccolo fiore… i ricordi sono tutto ciò che mi permettono di restare in vita, perché volete privarmi pure di essi?”-

-“Perché vi distraggono dal vostro consorte, Vostra Altezza.”- rispose Kurenai, fredda e categorica.

-“Sarà consorte quando ci saremo sposati. Fino ad allora il maharaja non è altri che mio cugino. Ora vi prego maestra… allontanatevi da qui. Vorrei restare sola.”- la invitò ad andarsene la principessa con tono freddo, dandole le spalle e ritornando alla finestra.

-“Come Sua Altezza desidera.”- si congedò la donna, sollevando elegantemente il sari scarlatto in modo da uscire senza far troppo rumore.

Aprì la porta, pensierosa, voltandosi un’ultima volta verso la giovane. Hinata era alla finestra e aveva ripreso a piangere, mentre fissava il Taj Mahal avvolto dalle tenebre, occasionalmente squarciate da qualche lampo. 

–“Principessa Hinata…”- la richiamò con voce pacata –“…per quanto ne sapete quel giovane potrebbe già essere morto. Vi ho detto che la vita nei bassifondi è molto dura… perciò rinunciate al suo ricordo, ve ne prego.”- la supplicò infine, abbandonando la stanza.

La moretta sospirò, assottigliando lo sguardo sull’orizzonte fatto di tenebre e tempesta, così come la sua anima in quel momento. In un impeto improvviso di ansia, strinse di più a sé la scatola, che era tutto ciò che di candido era rimasto nella sua vita insieme ai suoi occhi sempre offuscati dalle lacrime.

 

 

to be continued!

 

 

 

 

 

*Angolo di Sakurina*

Oh mio Dio, davvero, sono emozionata *O*

Non me lo sarei davvero mai aspettata ç___ç !!!

Il primo posto con una storia dove ci sono le mie coppiette preferite… awww!

Ringrazio Sil e Milly per aver indetto questo splendido concorso, ma soprattutto per aver inserito il Taj Mahal fra le scelte! Senza questo bellissimo edificio, questa storia non sarebbe mai nata nella mia mente bakata!

Che dire se non che amo questa storia, perché mi sono impegnata tanto per scriverla e perché mi piace particolarmente come ho reso i caratteri dei pg in questo contest altamente AU. Soprattutto Ino e Shika… awww! *___*

Mi congratulo anche con tutte le altre splendide partecipanti! *O*

E un grazie a tutti coloro che vorranno recensire! <3

 

 

 

  
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