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Autore: isteria    13/12/2014    7 recensioni
In un mondo dove le persone hanno dei poteri speciali, John Watson si trova nella situazione più sfortunata di tutte: può vedere quanti giorni mancano alla morte di chi gli sta intorno e per questo motivo è certo che la sua vita farà sempre abbastanza schifo.
Questo almeno fino a quando non incontra Sherlock Holmes e ha l'occasione di salvare Londra e quelli come lui dal loro destino.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eroe

 

A una mente ingenua, la capacità di John poteva sembrare, oltre che molto inquietante, anche affascinante: il fatto che il numero che vedeva sopra la testa delle persone diventasse più luminoso man mano che la cosiddetta “ora fatale” si avvicinava avrebbe potuto fare di John uno di quegli eroi da fumetto che, incentivati dalle classiche corse contro il tempo, si dedicano a salvare le vite degli altri.

La verità era che, per quanto la maggioranza della popolazione ignorasse le capacità dei Moirenti, la situazione era molto più complicata e meno eccitante di quanto potesse sembrare. Tanto per dirne una, anche se John avesse voluto improvvisarsi eroe senza macchia e senza paura, non avrebbe saputo da dove iniziare: per chi non era abituato, era allarmante rendersi conto della quantità di persone che avevano dei numeri bassi sulla testa. In una città come Londra, ad esempio, poteva capitare di imboccare una strada e vederne anche una decina. Chi era lui per decidere chi salvare e chi no?

La questione più importante però era un’altra. John la ricordava stampata sull’opuscolo che il dottore della clinica dell’Anagrafe Numerale gli diede quando, appena quindicenne e con qualche anno di ritardo rispetto ai suoi compagni, iniziò a vedere i primi numeri e a capire quello che significavano: “Il Destino non si cambia”. Era un modo semplice e diretto per dire al neo Moirente che, per quanto “essere un Moirente non vuol dire essere infelice”, effettivamente questa capacità non donava speranze di rivalsa: il Moirente non aveva altra possibilità che constatare un dato di fatto, ovvero  che una certa persona entro un esatto periodo di tempo avrebbe lasciato questa Terra senza possibilità di appello.

Non c’era da stupirsi, si ripeteva John, che i Moirenti cercassero di nascondere la propria condizione per non venire evitati o, peggio, ghettizzati. D’altra parte, chi voleva come  amico o compagno uno che sapeva in quanto tempo avresti lasciato questo mondo?

 

John ripensava a queste cose (soprattutto alla parte del “Destino non si cambia”) mentre vagava per le strade di Londra dopo essere state piantato in asso su una scena del crimine da Sherlock Holmes. Una parte di lui cercava di pensare a un motivo razionale per il quale stesse facendo tutto questo. Per il momento, l’unica cosa che il suo cervello riusciva a dirgli era “Perché trovi Sherlock Holmes interessante”, che non era assolutamente una risposta accettabile.  John non trovava nessuno “interessante” per principio, per lui le  persone potevano solo essere vicine alla morte o lontane: il massimo della felicità era sapere che le persone a cui teneva (ovvero quelle a cui non poteva necessariamente voltare le spalle, come la sua famiglia) avevano almeno un numero a cinque cifre sulla testa.

 

 

Erano in un ristorante italiano per un appostamento; il caso iniziava a farsi interessante, anche se John non riusciva davvero goderselo come sembrava fare Sherlock:  in realtà continuava a guardare di soppiatto l’1 luminoso sperando che l’altro non se ne accorgesse.

“Quindi…consulente investigativo, eh?”  disse per cercare di dimenticarsi del numero ormai fosforescente sulla sua testa.

“Già.” Rispose Sherlock con gli occhi fissi sulla strada.

“Pensa che quando ti ho visto la prima volta pensavo fossi un Geminato.”

Lo sguardo di Sherlock si posò su di lui, duro e fiero, l’aria altera più forte che mai.

“E cosa te l’ha fatto pensare?”

John si pentì immediatamente di averlo chiesto. Con orrore si accorse di un certo calore sul collo e sulle orecchie, segno che probabilmente stava diventando più rosso della tovaglia.

“Io…ecco…mi dispiace. Non volevo essere invadente. Mia madre mi diceva sempre che è maleducazione chiedere l’Anagrafe alle persone, ma i consigli delle mamme non si ascoltano mai, vero? Nemmeno quando si è grandi e vaccinati. Davvero, dimentica che te l’ho chiesto.” Rivolse la sua attenzione alle tagliatelle, ma improvvisamente gli era passata la fame. Se Sherlock gli avesse chiesto della sua Anagrafe? Cosa avrebbe risposto? Nonostante i Moirenti non fossero distinguibili a colpo d’occhio, c’era una discreta possibilità che Sherlock avesse già capito la sua condizione grazie alle sue deduzioni, ma, visto che non era scappato a gambe levate, c’era ancora possibilità che non l’avesse intuito. John sapeva però che sicuramente, davanti a una domanda diretta, uno come Sherlock sarebbe riuscito a capire una risposta falsa a chilometri di distanza.

Dopo un momento di silenzio imbarazzato, Sherlock decise di avere pietà di lui.

“Io…non vedo i numeri. – disse con gli occhi di nuovo fissi sul palazzo di fronte, stranamente fuori fuoco.

“Ah”, fu tutto quello che John riuscì a rispondere. Non aveva mai conosciuto un Ordinale. A quanto ne sapeva (e sicuramente ne sapeva più degli altri, visto che era un medico) ne nasceva uno ogni cinquecentomila persone, rendendoli di fatto l’Anagrafe più rara al mondo; durante la pubertà, al posto di iniziare a vedere i numeri come gli altri, su ciascuno di loro compariva sulla pelle un numero romano da uno a dieci.
La verità era che si sapevano pochissime cose degli Ordinali perché quasi tutti erano tenuti nascosti: si diceva, ma ovviamente non c’era nulla di ufficiale, che case farmaceutiche e centri di sperimentazione governativi fossero disposti a fare qualunque cosa per potere studiare la loro genetica. Era praticamente una corsa contro il tempo: chi scopriva per primo il segreto dell’Anumeralità degli Ordinali, prima sintetizzava il fantomatico medicinale che sarebbe riuscito a rendere Anumerale chi non lo era.

Per questo motivo John era rimasto basito quando Sherlock gli aveva dichiarato con leggerezza la sua condizione. Essere un Ordinale era anche peggio che essere Moirente: era come avere una taglia governativa informale sulla testa.

“Quindi hai il…tatuaggio?” chiese John stupidamente, più che altro per risvegliarsi dallo stato di semi-shock nel quale era caduto.

“Sì, sì, il tatuaggio-” rispose Sherlock assente “Quel taxi è lì da troppo tempo, è evidente che sta aspettando qualcuno o qualcosa…” , senza neanche aspettare una risposta da John, Sherlock si stava già mettendo il cappotto.

Il tempo di uscire dal locale e il taxi era già partito. Mentre correva per Londra seguendo Sherlock Holmes come se non avesse fatto altro nella vita, John continuava a pensare all’opuscolo che aveva ricevuto più di vent’anni prima e a come “il Destino non si può cambiare”. Eppure, mentre correva e correva ancora senza sentire dolore alla gamba (ma quello lo avrebbe notato dopo), John riusciva solo a pensare che non voleva altro che il Destino si sbagliasse. Perché, per la prima volta nella vita, il numero sulla testa di una persona non lo spaventava. Anzi, fu forse quello che la sera stessa lo spinse a prendere la sua vecchia pistola e a fare fuoco contro un tassista psicopatico. Mentre si allontanava dalla scena del crimine, si rese conto che, per quanto suonasse stupido (e lo era parecchio, visto che si conoscevano da meno di 12 ore), il numero sulla testa di Sherlock Holmes lo spingeva a essere un eroe.

 

“Avresti preso quella pillola, vero? JW”

John era tornato a Baker Street, deciso ad aspettare Sherlock lontano dalle domande della polizia che avrebbero potuto collegarlo all’omicidio. Con stupore si rese conto che non voleva finire nei guai non tanto  per evitare la prigione, quanto perché aveva la netta sensazione che quella con Sherlock sarebbe stata una vita parecchio movimentata. Era dai tempi dell’Afghanistan che non si sentiva eccitato per la sua vita.

“Certo, sapevo che non era quella avvelenata. SH”

Sorrise di nuovo. Se avesse potuto vedere il numero che prima con la sua luce aveva incorniciato con un’aureola i suoi capelli, sicuramente avrebbe capito che quella decisamente non era la pillola giusta.

“Non potevi saperlo. Avevi il 50/50 di possibilità. JW”

Nessuna risposta. John temette di avere varcato qualche linea invisibile e quindi decise di cambiare argomento.

“Ti lasciano venire a casa? Ordino cinese. Ti piace? JW”

“Prendo quello che prendi tu. Arrivo fra un po’, mio fratello mi sta tediando con un caso di importanza nazionale. Noioso. SH”

 

Un’ora dopo, il cibo era arrivato e John, seduto sulla sua poltrona, sentì la porta dell’appartamento aprirsi.

“In effetti il caso potrebbe anche essere interessante.” Disse Sherlock sedendosi pesantemente sulla poltrona di pelle nera.

Quando John alzò lo sguardo, dovette lottare duramente per impedire al suo sorriso di diventare una smorfia. Impietrito, cercò di non fare trasparire l’orrore nei suoi occhi. Sulla testa di Sherlock adesso galleggiava un 7.

 


Almeno sette è più di uno era quello che John si era ripetuto per gran parte della notte. Aveva dormito male e, quando l’ora fu abbastanza accettabile e quando fu chiaro che non sarebbe più riuscito a riprendere sonno, si era precipitato in cucina per prepararsi il the.

Non si aspettava certo di vedere quello che doveva essere il maggiore dei fratelli Holmes, Mycroft (12402), già in salotto. Se John stupidamente due giorni prima aveva pensato che Sherlock potesse essere descritto come “altero”  e “aristocratico”, era evidente che ancora non aveva visto Mycroft Holmes.

“La tua nuova sistemazione è…interessante, fratellino.”

Si spostava per la casa come se avesse paura che, toccando inavvertitamente qualcosa, potesse contrarne chissà quale malattia mortale.

John rientrò in cucina con il the, interrompendo quello che doveva essere il più lungo silenzio glaciale del secolo. Il che era tutto dire, contando che lui aveva Harry come sorella.

“Ah, Dottor Watson.” Il sorriso di Mycroft si allargò educatamente, senza tuttavia coinvolgere gli occhi. “Vedo con piacere che non è ancora scappato dopo avere visto l’originale stile di vita di mio fratello. Questo la dice lunga su di lei.”

John ebbe l’impressione che il maggiore degli Holmes non gli sarebbe stato tanto simpatico. Ebbe anche l’impressione che la sapesse effettivamente lunga su di lui. A quanto aveva capito, ricopriva una carica fintamente non importante nel governo britannico. Improvvisamente avrebbe voluto che la sua attenzione fosse rivolta da un’altra parte.

“Sei qui per fare il terzo grado a John o per risolvere un caso che sta mettendo a repentaglio la vita dei cittadini della Corona?” disse Sherlock a denti stretti. “Mi pare che al momento tu abbia altre priorità. I dati. Ora.”

“Come desideri, fratellino”. Ma era chiaro che Mycroft avrebbe preferito tormentare John ancora un po’.

“Sono certo saprai che ci sono stati cinque diversi  attentati, per così dire, che hanno visto Moirenti farsi esplodere nei punti più affollati della città durante le ore di punta. I giornali ne hanno parlato in lungo e in largo, ma ovviamente sono al corrente solo di una parte dei fatti.”

“Si dice che le persone in questione fossero seminude e in stato confusionale prima dell’esplosione.” John non riuscì a trattenersi dall’intervenire. Non voleva interrompere, ma l’argomento lo toccava da vicino e, anche se una parte di lui non voleva andarsi a immischiare in cose che lo coinvolgevano in prima persona, l’altra parte non poteva fare a meno di sapere.

“Precisamente. – Mycroft lo guardava incuriosito, come se lo vedesse per la prima volta; Sherlock, imperscrutabile, se ne stava seduto con gli occhi chiusi, come in trance - Quello che non si sa è che queste persone sono di fatto tutte sparite tre giorni prima delle loro esplosioni, per poi ricomparire nei punti più disparati di Londra seminudi e con dieci chili di tritolo legati alla vita.”

“E riguardo l’esplosivo? Composizione?” chiese Sherlock, aprendo gli occhi per la prima volta solo in quel momento.

“Guarda tu stesso – Mycroft tirò fuori da una cartellina marrone un foglio e lo porse al fratello – Stessa composizione, stessa mano. È evidente che c’è qualcuno dietro a tutto questo. Ti saremmo molto grati se ti occupassi del caso.”

Ci occuperemo del caso solo quando dirai tutta la verità. Non posso indagare anche su di te e su quello che non dici, Mycroft. Sono quattro mesi che questa gente salta in aria come fuochi di artificio: perché sei venuto da me solo adesso?”

“Ti reputi una risorsa molto preziosa per il governo britannico, vedo. Cosa ti fa dubitare che io sia venuto perché forse le nostre risorse ufficiali in questi mesi non hanno fatto progressi?”

“La stessa cosa che mi fa dubitare che tu ricopra solo una “carica minore” nel governo di sua Maestà: la mia intelligenza. Non insultarmi. Sei qui perché è successo qualcosa che nessuno deve sapere ufficialmente. La domanda è: cosa?”.

L’atmosfera iniziava a farsi pesante: Sherlock aveva abbandonato la sua compostezza per arrivare a sedersi sul bordo della poltrona, come pronto a saltare al collo del suo interlocutore. Anche Mycroft, dal canto suo, stringeva il manico del suo ombrello con così tanta forza da farsi diventare le nocche bianche. John pensò a come dovevano essere le cene di Natale a casa Holmes e cercò di non ridere.

“Vera Deyong – sussurrò.

“La leader del Partito dalla Tolleranza?” lo incalzò John, visto che Mycroft non sembrava incline a continuare, come se avesse un rospo troppo grosso in gola.

“ – era sotto la nostra protezione, ma ieri è sparita da casa sua. Il marito ne ha denunciato la scomparsa.”

“E cosa vi fa pensare che c’entri con le esplosioni?” chiese Sherlock.

“Beh, la Deyong al giorno d’oggi è praticamente l’unico politico che si sta battendo per la difesa dei diritti dei Moirenti. Se sparisse farebbe comodo a molti, no?”

“Certamente, Dottor Watson. Ma forse questo può illuminarvi meglio. O forse no.”

Mycroft aprì nuovamente la cartelletta marrone e ne estrasse  un foglio giallo che passò a Sherlock. Questo lo osservò per un secondo  e poi lo porse a John.

 

Nella nebbia della Grande Città non abbiamo riposo

Guardia di giorno e di notte, di nuovo.

La vita può finire in un botto,

ma conoscere il futuro può essere troppo.

 

Sotto, a mano, una scritta diceva “Salterà in aria come tutti gli altri”.

 

Quando finì di leggere, John era più confuso di prima. Guardò Sherlock e vide che lui gli sorrideva come se il Natale fosse arrivato con un mese di anticipo.

“Accettiamo il caso.”

Intanto, il numero sulla sua testa era diventato un 6.

 

 



Dunque, ho cercato di condensare molte informazioni in questo capitolo, in modo che capiate un po’ di più su questo mondo. Mi è stato detto nelle recensioni che la divisione in classi ricorda un po’ Divergent, ma la verità è che non ho mai visto il film né letto i libri. La vera ispirazione di questa ff è, oltre che il corto che vi accennavo nel precedente capitolo, anche un libro di Rosa Montero che si chiama “Lacrime nella pioggia” (ma lì la divisione era tra androidi, umani e alieni). Ve lo consiglio!

Ho introdotto quindi il caso! Spero di averlo fatto bene, è la prima volta che scrivo una case fic *ci prova*.

Infine: so che non si sa ancora molto di Sherlock, pazientate ancora un pochino, vi va?

 

Intanto grazie grazie grazie per le recensioni! Non sapete quanta voglia di scrivere mi hanno dato!

Alla prossima!

V.

  
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