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Autore: fisio    14/12/2014    3 recensioni
Klaus e Caroline in un Universo veramente Alternativo:[..]«Sono affetta dal tuo potere» sorrise, i suoi occhi si alluminarono di allegria «Come tu sei affetto dal mio: tu comandi il gelo.[..] Di tutta quella spiegazione, seppure non fosse molto difficile da capire, Klaus colse solo una cosa; con un sorriso compiaciuto commentò:
«Quindi io ti scateno forti emozioni!»
«Ovviamente dovevi soffermarti su quella parte della frase!» sbuffò lei, facendo una faccia adorabilmente indispettita e tentando di spingerlo via. [...]
Liberamente ispirata a "The rise of the Guardians".
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Christmas Tale

Breve nota:
come detto nell'introduzione, questa storia ha preso ispirazione dal film di animazione The rise of the guardians, che io personalmente ho adorato appena uscito nelle sale. Se non vi piace il genere, potete fermare la lettura direttamente qui.
Inizialmente qualche personaggio potrebbe sembrare leggermente OCC, ma abbiate pazienza fino alla fine della storia.
In utlimo: Hal, di cui ritrovere vari accenni durante la storia, nella mitologia norrena è la Dea degli Inferi.




Secolo X D.C.

Oscurità.
Era la prima cosa che ricordava. La sensazione di freddo e il buio che l’avvolgeva.
I suoi polmoni bruciavano come se non riuscissero a trovare l’ossigeno necessario per funzionare.
Il suo cranio era trafitto da mille aghi di ghiaccio.
Tentò di aprire gli occhi, ma subito immagini sfuocate e confuse lo gettavano ancora di più in quell’oscurità totale.
E poi improvvisamente una luce.
Forte.
Brillante.
Sembrava scacciare indietro le ombre.
Si sentì sollevare da una forza sovrannaturale, che lo strappò via da quel gelo stordente e magicamente si ritrovò in grado di respirare.
Spalancò gli occhi, boccheggiando per un attimo, come se dovesse ricordare in che modo fare arrivare l’aria ai suoi polmoni. Poggiò le mani sulle ginocchia per aiutarsi a riprendere l’equilibrio. Solo allora notò che era in piedi su una spessa lastra di ghiaccio.
La luna brillava alta nel cielo e per un istante pensò che fosse essa la fonte splendente che l’aveva liberato dall’oscurità, ma di colpo percepì un’altra presenza alle sue spalle.
Si girò lentamente ancora stordito da tutta la situazione e per un attimo, il respiro appena ritrovato, gli si fermò in gola: dinanzi a lui vi era la creatura più stupenda e magnificente che avesse mai visto.
Lunghi capelli biondi che cadevano in cascate di stelle filanti.
Due occhi profondi di zaffiro lo fissavano con un misto di curiosità e allegria.
E un corpo sinuoso; peccaminosamente sinuoso, coperto a malapena da una stoffa etera che sembrava aver rubato i colori all’aurora.
Divino Odino: non aveva mai visto nulla di più meraviglioso in vita sua.  Ammesso che fosse ancora vivo e quella creatura non fosse altro che Hel, sotto mentite spoglie, venuta a portarlo via.
Improvvisamente la sua mente registrò che effettivamente quella apparizione eterea stava librando in aria, come sospesa nel vuoto, un effetto ottico sorprendente causato dalle sue ali peculiari: brillanti come diamanti, con piume di colore cangiante, si muovevano a una velocità tale che un occhio umano non avrebbe mai potuto distinguerle.
Quella considerazione lo lasciò di stucco: obbiettivamente quelle dannate ali si muovevano a una velocità simile a 80 battiti al secondo, ma non appena lui si imponeva di distinguerle, battito dopo battito, era come se riuscisse a vedere a rallentatore.
L’essere incantevole gli sorrise quasi timidamente e lui sentì una sensazione di calore allargarsi nel petto.
Si passò un paio di volte la lingua sulle labbra screpolate e tentò di articolare qualche parola di senso compiuto, possibilmente che non lo facesse sembrare un completo idiota.
«Uh. Ciao»
Ottimo! Quante chances c’erano che un gufo potesse salutare in maniera molto più espressiva di come aveva appena fatto lui?
«Ecco: hai idea di dove mi trovo? O come ci sono arrivato? Ho difficoltà a ricordare…» lasciò in sospeso la frase, guardandosi intorno come perso: non ricordava una sola cosa a dire il vero. Diamine! Nemmeno il suo nome.
La bionda creatura gli si avvicinò lentamente, allargando incoraggiante il suo sorriso; lui resistette all’impulso di fare un passo indietro… dopotutto quella poteva essere effettivamente Hel sotto mentite spoglie; vai mai a saperlo!
Lei parlò per la prima volta: «Klaus. Non ti preoccupare. È normale all’inizio sentirsi un po’ scombussolati. Io stessa ho avuto un gran bel da fare ad abituarmi all’intera cosa»; gli mise una mano sulla spalla, accompagnando il gesto con un lieve annuire della testa, come se stesse parlando a un bambino piuttosto che a un giovane uomo.
Klaus aggrottò le sopracciglia, un po’ infastidito: «E ti prego, dimmi: cosa sarebbe questa “cosa”?».
«Be mi sembra ovvio» fece lei inclinando la testa di lato «Tu sei morto»
«Che cosa?» sbottò Klaus facendo un passo indietro e liberandosi dalla  mano di lei: le possibilità che quella fosse Hel erano andate da 10 a 100 nel giro di un secondo.
«Ok, ok. Forse non avrei dovuto darti questa notizia in maniera così brutale» ammise lei intrecciando le mani davanti a lei, con una lieve risatina, come se trovasse tutto quello estremamente divertente.
Pazza. Quella tizia era completamente pazza!
E bellissima… Maledizione! Concentrati … “Klaus”?
«Mi hai chiamato “Klaus”» tentò di chiarire lui, mal celando la sua irritazione «Come fai a conoscere il mio nome?»
«Che domande, me l’ha detto la Luna, no?»  rispose lei facendo spallucce, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ok. Definitivamente pazza.
«Si? E ti ha detto anche qualcos’altro?» domandò cauto, come se si aspettasse che da un momento all’altro lei prendesse un’ascia e iniziasse a squartare ogni animale della foresta che le veniva a tiro.
Lei lo fissò, questa volta incrociando le mani davanti al petto, con un’occhiata di sfida:
«Ehi guarda che non sono pazza!»
«Be, diciamo che non sei nemmeno tanto normale!» buttò lì Klaus con un ghigno, sentendosi ora a suo agio per qualche strana ragione, come se la furia negli occhi di lei gli avesse risvegliato una strana ma quanto mai familiare sicurezza.
«Uh! Sei incredibile!» perse le staffe lei «Ti ho aiutato a uscire fuori da quel lago ghiacciato» indicò indignata lo spesso strato di ghiaccio sotto i suoi piedi «Va bene che è stata la Luna a dirmelo, ma un po’ di gratitudine non sarebbe fuori luogo!»
Di nuovo questa Luna.
«Ascolta» fece un passo avanti prendendole la mano, meravigliandosi della sensazione di calore che provocava nella sua «Ti sono enormemente grato del tuo aiuto, sweetheart…»
La ragazza aggrottò le sopracciglia e lo scrutò come a voler risolvere un enigma:
«No.» concluse, liberandosi dalla sua presa « Non riesco proprio a capire cosa la Luna abbia visto in te»;
Klaus alzò un sopracciglio tentando di trattenere un sorriso: quella creatura diventava sempre più bizzarra di secondo in secondo.
E più adorabile. Infinitamente più adorabile.
Prima che avesse tempo di controbattere, la ragazza gli diede le spalle, rivolgendo gli occhi verso il cielo e osservando la Luna spendere maestosa:
«Il mio nome è Caroline. Non “sweetheart”. » gli lanciò un’occhiata di trasverso per sottolineare la cosa e Klaus dovette velocemente distogliere lo sguardo dalla linea sinuosa della sua schiena nuda.
«Sono uno spirito. E anche tu lo sei. La Luna ti ha scelto.»
Klaus si riscosse completamente, incapace di cogliere il senso di tutto quello «Sweeth- volevo dire Caroline: Non capisco una sola parola di quello che stai dicendo! Quale spirito? E scelto per cosa?» Si passò nervosamente una mano tra i capelli, sentendo la tensione attanagliarli lo stomaco.
Lo sguardo di Caroline si addolcì, scacciando l’ostilità mostrata pochi attimi prima; gli si avvicinò di nuovo, ma questa volta toccò con i piedi per terra, le sue leggere ali ora immobili:
«Non ti preoccupare Klaus. Andrà tutto bene. Sei uno spirito della foresta ora. E per quanto riguarda il perché o il come è un cosa che solo tu puoi capire. Abbi fiducia nell’Uomo della Luna».
Klaus spalancò la bocca per la sorpresa e per un attimo fu incapace di articolare alcun suono.  Non fece in tempo a riprendersi dallo shock che la bionda creatura gli sorrise, mostrando i suoi perfetti denti perlacei e indicò qualcosa alla sue spalle: «Guarda quello è tuo »
Incapace ormai di opporre alcuna resistenza alla stravaganza di tutta quella situazione, si voltò a guardare quello che Caroline stava indicando: poco distante da lui, sulla lastra di ghiaccio, vi era un bastone argenteo che sembrava risplendere sotto la luce lunare.
Lentamente si avvicinò e raccolse l’oggetto: appena le sue dita si strinsero intorno al bastone nodoso, piccoli cristalli di ghiaccio si librarono nell’aria.
Sorrise entusiasta, il primo sorriso genuino da quando si era risvegliato dall’oscurità.
Caroline deglutì, tutto di un tratto silenziosa: il sorriso di quel ragazzo le sembrò la cosa più bella e mozzafiato che avesse mai visto.
Per quanto potesse essere strafottente e un po’ pieno di se,Klaus  era bellissimo; non poteva fare a meno di riconoscerlo. Con i suoi corti riccioli biondi e occhi cobalto ricordava un fiero guerriero di Odino, il suo corpo tonico e scattante faceva facilmente immaginare come, durante una battuta di caccia, le sue prede non avessero scampo.
La ragazza si riscosse dalla sua contemplazione, rendendosi conto che Klaus, nel suo entusiasmo, aveva cristallizzato metà degli alberi che li circondavano; si sporse in avanti, mani sui fianchi, pronta per sgridarlo, ma un passo falso sul ghiaccio la tradì e scivolò su se stessa, preparandosi all’impatto duro con il suolo ghiacciato.
Impatto che stranamente non avvenne.
Aprì gli occhi, chiusi istintivamente un attimo prima, e si ritrovò a fissare lo sguardo divertito di Klaus: aveva passato una mano dietro la sua schiena, mentre con l’altro braccio la teneva per la vita, la mano un po’ troppo vicina al suo fondo schiena. La testa di Caroline era vicinissima al suolo: Klaus l’aveva acchiappata per un soffio.
«Come hai fatto…» tentò di articolare scioccata e imbarazzata, cercando miseramente di recuperare una posizione dignitosa «Eri lì! Come hai fatto ad arrivare qua così in fretta?»
Klaus, che dal canto suo non aveva mollato di un millimetro la presa sullo spirito angelico, si accigliò brevemente in sovrappensiero, per poi illuminarsi in un sorriso contornato da magiche fossette:«Penso di averne un’idea. Guarda, Love»
Detto questo, piegandosi con le ginocchia leggermente in avanti, fece un balzo in alto e magicamente si librò in aria, trasportato dal vento.
«Riesci a comandare il vento?» chiese Caroline incredula, quasi sorridendo, ma poi si ricordò che Klaus la stava tenendo ancora stretta tra le sue braccia, sollevandola come se fosse un suo pieno diritto. Cercò di divincolarsi, le sue guancie di un interessante colore porpora «Klaus! Lasciami andare! Sono in grado di volare benissimo da sola! Ho le ali!»
Klaus la guardò malizioso, avvicinandosi a pochi centimetri dal suo viso e sembrando godere un mondo del suo imbarazzo «Oh Love, ti assicuro che volare con me è tutta un’altra esperienza. Imperdibile direi.»
«Sei uno stupido. Egocentrico. Pieno di …» non riuscì a terminare dato che Klaus si era lanciato in una rocambolesca e spericolata capriola all’indietro, mancando per un soffio un albero.
«Oh cielo! Non voglio morire!» urlò a pieni polmoni Caroline, agitandosi come un uccellino preso in trappola.
«Ma siamo già morti Love!» controbatté Klaus ridendo.
«Be allora non voglio sbattere contro qualcosa!! Io so volare da sola!» frecciò Caroline bellicosa.
«Oh Caroline! Avanti! Godi il momento!» rise ancora di più Klaus facendo un giro della morte.
«Hai ragione» sibilò Caroline, tentando riprendere fiato «Devo approfittare del momento!» gli mise le mani intorno al collo, tentando di soffocarlo «Io ti ho aiutato a uscire da lì e io ti ci rimando!»
«No! Ferma! Così non vedo null-»
Il colpo che la sua schiena diede contro il tronco di un albero gli sembrò risuonare per tutto il suo torace, mozzandogli il respiro.
Caddero per terra, ma in uno sforzo istintivo Klaus fece in modo di proteggere Caroline dall’impatto.
Si ritrovò per terra con il biondo spirito stretto al suo petto, i lunghi capelli a solleticargli il viso. Fece un grugnito per il dolore che percepiva alla schiena e alla testa, ma si riscosse subito, prendendo Caroline per le braccia e scuotendola lievemente:
«Caroline? Per il divino Odino, mi dispiace, io non -»
«Tu!» sbottò Caroline, scostandosi brusca i capelli davanti al viso «Tu!» per un attimo fissò gli occhi preoccupati di lui e per qualche strano motivo sentì tutta la sua collera svanire. Le sue labbra si piegarono in un sorriso e di un tratto scoppiò a ridere:
«Sei incredibile. Ci conosciamo solo da pochi minuti e hai nell’ordine: insinuato che fossi pazza, tentato di salvarmi da una caduta di poco conto, per farmi poi schiantare subito dopo, a trenta metri da terra, contro un albero!»
Lui non poté fare a meno che unirsi alla sua risata, contento che non fosse finito permanentemente sulla lista nera di quella creatura meravigliosa. Sentì il suo petto invaso da una strana gioia che era convito di non aver mai aveva provato prima di allora. Anche se non ricordava quel “prima”.
Si alzò in piedi, tendendo una mano per aiutarla; Caroline la prese senza esitare.
«Be Love, effettivamente manca una sola cosa alla mia lista di indiscrezioni». Facendo leva sulla mano stretta nella sua, la spinse delicatamente verso di lui, mentre l’altra mano si posò sul suo viso, accarezzandole la guancia. Fissò prima le sue labbra per poi ritornare a guardarla negli occhi.
Caroline trattenne il respiro e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, sintomo di un nervosismo sconosciuto, mai sperimentato.
Facendo un altro dei suoi sorrisi mozzafiato, Klaus posò le labbra sulle sue in un bacio lieve e freddo come un cristallo di ghiaccio, con un’esitazione che quasi poteva essere scambiata per timidezza.
Registrando come Caroline non stesse dando alcun segnale di rifiutarlo (o meglio di tirargli un pugno, come si sarebbe più aspettato), osò oltre, stringendola ancora di più a sé, passando un braccio dietro la schiena di lei.
Quasi timidamente le mani di Caroline si appoggiarono sul suo torace e Klaus la sentì sorridere contro le sue labbra e aprire, seppur lievemente, quella divina bocca corallo.
Quel piccolo gesto fece si che un intossicante bisogno di sentirla più vicina, di assaggiarla fino all’ultima sfumatura, avesse la meglio su qualsiasi insicurezza provata fino a quel momento: facendo scivolare la lingua su quelle labbra piene e succhiando come se volesse derubarla del respiro, Klaus aumentò l’intensità del bacio, inghiottendo il gemito mozzato che emise Caroline.
Era come essere di nuovo sotto acqua, ma senza il conseguente malessere e terrore; pensò stupidamente che sarebbe affogato volentieri in Caroline, se questo avesse significato poterla sentire più vicino, infinitamente vicino.
Quando le dita insicure di lei risalirono lungo il suo collo per intrecciarsi nei suoi corti riccioli, il suo cuore batté così forte che per un attimo temette che lei, che tutta la foresta potesse sentirlo.
«Klaus» chiamò lei, il suo respiro caldo contro la sua bocca gli fece pensare al dolce sapore dell’idromele caldo, consumato davanti al fuoco nelle gelide serate invernali.
Si fermò di colpo, meravigliato dalla nitidezza di quel ricordo: se non fosse stato per Caroline non avrebbe saputo nemmeno il suo nome, da dove era saltata fuori quell’immagine?
Si accorse che Caroline aveva passato una mano sulla sua guancia, strofinando la sua corta peluria bionda; a pochi centimetri dal suo viso, gli stava sorridendo con uno sguardo incerto, come se stesse cercando di capire il motivo della sua improvvisa interruzione.
Sei un imbecille. Convenne mentalmente, chiedendosi quale essere sano di mente potesse mai allontanare le labbra da quella divina creatura, per starsene lì a ponderare su dei ricordi che per quanto ne sapeva potevano totalmente essere frutto di fantasia.
«Ho visto un’immagine» buttò senza pensare, qualsiasi cosa pur di rompere quello strano silenzio scandito dal verso monotono di una civetta in lontananza.
Ben lungi dal rilasciare la sua “preda”, strinse le mani intorno alla sua sottile vita, profondamente convinto che se l’avesse lasciata allontanare anche solo di un soffio, sarebbe stato come sprofondare di nuovo nel gelo del lago.
Lo spirito biondo spalancò gli occhi, lasciando andare la presa dal suo collo per portarsi una mano davanti la bocca:
«Oh! Per mille ali! Perdonami! È colpa mia!».
Klaus pensò automaticamente che finché gli sorrideva in quel modo, si sarebbe prestato felicemente a qualsiasi tipo di tortura o cattiveria avesse in mente.
 Tuttavia rispose con un più misurato e significativo: «Uh?»
Caroline ridacchiò brevemente, trovando per qualche motivo adorabile l’espressione confusa del giovane spirito:
«Io sono uno Spirito dei ricordi: io e le mie compagne raccogliamo e conserviamo i ricordi degli uomini quando essi sono bambini. Man mano che questi bambini diventano adulti, noi doniamo tali ricordi indietro; in genere sono simbolo di un momento particolarmente significativo o  servono come punto di svolta» .
Klaus si accigliò lievemente non del tutto sicuro che “Spirto dei ricordi” non fosse un modo più elegante per dire demone venuto dall’oltre tomba (Hel era un’ossessione quella notte a quanto pare); tuttavia notando che la bionda fata aveva iniziato a rabbrividire leggermente, come soprafatta dal freddo, tentò di riscaldarla, sfregandole le spalle nude con carezze gentili:
«Sono affetta dal tuo potere» sorrise, i suoi occhi si alluminarono di allegria «Come tu sei affetto dal mio: tu comandi il gelo. O almeno devi tentarci. Io comando i ricordi; ma come vedi non ho ancora ottima padronanza della cosa: io stessa sono diventata uno spirito nemmeno un anno fa.  È più difficile quando ci si lascia dominare dalle proprie emozioni».
Di tutta quella spiegazione, seppure non fosse molto difficile da capire, Klaus colse solo una cosa; con un sorriso compiaciuto commentò:
«Quindi io ti scateno forti emozioni!»
«Ovviamente dovevi soffermarti su quella parte della frase!» sbuffò lei, facendo una faccia adorabilmente indispettita e tentando di spingerlo via.
Ma Klaus aveva completamente un’idea differente; le bloccò le braccia, stringendola di nuovo a sé e fissandola come se avesse intenzione di divorarla interamente:
«Andiamo Love, lascia che impari a esercitare il mio controllo sul gelo: dammi un paio di minuti e saprò tramutare il ghiaccio in fuoco, solo per te».
«Cielo…» commentò Caroline, non riuscendo però a evitare il ghigno che comparì prepotentemente a un angolo della sua bocca: «le tue frasi a effetto sono orribili! Te lo ha mai detto nessuno?»
«Non che io ricorda» fece lui con un altro ghigno «ma scommetto che tu potresti aiutarmi ricordare»; bloccò qualsiasi altra risposta pungente con un altro bacio rovente.
Decise in quell’attimo che non gli importava nulla del come e perché fosse finito lì.
L’unica cosa che gli importava ora era Caroline.
E il bisogno che sentiva crescere in lui attimo dopo attimo di appartenerle. Per sempre. 
 

Secolo XV D.C.

Veloce.
Doveva volare più veloce.
Stava ripetendo quel monito da ore ormai, incurante del gelo.
La neve sferzava implacabile sulle sue ali, con una crudeltà che non pensava di aver mai visto prima; non si sentiva più le mani per il freddo e la sottile veste arcobaleno offriva ben poco riparo da quei bianchi cristalli di ghiaccio.
L’ululato del vento le vibrò per tutto il corpo, fino ad arrivare alle ossa: si sentì un groppo alla gola al pensiero di quanto sembrasse un grido di disperazione.
Tante grida di disperazione mischiate insieme. 
«Klaus» gridò planando su una radura in mezzo alla foresta, in quello stesso punto in cui secoli fa aveva incontrato per la prima volta il grande dilemma della sua vita.
«Klaus!» ripeté a pieni polmoni avanzando di fretta verso il lago congelato.
La vista che le si parò davanti le fece tremare le gambe:
Klaus era nel mezzo dello specchio ghiacciato, a pochi metri dal suolo, un vortice freddo a scompigliargli i capelli dorati; teneva davanti a sé il bastone e i suoi occhi brillavano d’oro. Un’espressione dura, quasi crudele ad deformargli i lineamenti.
Sembrava che fosse completamente concentrato in un altro mondo ma Caroline sapeva benissimo cosa stesse facendo: richiamando e soggiogando al suo volere la potenza del gelo.
Digrignò i denti, sentendosi soffocare per la rabbia; con un battito di ali lo raggiunse, afferrandolo brusca per un braccio:
«Klaus! Cosa. Diamine. Stai. Facendo?».
Sbatté le palpebre un paio di volte realizzando che stava afferrando il vuoto: Klaus si era volatilizzato. Un altro trucchetto in cui aveva imparato a eccellere.
«A cosa devo la tua gentile visita sweetheart?» sentì la sua voce sbeffeggiare, mentre emergeva da dietro un albero esibendo un ghigno che non aveva nulla della spensieratezza dei primi anni «Cosa succede nel tuo regno fatato? Troppa annoiata? O hai deciso che finalmente ne hai abbastanza dei doveri e vuoi spassartela un po’? Sai bene di quanto io sia felice di aiut-»
Veloce come un fulmine Caroline raccolse da terra un ramo d’albero, ormai duro come una roccia grazie al gelo, e lo scagliò contro di lui.
Klaus lo intercettò con noncuranza, spezzandolo con una sola mano.
«Attenta Caroline. Non ti conviene provocarmi» soppesò fissandola con una freddezza che la colpì più di mille tempeste di ghiaccio.
«Smettila subito! Tutto questo! Stai congelando l’intera regione! Il Tamigi(1) è completamente congelato! La gente muore per strada! Nei loro stessi letti ! Migliaia di persone Klaus! Stanno morendo assiderate!»
«Non vedo possa centrare io con la cosa Sweetheart: ricordi? Non esisto nemmeno per loro»;
 Caroline rifiutò di farsi incastrare da quelle parole, sebbene potesse sentire a pelle tutta la desolazione della loro solitudine.
«Siamo sempre su quella storia vero?» chiese lei con un gesto impaziente, avvicinandosi di alcuni passi «loro non possono vederti e tu pensi che hai il diritto di fare tutto quello che vuoi? Di punirli?»
«Punirli?» un altro ghigno crudele le trafisse il cuore «Sweetheart, significherebbe che per un attimo mi soffermi a ponderare sulle loro sciocche vite; cosa da cui sono ben lontano, puoi stare certa.»
Incrociò le mani dietro la schiena, osservandola divertito: «Non tutti hanno lucenti ali svolazzanti che fanno sognare i bambini e vanno in giro a dare speranza al patetico genere umano».
Lei strinse i pugni fino a farsi diventare bianche le nocche e le sembrò di assaporare acido nella sua bocca:
«Allora è per punire me! Dimmi! Fai tutto questo per me? Per farmela pagare per qualche tuo strano e contorto modo di ragionare?»
Klaus emise un suono simile a un grugnito, metà tra la collera e il divertito; le si fece ancora più vicino, lasciando le mani ben salde dietro la sua schiena, ben consapevole di come la vicinanza di quello spirito facesse uno strano effetto sul suo corpo, se non si concentrava.
Si piegò verso di lei, avvicinando la bocca a pochi centimetri dal suo orecchio e sibilò:
«Oh mia cara, non stiamo lusingandoci un po’ tropo? Il mio mondo non gira intorno al tuo».
Un’aspra bugia.
Ma l’importate era che nessuno lo sapesse tranne lui.
Continuò implacabile, sentendo il desiderio oscuro di sconvolgerla, di farle provare un minimo della pena che provava lui.
Di distruggerla. Come lei aveva fatto con lui.
«Lascia che ti dica una cosa sweetheart: tu non significhi nulla per me» concluse di nuovo con quel ghigno soddisfatto.
Caroline trattenne il respiro, come se l’avesse sferrato un colpo in pieno stomaco. S’impose di non sentire nulla, di ricacciare indietro le lacrime che combattevano prepotenti per uscire.
Irrigidì la mascella, guardandolo dritto negli occhi mostrando quella furia che tante volte in passato lo aveva ammaliato:
«Raccontati quello che vuoi Klaus! Ma non pensare che nemmeno per un attimo che questa farsa funzioni con me! Tu non sei il mostro che vuoi far credere! Sei molto di più!»
Gli poggiò una mano sul suo torace all’altezza del cuore, sfidandolo a fare qualcosa per attaccarla: nonostante tutto, nonostante tutto quello che faceva o diceva, c’era un’unica e accertata sicurezza; non le avrebbe mai fatto del male. Mai.
Lei lo sapeva.
Lui lo sapeva.
«Io l’ho visto! Secoli fa! Sei molto di più dell’oscuro e iracondo signore dei ghiacci! L’ho vissuto sulla mia stessa pelle! Il ragazzo gentile che mi assillava senza sosta per ritrarmi nei suoi disegni; il buffone che mi faceva ridere e gridare a cavallo del vento. Il giovane uomo pieno di vita e luce che mi » Caroline dovette spingere le unghia dentro le sue carni con tutte le sue forze per ingoiare il singhiozzo che aveva in gola «baciava con passione e faceva girare tutto il mio mondo al contrario…»
Klaus coprì la mano di lei con la sua, facendo ricorso a tutte le sue forze per ignorare gli occhi di lei contornati di rosso, carichi di lacrime;
Non c’era speranza per lui. E mai ce ne sarebbe stata.
«Be temo che quel ragazzo da te tanto sospirato sia in compagnia di quella stessa ragazza che quattro cento anni fa giurò di restare per sempre al mio fianco» scostò via la mano di Caroline, volendo evitare di mostrare come quel contatto lo stesse in realtà bruciando dall’interno.
«Non ti ho mai abbandonato! Quando lo capirai?» sbottò Caroline, non sapendo più quale emozione le stesse lacerando maggiormente: se la rabbia o la disperazione.
«No. Certo» sibilò Klaus allontanandosi di qualche passo, non riuscendo più a sopportare di esserle così fisicamente vicino e al tempo stesso mostrare quell’impassibile distacco emotivo. Continuò:
«Effettivamente dovrei comprendere come la nuova sovrana del Regno delle fate “memorantis” sia troppo occupata per poter andarsene in giro a divertirsi come nei tempi passati. È tutta colpa mia, Love»
Si bloccò, maledicendosi per quel vezzeggiativo che gli sfuggiva sempre troppo facilmente quanto era in sua presenza.
Le lanciò un’occhiata guardinga, aspettandosi un contrattacco al vetriolo.
Per sua somma sorpresa e grande terrore, le labbra di lei si aprirono in un sorriso timido, quasi tremolante. Sembrò voler commentare quel “love”, ma alla fine ci ripensò dicendo semplicemente, stanca:
«Non sei venuto nemmeno alla mia incoronazione» prima che lui avesse tempo di rispondere, aggiunse «Per favore Klaus. Ferma il gelo. Stanno morendo un sacco di persone. Come puoi permetterlo?»
Klaus si preparò a esprimere l’ennesima risposta strafottente, ma improvvisamente, per la prima volta da quando la Fata dei ricordi si era presentata davanti a lui, notò come stesse tremando. Dalla punta dei piedi scalzi alle sue tremule ali scintillanti.
«Caroline» ringhiò, avvicinandosi a lei a grandi passi e afferrandola per le braccia «Cosa diamine stai facendo?» la scosse con rabbia «Perché diamine non stai bloccando il freddo dal tuo corpo? Sei uno spirito! E gli spiriti non sentono sensazioni umane! A meno che non lo vogliano!»
Lei lo guardò con aria di sfida, alzando il mento: «Cosa? Hai paura che venga congelata anche io? E a te cosa interessa dopotutto? Non hai detto che non significo nulla per te?» gli gettò addosso le sue stesse parole, provando una gioia sadica a vedere l’ombra delle preoccupazione prendere possesso dei linimenti di Klaus.
«Caroline!» fece lui minaccioso «Non te lo dirò un’altra volta: blocca il freddo! O giuro ti lascerò qui a congelare!»
La bionda fata fece una risata amara; non gli avrebbe mai rivelato che in realtà permetteva al gelo di invadere il suo corpo solo perché quello era divenuto ormai l’unico modo per sentire un esiguo frammento di lui:
«Così sia Klaus! Vuol dire che quando tornerai tra un paio di giorni troverai una statua di ghiaccio con cui potrai abbellire il tuo palazzo! Non hai sempre desiderato questo? Una bella statua che adornasse la tua casa?»
Un altro ringhiò lasciò la bocca di Klaus e le sue iridi dardeggiarono d’oro.
Caroline sentì le braccia diventare ancora più fredde nei punti in cui lui la stava stringendo.
Si chiese se quella fosse veramente la fine; se infine fosse riuscita a provocarlo sino a un punto di non ritorno.
Stranamente il pensiero che fosse proprio lui a portarle la fine le sembrò consolante: lui costituiva la sua esistenza dopotutto. E lei aveva distrutto la sua. Un tale pareggiamento dei conti le sembrava solo giusto.
Chiuse gli occhi aspettando qualcosa… qualsiasi cosa. Gelo e oscurità forse.
Muti secondi trascorsero pazzi e veloci.
Il nulla. Non sentiva nulla. Nemmeno più il gelo.
Riaprì lentamente le palpebre e si ritrovò a fissare lo sguardo feroce di Klaus:
«Maledetta!» sibilò lui con voce roca, «Maledetta!» ripeté con disperazione mentre le afferrava il viso con entrambe le mani e Caroline lasciò cadere libera finalmente una lacrima:
«Che tu sia maledetta! Perché mi tormenti così?» chiese lui con forza, collidendo le sue labbra con quelle di lei. Divorandola con un tormento che Caroline conosceva fin troppo bene.
Caroline rispose con la stessa passione e disperazione, intrecciando le mani dietro il collo di lui, spingendolo con forza verso di lei, quasi temendo che potesse smaterializzarsi come aveva fatto tante altre volte.
La sua bocca seguiva avida il ritmo di lui, accarezzandolo con  la sua lingua, consumandolo come se avesse paura che il tempo non fosse abbastanza e tutto d’un tratto la signora con la clessidra sarebbe venuta a chiedere il conto.
«Tu sarai la mia rovina» bisbigliò Klaus mentre con baci roventi la marchiava lungo tutto il collo.
«Klaus» pregò lei anche se non era sicura bene di cosa;
di lasciarla andare;
di non lasciarla andare mai più.
«Love» chiamò Klaus piano tentando di scostare le labbra dalla sua pelle.
Caroline capì. Ancora prima che lui parlasse, intuì cosa stesse per dire. Strinse ancora di più le mani intorno al suo collo, con una disperazione che quasi sfiorava la follia.
«No!» fece lei scuotendo veementemente la testa «No!» ripeté ad alta voce, con le lacrime ormai scendevano copiose lungo le sue guancie.
Lui appoggiò la fronte contro quella di lei, guardandola con un’angoscia infinita:
«Devi ritornare nel tuo regno. Sei uno dei custodi del mondo umano. Non puoi restare con uno spirito dimenticato e oscuro come me.  La tua luce deve essere vista da tutto il mondo.»
Ed eccolo il ragazzo dal cuore gentile che amava disegnare e baciarla in ogni momento. Eccolo a fare capolino tra le spirali del suo oscuro potere.
«Non mi interessa!» gridò lei quasi isterica, terrorizzata al pensiero di separarsi dal suo Nik e ricominciare tutto da capo la lotta contro Klaus. «Non mi interessa! Io.voglio.te
La labbra di lui si abbatterono di nuovo implacabili sulla sua bocca, togliendole il fiato.
La strinse forte a sé, mentre bisbigliò sulle sue labbra:

«Per sempre. Apparterrò per sempre a te».

Una ventata di aria fredda la investì stappandole un grido di protesta.
Le sue ginocchia si piegarono, incapaci di tenerla su: Nik non c’era più. Era di nuovo scomparso.
Sbatté un pugno sulla terra gelida, strofinandosi con rabbia le lacrime via dalle guancie con l’altra mano.
Lasciò che il silenzio della notte inghiottisse via il suo urlo di dolore.
La neve era cessata.
Il vento aveva smesso di ululare.
Ben presto i ghiacci si sarebbero di nuovo sciolti, dando sollievo alla terra spossata dal gelo.
Ma Caroline era consapevole di come la disperazione che le attanagliava il cuore non sarebbe mai andata via. Neppure in un centinaio di secoli.
 
Fine prima parte


Note dell'autore: ok. Questa storia doveva essere una oneshot ma ho miseramente fallito, anche perchè il mio caro Beta Ale mi ha fatto notare come, a lasciarla così non si capisce assoultamente un piffero (Eppure, come ho già ribatutto con lei, nella mia testa fa perfettamente senso!Ve lo assicuro!). Da qui l'idea di fare un secondo capitolo in tempo per Natale (spero), motivo per cui il titolo è diventato "Christmas Tale".
Detto questo, se la storia vi incuriosisce, allibisce o fa sentire la nausea, lasciatemi pure un commento: sono sempre pronta al confronto. :)
Ringrazio (ormai dovrebbe sottointeso, ma va be!) il mio Beta Ale: è sempre divertente sentire i tuoi rimbrottamenti e osservazioni al vetriolo. :D


Riferimenti:
(1) Nel XV secolo si registrò uno degli inverni più freddi del millenio; infatti a Londra il Tamigi gelò per la durata record di 14 settimane consecutive e in molte regioni si toccarono i -30°C.

 
 
  
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