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Autore: SoltantoUnaFenice    14/12/2014    5 recensioni
Nonostante le coperte tirate fin sopra le orecchie, Yuzo era infreddolito.
O meglio, metà di lui lo era: quella metà che non aderiva a qualcosa di caldo e decisamente insolito. Per la precisione, quella che non aderiva – per tutta la lunghezza – al corpo di Mamoru.
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Ispirata dalla lettura di "Blackout", di Melanto, mi sono avventurata nella improbabile idea di scrivere un seguito.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, ho fatto tutta una serie di cose che non faccio mai.
Innanzitutto, ho scritto una storia in un fandom che non conosco in maniera diretta: quel poco che so di Capitan Tsubasa risale alla mia infanzia, e anche allora non ero particolarmente attratta dagli anime a tema sportivo. Ho colmato un po' di lacune leggendo ff qua e là, ma in genere non lo considero sufficiente per mettermi a scrivere a mia volta.
Secondo: ho scritto il seguito, se così si può chiamare, di una storia scritta da qualcun altro. Anche questa è una eccezione per me, perché non mi sento mai in diritto di andare ad interferire con i personaggi e le atmosfere degli altri...
Ma ho letto “Black out” di Melanto, e – oltre ad averla amata – non ho potuto fare a meno di rimuginarci su. E' nata questa storia, che altro non è che la mia interpretazione di ciò che accade il giorno dopo. L'avevo iniziata subito dopo la lettura, è rimasta ferma per mesi, e poi stanotte ho finalmente avuto la giusta ispirazione.
Ecco qua: non è niente di che. Prendetela per quello che è: un omaggio ad una fanwriter che mi ha fatto scoprire ed amare tante cose nuove.


 

Nonostante le coperte tirate fin sopra le orecchie, Yuzo era infreddolito.
O meglio, metà di lui lo era: quella metà che non aderiva a qualcosa di caldo e decisamente insolito. Per la precisione, quella che non aderiva – per tutta la lunghezza – al corpo di Mamoru.
Ed il suddetto Mamoru era anche il motivo per cui una metà di Yuzo era fredda.
Il motivo per cui era a dormire con soltanto una maglietta di cotone bianca e nemmeno un paio di boxer.
Ad un certo punto della notte si erano trascinati fino al letto e ci si erano infilati senza scambiarsi una parola. Erano crollati addormentati dopo poco, ma Yuzo aveva dormito poco e male.
Il letto era piccolo, l'alcool gli aveva fatto venire un mal di testa tremendo e, soprattutto, l'agitazione per tutto quello che si erano detti (e fatti) lo aveva fatto passare dal sonno al dormiveglia così tante volte che aveva perso il conto.
Mamoru, invece, dormiva della grossa: beato lui che dopo una nottata del genere se la ronfava in tutta tranquillità.
Yuzo si allontanò da lui lentamente, cercando di non svegliarlo. Lo scavalcò in silenzio, e fu abbastanza onesto con sé stesso da poter ammettere che ancora non se la sentiva di guardarlo negli occhi e parlare di quello che era successo.
Ad essere precisi, non se la sentiva di parlare di qualsiasi cosa, perciò si lavò in tre minuti netti, si infilò gli abiti con la furtività di un ninja e sgattaiolò fuori dalla stanza.
Il sole era ancora basso dietro ai palazzi quando si richiuse la porta alle spalle, e la camera conservava ancora un po' del buio della notte.

 

Vitamine.
Mamoru fissò con sguardo vacuo il grosso erogatore di succo di arancia sul tavolo al centro della sala delle colazioni, e decise che un po' di vitamine era ciò di cui aveva bisogno per riprendersi. Forse avrebbero calmato il suo stomaco, che sembrava in preda alla tempesta perfetta, e gli avrebbero tolto quel senso di malessere generalizzato che si sentiva addosso da quando si era svegliato – da solo – nella camera di Yuzo.
Appena aveva aperto gli occhi gli si era formato chiaro i mente il quadro della situazione: ogni parola che si erano detti, ogni gesto, ogni sensazione... tutto era inciso al centro della sua mente.
In genere, al risveglio dopo una notte brava come quella, era confuso e spaesato. I ricordi risalivano un po' alla volta, man mano che prendeva coscienza.
E invece quella mattina si era svegliato di scatto, da solo, con tutti i dettagli ben chiari in mente e il senso di imbarazzo che risaliva veloce dallo stomaco fino alle guance, per poi sprofondare di nuovo nelle viscere e farlo sentire come se fosse appena sceso da qualche simulatore di quelli in cui gli astronauti si abituano all'assenza di gravità...
Si trascinò fino al proprio tavolo e fece svogliatamente colazione, gettando di tanto in tanto un'occhiata alla porta. Ma già sapeva che Yuzo non sarebbe passato di lì: non era un caso se era scappato come un ladro prima che lui si svegliasse.
Probabilmente era confuso quanto lui, e Mamoru si chiese cosa gli stesse passando per la testa in quel momento, e cosa sarebbe successo quando sarebbero stati di nuovo faccia a faccia.
 

Yuzo sospirò, sistemandosi i guantoni. Tutta la serie di gesti meccanici e sempre uguali della sessione di riscaldamento non era riuscita a distrarlo dai propri pensieri, e sapeva bene di non avere la concentrazione necessaria per parare i tiri che i suoi compagni avrebbero provato contro la sua porta.
Voleva solo che quella giornata finisse e invece, se continuava così, avrebbe dovuto aggiungere a tutto questo anche una bella ramanzina da parte dell'allenatore.


Mamoru scese in campo con la voglia di allenarsi che toccava i minimi storici. L'unica cosa che lo stava trascinando fino a lì era la certezza che – se non altro – vi avrebbe trovato Yuzo. Cercò di indovinare a cosa stesse pensando il portiere, ma non riusciva nemmeno a capire cosa stesse passando per la propria testa.
La sera prima, quando tutto era avvolto dall'oscurità e ogni cosa sembrava nascesse direttamente da un sogno, gli era sembrato di avere ogni risposta. In quel momento non c'era stato spazio per i dubbi: si era sentito così sicuro di ciò che provava e di ciò che voleva che si era spinto a fare una promessa.
Ora, che la luce del giorno rendeva ogni cosa fin troppo nitida, ripensò alle proprie parole, e si rese conto che non sapeva nemmeno più cosa avesse voluto dire.
Quando tornerà la luce io sarò nella gabbia con te, a vegliare il tuo riposo, fino a che non ti sveglierai e saremo nuovamente nel buio.
Chissà se anche a Yuzo, adesso, sembravano improvvisamente prive di senso.
 

Come previsto, le prime tre serie di palloni si erano insaccati nella porta, oltrepassando la sua difesa troppo lenta e distratta. Si stava sforzando di ritrovare un po' di lucidità, quando alzò lo sguardo e vide chi sarebbe stato il prossimo a tirare.
I cinque tiri di Mamoru furono uno peggio dell'altro, sembrava che non avesse ben chiaro da che parte fosse la porta. Yuzo non trovò molto consolante l'idea che anche l'amico fosse decisamente fuori forma.

 

In qualche modo la loro condizione doveva aver contagiato anche i compagni di squadra, perché l'allenamento era stata una pena. Così l'allenatore aveva fatto una ramanzina generale, avevano cenato presto, e poi si erano ritirati ognuno nella propria camera che ancora non era nemmeno tramontato il sole.
Yuzo aveva rimuginato talmente tanto per tutta la giornata che si sentiva esausto. Pensò che se non riusciva in qualche modo a fermare il proprio cervello, sarebbe esploso.
Senza contare che sapeva benissimo che protrarre questa agonia di silenzi tra lui e Mamoru era inutile e privo di senso.
Sorrise amaramente quando ripensò a quello che aveva detto la sera prima: nel momento in cui varcherai quella soglia e chiuderai la porta alle tue spalle, le cose cambieranno. Anche se mi dirai che resteremo amici, che potrò sempre contare su di te, sarà diverso.
L'aveva detto pensando che Mamoru sarebbe cambiato nei suoi confronti, che non sarebbe più riuscito a guardarlo nello stesso modo.
Quello che non aveva saputo capire, in quel momento, era che anche per lui sarebbe cambiato tutto. Che lui per primo non avrebbe più saputo cosa fare e come comportarsi. Non dopo quello che era successo tra loro, e che ancora gli appariva irreale e incomprensibile come un sogno.
Ma una certezza gli era rimasta: teneva a Mamoru. Ci teneva e non avrebbe lasciato che le cose finissero così, nella confusione e nell'imbarazzo. Scattò in piedi ed uscì dalla stanza, percorrendo al contrario la strada che l'altro aveva fatto la sera prima. Se quella corsa per i corridoi li avevano portati a quel casino, forse rifarla al contrario avrebbe aggiustato le cose?

 

Quando sentì bussare alla porta, Mamoru pregò che non fosse uno dei suoi compagni di squadra, venuto a lagnarsi del coprifuoco anticipato e della paternale dell'allenatore. Sperare che fosse Yuzo gli sembrava troppo, così rimase immobile e con la bocca leggermente socchiusa quando se lo ritrovò davanti.
Il portiere abbassò lo sguardo, ma fu solo per un attimo.
“Mi fai entrare?”
“Ce... certo. Vieni.”
Yuzo non si era preparato nulla da dire. Lungo tutta la giornata non era arrivato a formulare un solo pensiero certo, non c'era speranza di mettere insieme un discorso coerente proprio adesso. Ma Mamoru lo guardava e non diceva nulla, e sembrava non sarebbero usciti dall'empasse tanto facilmente.
Il portiere attraversò la stanza, andando a fermarsi contro la finestra. Poggiò la fronte al vetro, in attesa.
Mamoru osservava di nuovo la sua schiena, questa volta coperta da una felpa sportiva. Continuava a pensare a ciò che gli aveva promesso.
Non avrebbe fatto un passo indietro nemmeno sotto tortura: lui manteneva sempre fede a ciò che diceva, e stavolta era ad una delle persone a cui teneva di più.
Ma continuava a non essere sicuro di sapere cosa aveva promesso. Gli sarebbe rimasto accanto, e voleva davvero che Yuzo potesse essere sé stesso, almeno con lui. Ma poi, portato nella realtà, questo cosa significava? Che sarebbero rimasti amici, ma con questa strana intimità? Che sarebbero stati amanti?
E in che modo si sarebbero inserite in tutto questo eventuali altre persone che fossero entrate nella loro vita? L'idea di altre persone nel proprio cuore – o peggio, in quello di Yuzo – gli sembrò improvvisamente un'ipotesi insensata e comunque pessima.
La sera prima si era chiesto come aveva fatto a non accorgersi che Yuzo era innamorato di lui.
Ora si stava chiedendo se per caso non fosse stato altrettanto cieco a proposito di cosa lui stesso provasse verso l'amico, e di cosa l'avesse spinto a correre da lui, più o meno ventiquattr'ore prima.

 

Erano in silenzio da così tanto tempo che il coraggio di Yuzo si stava esaurendo. Al contrario della sera prima, quando era stato compresso e tirato dalla contrapposizione di ciò che doveva e ciò che voleva fare, ora gli sembrava di essere pervaso da una attesa silenziosa che non riusciva a spingerlo in nessuna direzione.
Cominciò a valutare quanto potesse essere disonorevole una bella fuga, quando sollevò lo sguardo su ciò che si vedeva dalla finestra.
Il sole era tramontato da una mezz'ora, e lentamente il cielo stava perdendo il rosso ed il rosa per diventare finalmente nero. I palazzi al di là del giardino su cui si affacciava la camera di Mamoru era sagome scure, e la luce calava pian piano anche dentro la stanza. Erano entrambi così immobili e sospesi che nessuno dei due aveva avuto il coraggio di allungarsi fino ad un interruttore e accendere qualche lampada.
Quando sentì Mamoru sospirare, Yuzo non potè fare a meno di girarsi, giusto un attimo prima di trovarselo accanto. Cercò di guardarlo negli occhi, ma non riusciva a riconoscere la sua espressione. Mamoru alzò una mano, fermandola sul suo braccio, appena sopra al gomito.
Non stava accadendo nulla, eppure non erano più sospesi e lontani.
Quando la notte finì di invadere completamente la stanza, avvolse due figure immobili, abbracciate così strette da sembrare una sola.
Non vi era nient'altro che buio, e non occorreva altro.

  
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