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Autore: TonyCocchi    14/12/2014    6 recensioni
Lucy è una splendida ragazza, erede di una famiglia "bene" delle più importanti: di quelle dove a tavola ci si siede ben dritti sulla sedia e si frequentano solo persone di un certo tipo. Qualcosa in tutto ciò però non la soddisfa: tutto quadra fin troppo, e spesso non è un bene.
A volte, mentre stai lì a rimuginare, il destino ti fa aprire una porta: tu credi di entrare, ma in realtà è lui a piombarti addosso con tutto il suo caos! Un vortice da cui non vorrai più liberarti!
Genere: Avventura, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erza Scarlet, Gajil Redfox, Gray Fullbuster, Natsu, Natsu/Lucy, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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fairy tail irlanda

Salve a tutti gente! Chi ha letto altre mie storie sa che mi piace spesso aggiungerci una "colonna sonora", renderle anche song-fic, impostarle intorno una canzone, che spesso è proprio la fonte d'ispirazione della storia stessa. Ecco perché con la mia riscoperta nell'ultimo periodo della musica irlandese (quanto la adoro! *__*) l'ispirazione non poteva mancare!

Credo di non essere l'unico su cui l'Irlanda esercita un attrazione particolare, un paese e una cultura capaci di far volare e sognare al solo pensiero; e penso che Fairy Tail sia una serie molto "irlandese" per certi versi, e che si sposasse alla perfezione con ciò che avevo in mente ^__°

Ecco quindi i nostri adorati maghi, proiettati nel mondo reale, in veste di persone normali, e la gilda trasformata in un pub, in cui persone molto diverse, vite molto diverse, sapranno incrociarsi, scontrarsi e influenzarsi.

Buona lettura a tutti (e visto che siamo in periodo, buone feste! ^__^)!




Chiunque la conoscesse, da tempo o da un attimo, le avrebbe di certo detto di non averne alcun motivo, eppure Lucy Heartphilia sentiva che c'era davvero qualcosa che non quadrasse nella sua vita.

Che problemi potrebbe mai avere dopotutto la figlia di quel Jude Heartphilia, della Heartphilia Inc.? Un tetto sulla testa, un pasto caldo d'aragoste e una piscina riscaldata le erano più che assicurati. Faceva parte di una delle famiglie più in vista della città, condizione, la sua, che l'aveva avviata sin da piccola ad una vita di eventi che contano tra la gente che conta; e ora che era alle soglie del "debutto in società", le prospettive non potevano essere più rosee.

A breve si sarebbe diplomata al conservatorio, e col suo talento (e i suoi agganci), non c'era filarmonica, nel paese o all'estero, che non l'avrebbe voluta tra i suoi violini.

Non voleva fare della musica il suo mestiere? Nessun problema, la carriera di riserva come dirigente di una qualsiasi delle numerose imprese del padre era già pronta per lei: avrebbe cominciato dal basso, qualche anno di esperienza sul campo, corsi e master coi migliori ed ecco le scrivanie diventare da una tre, o quattro o anche più.

Non doveva darsi pensiero su alcunché, e questo dal punto di vista di una ragazza poco più che ventenne può rivelarsi a dir poco insopportabile. C'è qualcosa che non va se nel fiore degli anni la prima cosa che provi al mattino pensando alla tua giornata è la noia, e non può essere altrimenti con una vita così dannatamente priva di problemi.

Fin lì in fondo tutto nella norma, Lucy era ben lungi dal sentirsi "speciale": la sua sembrava una storia uscita da qualche film per famiglie o qualche storiella di morale su come i soldi non fanno la felicità.

Stava tornando a casa, a piedi, dopo essersi attardata un pò più del solito a lezione: tra le tante cose che una ragazza ricca e importante non ha e vorrebbe avere c'è il diritto di non trovare ovunque tu sia andata una limousine parcheggiata fuori ad aspettarti, con tanto di choffeur ad aprirti lo sportello. Ne aveva parlato con suo padre e questi, inaspettatamente, ne aveva lodato lo spirito d'indipendenza, e le aveva concesso il privilegio di poter rincasare da sola, nel freddo della sera, come una qualunque persona normale che dopotutto aveva quasi diciotto anni. Una sua piccola conquista.

Camminare soli significa riflettere, pensare, domandarsi quanto altro la vita abbia realmente da offrire. Ma al di là di ciò che stava perdendosi con quel tipo di vita in cui si era ritrovata, Lucy pensava anche a ciò che aveva, e ugualmente non riusciva a soddisfarla.

Stringeva nella mano, inguantata di velluto, la custodia scura del suo violino, un caro ricordo della sua amata mamma. Mesta, pensava a quanto ci tenesse e a quanto, in fondo, sarebbe stata bene anche senza.

La cruda verità, era che ormai da tempo la musica aveva smesso di rappresentare una passione per lei, ma se ne era resa conto solo di recente, solo grazie al mistico potere che può avere una camminata da sola con te stessa.

I risultati ottimi al conservatorio, le lodi di compagni e insegnanti, e quelle del padre al suo costante esercitarsi nella sua stanza ogni giorno, gli applausi e le profuse lusinghe di parenti in visita e soci d'affari intervenuti ai ricevimenti nella loro villa, che lei immancabilmente deliziava con la sua avvenenza e la soavità delle sue note... Non le trasmettevano alcuché. Era brava, bravissima, ma non traeva alcuna gioia dal sentirselo dire: rignraziava tutti, rispondendo con eleganti inchini come da etichetta, con la medesima espressione distante. Persino quel suo modo di fare era spesso oggetto di voci d'approvazione: ne lodavano la modestia, la classe, il contegno...

Lei dal canto suo si sentiva una patata lodata per la sua dirompente espressività...

Ma in un mondo come quello, dove deve trasparire sempre il meglio del meglio, non c'è posto per le emozioni negative: non sono minimamente concepibili.

Si rassettò la sciarpa sul collo infreddolito dall'umidità.

Il violino, la musica, i successi immancabili erano diventati monotonia e ipocrisia.

Allora perchè non la smetteva?

Non certo per paura di incorrere nelle ire di suo padre: era una persona severa, ma in un modo o nell'altro sua figlia l'avrebbe sistemata al meglio, purché certo si diplomasse come violinista classica col massimo dei voti, e a quello comunque mancava poco: le sarebbe bastato giusto un pò di pazienza.

Non certo per quanti bei rampolli dal portafoglio infarcito e l'estetista facile si facevano avanti alle feste cui suo padre la trascinava, chiedendole di poter udire la dolcezza che le sue dita di musa evocavano con l'archetto, credendo di entrare così nelle sue grazie abbastanza da poter poi provarci nelle maniere più spudorate, snob o idiote. Magari ci avrebbe pensato un pò di più il giorno sarebbe comparso un rampollo con anche un bel cervello in zucca, ma per il momento nulla all'orizzonte...

Non certo per un particolare amore di quei pezzi da museo chiamati affettuosamente "grandi compositori". Portava a quei superbi artisti il dovuto rispetto, ma si chiedeva se Mozart o Beethoven, costretti a studiare la loro stessa musica dal mattino alla sera, non si sarebbero stufati anche loro prima o poi... La musica classica era ampia e varia, tanti toni, tante armonie, tante possibilità, ma forse non aveva ascoltato altro per troppo tempo, e non le avevano insegnato altro che a divorare spartiti finchè ciascuno di essi era diventato un binario senza cambi, che lei, divenuta treno, era costretta a seguire senza sgarrare: perchè così l'hanno scritta, così ci si diploma, così la si esegue alla perfezione sicché tutti i ricconi della città, che di musica chissà quanto ne capiscono, sapranno quanto sia straordinaria la famiglia Heartphilia.

Cosa la legava realmente a quel lucido pezzo di legno lì dentro? Era solo per il dolce ricordo di sua madre che non riusciva ad aprire quelle dita serrate intorno alla maniglia e lasciarlo finalmente perdersi nella sua vecchia vita, mentre tentava di entrare in una nuova?

C'era qualche oscuro motivo per cui, malgrado tutto, aveva continuato, senza saltare la pratica neanche un giorno, fino a quel momento? Quanto profondo si era nascosto il suo amore per la musica sotto quel grigio di indifferenza che ora sentiva?

Magari sarebbe bastata qualche altra passeggiata e tutto le sarebbe stato più chiaro; avrebbe trovato la forza di ammettere a sé stessa che, per quanto talento potesse avere, non aveva senso portare avanti qualcosa che non riesce più a darti nulla; e quel giorno avrebbe finalmente avuto il coraggio di chiudere quella custodia per sempre, come era naturale che facesse.

Un paio di gocce d'acqua picchiettarono sul suo naso.

Guardò le enormi nuvole che avevano coperto la luna e le stelle sopra di lei, inizialmente senza scomporsi...

"... Oh!"

Certo, a una ragazza d'alta classe come lei, cresciuta a choffeur e maggiordomi, può capitare di aver dimenticato di mettere l'ombrello nella borsetta, se per tutta una vita hai avuto chi lo portava e lo apriva anche apposta per te!
"Oh, accidenti!"

Le gocce presero a moltiplicarsi ogni secondo che passava: a decine, a centinaia presero a riversarsi sulla città, sul largo viale e sull'avvenente biondina, colta impreparata dallo scatenarsi tanto rapido di quel diluvio!

Strinse i denti e affrettò il passo, ma casa sua, sebbene non distante, non era nemmeno vicina, e correre con quel tempaccio poteva essere anche pericoloso oltre che inutile: il fresco vento autunnale si era fatto anch'esso più forte e avrebbe rischiato seriamente di scivolare sul pavé bagnato.

Subito rivolse la sua attenzione al riparo più vicino, una fermata dell'autobus, confidando in quella piccola tettoia di plastica. Si concesse così un ultimo scatto verso di essa, ma capì subito che restare lì l'avrebbe protetta come un cuscino da un incudine: la panchina era completamente zuppa, la direzione del vento faceva si che non vi fosse alcuna differenza tra fuori e lì sotto.

Con l'acqua fredda che le veniva sferzata sul viso e negli occhi Lucy ebbe un gran da fare a non demordere. In fondo, se le riflessioni degli ultimi tempi erano servite a qualcosa, era stato almeno a farle decidere di volersela cavare da sola d'ora in avanti: se voleva che la sua vita cambiasse anche solo di un pò, la prima cosa da fare era diventare indipendente. Troppe cose decise dagli altri, troppe "bolle dorate" in cui l'avevano rinchiusa: lei aveva voluto rinunciare alla limousine, lei si sarebbe tolta da quell'impiccio.

Riprese a passo svelto e a testa bassa sotto la pioggia, tenendo la custodia del violino stretta al corpo. Poteva aspettare passasse un auto per chiedere aiuto, ma pensò piuttosto di proseguire un altro pò lungo il marciapiede per poi infilarsi nella prima porta in cui si sarebbe imbattuta: fortunatamente non era tardi e lungo la via sapeva esserci diversi negozi o locali ancora aperti. Vi si sarebbe fermata giusto il tempo di lasciare spiovesse, e al limite avrebbe acquistato qualcosa per il disturbo.

I suoi occhi, confusi dal brulicare di gocce d'acqua che le danzavano tutto intorno, seguirono come un faro due piccole luci non molto distanti, di una tinta calda, come fossero fiammelle accese. Qualche passo e poté poggiare finalmente la mano su una porta di legno massiccio, con una finestrella di vetro colorato di forma rettangolare al centro. Al di sopra di essa, le luci che aveva scorto provenivano da due lanterne, in stile ottocentesco, che affiancavano ai due lati l'insegna di quello che doveva essere un qualche tipo di ritrovo, forse un pub: sentiva dall'interno un gran vociare, gente che gridava e cantava su una musica ad alto volume.

Forse il casino che l'aspettava sarebbe stato anche peggiore da quello da cui stava scappando, però, si disse, almeno sarebbe stata all'asciutto.

Per essere di una famiglia ricca, non era mai stata viziata o schizzinosa, e comunque, mai come in quel momento, le sarebbe andato bene qualsiasi posto con un tetto.

Nella fattispecie però, l'insegna di legno dipinto che campeggiava sopra la porta che Lucy aveva appena varcato recava tale scritta: << Fairy Tail Pub >>


Entrò in scena come un pulcino bagnato. Prima ancora di richiudere dietro di sé si sentì avvolgere e risucchiare all'interno da un piacevole calore da cui si lasciò volentieri rinfrancare. Proprio in quel momento si alzò un coro assordante.


You may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp and throw me in a pile
I could really give a shit: I'm going out in style!


("Going out in style" – Dropkick Murphys: https://www.youtube.com/watch?v=D7g3RuoreRc )


Tirato un sospiro di sollievo, si lasciò gocciolare sullo zerbino, nel mentre che dava una prima occhiata a quel posto: doveva essere capitata lì in qualche serata speciale, vista la baldoria e il gruppo che stava esibendosi dal vivo sul fondo della sala. L'ambiente era grande, ma tanta era la gente riunita che faceva si che sembrasse più stretto di quanto non fosse.

Come non bastasse il numero degli avventori, erano anche alquanto... strabordanti! Davanti ai suoi occhi si innalzava un muro di gente, uomini e donne, giovani e vecchi, che si alzavano, si sbracciavano, saltavano, ballavano, brindavano, non uno fermo a sorseggiare un té in santa pace, neanche a pagarlo! Con una mano si tenevano abbracciati per le spalle e con quella libera brandivano per aria boccali più o meno colmi di birra, brindando e bevendo tra una strofa e l'altra, e talora pure tra un verso e l'altro!

Sembrava il cielo avesse costruito apposta per lei quanto di più opposto rispetto la sua vita, i luoghi e le persone che frequentava ci fosse e lo avesse piazzato lì, come una ironica sorpresa a farle da salvezza in mezzo alla tempesta... o forse più come una trappola?


You can take my urn to Fenway spread my ashes all about
Or you can bring me down to Wolly Beach
And dump the sucker out
Burn me to a rotten crisp and toast me for a while
I could really give a shit: I'm going out in style!


I suoi passi leggeri rumoreggiavano sulle assi scure del pavimento quanto gli stivali dei clienti che portavano il ritmo battendoci su. Avanzò circospetta: non per darsi delle arie, ma chissà che tipo di gente poteva popolare un simile posto a cui qualcuno aveva sabotato i freni inibitori! Tutto era in eccesso lì: il volume, l'allegria, il tasso alcolemico... Dove erano finite le care "vie di mezzo", ora che temeva seriamente che qualche ubriacone le cadesse addosso spinto dalla foga della festa?

I suoi timori vennero esauditi da un uomo sulla cinquantina inoltrata, capelli rossicci ormai sbiaditi, giacca di plaid color verde e una lunga pipa mezza penzolante a un angolo della bocca, il quale la incrociò sui suoi passi incerti.

"Ehilà! Ciao, splendore! Da dove salti fuori?"

Lucy stava già iperventilando, quando un altro uomo di mezza età, con capelli e folti baffi scuri arrivò ad afferrare il primo per le spalle: "Avanti! Riposati un pò lì! Scusalo tanto, ha alzato troppo il gomito."

Era finito tutto così in fretta e con tanto sollievo che Lucy non riuscì neppure a spiccicare un "prego", o quantomeno a scansarsi un pò a lato per lasciarli passare. Mentre l'uomo coi baffi faceva sedere l'amico brillo su una panchetta vicino la porta, Lucy richiamò a sé il coraggio e ricominciò ad esplorare, badando di non farsi spingere o pestare i piedi nella ressa, o che uno dei boccali tanto veementemente agitati le si rompesse sul naso...


Make me up dress me up
Feed me a big old shot
Of embalming fluid highballs
So I don't start to rot
Now take me to McGreevy's
I wanna buy one final round
That cheap prick would peel an orange in his pocket
Then hurry up and suck 'em down


L'ambiente aveva una luce calda e tenue, come si addice ad ogni buon pub, di quelle che solo un bel camino o un tramonto possono eguagliare in bellezza e in pace: di quelle che ti carezzano gli occhi mentre la carne fumante ti solletica lo stomaco e il profumo di whiskey e di birra ti punzecchia la gola. Sulla parete sinistra, tappezzata di rosso e verde scuro, c'erano alcuni bersagli per il tiro a freccette, mentre sulla destra, oltre due spesse colonne squadrate di legno, stava il bancone. Sulle colonne, come dietro il bancone, e sull'insegna lì fuori che non aveva notato, era inciso quello che doveva essere il simbolo di quella taverna: una figura stilizzata che ricordava una fatina alata, la cui coda terminava in un trifoglio, lo "shamrock", simbolo irlandese per eccellenza.

Lucy dell'Irlanda sapeva poco, ma per quanto poco puoi saperne, il suo fascino lontano e incantato ti raggiungerà comunque: così era anche nel caso di lei, per la prima volta in vita sua alle prese con un verace Irish pub. Quanto alla musica, non era il suo primo impatto con la musica di stampo "celtico": aveva ascoltato qualche ballata per arpa o violino in passato, quelle arie antiche che fanno pensare ad alte scogliere sull'oceano e immensi prati smeraldo, una musica d'atmosfera leggera come il vento su quegli stessi antichi e sconfinati fili d'erba...

Ecco perché all'inizio aveva stentato a concedere alcunchè di irlandese a quel rock che stava facendo tremare l'intero locale.

Al grido impetuoso della chitarra elettrica e al comando esplosivo della batteria si affiancavano l'allegro pizzicare del banjo e la cornamusa, con la sua voce inconfondibile, una voce come un colore, capace di tingere la durezza del rock di un carattere del tutto nuovo; una buona idea per distinguersi dalle solite rock band messe su con tanto entusiasmo, tanti sogni e tantissime fatiche da un gruppetto d'amici sovraeccitati e magari trovare qualche ingaggio in più, pensò.

Non se la sentiva comunque di esprimere giudizi essendo un genere tanto lontano dal suo, ma visto il gradimento generale, quei tipi dovevano essere veramente in gamba. Si alzò un pò sulle punte, provando a leggere il nome del gruppo che campeggiava sullo striscione sopra le loro teste.


You may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp and throw me in a pile


<< Dragon Slayers... Che nome curioso. >>

Appena un istante dopo si sentì avvolgere un braccio intorno al collo. Lo spavento fu tanto: per un istante credette davvero che qualcuno stesse provando a strangolarla.

Nulla di così terribile in realtà: mentre era ancora assorta una tipa coi capelli bruni e col seno prosperoso l'aveva cinta con un braccio e tirata a sé, quasi fosse stata sua amica e compagna da tempo immemore.


I could really give a shit: I'm going out in style!


Non contenta le aveva anche gridato in un orecchio l'ultimo verso del ritornello... Aveva l'alito con lo stesso aroma del whiskey invecchiato sul piano-bar dello studio di suo padre.

Si divincolò con forza e cercò di allontarnarsi, ma non c'era troppo spazio per muoversi e riprese a guardarsi intorno più impanicata che incuriosita. Doveva cercare un modo per riuscire a scamparla a quel posto, con cui, dopotutto, cosa centrava mai una come lei? Una violista senza più passione, che non alzava mai la voce, con alle spalle un annetto di lezioni di ballo da sala, il cui evento più eccitante, negli ultimi mesi, era stato quando a un salotto di lettura (altra sua inclinazione), la loro ospite nel declamare un racconto si era avvicinata troppo a un candelabro e le aveva preso fuoco la parrucca...

Riportare alla mente quell'episodio le risollevò un pochino l'umore, ma doveva concentrarsi sul presente. Forse se avesse trovato un posto al bancone sarebbe stata più al sicuro: avrebbe potuto aspettare lì seduta che il cielo si calmasse almeno un pò, ordinare qualcosa, ammesso che in un posto del genere avessero una vaga idea di "analcolico"... Si chiese se ordinare un semplice té non avrebbe avuto come risultato attirare su di sè gli occhi di tutti quelli intorno a lei... Si chiese se qualcuno le avrebbe chiesto cosa ci facesse "una così bella ragazza" tutta sola e se non desiderasse un pò di compagnia... Si chiese che tipo potesse mai essere il barista...

Avrebbe dato davvero qualsiasi cosa in quel momento pur di riuscire a trovare in mezzo a quel caos un qualunque tipo di contatto umano rassicurante!

Come per l'ubriaco marpione di poco prima, fu quest'ultimo invece a trovare lei e a coglierla di sorpresa; stavolta, nelle vesti di una slanciata ragazza albina.

"Ciao! Benvenuta al Fairy Tail Pub!"

Il grembiule svolazzante che indossava sopra i vestiti e il vassoio colmo di pinte e di snack che reggeva in una mano la qualficavano immediatamente come una cameriera, ma Lucy, abbagliata dalla bellezza dei suoi lineamenti, dei suoi lunghi capelli di neve e dei suoi grandi occhioni sorridenti avrebbe giurato di trovarsi di fronte a una fotomodella.

"È la prima volta che vieni qui?"

"Si, io..."
"Santo cielo! Ma sei bagnata fradicia!"
"C'è... un temporale la fuori, ho dimenticato l'ombrello e..."

"Accidenti, vieni, ti faccio fare subito qualcosa di caldo! Solo un attimo, fammi portare l'ordinazione..."

Ringraziando la sua buona stella, Lucy le balzò dietro, come temesse di perderla nel continuo movimento di persone e ritrovarsi di nuovo sola e sperduta in mezzo a beoni in festa: tutte le altre persone in quel posto erano troppo esagitate per i suoi gusti, e quando non lo erano avevano un che di minaccioso. Come il palestrato biondo con la cicatrice ad un occhio, seduto insieme con tre suoi amici, che la sua "salvatrice" stava servendo; a Lucy non sfuggì un certo sguardo che gli aveva rivolto nell'andar via. Chissà che rapporto c'era tra quei due.


If there's a god the girls you loved
Will all come walking through the door
Maybe they'll feeld bad for me and this stiff will finally score
You've got the bed already
And the nerve and courage too
Cause I've be slugging from
A stash of Desi Queally's 1980s
Bathtub brew


"Io mi chiamo Jane, ma puoi chiamarmi Mira, qui mi chiamano tutti così!" -le sorrise la gentilissima cameriera- "Tu?"
"Io sono Lucy." -rispose ricambiando il sorriso, venendole dietro, sempre timidamente, ma con fiducia: meglio tenersi ben stretta l'unica persona tranquilla (almeno in apparenza) lì dentro.

Chiedendo permesso per entrambe, Mira riuscì a scortarla fino al bancone, invitandola ad accomodarsi su uno sgabello vuoto (malgrado il pienone, ben pochi avevano voglia di starsene seduti!).

"Capo, fuori deve essersi scatenato un temporale coi fiocchi. Potrebbe preparare qualcosa di caldo per questa ragazza?"

"Eh? Non è necessario..." -balbettò Lucy imbarazzata da tanta premura da parte di una estranea.

"Tranquilla!" -si avvicinò, con sua sorpresa, un vecchio, bassino, dall'aria rassicurante come quella di un nonno- "Non fa niente se non hai soldi con te, offre la casa!"

"N-no, non è per quello! Posso pagare..."

"Fa niente, offro lo stesso!" -la spense il vecchietto, senza smettere di servire gli altri clienti- "Che ospite sarei se non dessi riparo a una dolce fanciulla infreddolita? Tè o tisana?"

"Ma..."
"Tisana dai, ti calmerà un pò! Tanto ci pensano quei ragazzacci a dare movimento! Ah ah ah!" -rise alludendo alla band, per poi dileguarsi in cucina a mettere su un pò d'acqua calda, lasciando un cameriere ad occuparsi del bancone.

Senza parole, ne cercò qualcuna per Mira accanto a sé: "Grazie davvero. Appena fuori avrà smesso di piovere toglierò il disturbo."
"Macché disturbo, cara! Puoi trattenerti quanto vuoi! Goditi pure l'intrattenimento di stasera!"

"Vedo che qui ci date dentro... C'è qualche occasione particolare? Non so, l'anniversario del locale..."
"No no, nessuna!" -rispose candidamente l'altra- "Mica c'è bisogno per forza di un occasione per fare festa, ti pare?"

"Ah... Davvero?" -incespicò un pò lei, davanti a quella logica così diversa da quella a cui era abituata. Tutta quella incontenibile euforia e senza alcun motivo, sembrava così eccessivo, così... semplice. Se facevano così ogni volta ne avevano voglia, si domandava come facesse quel posto ad essere ancora in piedi: lo sgabello sotto di lei sembrava star subendo gli effetti di un terremoto!

"Ehi, Mira! Ci porti due bicchierini?"

"Arrivo subito! Lucy, ora devo tornare a servire ai tavoli, tu mettiti comoda, asciugati e goditi la serata!"

La ringraziò ancora con un cenno, restando di nuovo sola tra le grida, le risate e le chiacchiere. Picchiettò un pò le dita sul bancone ben pulito e poi decise di rivolgere la sua attenzione al gruppo che stava esibendosi. Il suo sgabello era il terzo dal palco, appena davanti una delle colonne, che quindi non le occupava la buona visuale; inoltre, i "Dragon Slayers" si trovavano su una pedana, sopraelevata di appena un gradino, che probabilmente, nelle serate normali, accoglieva altri tavoli.


You may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp and throw me in a pile
I could really give a shit: I'm going out in style!


Il primo a saltare all'occhio era il cantante, non per altro quantomeno per l'assurdo colore rosa di cui si era tinto i capelli... discutibile secondo lei... Indossava un'altrettanto originale maglietta, nera con un trifoglio rosso circondato da fiamme verdi, e una sciarpa bianca attorno al collo. Per quanto bizzarro cantava molto bene e con un sorriso perenne sulle labbra, mentre le sue dita pizzicavano velocissime l'accompagnamento al banjo.

Accanto a lui, alla chitarra elettrica, c'era una ragazza, anche lei col fuoco dentro, come testimoniavano d'altronde i lunghi capelli rossi. La sua chioma scarlatta ondeggiava maestosa nell'aria ad ogni suo movimento: il suo corpo seguiva il ritmo con l'energia che si addice ad un chitarrista rock e al contempo il suo scuotersi era misurato più che esplosivo, lasciava trasparire un certo controllo ed orgoglio. Guerriera e nobile insieme. Indossava una camicetta bianca, una gonna blu, stivali neri, e ai polsi due bracciali metallici.

Più in là ancora, seduto su un alto sgabello d'ebano c'era un ragazzo dai capelli neri, suonava la cornamusa. Di certo lì al Fairy Tail Pub il calore, tra quello umano e quello del riscaldamento, si sprecava, difatti quel tipo aveva la camicia a quadroni completamente aperta, sotto la quale metteva in bella mostra un fisico ben scolpito e un pendaglio argentato. Di certo era quello che si sbracciava di meno sul palco, ma non risparmiava affatto la voce con cui sosteneva il cantante, come tutti gli altri compagni d'altro canto. Strano, pensò Lucy, guardando come non soffiasse in alcun boccaglio: a quanto ne sapeva la cornamusa era uno strumento a fiato.

Alla sinistra del cantante, più vicina rispetto a lei, c'era poi un'altra ragazza, bassina, probabilmente appena adolescente, con i capelli scuri acconciati in due lunghi e vaporosi codini ai lati della testa. Vestita di blu, con in testa un tipico berretto di patchwork irlandese, saltellava leggera, agitando in una mano un tamburello a sonagli. Aveva un aspetto molto simpatico, e pensò dovesse essere una specie di mascotte per il gruppo, vista anche l'età.

Infine, un pò più sullo sfondo, stava il batterista. Malgrado fosse il membro rispetto a lei più lontano, non passava certo inosservato: aveva i capelli più lunghi di ogni altro membro del gruppo, un'autentica criniera nero pece, la camicia verde di flanella a quadroni aveva le maniche risvoltate a mostrare potenti bicipiti, le mani che impugnavano le bacchette erano inguantate da guanti di pelle nera borchiati e, dettaglio non trascurabile, era alquanto "borchiato" anche lui... Da lì non riusciva a contare con precisione quanti piercing avesse, ma era abbastanza certa non si limitassero al viso...


You can take my urn to Fenway spread my ashes all about
Or you can bring me down to Wolly Beach
And dump the sucker out
Burn me to a rotten crisp and toast me for a while
I could really give a shit - I'm going out in style!


Alquanto vario ed eterogeneo questo gruppo, pensò la bionda: si passava da un composto e "accaldato" cornamusicista ad un'amazzone rockettara, da un tenera ragazzina saltellante ad un tipaccio metallizzato passando per quel cantante coi capelli assurdi dalla voce e il fiato e le energie inesauribili: il brano che stavano eseguendo era allegro, andante ed ogni strofa più veloce!

"Ecco la tua tisana! Attenta che scotta!" -la servì il capo del pub.

"Grazie mille!"


Spread my ashes all about...
Dump the sucker out...


Il crescendo della canzone aveva ormai raggiunto il suo apice, una scalata da cui nessuno dei presenti si era tirato indietro, né avrebbe risparmiato corde vocali e salti per i versi finali.


Toast me for a while...
I'm going out in style!


Fischi e applausi vennero elargiti con generosità da tutti coloro che, tra una risata e l'altra, riprendevano finalmente il respiro: anche i lampadari manifestavano oscillando contenti il loro gradimento!

"Perchè ricordate, ragazzi!" -disse il cantante, riportando le labbra al microfono- "Qualsiasi cosa la vita possa avervi fatto o qualsiasi cosa voi abbiate fatto della vostra vita, l'importante è uscirsene con stile!"

"YEAH!" -rispose la platea.

Un parere davvero interessante e niente affatto banale quello espresso dal cantante, veniva voglia di rifletterci su.

"Ora però concedete anche a noi di posare un pò i nostri strumenti, sempre con stile, eh!"

"Ah, beh, allora!" -alzò le mani qualcuno dal pubblico, provocando una risata generale.

"Ci prendiamo una piccola pausa! A tra poco!"

In certi periodi della tua vita, come fare a cambiare le cose, a trovare la soluzione, la tua personale soluzione, se ti senti così "insipido"? Comunque ti vada, bene, male, peggio, fregatene ed escine con stile, diceva grossomodo la canzone, ma il suo qual'era? Aver bisogno di sé stessi per uscire e ritrovare sé stessi... Un circolo vizioso insomma.

Mentre ci pensava, ritornò Mira.

"Sono bravissimi! Riescono sempre a trascinare tutti!"
"Indubbiamente." -ammise Lucy.

"Ti sono piaciuti?"
Sorrise: "Non è proprio il mio genere, ma sono bravi."

"Giusto! Anche tu sei dell'ambiente musicale, vero?" -chiese strizzando un occhio e indicando la custodia poggiata comoda sopra le sue gambe- "Sei del conservatorio qui vicino?"

"Giusta intuizione." -rispose lei, sentendosi già in confidenza- "Suono il violino."
"Oh, questo è interessante..."

"Cosa vuoi dire?"

"Beh..."

Il quel momento sentirono un trambusto avvicinarsi: rumore di batti cinque e pacche sulle spalle accompagnavano il cantante dei Dragon Slayer nel suo tragitto fino al bancone.

"Grande, Nat!"

"Hai il fuoco dentro!"

Si chiamava Nat dunque, e Lucy era curiosa di vederlo più da vicino. Non si aspettava certo che l'avrebbe visto esattamente sullo sgabello di fianco al suo!

"Ehi, nonnetto! Mi dai una pinta? Ho un pò di sete!"

Sorrideva davvero sempre, si disse.

Il vecchio capo, con cui doveva essere alquanto in confidenza per rivolgersi a lui così, dimostrò altrettanta confidenza trattandolo come un nipotino che ha già avuto abbastanza caramelle: "Natsu, sarebbe già la seconda."

"Ma cantare mette sete! E poi eravamo d'accordo: massimo tre a serata!"
"E ogni volta tu e i tuoi compagni sgarrate: accontentati di mezza per adesso." -chiuse la faccenda il vecchio mettendogli davanti un boccale di rossa ben più piccolo di quelli che circolavano e si svuotavano tra i tavoli.

"Eeeeh?!" -lo guardò sconsolato il ragazzo- "Ma io ho tanta sete!"

Mira gli diede scherzosa un colpetto in testa col vassoio vuoto: "Avrai il fuoco dentro ma anche l'alcol brucia, sai? Bisogna andarci piano!"

Nell'osservare il disinvolto aggiungersi di Mira a quella scenetta accanto a sé, a Lucy parve quasi di essere in casa di una famiglia allargata più che in un locale: ai clienti abituali è logico affezionarsi, ma la distanza tra loro e quel "ragazzaccio" sembrava ben più colma. Magari era solo lei, che a cena col padre si sedeva al capo opposto di una lunga tavola, come separati da ospiti invisibili, a meravigliarsi tanto davanti una simile vicinanza.

Sotto gli occhi attoniti della nuova arrivata, Natsu si sgolò la mezza pinta in tre sorsi e poi, con sua somma inquietudine, si girò proprio verso di lei!

Incrociò i suoi occhi azzurri e ritrovò l'abituale sorriso.

"Ciao! Chi è la tua amica Mira?"
"Si chiama Lucy: è stata sorpresa dal temporale e noi l'abbiamo accolta!"
<< Non sono mica un cucciolo smarrito! >>

Una mano con un polsino bianco le si presentò rapidissima a un palmo dal naso!

"Piacere! Sono Natsu Dragonil! Il nome è giapponese come mio padre, ma mi chiamano anche Nat! Scegli tu come ti va bene!"

"Piacere, Lucy!" -si presentò lei, in maniera molto meno approfondita.

Un tipo estroverso, curioso per molti aspetti. Malgrado quanto fossero diversi, non voleva continuare a sembrare un pesce lesso, troppo abbagliato da quanto poco avesse quel pub dei "salotti bene" che normalmente frequentava per imbastire una conversazione. Ma il pesce biondo non fece in tempo a riaprire bocca che fu quel "drago" rosa ad attaccare immediatamente bottone.

"Sei stata fortunata a capitare proprio qui: questo posto è mitico!"

"Ehm, già, è..."
"Dì, ci hai ascoltato? Ti siamo piaciuti?"
"Beh, in realtà io ascolto molto poco il rock..." -ovvero mai...

"Oh, capito... Fa niente, ognuno ha i suoi gusti no? Anche a me non piace solo il rock, anche se la musica classica proprio non la digerisco! Quei vestiti da pinguini, tutti che sembra che se la tirino..."
I colpetti di tosse di Mira gli fecero capire di non proseguire.

Lui arrossì, ma Lucy al contrario ne restò divertita: doveva essere uno di quei tipi sinceri e senza freni inibitori che dalle sue parti non solo non si vedevano, ma ci si voltava pure per non guardarli!

"In effetti si, si può avere quest'impressione!" -rise lei, togliendolo d'impiccio. Poggiò le mani sulla tazza bollente che aveva davanti, scaldandosi un pò- "Rock irlandese, giusto?"

"Forse più Irish punk che Irish rock ma non ci formalizziamo noi, ih ih! Dì, questa custodia è tua?"

"Si, studio al conservatorio."
Natsu la stordì con un fischio d'ammirazione: "Wow! Ma allora devi essere una musicista coi fiocchi! Sei famosa?"

Vedendogli brillare gli occhi lei si sentì subito in imbarazzo: "Ma che dici? Devo ancora diplomarmi poi... Sono brava dicono, però..."

"E cosa suoni?"
"Il violino."

"......"

Da quel poco che aveva visto, quel Natsu Dragonil o sorrideva o parlava: il fatto che ora non stesse facendo né l'una né l'altra cosa la stranì alquanto... Più che altro ciò che sentiva era il suo istinto di conservazione mettersi sull'attenti.

"Suoni il violino..."
"Ehm, si... Oh, lo so, non è proprio il tuo tipo di strumento, eh? Voglio dire, voi le chitarre elettriche a tutto volume, io tra i "pinguini", ah ah ah..."

Aveva pensato potesse trattarsi di quello, ma il sogghigno, tutt'a un tratto molto, ma molto meno rassicurante, che stava rivolgendo alla sua custodia, la fece ricredere.

"Ehm..."

"VIENI!"

"EH?!"

Come un guizzo di fiamma, saltato giù dallo sgabello se la portò via tenendola per una mano!
"U-un attimo! M-m-ma dove andiamo? Che ho detto?! Ehi!"

Mentre vedeva la mezza tazza di tisana rimasta allontanarsi sempre più, scorse le labbra di Mira, che assisteva senza muovere un dito, mormorare qualcosa...

"Interessante davvero!"




Beh, che dite, cari lettori, sembra interessante anche a voi? ^__°

Spero di si, e che siate così invogliati a commentare o almeno a continuare a leggere il prosequio! Non progetto una storia molto lunga, ma vedremo quanto l'ispirazione mi tirerà fuori, non sarebbe la prima volta che mi dilungo XD

Spero abbiate gradito la canzone che ho inserito, è di uno dei miei gruppi preferiti in questo genere X3

Che dite allora, vi sembrano azzeccati in questi ruoli? Nel prossimo capitolo andremo alla scoperta anche degli altri membri della band!

Piccolo chiarimento sul nome di Natsu: pur senza specificare in che paese ci troviamo, ho deciso, avendola ambientata nel mondo reale, di dare a tutti nomi realistici di tipo "anglosassone", ecco perché Natsu è anche "inglesizzato" a Nat ^__°

Alla prossima, gente, e intanto fate buone, buonissime feste! ^__^


TonyCocchi

  
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