Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Snow_Elk    14/12/2014    2 recensioni
“Non pensavo che sarebbe finita così, non pensavo che saremmo arrivati a questo, ma è nella mia natura. Tutto ciò che abbiamo vissuto insieme ormai fa parte del passato e tale deve rimanere, non possiamo in alcun modo capovolgere l’equilibrio di questo mondo per un nostro… capriccio. Io sono una demone, lei è una creatura della luce, non abbiamo niente in comune, mai lo avremo. Ho sempre bramato il sangue dei miei avversari, la sinfonia della morte, uccidere, uccidere per il solo gusto di farlo, ma non questa volta. Questa volta… non sento niente”
Storia scritta solo da SNOW
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Black Rose as Death

tumblr_na0im2m4cD1tj6tdlo1_500



Episodio III- Un Silenzio Assordante



Di nuovo quel silenzio, di nuovo quell’apatia assoluta che sembrava avere inghiottito la stessa essenza della vita, del mondo, dell’aria impiastrata di polvere e sangue che avevano respirato fino a pochi attimi prima, con i polmoni in fiamme.
Quella schifosissima quiete che si ripresentava ogni qualvolta ne aveva l’occasione, era già la terza volta quel giorno: prima dell’inizio dello scontro fra le due fazioni, quando ancora la flotta viaggiava nelle nere acque dell’oceano che un tempo risplendevano della bellezza di La Veda, quando ancora il cielo non si era oscurato di morte e follia. Poi, quando era arrivata nelle rovine della città, si era insinuata sotto i suoi vestiti, tra le pieghe della sua anima, avvolgendola in un torpore che per poco non l’aveva mandata in completa confusione quando si era ritrovata davanti la sua principale ragione di vita, colei che gli aveva concesso le emozioni più forti che avesse mai provato, la stessa che gliele avrebbe tolte, anzi, lo aveva già fatto e lo aveva deciso lei.
Solo e soltanto lei.
“Kikuri, sei una stolta, lo sai” avrebbe pensato in quel momento. Ed ora, ecco la terza volta, l’ultima, entrambe, una dinanzi all’altra, di nuovo, un’ultima volta, personificazioni degli elementi che rappresentavano, emblemi di un potere che questo mondo non avrebbe più dovuto conoscere, né rivedere, non in quel modo.
L’aria, quella stessa aria scomparsa poco prima come una vigliacca senza cuore era riapparsa, e sembrava tremare, consapevole di cosa stava per succedere.
- Lo senti questo silenzio? – la voce di Sefia sembrava quasi un sussurro che si perdeva nel vento e nei boati in lontananza. Lei non rispose.



- E’ assordante… - un suono impercettibile, un sibilo e Sefia scomparve dalla sua vista, come se non ci fosse mai stata. Un sibilo, un profumo inebriante e se la ritrovò davanti con la spada che la trafiggeva da parte a parte, nel fianco. Un attimo, un altro sibilo, le otto lame si illuminarono, luce accecante di una purezza blasfema e un’esplosione la investì spedendola di nuovo dentro il tempio, facendola rotolare a terra più e più volte.
Sì rialzò, facendo leva sulle proprie ali, facendo leva sulla propria forza, su tutto ciò che aveva, roteò in aria e non appena Sefia si scagliò verso di lei innalzando lo scudo ancestrale lei reagì lanciandole contro i kunai, che da piccole armi si trasformarono in vere e proprie lance oscure, ognuna grande quanto una colonna.

Sefia deviò la prima con lo scudo, la seconda, perfino la terza, ma alla quarta fu costretta a ripiegare sulla spada e quel gesto le fu fatale: un’altra deviazione e le altre quattro lance la colpirono in pieno, facendo arrestare quella sua corsa e spedendola sotto la loggia in un tripudio di scintille, fiamme oscure e calcinacci.
Da quel tornado di detriti e macerie una luce accecante urlò al mondo stesso che la guerriera della luce non si sarebbe fermata , nonostante quel brutto colpo, attivando le ali meccaniche sfrecciò a gran velocità verso la ballerina oscura e quest’ultima, dispiegando le grandi ali nere, fece altrettanto, urlando tutto il dolore e la sofferenza che aveva in corpo, che le aveva avvelenato l’anima fino a quel momento, sempre che ne avesse avuta una. Sembrava dividerle un mondo, ma si ritrovarono ben presto una contro l’altra, oscurità contro luce, tenebre contro purezza, amore contro odio, un’unica tremenda esplosione che avvolse entrambe, mescolando i colori, le ombre, l’essenza stessa di GrandGaia.

Un’esplosione e il tempio della Luce implose su se stesso, scagliando le proprie rovine lungo tutta la piazza, in alto, verso il cielo che aveva perso la propria identità, in basso, verso le braccia fredde della sua stessa città, dovunque, con i residui di quella follia degenerativa che andavano scemando come fiocchi di luce e oscurità spazzati via da quel contatto estremo.
Alcune parti delle macerie rimasero sospese a mezz’aria, con pezzi di marmo e intonaco che andavano precipitando come se all’improvviso avessero perso l’equilibrio. Quel tremendo conflitto d’energie aveva messo in dubbio le leggi stesse della gravità, forse lo avrebbe fatto anche con quelle della vita.
Come spinte dalla stessa volontà, l’angelo in kimono e la dama delle lame si liberarono dalle loro tombe di pietra, da quei giacigli di rimorsi e tormenti, e librandosi in aria con estrema eleganza ripartirono all’attacco, l’una scagliando i kunai con una violenza e una velocità estrema e l’altra, parando quei proiettili letali con lo scudo e rispondendo con le enormi lame di luce. Ognuno di quei colpi, ognuno di quei proiettili vaganti, precipitando andava a devastare una piccola porzione di terreno, incurante di chi o cosa vi fosse.
Ogni limite era stato superato, entrambe avevano fatto appello al nucleo della loro essenza stessa per poter esser detentrici di quel potere tanto affascinante quanto devastante.

Dopo l’ennesima spada di luce che per poco quasi non le tranciò la spalla, Kikuri si lasciò cadere, ripiegando le ali, lasciando la sua avversaria di stucco nel vedere una mossa tanto incurante, ma non appena si ritrovò a pochi metri dalla piazza devastata la giovane ballerina dispiegò nuovamente le ali e sfruttando quella velocità, volando, raso terra, si portò a poca distanza da Sefia, prima che quest’ultima potesse reagire prontamente. Un’ondata di oscurità avvolse la guerriera della luce, un’oscurità bruciante, che si perse nell’orizzonte, ma da quelle stesse tenebre di morte spuntò lo scudo ancestrale scheggiato e annerito dai colpi, seguito da quella donna che sembrava non aver fine alle proprie risorse.

L’enorme arma divina colpì in pieno Kikuri che si ritrovò a precipitare verso il basso, investita da decine e decine di lampi di luce, le otto lame della dama che si riversavano con violenza contro di lei, inveendo come bestie senz’anima né cuore.
L’impatto con la piazza fu devastante: tutti quei grandi blocchi di marmo si spezzarono uno dopo l’altro, partendo dal punto in cui la ragazza era precipitata con violenza, piegandosi su se stessi, sbriciolandosi come fossero stati castelli di sabbia. Una vera e propria voragine si era aperta nella piazza del crepuscolo a causa del colpo inferto da Sefia e Kikuri giaceva lì a terra, con il kimono ancora più lacero, le ferite evidenti, le ali nere scheggiate ma ancora lì a sostenere quel corpo ormai privo di emozioni. Non era finita, non ancora.

La donna della luce si librava a mezz’aria, ansimando, ferita anche lei, non solo nel corpo, ma anche nell’anima e probabilmente quelle ferite erano le più dolorose.
Era pronta a finire l’opera, puntando tutte e otto le spade di luce contro la piazza, pronta a scagliarle una dopo l’altra con tutta l’energia che poteva concepire, ma proprio in quell’istante l’intera voragine fu inghiottita dalle tenebre che ribollirono come detentrici di una vita propria, uno spettacolo agghiacciante, qualcosa che lasciò perplessa perfino Sefia, ancora presa dall’incanalare la luce nelle lame.

Da quell’ammasso informe di oscurità uscì Kikuri, occhi iniettati di sangue, kunai che ruotavano vorticosamente intorno a lei come schegge di una tempesta di neve oscura, le enormi ali che sembravano tremare vibranti, bramose del sangue di quella creature di luce, pronte quasi a staccarsi dalla schiena della loro stessa detentrice.
Superato i primi attimi di stupore, Sefia reagì: allineò tutte le lame contro la sua avversaria, che si avvicinava sempre di più e le caricò con tutto ciò che le era rimasto, aveva solo un’occasione, persa quella, perso tutto.
Otto spade, otto possibilità di chiudere quel capitolo una volta per tutte, un solo bersaglio, un cuore che ancora batteva forte, intriso di sangue e oscurità.

Scagliò la prima con forza, facendo tremare l’aria stessa, ma Kikuri sembrò non curarsene: la spada la colpì con violenza al braccio, stracciando il kimono, la carne, ferendola, eppure continuava a sfrecciare verso di lei, urlando come se stesse patendo le pene dell’inferno. Sefia si morse, le labbra e lanciò la seconda, stesso risultato: colpita alla gamba, la ballerina demoniaca non dava segni di cedimento, né si prendeva la briga di schivare quelle saette mortali.
Lanciò la terza, al fianco, la quarta, all’altro braccio, niente, l’angelo in kimono continuava a volare verso di lei con gli occhi color porpora che brillavano di luce propria, come impazzita.

- Fermati, dannazione! – urlò la dama, scagliando le ultime quattro spade e in quello stesso istante Kikuri spinse in avanti le ali per usarle come scudo: le lame si schiantarono contro le cupe estensioni della ballerina, spezzandole in più punti, causando crepe e fratture, ma ciò non arrestò la sua corsa e Sefia fu investita in pieno da ciò che restava di quelle ali come una sentenza di morte, mentre le sue ultime difese si andavano infrangendo come una candela che si spegne nella notte, come uno specchio colpito con forza. La stessa barriera che le isolava dal resto andò in frantumi per quel poderoso colpo. Precipitarono entrambe sul pavimento impolverato del tempio o almeno su ciò che ne rimaneva.

Sefia era inerme a terra, le 8 spade conficcate qua e là andavano perdendo la loro luminosità, lo scudo spezzato, la spada scheggiata e abbandonata accanto al corpo, troppo lontana per essere recuperata. Kikuri le si avvicinò, barcollando: le ali spezzate, il vestito stracciato e sporco di sangue, le ferite ancora sanguinanti, lo sguardo vuoto.
- Ho perso… - sussurò la ragazza della luce, socchiudendo gli occhi – Fai in fretta- aggiunse. Kikuri la fissò senza fiatare, c’era qualcosa che non andava, l’aria sembrava stagna, quel silenzio surreale. Quando se ne accorse, era già troppo tardi.

- Patetico – una voce senz’anima, priva di emozioni, fredda come la morte, ruppe quel silenzio e pochi secondi dopo un bagliore violaceo investì in pieno quella zona, rendendo la vista impossibile a tutti per alcuni secondi.
Accadde tutto in fretta, troppo in fretta: Sefia sentì un abbraccio forte, qualcuno che l’aveva stretta a sé, un urlo, uno spasmo, qualcosa di caldo che le scivolava addosso, le urla incomprensibili di qualcuno che si dibatteva contro un dolore lancinante, sconosciuto, inaspettato.



Quando finalmente quella luce viola scomparve lo spettacolo che si ritrovò davanti la fece impallidire: Kikuri l’aveva abbracciata, anzi l’aveva stretta a sé per proteggerla da un fendente mortale scagliato dall’alto, aveva usato il suo corpo e ciò che restava delle ali per proteggerla,come uno scudo, per salvarle la vita, strappandola da morte certa.

Davanti a lei, in mezzo al cielo plumbeo, c’era Zebra: una mano sul petto sanguinante, una delle ali di Kikuri conficcata al suo interno, i kunai sparsi lungo il suo corpo, uno sguardo di stupore misto a rabbia e incredulità. Era stato lui a scagliare quel fendente, era stato lui a tentare di ucciderla e Kikuri aveva reagito, all’estremo, con le ultime forze che le erano rimaste, tentando il tutto per tutto.

Zebra era ferito, il colpo era stato brutale e perfino lui stentava a crederci, fluttuava stringendo con odio la doppia lama, fissando con disprezzo lei e l’angelo dal kimono a fiori.
- Stupida, sacrificare la tua vita per una cosa così futile! – esclamò, stringendo i denti per il dolore, l’ala della ballerina lo aveva trafitto da parte a parte e pur essendo un Dio non poteva nulla contro l’essenza stessa dell’oscurità.
-Taci… - sibilò lei, e l’ala ruotò su se stessa, lacerando le carni del discepolo oscuro, che precipitò in mezzo alle rovine devastate della piazza, facendo calare il silenzio, di nuovo. Sefia sentì il calore del sangue della ballerina che le bagnava le vesti, le mani, inzuppando il pavimento di quel luogo un tempo sacro.

- Perché l’hai fatto, perché?! – le urlò, trattenendo a stento le lacrime. Kikuri la fissò, pallida in volto, il respiro greve, quasi un sussurro, il cuore che perdeva battiti, con lentezza, inesorabilmente. Sorrise lievemente, uno sforzo immane.
- Rispondimi, perché l’hai fatto?! Dovevi uccidermi, dovevi uccidermi! – la strinse a sé, scoppiando in lacrime, riversando tutto quel dolore che si era tenuto dentro fino a quel momento, sentendo quel calore che andava via via scemando, lasciando posto ad una sensazione di freddo agghiacciante.

- Adesso siamo pari… - rispose Kikuri, socchiudendo gli occhi, poggiando la testa contro il petto della dama bianca – Mi dispiace, Sefia… - aggiunse, con un filo di voce. La ragazza della luce rimase immobile, stringendo ancora a sé il corpo della ballerina, poggiando una mano sulla sua chioma scura, accarezzandola, come se avesse dovuto tranquillizzarla. La mano di kikuri che ancora le stringeva la sua spalla scivolò inerme, sbattendo contro la sua gamba, un unico rintocco.

- No… - le lacrime ormai erano irrefrenabili – No… - i tremiti, i singhiozzi, incontrollabili – No, no,no,no, ti prego.. – un tonfo al cuore, un dolore che non ha voce - I lieto fine esistono, Kikuri, e lo troverò… troverò il nostro …ti giuro… ti giuro, che lo troverò…-


FINE
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Snow_Elk