Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: I_am_a_fangirl    14/12/2014    2 recensioni
Avete presente il Campo Mezzosangue, i semidei, gli Dei e quant'altro? Togliete tutto da mente.
La protagonista di questa fanfiction è Annabeth Chase, una ragazza molto forte e determinata, o almeno che cerca di esserlo agli occhi degli altri. Dovrebbe fare l'ultimo anno di superiori a San Francisco, ma improvvisamente arriva la notizia che più la sconvolge, ovvero che dovrà trasferirsi nella Grande Mela. Quando finalmente pensava di aver trovato delle persone di cui fidarsi, quando si era un po' abituata alla sua frenetica vita e alla sua "nuova famiglia" doveva mollare tutto e andarsene.
Annabeth era sempre stata una ragazza che non pensava alle cose futili e si concentrava più sui libri che sulle relazioni, se non qualche amicizia più stretta, ma incontrando Percy riuscirà a cambiare idea?
[Percabeth] [Thaluke] [Jasper/Jiper] SPOILER BOO [Solangelo] [accenni sulla Frazel]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Piper McLean, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Allora, premetto che è la prima volta che scrivo una fanfiction ed è uno sfizio che ho voluto togliermi. Mi sono iscritta sul sito non come autore, ma semplicemente come lettrice. Eppure mi è venuta voglia di provare a pubblicarne una tutta mia. So che non sarà un granchè, ma almeno ci ho provato. Accetto qualsiasi consiglio o correzione, e so che il capitolo è un po' lungo, ma è il primo e descrive il personaggio principale, ovvero Annabeth, molto approfonditamente. Poi la storia che ho in mente si evolverà pian piano. I personaggi che ho incluso oltre ad Annabeth e Percy *OTP* sono Talia Grace, Luke Castellan, Piper Mclean, Jason Grace, Nico Di Angelo, Leo Valdez, Hazel Levesque, Frank Zhang e Rachel Elizabeth Dare. Fatemi sapere che ne pensate... Io vado a vedere per la milionesima volta Teen Wolf - quarta stagione - in streaming... Ah, il titolo è quello della canzone di James Blunt. <3
Fatemi sapere la vostra opinione, please.


 
Quel giorno Annabeth pensò che non potesse andare peggio. I vestiti che aveva deciso di indossare si erano scambiati nella lavatrice per colpa dei gemelli ed erano passati dal bianco al rosa, un colore che aveva sempre odiato; il latte che stava bevendo la mattina prima di andare a lavarsi  le era caduto addosso  ed il telefono aveva fatto un volo dalla finestra. Sembra quasi comico da raccontare, ma lei lo trovava terribilmente irritante. Quando il buongiorno si vede dal mattino!

Si provò almeno una quarantina di abiti… Uno troppo lungo, l’altro troppo corto; uno troppo scollato, l’altro la faceva sembrare una suora di clausura; quella gonna le stava male, quella maglietta si confondeva col colore dei capelli. Alla fine decise di indossare qualcosa di abbastanza semplice: una camicetta bianca con un golfino nero aderente che aveva comprato all’Hollister, con un jeans chiaro attillato della Guess e delle semplicissime converse nere. Si era legata i lunghi capelli biondi in una coda alta, così da far risaltare di più i delicati lineamenti del suo viso, poi aveva fatto solo una passata di fondotinta e aveva applicato una sottilissima striscia di eyeliner. Non che non le piacesse truccarsi, solo che si preferiva al naturale. Bob quel giorno non si presentò. Nel caso vi stiate domandando chi sia Bob, bhè… lui è un brufolo; anzi IL brufolo. Puntualmente si presentava nei giorni in cui era più stressata, incazzata, preoccupata per qualcosa, ansiosa… praticamente quasi sempre. Stavolta incredibilmente Bob non c’era, il che significava che gli Dei avevano in serbo qualcosa di molto peggio per lei!

Annabeth era sempre stata una ragazza molto carina. A dir la verità “carina” è un eufemismo, non rende minimamente l’idea. Lei era proprio bella, e forse nemmeno bella bastava. Lei era il tipo di persona che attirava molto l’attenzione dei ragazzi e riceveva una moltitudine di commenti invidiosi da parte delle ragazze. Aveva un fisico asciutto e magro, ma non quel secco senza curve, anzi, aveva delle forme molto prosperose ma proporzionate e “al punto giusto”. Superava l’1.75 m ed era molto slanciata, con dei capelli vaporosi e biondi, ma non quel biondo ossigenato, bensì di una tonalità più particolare e più scura, che non può essere paragonata ad altre. Incarnava lo stereotipo della ragazza californiana con quella sua abbronzatura, a parte gli occhi. Quelli erano di una particolare sfumatura di grigio, come la tempesta… belli ma minacciosi, seri. “Tutte le oche sono bionde”. No, Annabeth era tutt’altro che oca, e soprattutto non sottovalutate la forza di una ragazza, perché se mai qualcuno dovesse dire una frase del genere si ritroverebbe steso a terra col naso spaccato in una millesimo di secondo. Non le era mai piaciuto usare le mani, lo trovava abbastanza ridicolo soprattutto tra ragazze, ma sapeva ehrm… come dire… difendersi. Le persone, di ambo i sessi, avevano imparato a rispettarla ed anche un po’ a temerla; mai prendersi troppa confidenza con una come lei. Ciò non vuole dire che fosse antipatica, solo più riservata e sulla sua. Aveva imparato a sue spese che non poteva perdere tempo con cose futili e doveva pensare più in grande, così ambiva ogni volta a risultati sempre più alti in qualsiasi campo ed era determinata ad ottenerli. Non era presuntuosa, né arrogante. Se la si conosceva bene e si imparava ad accettare il suo carattere, che a volte risultava un po’ scontroso, ma era solo una “corazza”, era difficile non avere un debole per Annabeth. Era la studentessa ideale , quella con la risposta pronta a tutto; l’amica ideale, che a costo di finire nei guai pensava sempre prima agli altri che a se stessa; la figlia ideale; la fidanzata ideale… Okay no, non era così perfetta. Forse agli occhi degli altri poteva sembrare una ragazza senza nessun problema, ma c’è da ricordarsi che è inevitabile avere problemi, solo che lei sapeva nasconderli bene. Quel suo modo di fare la dura era solo per “proteggersi”, far finta che niente la potesse tangere, scalfire… era solo un metodo per evitare proprio che le persone possano ferirla. Non aveva avuto un’infanzia che si possa definire felice, tantomeno facile… I suoi genitori divorziarono per chissà quale inutile motivo quando era molto piccola, così la madre Atena si trasferì in Grecia e persero definitivamente i contatti pochi mesi dopo il suo allontanamento. Lei addossò tutte le colpe al padre, rovinando il loro rapporto. Era difficile riavvicinarsi ad una persona che secondo lei le aveva portato via sua madre, ma ci provò lo stesso, solo che il padre ne combinò una ancora più grossa, tipico! Ovviamente quando si sta per riallacciare un rapporto sarebbe stupido annunciare alla propria figlia che ci si risposa con una donna e che da un giorno all’altro sarebbero venuti ad abitare lì con lei anche due bambini piccoli, ma nonostante il professor Chase vantasse un’incredibile quoziente intellettivo, era improbabile che sapesse stringere delle relazioni umane altrettanto bene.  Per Annabeth nessuno poteva sostituire la madre, ed era così delusa dal comportamento del padre che decise di concentrarsi solo sulle cose più importanti, e la nuova famiglia non rientrava tra queste. Il padre giustamente voleva tornare ad essere felice, ma aveva mai anche lontanamente pensato alla felicità della figlia? La risposta era chiaramente NO. Da quel momento quindi iniziarono a contare solo i libri, la propria futura carriera ed infine qualche amicizia più stretta. Non poteva permettere che qualcuno la deludesse ancora, altrimenti sarebbe crollata. È così che aveva imparato ad avere quasi sempre un rapporto freddo e distaccato, anche e soprattutto col padre. Niente più amore paterno ed altre stronzate varie, solo una convivenza “civile”, ma sempre e solo nei limiti del possibile. Si, perché c’è da chiarire che quei due mostri, che bambini non si possono assolutamente chiamare, cercavano sempre di renderle la vita impossibile e molto spesso centravano l’obiettivo. Anche l’amore era una cosa futile ora, quindi giusto qualche uscita con qualcuno, ma niente di più. Annabeth Chase, una delle ragazze più belle ed intelligenti di tutta San Francisco , che ha ai suoi piedi almeno un milione di ragazzi e li scarta sempre tutti? Si, sapeva anche essere un po’ idiota a volte, soprattutto nelle relazioni, ma avrebbe avuto modo di pensare a queste più in là… non era completamente apatica, solo un po’. Quando però le cose sembravano migliorare, anche se in minima parte, il padre ripresentava una nuova megagalattica stronzata, arrivando veramente a livelli colossali. Annabeth che ha finalmente dei buoni amici, che sta finalmente  abituandosi alla sua vita e che deve finire l’ultimo anno di studi? No, doveva cambiare città, trasferirsi a New York e ciao ciao Annabeth quasi-felice. Annabeth appena aveva accolto la notizia per un momento rimase interdetta, dopodiché aveva mandato a fanculo la sua compostezza e anche il padre. Alzò i tacchi e se ne andò sbattendo la porta il più rumorosamente possibile. Non parlò col padre per diversi giorni, e dopo due settimane e mezzo ritornò al normale clima “glaciale”, che prevedeva qualche buongiorno, qualche “notte” strascicato quando andava a dormire e le solite domande del tipo: cosa si mangia oggi? Niente di più e niente di meno. Era arrabbiata, così tanto da pensare realmente di trasferirsi da una sua amica pur di non mollare la sua città in quel già difficile momento della sua vita, ma poi ci pensò su. Aveva 18 anni, voleva fare l’architetto e dopo un anno comunque si sarebbe trasferita nella Grande Mela… forse un po’ ne valeva la pena di anticipare. Ciò che però non la faceva calmare era il motivo del trasferimento. Il padre aveva sempre avuto un reddito altissimo ed erano già benestanti di famiglia, eppure nonostante possedessero una marea di soldi, sarebbero andati in un’altra città che distava tipo sei ore di aereo solo per guadagnarne di più. Non riusciva a capacitarsene, ma alla fine gliela diede vinta ed ecco che il 23 Agosto arrivarono a New York. Una settima per conoscere il vicinato, arredare un po’ la villa e respirare aria “nuova” e BOOM… Arriva il 1° Settembre ed inizia la scuola.

Il Fato si stava decisamente prendendo gioco di lei. Prese le chiavi della macchina e si incamminò verso la porta di casa senza riuscirne a varcare l’uscio, poiché si sentì strattonare il polso. Si girò e vide suo padre che cercava di dirle qualcosa, ma con scarsi risultati.

- Annie… - iniziò a balbettare lui con un po’ di incertezza. Non gli capitava spesso di dire qualcosa alla figlia, soprattutto se in quel qualcosa non rientrava le più elementari locuzioni di convivenza.
- Non iniziare papà, è tardi. – lo interruppe bruscamente lei, insinuando nella sua voce una sfumatura alquanto acida.
- Ehrm… Voglio solo dirti… Buona fortuna… - continuò titubante.
- È tutto quello che hai da dirmi? –
  • No, cioè volevo anche scusarmi per quello che hanno fatto Matthew e Bobby. Intendo la lavatrice… sai… la maglietta rosa. Sono solo bambini, è il loro modo per… come dire… divertirsi. –
In tutta risposta lei fece una risata amara.
 
- Non preoccuparti. Li giustifico, come li giustifico quando l’altro giorno mi hanno svegliato rovesciandomi un secchio d’acqua gelata addosso. Sono piccoli, è normale che vogliano divertirsi colorandomi la faccia di nero come la settimana scorsa e chiudendomi fuori casa in pigiama. Non scusarli nemmeno per il ragno che mi hanno messo in camera la scorsa settimana, e non ringraziare nemmeno gli Dei per il fatto che sono ancora in vita, tanto ho perso solo una ventina di anni vedendolo. E vogliamo parlare di quella volta in cui a mare mi hanno slacciato il costume mentre prendevo l’abbronzatura e mi hanno sfilato il pezzo di sopra? E ti ricordi anche – - Ho capito il concetto ma… - 
- Niente ma o però o tutte le congiunzioni/preposizioni/locuzioni e cazzi vari, se volevate rendermi la vita un inferno, sappiate che ci state riuscendo. –
Detto ciò aprì la maniglia della porta e aggiunse – Comunque non torno per pranzo, ergo non aspettatemi né chiamatemi, tanto ho il telefono rotto. – prima di chiuderla rumorosamente ed incamminarsi verso la porta.

- Cos’altro volete da me oggi? – alzò le mani al cielo esasperata e mise in moto l’auto.Durante il tragitto certo di tenere la mente “vuota”, perché se avesse iniziato a pensare a tutte le cose che la sua famiglia le stava facendo passare ne sarebbero uscite solo bestemmie. Non le piaceva perdere la calma, ma ultimamente stava accadendo un po’ troppo spesso. Non era la prima volta che sbraitasse contro il padre, che urlasse la matrigna o rincorresse i gemelli per casa con l’intento di ucciderli (anche se sfortunatamente non riusciva mai a prenderli); la cosa più brutta era il rimorso subito dopo. Sapeva che in fondo non era nel torto, che si stavano prendendo gioco di lei e non voleva sentirsi più così trascurata ed inutile, ma nonostante tutti gli errori che commettevano gli altri, ed erano davvero tanti, voleva loro bene molto in fondo. Molto, ma davvero molto in fondo, eppure non riusciva a comprendere il perché. La famiglia non si può scegliere, e lei odiava/amava suo padre, quindi il dispiacere e la tristezza la assalivano dopo ogni litigio. Mise per questo la radio al volume più alto possibile e cercò di rilassarsi. Stavano trasmettendo la sua canzone preferita degli Imagine Dragons “Radioactive”. Iniziò a cantarla senza preoccuparsi di stonare e calcando in particolar modo: “This is it, the apocalypse”. Dopo quindici minuti arrivò a destinazione. Si sentiva stranamente tesa, anche se non sapeva bene il motivo della sua ansia. Suonò la campanella nel preciso istante in cui scese dall’auto e fece il più presto possibile per arrivare nell’ufficio nel preside, dove si fermò nel preciso istante in cui stava per bussare alla porta. Cercò si stamparsi in faccia il suo sorriso più convincente, scrollò un po’ di preoccupazione, schioccò le dita ed entrò.
Il preside era un uomo che doveva di gran lunga aver superato la sessantina d’anni, con una barbetta incolta e i capelli brizzolati, probabilmente prossimo alla pensione. Parlarono del più e del meno e dopo essersi ripetutamente congratulato con la ragazza per la sua media scolastica, la indirizzò verso il laboratorio di chimica.

Si sentì man mano più spavalda mentre camminava al fianco del preside, e si impose mentalmente di rimanere calma, non aveva alcun motivo per preoccuparsi. Appena entrò nella classe e mentre l’uomo la presentava agli studenti e al professore lei si soffermò un po’ sulle persone che c’erano all’interno dell’aula. Era calato uno strano silenzio, ma non la solita quiete che si ha quando entra un professore o qualcuno di un grado maggiore, si accorse che la stavano fissando stralunati. Un ragazzo al primo banco aveva spalancato gli occhi, mentre lei alzò i suoi al cielo. Si riteneva una ragazza normale, non particolarmente bella od attraente, ma era sempre stata abituata a riscuotere successo. Nonostante fossero ben famosi i suoi “due di picche”, nessuno si arrendeva o partiva sconfitto nel chiederle di uscire. Era come se nei ragazzi ci fosse sempre quel barlume di speranza che faccia sì che lei accetti. Era abituata anche a quelle reazioni, ma la infastidivano sempre e comunque, e non poco. Fece il giro della classe con lo sguardo per poi soffermarsi su un ragazzo. Occhi verdi come l’oceano, i più belli che Annabeth ricordasse di aver visto, dei capelli nero corvino che sembravano spettinati apposta, un sorriso così bianco che pensò addirittura fosse finto. Rimase un po’ interdetta, anche perché quel ragazzo le stava sorridendo davvero a trentadue denti. Era la prima volta che qualcuno le provocasse quella reazione; non le era mai importato della bellezza o popolarità di un ragazzo, ma in quel momento sembrava esserselo dimenticato. Quel ragazzo era chiaramente molto bello ed anche molto popolare! Si sentì quasi avvampare, perché  quando il ragazzo si alzò lei adocchiò il suo torace. Aveva una maglietta blu scuro che lasciava trasparire i suoi addominali scolpiti e le sue spalle larghe fenotipicamente da nuotatore e solo in quel momento si rese conto che era davvero il più bel ragazzo che avesse mai visto. Ma poi un’esplosione la riportò alla realtà e la voce del professore si intromise tra le sue fantasticherie : - Valdez, evita di rovesciare la provetta sbagliata nel tuo matraccio e vai a pulire, grazie. Mclean, Grace.. non tu Jason, tua sorella… fate fare alla ragazza nuova un giro della scuola. –

- Forse trasferirsi a New York non è poi così una cattiva idea – pensò tra sé e sé Annabeth.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: I_am_a_fangirl