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Autore: bacionero    15/12/2014    5 recensioni
Candice si ritrova ad abitare nuovamente a villa Andrew. E' lontana da anni dal suo Terry ma qualcosa potrebbe riavvicinarli...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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L a mattina seguente, all’aprire la finestra, lo spettacolo che  Susanna si trovò di fronte per un attimo le mozzò il fiato, tanto era bello e suggestivo. L’aria di quella mattina era tersa e i colori del paesaggio vividi, e qua e là le pozzanghere ancora piene della pioggia del giorno precedente riflettevano la luce come grossi diamanti. Nonostante il sole  faceva freddo: era evidente che l’inverno stava giungendo anche nell’Illinois.

-Chissà cosa ha fatto ieri sera Terence-pensò mentre seguiva con lo sguardo  un domestico che si dirigeva all’entrata posteriore della villa con un pacco di giornali in braccio.

Dopo aver sceso le scale con molta attenzione si recò in sala da pranzo per fare colazione. June la informò discretamente sugli altri membri della famiglia: il signorino Archie e la signorina Candy stavano ancora dormendo mentre il signor William era uscito a fare una cavalcata. Evidentemente era prassi usuale che i domestici  informassero i vari abitanti della casa sugli spostamenti degli altri onde evitare che si passasse troppo tempo  e inutilmente alla ricerca dell’uno o dell’altro in quella grande casa. Tutto funzionava alla perfezione, lì in villa.

-Grazie delle informazioni. Potrei avere il giornale, per cortesia?

Susanna lo aprì con mani frenetiche  fino alla pagina degli spettacoli: Terence aveva dato il meglio di sé e il pubblico lo aveva omaggiato con una standing ovation e con degli applausi che erano durati dieci minuti.

-Bene, sembra che stia andando tutto come doveva andare. Tra tre giorni sarai qui di nuovo da me, Terence, e potremo ricominciare da capo. Lo sapevo che ce l’avresti fatta, e sono felice, sono tanto felice che non mi importa di  sapere che sto vivendo sotto lo stesso tetto con  Candy!

Il giorno precedente, mentre era ancora in camera, Albert le aveva fatto recapitare un messaggio nel quale la informava di essersi messo in contatto con Terence e che quest’ultimo aveva accondisceso a venirla a riprendere alla fine delle rappresentazioni previste a Chicago.

Rinfrancata dalla notizia del successo di Terence Susanna decise di portare con sé il giornale e di mettersi a disegnare fuori nel grande giardino; certamente il paesaggio visto da una nuova prospettiva e la luce di quel giorno l’avrebbero ispirata.

Si dedicava a questa occupazione da un’oretta circa  quando lontano udì distintamente il nitrito di un cavallo; poco dopo mise a fuoco la figura di William Albert. Era così diverso dalla sera precedente! In tenuta da cavallerizzo, indossava dei pesanti stivali, un gilet di cuoio e un cappello da cow boy. Incedeva nella sua maniera sicura, le gambe lievemente arcuate per l’abitudine a cavalcare, e con una mano teneva le redini di un bellissimo cavallo.

Susanna cercò di ripararsi  come meglio poteva gli occhi dal sole, per cercare di scorgerne l’espressione. Notò che aveva un accenno di barba;  non sembrava più  il padrone elegante e formale  di quel castello ma piuttosto, appunto, un cow boy o un boscaiolo.

-Buongiorno, signor William!-gli disse allegramente, con la voglia di stupirlo per il fatto che  ricordava  il suo primo  nome; era stata June a rinfrescarle la memoria  inconsapevolmente.
-Buongiorno ,signorina Susanna, vedo che siete mattiniera.

-Ma se sono già le dieci!

-E  voi siete in piedi da almeno tre ore-rispose Albert mentre toglieva la sella al cavallo.

Ma come faceva a saperlo? Certo, quel tipo controllava ogni cosa e quando non poteva c’era chi lo informava di tutto. Non si muoveva neanche una foglia, in quella villa, senza che lui lo sapesse.

-Vedo che avete fatto una bella cavalcata!-rilanciò Susanna.

-Non solo. Ho fatto un giro di perlustrazione per l’intera tenuta. Mi piace occuparmi personalmente di tutto.

Ecco, appunto. William Andrew e la sua mania del controllo.

-Guardate qui, c’è un articolo su Terence.

Susanna porse il giornale ad Albert e questi lo lesse con un’espressione di compiacimento sul volto.

-Bene. Terence ha dimostrato ciò che vale, la sua reputazione è fuori pericolo, ormai.

-Sì, e quando verrà a riprendermi cominceremo una nuova vita, lui deve impegnarsi con me! Deve amarmi! Deve!

Albert si appoggiò alla staccionata lì vicino e si sistemò il cappello. Lontano si udì la voce argentina di Candy che stava parlando con chissà chi. Susanna ebbe un moto di stizza, non sopportava  la sua voce e soprattutto non sopportava la sua allegria. Non vedeva l’ora che quei tre giorni passassero  il  più in fretta possibile…

Candy discuteva allegramente con i domestici in cucina, chiedendo loro il permesso di introdurvisi più tardi per preparare una torta, aveva proprio voglia di impiastricciarsi le mani con le farina, le uova e il burro!

Uscì dalla cucina e vide June che le correva incontro.

-Signorina Candice, è arrivato questo  biglietto per voi!

-E chi potrà essere? Forse un’altra lettera di Annie?-ma subito abbandonò  l’idea, il biglietto era un semplice foglietto di carta dentro un’altrettanto piccola busta e non c’era nessun timbro che ne indicasse una provenienza  francese.

Cara Candy,
ho assoluto bisogno di vederti, è una questione di vita o di morte. So che ti starai chiedendo con quale diritto io ti possa scrivere ancora  ma credimi, non lo farei se non si trattasse di una questione della massima urgenza.
Ti chiedo di raggiungermi all’Hotel Palmer House Hilton, stanza  44, alle ore tredici. Parla con il consierge e fagli il mio nome, lui sa tutto,  ti farà accompagnare in stanza.
Ti prego, la mia vita dipende da te.
Terence

Candy si chiese allarmata cosa potesse essergli successo. Anche lei come Susanna aveva letto il giornale e sapeva del successo della rappresentazione della sera precedente. Che adesso si trovasse nei guai le sembrava molto strano. Osservò meglio il biglietto, era stato scritto con una macchina da scrivere: non era abitudine di Terence. Non poteva che essere uno scherzo molto, molto stupido. O forse era un tranello? L’ultima volta che le avevano detto che Terence la stava aspettando  si era ritrovata in una villa sperduta in compagnia di Neal. Ma certo, Neal! Era tornato a Chicago di nascosto per prendersi ancora gioco di lei o forse farle del male. E se invece si fosse trattato proprio di Terence? Se aveva bisogno davvero di lei per qualche  motivo che ancora  non conosceva? Magari mentre scriveva si era sentito  tanto nervoso da non riuscire  ad usare la penna e l’inchiostro, per questo aveva usato la macchina da scrivere.

Cosa fare?  Cosa? Candy percorse avanti e indietro il  vialetto che portava all’ingresso principale; in prospettiva  vedeva Albert e Susanna che conversavano. Certo, in teoria avrebbe potuto chiedere ad Albert o ad Archie di farle compagnia oppure…oppure….le venne un’altra idea. Quella era la soluzione!

Candy si avvicinò all’autista e gli ordinò di preparare la macchina. Incrociò Archie che le chiese dove andasse.

-Ti spiegherò più tardi, adesso devo scappare! Dì tu ad Albert che pranzo fuori!



Candy era passata tante volte davanti all’Hotel Palmer House Hilton ma non vi era mai entrata. L’hotel, inaugurato nel settembre del 1871, era bruciato nel grande incendio di Chicago 13 giorni dopo. Ricostruito nel 1875, arrivava a sette piani. All’ingresso  parlò subito con il consierge, un uomo azzimato sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e un accento ostentatamente inglese.

-Il signor Terence Granchester? Ma certo! Voi dovete essere  la signorina Candice Andrew. Il signor Granchester non è ancora arrivato, ma voi potete attenderlo nella stanza 44. Mario, accompagna la signorina.

Mario, come lo aveva chiamato il consierge, era un uomo basso e tarchiato sulla quarantina, di origine italiana, che mal  si intonava all’ambiente raffinato dell’hotel.

La stanza si trovava al primo piano. In corridoio l’atmosfera tipica dei grandi alberghi: luci soffuse, una cameriera che  rifaceva una camera  con la porta aperta, le lenzuola per terra, e una coppia anziana che parlava a bassa voce uscendo dalla stanza.

-Siamo arrivati. Prego, entrate.

Candy sentì che stava per avere un attacco di panico. E se si fosse trattato di Neal? Trovò il coraggio  di fare quello che si era prefissata: chiedere aiuto a chi l’avesse accompagnata.
-Senta…ehm, non è che potrebbe restare qui, a farmi compagnia? Beh, ecco, a dirla tutta non so bene che intenzioni abbia la persona che deve venire.

Candy aveva notato che ad alcuni uomini piace fare tanto i coraggiosi e gli eroi davanti a giovani donne in difficoltà così presunse che Mario sarebbe stato felice di aiutarla.
-Perché…ehm…la persona che state  attendendo è pericolosa?-chiese Mario, cominciando a sudare freddo.

-In realtà non lo so. Basta soltanto che lei tenga in mano un oggetto contundente…ecco, questo qui farebbe proprio a caso suo, anzi no, meglio quest’altro…-disse Candy affannata avendo dapprima  preso una piccola lampada e poi  avendo optato per un pesante candeliere e avendolo passato senza tanti complimenti nelle mani  di Mario.

Mario sembrava sul punto di svenire, e Candy non seppe se chiamare un medico. Bella idea aveva avuto!  Affidare la sua vita a quell’uomo di gelatina! E allora piano b: uscire dalla stanza, sostare vicino le scale e tenere la mano salda sulla campana attaccata alla parete e suonarla  subito in caso di pericolo, poi sfoderare la sua arma segreta, la sua voce squillante, e chiedere aiuto alla cameriera che si trovava due camere più in là, sperando sempre che in tal modo Neal desistesse dai suoi propositi. Ah! E poi aspettare al massimo fino alle tredici e cinque e squagliarsela. Terence non era il tipo che ritardava se una questione gli stava veramente a cuore.

I minuti passavano lenti e Candy sentiva la tensione aumentare. Ad un certo punto si distinse chiaramente il rumore dei passi di qualcuno che saliva la scala. In trepidante attesa Candy aspettò che comparisse il misterioso avventore. Quando l’uomo fu arrivato all’ultimo scalino Candy lo riconobbe: era Terence! Dunque era vero che le aveva dato un appuntamento! La ragazza sfoderò il suo sorriso più aperto e Terence nel vedere  che lo aspettava sorridente non potè fare a meno di sorridere di rimando.

Quando giunsero molto vicini la porta della stanza 44 si aprì all’improvviso e Mario, con una sorta di grido di guerra,  piombò con la furia della sua paurosa eccitazione e con tanto di candelabro contro Terence, il quale fu pronto a scansarsi in men che non si dica, procurando al malcapitato Mario una disastrosa caduta.

-Anche io sono contento di vederti, Lentiggini! Che bella accoglienza!

-Mi dispiace Terence, sono mortificata-riuscì a dire Candy con un filo di voce.


                                                                                                                                         
 
La storia della del grande incendio di Chicago che colpì l’hotel a soli 13 giorni dell’inaugurazione (che fortuna!)  e della sua ricostruzione è vera. Il grande incendio di Chicago durò per ben tre giorni e le sue cause, a quanto pare, furono accidentali. Attualmente l’hotel esiste ancora, anche se ha molti più dei sette piani che aveva al momento della mia storia (1919), ed è un hotel annoverato tra quelli storici.
Riguardo la collocazione della stanza 44, non essendo riuscita a trovare notizie più dettagliate sulle stanze, ho immaginato che si trovasse al primo piano. In realtà non so neanche se esisteva una stanza 44…chissà magari la numerazione partiva dal numero 100! Quindi, ça va sans dire, anche le restanti descrizioni, compreso l’allarme rudimentale, sono frutto della mia fantasia.
   
 
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