Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
La storia è scritta senza fine di lucro.
I'll Hold The Pieces In Place
«Well I can't fix what's broken but
I'll hold the pieces in place
Just
let me put my loving arms around you,
And
let me comfort you»
Comfort You – Eric Baker
«Giornata dura, Rogers?»
«Non sai quanto.»
Steve ha la tempia poggiata
sul torace di Tony e gli occhi fissi sullo schermo del televisore. Lo sguardo
azzurro rigagnola di filamenti bianchi e neri, le labbra modulano in silenzio 45 Minutes From Broadway senza cantarla
davvero e di tanto in tanto si perdono un passaggio, saltano un verso, oppure
rimangono semplicemente sospese nel nulla, una sillaba appesa alla bocca e
destinata a non essere mai pronunciata.
Non guarda Yankee Doodle Dandy[1] da parecchio
tempo, ma non ha dimenticato un singolo passaggio, una sola scena, un cambio di
luce od un passo della coreografia: saprebbe davvero recitarlo a memoria –Sa recitarlo a memoria, con buona pace
di Stark e delle volte in cui vorrebbe vedersi The Wrath of Khan[2] in santa pace,
magari sussurrando casualmente al
Capitano le parole che il pari in grado rivolge a Spock, nei suoi ultimi
istanti di vita. Battute, quelle, che Steve apprezza particolarmente, così come
il fatto che Tony spesso, quando sono soli, lo chiami T’Hy’La[3].
Tuttavia, in questa
sera particolare Steve guarda, ma non vede; sente, ma non ascolta; parla, ma
non dice.
I suoi occhi sono
persi, la sua mente è lontana, la sua voce mormora ben altro richiamo, ben
altri suoni sulla lingua e tra i denti digrignati.
Il suo viso è calmo,
sebbene Tony abbia visto i segni della disperazione accartocciargli i tratti
del volto come una maschera di cera disciolta e rimessa insieme a rozze ditate:
nel mentre che gli accarezza piano i capelli, che disegna cerchi sulla nuca ed
al procinto delle spalle, che lo stringe e lo preme su di sé, avverte deboli
tremori sotto i polpastrelli, il respiro claudicante, il battito irregolare del
cuore.
Steve è lontano
mille miglia e mille anni, mille vite indietro, mille rimpianti passati e non
ancora azzittiti. Dopo i fatti di Washington e la veglia in ospedale insieme a Wilson,
Tony è riuscito a convincere il Capitano a lasciare la città e tornare alla
Tower. Di comune accordo avevano deciso di non trasferirsi in quel di Manhattan
fintantoché la base non fosse stata riparata e ricostruita, limitandosi ad una
relazione di sgranate conversazioni al computer e voli precipitosi dell’ultimo
momento.
Ma Steve non poteva
continuare a vivere a Washington, non col fantasma del Soldato d’Inverno a
stracciare e smembrare sonno e sogni.
Mettendo
J.A.R.V.I.S. e la rete informatica globale in toto a disposizione, Stark ha
prestato aiuto al compagno e nel frattempo è stato in grado di tenerlo sotto
controllo e vigilanza costanti. E’ stato in grado monitorarlo e assisterlo
durante la riabilitazione, essergli accanto sempre e comunque, durante l’insonnia
e gli incubi e la frustrazione e la sofferenza –Aspettare il suo ritorno quando
sembrava non sarebbe più tornato, dargli speranza quando ogni speranza sembrava
scomparsa assieme a Barnes, nell’ombra liquida d’un buio infinito.
In silenzio, senza troppi
discorsi, come adesso, col corpo di Steve che si abbandona respiro dopo respiro
su di lui, la testa che gli scivola sul petto, la fronte che sfiora e sfrega la
piega del collo, i capelli che solleticano la gola, la punta delle ciglia che gli
punzecchia la maglia. Tony raccoglie meglio la coperta a quadrettoni rossi e blu
sul Capitano raggomitolato, in una posa indifesa che stacca nettamente con l’aspetto
imperioso del compagno, la postura rigida ed il portamento marziale –Stark non
fatica ad immaginarlo così acciambellato, minuscolo e magro, scheletrico, col
peso del mondo sulle spalle ed un fuoco inarrestabile a bruciare in quegli occhi
enormi, in quegli occhi pallidi di debolezza asmatica.
L’unico miracolo di
Dio cui Stark abbia mai creduto: piazzare un cuore così grande in un corpo così
piccolo.[4]
«Lo troverai,
ragazzone.» gli mormora Tony, tra i capelli, chiudendo gli occhi e serrando maggiormente
la presa.
Perché anche se
addormentato, Stark ha bisogno che il
Capitano avverta il calore della sua presenza, il tepore della promessa. Stark
non si considera niente di più di un trucchetto sfigato ed una battutaccia[5],
ma Steve, maledetto lui, maledetto il suo buon cuore e la sua anima, ha visto
oltre, è andato oltre, crede e gli ha
fatto credere ad un uomo migliore, ad un uomo che vale anche e soprattutto per
quanto c’è dietro la maschera, il trucchetto sfigato e la battutaccia – Un uomo
per cui vale la pena proprio per
quanto c’è dietro la maschera, il trucchetto sfigato e la battutaccia.
Crede e gli ha fatto
credere.
Senza mai andarsene.
Semplicemente
restando.
«Lo troverai. Andrà
tutto bene. Sono qui con te.»
Non sa dire se il
compagno lo ha sentito o meno, ma gli occhi sono rilassati, non c’è tensione
agli angoli delle palpebre. Un sorriso gli affiora alla bocca, gli sorvola le
labbra, lieve come il bacio che Tony gli bisbiglia all’orecchio.
«Non ti lascerò
solo.»
[Imagine your OTP comforting each
other. Person A just got home all stressed from a days work so person B goes to
comfort them. Person A ends up falling asleep in person B’s arms.]