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Autore: chiacchia    15/12/2014    4 recensioni
Johanna e Katniss, alla fine di canto della rivolta.
"d'altronde, dobbiamo prenderci cura l'una dell'altra"
Genere: Fluff, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Sono in piena crisi di scrittura pre vacanze natalizie, mi spiego: se qualcuno ha qualche Prompt o richiesta per una Joniss, chiedete e sarà scritta! Ho troppe idee che mi vagano per la testa su queste due, ma sono così tante, che ho bisogno di scrivere per qualcuno :P 
spero vi piaccia :) 




Katniss Everdeen si passò una mano tra i capelli scarmigliati e aprì la porta. La luce del sole l’accecò, ma quello che la svegliò davvero, fu il buongiorno di Johanna Mason.

“Muovi il culo, ragazza di fuoco. Oggi usciamo” esclamò , irrompendo di forza nella sua abitazione. Dietro di lei fecero capolino Haymitch, Gale, Peeta e Cressida. Katniss notò che erano a disagio, quasi imbarazzati nel vederla in quelle condizioni. 

“Sembra una tomba questo posto. Mi avevano detto che il villaggio dei vincitori del 12 era perlomeno passabile, ma ew, questa casa puzza come il tuo pigiama..da quanto lo indossi? tre, quattro settimane? Datti una mossa Everdeen ” l’attaccò Johanna. 

Stava misurando a grandi passi il salone della casa di Katniss, ridotto alla penombra da quando la ragazza aveva deciso di tornare a casa. Le pulizie non erano più state una sua prerogativa, men che meno aprire le finestre per dare aria. Tutto quello che la circondava dava l’idea di qualcosa di lugubre e malsano, come il suo colorito, il suo umore, i suoi vestiti…Dalla morte di sua sorella erano passati 9 lunghi mesi e Katniss era dell’idea che nulla avesse più un senso. Aveva obbligato la madre a rimanere a Capitol City dal momento che le era stato offerto un posto in uno dei migliori centri ospedalieri di Panem e da lì, la ragazza di fuoco, aveva cominciato a “gioire” della solitudine. Metteva il naso fuori di casa solo per guardare che tempo facesse. Peeta e Gale le portavano da mangiare settimanalmente, stavano a guardare se consumava i pasti, ma da quando Katniss aveva iniziato a spulciare il cibo, a giocarci, a dividerlo, avevano gettato la spugna. Il suo corpo era debole, magro, indolenzito a forza di stare seduta o sdraiata sul letto. Haymitch, dal canto suo, aveva provato in un primo momento a trascinarla nei boschi, i suoi amati boschi che profumavano di pino, aria fresca e felci selvatiche, ma anche lui, dopo poco lasciò perdere. 

“allora?” sbuffò impazientita Johanna, dandole una spinta verso il bagno 

“no…” mormorò Katniss

L’altra la guardò di sbieco 

“no? ” 

“hai capito bene. No.”

“sei tu che non hai capito, ragazzina”

Johanna le bloccò i polsi con una mano e con l’altra aprì il getto dell’acqua, spingendola di peso sotto la doccia. Katniss aveva sottovalutato la forza eccezionale della ragazza e nel giro di pochi secondi, si trovò fradicia e ancora vestita. 

“due piccioni con una fava. Oggi laviamo la nostra ghiandaia imitatrice e facciamo anche il bucato” ghignò. 

Katniss rimaneva immobile mentre Johanna le insaponava i capelli. 

“io non…” biascicò, gli occhi grigi puntati su quelli marroni dell’altra

“tu non?”

“non ce la faccio…”

“oh sì che ce la fai. Pensa a tua sorella”

“mia sorella è morta” sbottò, sciacquandosi via il bagnoschiuma con rabbia

“reagisci!”

“Io reagisco eccome!”

Johanna proruppe in una fragorosa risata, mentre la trascinava fuori.

“Lo vedo! eccome se lo vedo”

“tu non sai niente” ringhiò Katniss

l’altra si legò i capelli neri in una coda, si tirò su le maniche del giubbotto di pelle e prese l’unico asciugamano pulito che usò per frizionarle la chioma scura. 

“No katniss, sei tu a non sapere niente” mormorò

Stettero in silenzio, scrutandosi di sfuggita attraverso lo specchio. Katniss grondava odio. L’avevano svegliata, la stavano lavando e obbligando a uscire. Tutto per colpa di Johanna. Johanna e la sua testardaggine, Johanna e la sua rabbia, il suo odio verso il mondo, la sua insolenza. Johanna, che era stata presa in ostaggio da Capitol City, era stata torturata, interrogata, privata della sua identità e tutto per difendere lei, la ragazza di fuoco. 

Katniss d’improvviso ricordò quando arrivò al distretto 13 insieme a Peeta, entrambi irriconoscibili. La vide tremante, con la testa rasata, urlava ogni improperio, l’aveva insultata, salutata, abbracciata, odiata. Ed ora era lì, a spazzolarle i capelli e tentare di salvare il salvabile. D’improvviso Katniss si sentì in colpa. 

“scusami” sussurrò, fissandosi i piedi 

“prego?”

si voltò a guardarla

“anche tu hai i tuoi problemi”

“li ho avuti, non lo nego. Ma non capisco dove vuoi andare a parare”

“avrei dovuto chiederti delle cose”

“del tipo?“ Johanna rise

“come stai, dove sei stata…”

la ragazza scrollò le spalle

“dai tempo al tempo, Ghiandaia. Ora mettiti questi” disse e le porse con una gentilezza che non era di certo del suo carattere,pantaloni pesanti e una giacca di pelle simile alla sua. 

Quando Katniss fu presentabile, si guardò allo specchio: il volto scavato e le occhiaie, le davano più anni di quelli che aveva. La pelle era pallida, le labbra di un colorito spento, gli occhi grigi erano vuoti e inespressivi. 

Fece un profondo respiro

“pronta…” disse

Johanna le mise una mano sulla spalla

“non ancora”

le sue mani forti, abituate a trascinare la sua ascia da combattimento in ogni angolo, ovunque andasse, si mossero leggere tra i suoi capelli. Delicate e veloci, intrecciavano le ciocche scure tra loro fino a formare una lunga treccia che andò a posizionare sulla sua spalla destra. 

“adesso sei pronta” disse sorridente

Katniss fece passare le dita tremanti sui capelli. Era come se avesse perso la memoria,come se da nove mesi a questa parte, lei avesse cessato di esistere. Lei, la sua storia, la sua vita. Venne riportata alla realtà dalle dita affusolate di Johanna che le alzarono il mento, fino a fare incrociare i loro sguardi.

“andiamo?” mormorò

Katniss annuì poco convinta. Quando johanna si scostò per permetterle di uscire per prima dal bagno, un fremito le colpì le gambe e la schiena. 

“sono dietro di te” la rassicurò la ragazza più vecchia.

Katniss annuì di nuovo e fece un passo. Un altro fremito la sconvolse, tanto che dovette appoggiarsi allo stipite della porta.

Sentì la mano di Johanna prendere la sua e d’improvviso se la trovò di fianco. 

“forza” disse 

“un passo alla volta“

insieme svoltarono l’angolo e si trovarono davanti alla porta d’ingresso, ancora spalancata. 

Non appena la vide, Cressida le corse incontro, porgendole il braccio. Katniss le sorrise e si aggrappò anche a lei. 

Scorse Gale, impegnato a togliere la neve dal cespuglio di primule che avevano piantato in onore di Prim e vide Peeta sistemare con cura nella sua bisaccia un tozzo di pane appena sfornato. Haymitch invece fece un rozzo inchino.

“ragazza di fuoco…” borbottò

Fu in quel momento che Katniss avanzò da sola. Mise un piede sulla neve e si schermì gli occhi dal sole. L’aria era gelida,ma secca. Il canto delle ghiandaie in lontananza, le riempì le orecchie e la testa, la mente era sgombra. Dopotutto, stava bene. 

“ce l’ho fatta” disse, rivolta a Johanna

“sì, stupida. Ci voleva tanto?”

 

***

 

“dovremmo farlo, sapete? ” ringhiò Johanna, lanciando un sasso nel fiume

Katniss era seduta a gambe incrociate sulla riva. Spostava la ghiaia con la punta degli stivali, mentre il suo sguardo correva da Johanna, a Peeta e Gale. Erano due settimane e mezzo che riusciva ad uscire di casa. Trascorreva la maggior parte del tempo nei boschi, ascoltando Johanna esaltare la bellezza delle foreste del suo distretto, il sette per la precisione. 

“dovresti vederli, tonta. Sono così alti che devi socchiudere gli occhi per scorgerne la cima. Non come questo boschetto, che sembra uno sputacchio dimenticato da Dio” borbottava. Si era trasferita nella casa accanto a tempo indeterminato. “D’altronde, chi mi vuole al 7? Chi mi è rimasto?” diceva, accompagnando le sue dure parole con una fragorosa risata sarcastica.

“Snow è ancora lì che si crogiola nel sangue delle vittime che ha fatto in tutti questi anni” ringhiò di nuovo

“è malato”  rispose Katniss

“bè, che muoia in fretta allora”

“Non so se sia una grande idea rifare gli hunger games” si intromise Peeta. 

“sei troppo buono, ragazzo del pane” sbottò Johanna

Peeta alzò lo sguardo dal bastone che stava intagliando e puntò gli occhi sulla ragazza.

“così ti abbassi al loro livello, dico che è meglio lasciar perdere”

Gale rise.
“Dico che bisogna fargliela pagare. E in fretta” il ragazzo si alzò per andare a fare compagnia a Johanna, che continuava a lanciare i sassi nell’acqua con aria stizzita.

“Everdeen, hai fatto bene a far fuori la Coin, ma se solo avessi avuto una freccia in più da piantare in quel collo bianco e flaccido di Snow, saresti stata divina” disse Johanna

“peccato che avessi solo una freccia…morirà comunque” rispose Katniss

la ragazza si fermò e la guardò dritta negli occhi.

“dici che soffre?” chiese

“ha la bocca piena di piaghe da cui esce sangue, gli organi interni stanno collassando”

“e non gli stanno dando morfamina” aggiunse Peeta

“questo lo dici tu” esclamò Gale, puntando un grosso sasso verso il ragazzo 

Peeta scrollò le spalle 

“io mi fido di chi gli è intorno” 

“Io, a differenza tua, non mi sento in pace con me stessa” ribattè Johanna. 

Il gruppo si chiuse in un silenzio glaciale, ognuno di loro impegnato in una conversazione muta con la sua coscienza. Johanna e Gale continuavano a lanciare sassi, Katniss a spostare la ghiaia e Peeta a intagliare sempre quel pezzetto di legno che ormai era diventato un debole ramoscello malconcio. 

Il sole cominciò a tramontare dietro le montagne, proiettando le lunghe ombre degli alberi sulla foresta. Il fiume si tinse di arancione, poi di rosso. Katniss riusciva a percepire i rumori degli animali che tornavano nelle loro tane, al riparo da una notte che si prospettava gelida.

Peeta si strofinò le mani in un vano tentativo di scaldarle e guardò Katniss:

“sarà meglio andare”

Gale raccolse la sua faretra e porse una mano alla ragazza per aiutarla ad alzarsi. 

“se non vi dispiace, sto qui ancora un po’ ” disse Johanna. Lanciò l’ultimo sasso e si sedette per terra, con la schiena appoggiata ad una grossa quercia. 

“torna prima che faccia buio, almeno. I boschi di notte non sono il luogo più sicuro”le suggerì Peeta

“ehi, ragazzo del pane. Credi che non lo sappia?” 

La tensione tra i due era palpabile. Johanna non si era mai fidata di Peeta, come Peeta non si era mai fidato di lei. La ragazza lo considerava un peso morto sin da quando si erano ritrovati alleati nell’arena dei 75° hunger games e lui, la considerava un essere spietato senza sentimenti. Una macchina per uccidere.

“perchè tu sai fare tutto, johanna. O no? ”

La ragazza si alzò in piedi, furente

“se non ci fosse stata Katniss, tu saresti già morto e sepolto,ricordatelo!” ringhiò di rimando 

“tu sei pazza”

Gale e Katniss si intromisero prima che succedesse l’inevitabile. Era già capitato che Johanna avesse spintonato Peeta e che lui l’avesse aggredita a parole, facendola infervorare di proposito.

“sto io con te” esclamò quindi Katniss, prendendo per mano la ragazza e trascinandola via

Gale annuì, facendo la stessa cosa con un Peeta furibondo. 

I due ragazzi quindi, si incamminarono nel bosco e nel giro di poco sparirono dalla loro vista. 

Johanna alzò gli occhi al cielo.

“non ce la faccio“ sbottò

“è così squilibrato…sicura sia guarito? a me non sembra”

Katniss rise.

“sei tu che non hai pazienza”

“io non ho pazienza? é lui che mi aggredisce. Per non parlare di come guarda te e Gale! Quei due,sembrano cani selvatici che si litigano per un vecchio osso. Gran signore, Gale, a lasciar perdere. Tanto di cappello”

“frena frena frena…” la interruppe Katniss, sbalordita

“chi sarebbe il vecchio osso?”

Johanna la guardò perplessa, per poi farle spazio a sedere accanto a lei

“come, ragazza di fuoco, non te ne sei accorta?”

“accorta di cosa?”

“Dio, Katniss…sei proprio idiota”

Johanna alzò gli occhi al cielo e riprese a fissarla 

“c’è nessuno in questa testolina?” chiese, dandole un buffetto sulla fronte

“sei tu quell’osso, Everdeen”

Katniss sentì la testa girare. Era come se all’improvviso, l’ultimo tassello del puzzle della sua vita, fosse andato ad incastrarsi nel punto giusto. Si sentì dapprima fuori luogo, poi imbarazzata e infine delusa, tutto nella frazione di pochi secondi. 

“scusami, non volevo essere avventata ” mormorò Johanna, colpendole amichevolmente il piede con il suo.

L’altra la guardò confusa, senza proferire parola. 

“ti sei mai chiesta se quello che lui prova per te sia veramente affetto? Io vedo solo competizione”

Katniss scosse la testa

“Peeta non lo farebbe mai.”

Era disarmata davanti a quella prova di verità. Non aveva mai pensato a Peeta come compagno della sua vita, non provava nulla per lui. Aveva passato mesi, chiusa nella sua casa buia, a pensare a sua sorella Prim e a lui. A cosa avrebbe dovuto fare, cosa provava per Gale e a cosa provava per Peeta. Nessuno dei due era risultato all’altezza di salvarla da quel limbo in cui era piombata, nessuno dei due la faceva sentire a suo agio o meno confusa del solito. Katniss voleva una guida, un bastone a cui appoggiarsi, qualcuno che riuscisse a leggerle nella mente, capire cosa pensava. Nessuno era in grado di farlo e lei si sentiva terribilmente sola.

“Peeta Mellark non lo farebbe. Ma il Peeta liberato da capitol city? non puoi sapere cosa gli passa per la testa”

“potrei dire la stessa cosa di te…anche tu, una volta tornata, non eri più nelle tue facoltà mentali” ribattè Katniss

Johanna rise di nuovo

“hai colto nel segno, ghiandaia. Eppure, se ti sforzi un attimo in più, puoi capire la differenza che c’è nel torturare Peeta Mellark e nel torturare Johanna Mason ”

detto questo, la ragazza si alzò per sgranchirsi le gambe, non prima di essersi voltata a guardare Katniss e averle lanciato uno sguardo ammiccante. 

Sempre più confusa, si strinse nella vecchia giacca di pelle di suo padre, fissando la silhouette muscolosa di Johanna, stagliarsi davanti al tramonto. Non ebbe tempo di pensare,che Johanna la chiamò. In fin dei conti, non c’era mai un attimo di pace quando lei era nei paraggi. 

“Katniss” disse

“sì?”

“dovrei riprovarci, un giorno”

“prego?”

“insomma, lo sai…l’acqua, il fiume…farmi una doccia è già stato un enorme passo avanti, ma fare un bagno in un fiume è tutta un’altra cosa”

Johanna dal canto sup, era una persona che pur di non mostrarsi debole agli occhi degli altri, o spaventata da qualcosa, si chiudeva in se stessa a riccio. E così, quell’atto di coraggio nel mostrarle le sue vulnerabilità, riscosse Katniss. Qualcosa le scaldò il cuore. Affetto? Premura? chi poteva dirlo. Però fece quello che doveva fare: si alzò e la raggiunse sulla sponda del fiume. Le stette di fianco, senza toccarla, senza parlare. Solo confortarla con la sua presenza, farle capire che lei c’era. E la mora apprezzò. 

“grazie” mormorò, visibilmente imbarazzata.

“grazie a te”, rispose Katniss.

Johanna si passò una mano tra quei capelli scuri, che finalmente, dopo i patimenti delle torture inferte da Capitol City, erano ricresciuti fitti e scarmigliati come un tempo. 

In un attimo, il sole tramontò, lasciando all’orizzonte una piccola striscia rosso sangue. Il freddo cominciò a farsi sentire e ben presto, i loro respiri erano marcati da soffici nuvolette di vapore chiaro. 

Katniss infilò le mani nelle tasche della sua giacca e si strinse nuovamente nel caldo interno di camoscio alla comparsa del primo brivido. 

Johanna lo notò: 

“dai, torniamo a casa…” le disse, dandole un piccolo colpo con la spalla 

Katniss si trovò subito d’accordo, raccolse il suo arco e la seguì lungo il sentiero tortuoso che si snodava nel bosco. 

Johanna la precedeva, avanzando agile nel buio, tra i rami fitti e le sterpaglie imbiancate dalla neve. 

“posso una domanda?”chiese, rompendo il silenzio

“fa pure”

“che ragazza di fuoco sei, se abbiamo dovuto mollare il momento sentimenti e tornarcene a casa per un piccolo brivido?” ghignò

Katniss rise sarcastica. Ormai punzecchiarsi era diventata la loro quotidianità e doveva dire che l’altra, aveva sempre la meglio su di lei. D’altronde, era sempre stato così.

“divertente” sbottò

“pfff e poi dicono che non mi apro mai con le persone. Vedi? sono tutti come te, non mi permettono di farlo” andò avanti l’altra

Katniss allora prese tra le mani una manciata di neve che trovò su un cespuglio sul suo cammino e ne fece una pallina. 

“non ci provare!” esclamò Johanna, senza nemmeno voltarsi

Katniss rimase colpita

“come diavolo hai fatto ad accorgerti che…” 

“bambina, ho vissuto 21 anni nel bosco del mio distretto, so riconoscere quando qualcuno smuove dei rami”

Katniss allora si bloccò, colpita nell’orgoglio

“Mason, non sono rumorosa” 

“ah no?” rispose l’altra, fermandosi a sua volta

“no” e nel pronunciare quella sillaba, lanciò la palla di neve proprio sullo sterno dell’altra ragazza. 

Scoppiò a ridere quando vide Johanna togliersi sorpresa la neve da petto. 

“mi hai appena colpito” constatò lei

“oh sì, e devo dire che i tuoi riflessi non sono più quelli di una volta”

Katniss riconobbe nell’oscurità le labbra di Johanna che si curvavano in un ghigno ai limiti del ferino.

“Everdeen, è meglio se cominci a correre” sibilò 

Katniss accolse il consiglio della ragazza e partì di corsa tra gli alberi e le sterpaglie. Johanna le fu subito dietro.

“cosa credi di fare, nanerottola?” le urlava 

“sei vecchia e lenta!” la provocò Katniss sghignazzando, poi accelerò di colpo, nel tentativo vano di seminarla.

All’improvviso, davanti a lei si presentò un’apertura tra i rami intricati di un grosso abete, segno che il bosco era finito. Katniss volò fuori, passò sotto alla rete metallica a cui era stata tolta la tensione da tempo e corse su per la collina innevata. Fu in cima che rallentò per riprendere fiato dopo la salita, ma con la coda dell’occhio vide Johanna piombarle addosso con la velocità di un leone di montagna. La bloccò tra le sue braccia esclamando un “presa!”, ma Katniss perse l’equilibrio e in un battito di ciglia si ritrovò per terra, in mezzo alla neve e sopra a Johanna. 

Sghignazzarono come due bambine. Katniss giurava di non aver mai visto l’altra ridere davvero. Conosceva bene il suo sarcasmo, ma mai aveva sentito la sua vera risata ,pura e cristallina. 

“cosa pretendi di fare se non sai neanche stare in piedi?” la prese in giro Johanna

“non sai calibrare la tua forza!”

“ti sei chiesta, tonta, come mai io sono sotto e tu sopra?” rispose la ragazza, facendole notare la posizione in cui erano cadute

“caso?” tentò

“Dio, sei così piccola e ingenua, Katniss” 

“vuoi farmi credere che sei finita di sotto di proposito?”

Johanna annuì, scaltra

“per cosa poi?”

“la nostra ghiandaia va protetta” 

“non sono più la vostra ghiandaia” 

Johanna sorrise 

“allora la mia”

Katniss arrossì di colpo, suscitando un nuovo scroscio di risate a Johanna. 

“come siamo vulnerabili sul fronte corteggiamento eh? ” ghignò

“dai spostati, ghiandaia, che mi si blocca la circolazione” aggiunse, alzandosi.

Katniss fu lieta di togliersi da quella situazione di disagio. Le parole le erano morte in bocca, la gola si era seccata e allo sguardo ammiccante di Johanna, il suo stomaco si era contorto su se stesso in tanti nodi avviluppati tra loro e non c’era modo di districarli.

Si era rimessa in piedi, scrollando via la neve dalla giacca, quando sentì le mani fredde di Johanna passarle delicate tra i capelli.

“ora sei a posto, avevi ancora qualche fiocco sulla tua treccia da ragazzina ribelle” sorrise l’altra

ed eccolo, ancora una volta il suo stomaco aveva ricominciato ad avere dei capogiri. 

Prima che potesse replicare, Johanna prese Katniss per mano e la precedette lungo la ripida discesa della collina.

“sai, non è un tipico comportamento da Johanna Mason” osservò la ragazza

“Sai che odio essere prevedibile” rispose l’altra, ammiccando. 

“potrei dire che sei quasi affettuosa ” ghignò Katniss

Johanna scoppiò in un’ altra delle sue fragorose risate

“risparmiati le cazzate, tonta. Non è affetto, si tratta di premura”

“bè, qualunque cosa sia” Katniss si avvicinò 

“la trovo tenera” disse, quasi sussurrandole all’orecchio

Johanna lasciò andare di colpo la mano di della ragazza e le diede una spinta.

“Vai dal tuo ragazzo del pane, Everdeen! d’altronde sei in cerca di affetto” borbottò burbera

“e immagino che tu non possa darmi quell’affetto” ribatté Katniss, consapevole che per una volta era lei ad avere le redini del gioco. Piegò un sopracciglio con lo stesso fare ammiccante dell’altra e ghignò, scaltra.

Johanna aprì la bocca e la richiuse, senza riuscire a replicare. 

“al diavolo, ghiandaia! te e le tue smancerie da femmina. Per la cronaca..” aggiunse, indicando il villaggio dei vincitori che cominciava a mostrarsi ai loro occhi

“questa sera sei a cena da me”

Johanna non era di certo quel tipo di persona che ci sapeva fare con le parole, ma in ogni cosa che facesse, era ferma e decisa. Usava i suoi metodi decisamente poco educati sia che dovesse ammazzare qualcuno, sia che dovesse invitarlo a cena, ma durante i loro battibecchi, questa sua particolarità non dispiaceva per niente a Katniss. La Johanna che aveva conosciuto durante i 75 esimi hunger games era tornata, nascondendo sotto un’impenetrabile corazza le debolezze che l’avevano abbattuta al distretto 13, una volta tratta in salvo dalla squadra d’azione dei ribelli. Il primo ricordo che Katniss aveva, era della ragazza svenuta, su una barella da ospedale. I capelli erano rasati, la testa piena di cicatrici così come le braccia e le gambe. Si lavava semplicemente con salviette profumate perché l’acqua la terrorizzava, le rubava le scorte di morfamina, il suo fisico era deperito e negli occhi vedeva solo lampi di rassegnazione e cieco odio nei confronti del mondo intero, lei inclusa. Alternava periodi di gioia ferina ad altri di buio totale, ma il suo sarcasmo era rimasto invariato. La ricordava annusare il sacchetto di aghi di pino che lei le aveva regalato, la ricordava urlare nella notte e la ricordava seduta a bordo vasca, con le ginocchia strette al petto e gli occhi che, terrorizzati, fissavano l’acqua calda sotto di sé.

Katniss la guardò ora, mentre camminava al suo fianco. I capelli erano cresciuti e aveva tinto nuovamente un paio di ciocche color rosso. Aveva coperto una cicatrice profonda che le sfregiava il collo con un tatuaggio che Katniss non era ancora riuscita a decifrare. Aveva messo su peso, le mani e i muscoli erano forti e vigorosi e il suo sguardo era ritornato quello di sempre. 

“spero che tu sappia cucinare” disse all’improvviso

“tu mi inviti a cena e non sai cucinare?” si meravigliò Katniss

Johanna rise

“dico, ma mi hai guardata bene? Ti sembro la donna di casa che ha idea di come si usi una cucina?”

“effettivamente”

“so come si usa un coltello, ma non per tagliare cipolla o quelle menate varie”, ghignò l’altra

“dì un po’, hai ancora paura che possa ucciderti?” chiese a bruciapelo

Katniss la guardò dritta negli occhi marroni

“dovrei?”

“non lo so, nessuno è più sicuro di niente” sospirò Johanna

“ti sei quasi fatta ammazzare per difenderci, se mi odiassi avresti fatto saltare i piani, non è così?”

l’altra ghignò di nuovo 

“magari l’ho solo fatto per la ribellione”

“allora perché sei venuta qui?”

Johanna tacque, lanciandole uno sguardo torvo

“per te, idiota. So come ti puoi sentire in questo periodo e proprio per questo motivo ti ho invitata a cena”

“non era una atto di gentilezza?”

La ragazza sbuffò

“non faccio quel tipo di cose. Ti voglio tenere d’occhio, bimba”

Le due ragazze attraversarono il cancello del villaggio dei vincitori e si diressero verso la casa di Johanna. Era identica alla sua, eccetto per il porticato esterno che sorreggeva il terrazzo del piano superiore. 

Non appena Johanna infilò le chiavi nella serratura, un’ombra nera calò su di loro. Katniss incoccò una freccia nel suo arco alla velocità della luce e lo puntò proprio dietro all’angolo della casa. 

”che diavolo…” cominciò Johanna,ma non fece in tempo a finire la frase, che un enorme animale nero come la bocca dell’inferno, balzò sulla veranda. Tra le fauci teneva qualcosa di morto e  sanguinante, il pelo era ritto e gli occhi gialli erano puntati su Katniss.

“Ferma!” gridò Johanna, frapponendosi tra lei e l’animale

“non tirare! è mio” 

Katniss si bloccò spaventata e abbassò l’arco. 

“questa cosa è tua?” sbottò la ragazza, fuori di sé 

“più o meno. Ora rilassati ghiandaia, che non succede niente” la tranquillizzò Johanna, prima di voltarsi verso il lupo.

“stupido canide, ti sembra il modo di arrivare? Alle spalle delle persone oltretutto! La prossima volta ti pianto la mia scure tra gli occhi” sbottò nervosa, prima di dargli un buffetto sulle orecchie erette. 

Johanna tornò a prestare attenzione a Katniss, che era ancora ferma davanti alla porta d’ingresso il volto aveva preso un colorito cinereo. 

“quello non è un animale da casa, lo sai vero?” biascicò 

“paura dei cani?” ghignò l’altra

“Johanna, non è un cane” 

“oh sì che è un cane, ignoralo, vedrai che non ti degnerà di uno sguardo” le disse, dandole un colpetto amichevole sulla spalla, superandola per aprire la porta. Ma nonostante tutto,Katniss non riuscì a controllare i tremiti. Gli occhi dell’animale erano puntati sui suoi mentre soffocava la sua cena, uno scoiattolo bello paffuto, tra i canini affilati. 

“prego, fa come se fossi a casa tua” la riscosse Johanna, mentre con un inchino di scherno la invitava ad entrare . 

Il cane fece per seguirle, ma la ragazza più vecchia lo bloccò con un braccio. 

“Scordati di entrare sporco di sangue, ne ho già visto abbastanza in questi anni e non ho intenzione di lavarlo via dal parquet. In più”

E prese per mano Katniss

“la nostra ghiandaia imitatrice ha paura dei cani, quindi passi la sera fuori” e chiuse la porta.

“io non ho paura dei cani!” sbottò Katniss

Johanna le si avvicinò terribilmente, tanto che fece arretrare la ragazza fino a quando con la schiena non urtò lo stipite della porta.

“ah no?” ghignò, prima di appoggiarsi con una mano proprio di fianco alla spalla di Katniss

“dico che non è un cane” mormorò 

“ha una storia buffa, quell’animale” le sussurrò Johanna

“spero di avere tempo per raccontartela”

“ti ascolto”

Johanna rise e le diede uno schiaffo gentile sulla guancia, prima di allontanarsi.

“non ora kitty kat, muoio di fame”

Mentre la seguiva alla volta della cucina, Katniss si guardò intorno. La casa era ben arredata, un ampio salotto si distribuiva intorno ad un camino con ancora le braci accese, le scale che portavano al piano di sopra erano color mogano e lungo il corrimano si notavano degli intarsi incisi da poco. Accanto alla porta d’ingresso, Katniss notò un paio di coperte pesanti avviluppate tra loro e una pentola piena d’acqua, segno che veramente Johanna viveva con quell’enorme cane nero. Tra esse notò una pallina bucata e un osso mezzo spolpato. Tuttavia, solo questi erano i segnali che la casa era abitata. Nessuna fotografia, nessun oggetto che si potesse dire ad uso personale, niente di niente. Era come se fosse asettica. 

“Everdeen, quando hai finito di curiosare dimmi un po’ cosa ne pensi della cena di stasera” 

Johanna era appoggiata con la schiena al bancone della cucina e in mano, teneva un sacchetto di plastica. 

“cosa c’è lì dentro?” chiese Katniss, di gran lunga poco fiduciosa riguardo a quello che la ragazza poteva conservare dentro al freezer 

Johanna le sventolò il sacchetto sotto al naso:

“è solo pizza…me l’ha portata il tuo ragazzo del pane proprio l’altro giorno. Mi chiedo, tra l’altro, che cosa l’abbia portato a compiere un gesto di riguardo nei miei confronti”

“Credo che ci tenga”

L’altra scoppiò a ridere

“ma fammi il piacere, Kitty Kat. Sarà un avanzo di qualche mese fa…non intendo però sprecarlo. Dopo che mi hanno tagliato le scorte di morfamina, mi sveglio la notte con degli attacchi di fame atroci. Il mio strizzacervelli dice che è normale e che passerà.”

Katniss accese il forno e prese la busta dalle mani di Johanna.

“sarà una reazione del tuo corpo” osservò

“reazione del mio corpo o meno, brucio più calorie di quante ne bruciassi quando ero sana. Mentirei se ti dicessi che mi dispiace. Tu piuttosto, non mi sembri ben pasciuta eh?”

disse, tastandole i fianchi con la punta delle dita.

Katniss si scansò 

“in certe giornate il cibo è l’ultimo dei miei pensieri”

“oh lo so bene. Stasera mangerai?”

“vorrei poter essere sicura della risposta”

Johanna inarcò un sopracciglio. 

“vorrà dire più pizza per me” esclamò irruente come suo solito, facendo nascere sulle labbra di Katniss un debole sorriso.

Johanna tolse l’involucro dalla pizza e la mise in forno. Fece poi accomodare la ragazza in salotto e le si sedette di fianco. 

“Avanti, ghiandaia imitatrice. Cosa succede?” le chiese fuori dai denti. 

Katniss spostò lo sguardo sui suoi stivali da caccia. Sentiva su di sé gli occhi penetranti di Johanna e sapeva bene che la ragazza alle volte sapeva essere molto persuasiva. Johanna voleva e Johanna otteneva. 

Scrollò le spalle e stette in silenzio. Sentì l’altra sospirare accanto a lei. Non seppe dire quanti minuti o quanti secondi passarono così, ma la cosa certa è che fu Johanna a rompere il gelo che era calato sulla stanza. 

“lascia che ti dica una cosa, Katniss” disse. In quel momento il suo tono era serio e deciso, come non lo aveva mai sentito. 

Johanna si piegò quel tanto che bastava per far incrociare i loro sguardi.

“non lasciare che i sensi di colpa di distruggano. Non hai ucciso nessuno, non è stata colpa tua. E’ tutta questa merda che ci sta intorno a far andare le cose fottutamente male. Siamo solo delle pedine, Kat. E siamo fregati. Lo so che ti manca tua sorella, ma non puoi vivere di sensi di colpa. Quel giorno lei era lì, e quel giorno è morta, ma non a causa tua. Non rovinarti la vita anche tu” mormorò, per poi prenderle le mani. 

“ricorda tua sorella e lascia scorrere via il resto”

Improvvisamente una lacrima calda solcò la guancia di Katniss. Non aveva idea di come e quando aveva iniziato a piangere, seppe solo che si ritrovò tra le braccia di Johanna, con il corpo scosso dai singhiozzi.

La ragazza allora la strinse più forte, accarezzandole i capelli.

“la mia piccola ghiandaia…” le mormorò all’orecchio

“Penso che mia sorella ora sia con Prim,sai? Penso anche che se la stiano ridendo, nel vederci qui strette a fare le femminucce piagnucolose” Johanna sorrise. 

Katniss si scostò quel tanto che bastava per guardarla negli occhi. Il suo sorriso era spento, ma continuava a stringerla. 

“tua sorella?” chiese Katniss

l’altra annuì. Non parlava mai con nessuno della sua famiglia, solamente Haymitch aveva una vaga idea di cosa le era accaduto, ma non lasciò mai trapelare niente. Quello che la ragazza di fuoco sapeva, era che Johanna, ormai donna, era sola. Sola, arrabbiata, forte e terribilmente sensibile.

“Tutti quelli che amavo, li ho persi. A capitol city non possono più farmi del male” aveva detto nell’arena. 

“Era più piccola di me di due anni. Testarda, pazza. Per lei le regole non esistevano. Faceva del pericolo il suo mestiere...” spiegò, e ancora sorrideva

“come te, del resto” osservò divertita Katniss

Johanna le diede un buffetto sulla fronte

“meno burbera” ghignò 

“Era una giornalista d’azione, come Cressida. Lavoravano insieme, andavano sul campo. Amava il rischio, apparteneva a tutti i posti ma nello stesso tempo non apparteneva neanche a uno. Una cosa la so, dove rimaneva, anche se per poco, lasciava un segno in chi l’aveva incontrata. E quel cane che hai visto era il suo. E' l'unica cosa che mi è rimasta sai? Lei e Cressida volevano che sventrasse Snow" 
spiegò, sorridendo
"come si chiamava?" chiese Katniss
"Margaery...Ti sei mai chiesta perché io e Cressida non ci siamo mai rivolte la parola, giù al 13?”

la ragazza scosse la testa.

“non sappiamo come parlarci. Ne condividiamo il ricordo, ma le parole ci muoiono in gola.”

Johanna stette in silenzio e fissò il fuoco, lo sguardo perso in chissà quali ricordi. Katniss si asciugò le lacrime col dorso della mano e si alzò per guardarla negli occhi. 

“mi dispiace” mormorò 

la ragazza la fissò confusa

“per cosa?”

“tua sorella”

“anche a me”

“non pensavo…”

“ehi, 12, non devi dire niente”

Johanna le scostò una ciocca di capelli e lasciò che le dita della mano le accarezzassero la guancia. Katniss allora si fece più vicina.

“mi dispiace anche per non aver capito una cosa”

“ovvero?”

“mi sei mancata…in questi nove mesi,  dico”

Johanna sorrise e appoggiò la fronte su quella della ragazza più piccola. 

“ma ora sono qui”

Katniss annuì. 

“non te ne vai?”

“mai”

rimasero strette così per un po’, a perdersi l’una negli occhi dell’altra, prima che Johanna ruppe di nuovo il silenzio

“Katniss?”

“sì?”

“sto per baciarti”

Katniss sorrise

“di sicuro non ho intenzione di fermarti”

“sì?”

“sì”

  
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