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Autore: miss dark    07/11/2008    6 recensioni
Un giorno m’imbattei nello specchio del corridoio. Quello grande ed antico, che da piccola mi rifletteva come una principessa.
Stavo tornando da un sogno e ancora profumavo di speranza.
[...]
Genere: Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mirror

Questo scritto è nato di notte.

Mentre ancora piangevo per quello che era successo durante il giorno.

Non so che cosa sia.

Non so se abbia senso né se apprezzerete.

Io ho tentato di dire qualcosa. Di comunicare un'emozione a parole.

Forse ci sono riuscita.

Probabilmente no.

A voi il gidizio

___________________

 

Un giorno m’imbattei nello specchio del corridoio. Quello grande ed antico, che da piccola mi rifletteva come una principessa.

Stavo tornando da un sogno e ancora profumavo di speranza.

Decisi di osservarmi. Di guardare dentro me stessa attraverso gli occhi di quell’insolito riflesso.

Mi sedetti a gambe incrociate e presi a scrutare la figura dinnanzi a me.

 

Aveva gli occhi neri.

Due pozzanghere in cui si specchia una notte nuvolosa.

Due pozzanghere fangose sulla strada puzzolente di periferia.

In quelle profonde voragini d’incertezza, vidi una donna in lacrime.

Mia madre.

Seduta sul bordo di un letto sfatto, a piangere nel silenzio della notte.

La vidi vomitare di mattina, sul pavimento rosso della cucina e poi, ancora, sorridere al mio viso stanco mentre puliva in fretta.

Combatteva nel dolore.

Combatteva per me, contro un uomo che non la vedeva.

 

Uscii dagli occhi ed esplorai il viso.

Sgualcito ed inespressivo.

Senza vita. Come il volto di un pagliaccio allegro che ha smesso di sorridere e di dipingersi la faccia, perché gli tremano le mani.

Perché il suo corpo si contorce.

E rividi in quella figura mio fratello, nel suo letto, sussultare dopo le grida. Paralizzato dal terrore d’essere inadeguato per il mondo.

Indifesa marionetta nelle mani di un burattinaio crudele.

 

Tesi d’istinto le braccia, per abbracciarlo, ma sbattei contro la fredda superficie dello specchio.

Sbattei contro me stessa, che ancora una volta mi bloccava.

Sferrai un pugno a quel riverbero infedele e maligno, ma non s’infranse, protetto dal suo argenteo aspetto.

E le mie nocche sanguinarono, nutrendo di sangue la ragazza nello specchio.

 

Lottai contro me stessa.

Lottai contro ciò che frenava la mia vita.

Lottai contro quell’illusione.

Ma, alla fine, compresi.

Che io osservatrice non fossi, realmente, l’osservata?

Che io vittima d’un perfido riflesso, non fossi il riflesso stesso che ferisce?

 

Mi avvicinai allo specchio e vidi due figure in lontananza.

Mi affacciai a quella piccola finestra sulla realtà e riuscii a vedere il sorriso malinconico di mio fratello e di mia madre salutarmi con inaspettato affetto.

Mi contentai di ciò.

 

Tornai nel mio incubo, freddamente aggrappata alla mia disillusione, e diedi un’occhiata all’ennesima macchia di sangue sulla superficie antica.

Graffiai con le unghie sul vetro e incisi la data di quel giorno immaginario.

 

Tornai al mio posto e, sedendomi un poco più lontana dalla mia vita, ripresi ad osservarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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