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Autore: burning_witch    07/11/2008    8 recensioni
Ambientato dopo la "notte all'Opera". Mi sono sempre chiesta perchè Oscar avesse taciuto ad Andrè di essersi resa conto dei propri sentimenti per lui. Ho provato a dare una spiegazione e un seguito... Recensite, mi raccomando!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Era successo tutto così in fretta... La pioggia cadeva copiosa oltre la finestra, scivolava sui vetri e lucidava le ortensie del giardino. Nonostante il cielo plumbeo, la pioggia rendeva i dettagli delle ortensie più definiti, i contorni delle cose più marcati... Oscar rifletteva. All'improvviso la sua mente aveva elaborato in parole ciò che il suo cuore sapeva da tempo. Che forse aveva sempre saputo e che lei aveva soffocato. Aveva dovuto liberarsi di tante catene, di tante zavorre per permettere al suo vero io di affermarsi.

Sorrise all'ironia di quanto era accaduto: proprio Fersen aveva dovuto essere il suo primo testimone, l'uomo che in un periodo di follia aveva considerato l'unico che avrebbe mai potuto amare. Come le sembrava lontano quel tempo. Come le sembrava irreale. Sorrise di nuovo, al ricordo dell'espressione di Fersen, la notte prima. Era rimasto sorpreso, forse perfino un poco deluso. Ma le aveva dato quello che lei in quel momento non aveva: la possibilità di salvare André. E questo era l'importante.

Anche lei era rimasta sorpresa, come se avesse trovato un'altra dentro di sé. Oggi, a mente fredda, notava le infinite piccolezze che avevano portato a quelle parole.

Forse era stato quando aveva cominciato a sospettare che André fosse il Cavaliere Nero che questa nuova consapevolezza aveva avuto inizio. In quell'occasione improvvisamente si era resa conto che André aveva una sua dimensione, che non esisteva soltanto come sua ombra. Adesso pareva scontato, ma allora non lo era stato. Non era mai successo prima che André reclamasse una sua vita propria lontano da lei, indipendentemente da lei. Anzi, non l'aveva neanche reclamata. Aveva semplicemente vissuto una parte della sua vita lontano da lei, quando lei non aveva bisogno di lui. Il sospetto che si era fatto strada in lei, allora, nasceva forse dalla sorpresa, dall'inaspettata consapevolezza che André poteva vivere anche senza di lei. Magari non sarebbe stato felice, ma poteva vivere e decidere la sua vita anche lontano da lei. Era un pensiero che non l'aveva mai sfiorata, la presenza di André al suo fianco era sempre stata scontata. Per la prima volta aveva avuto la consapevolezza che forse il resto della sua vita avrebbe potuto essere privo di quella costante presenza. Che quella persona avrebbe potuto scegliere di non starle più vicino. Quella consapevolezza l'aveva destabilizzata al punto di sospettare di lui. Ma era il tradimento che l'aveva indotta a tanto. Pensare che André potesse essere meno che onesto era un torto a lui, ma ancor prima al buon senso. Era un'assurdità completa e totale. Ma sapere che André avrebbe potuto vivere anche lontano da lei, anche facendo scelte opposte alle sue era stato più che un tradimento. Era stato il crollo di una realtà alla quale si era aggrappata da sempre per non fermarsi a pensare. La sua considerazione di André aveva cominciato a cambiare. L'importanza di tenerlo vicino a sé aveva cominciato a smussare gli spigoli del suo carattere, l'aveva costretta a fare i conti con la propria incompletezza.

Quando André aveva perso l'occhio, il senso di impotenza, incapacità, inadeguatezza, l'aveva annichilita. Il senso di colpa l'aveva soverchiata. Non sarebbe successo nulla se lei non avesse voluto agire da sola. André avrebbe recuperato la vista dall'occhio sinistro come aveva detto il dottore, in qualche giorno. Invece André aveva dovuto barattare il suo occhio con la sua libertà e forse con la sua vita e, neanche a dirlo, non aveva esitato. Neanche lei avrebbe esitato un solo istante, se le parti fossero state invertite. Tuttavia, non riusciva a non sentirsi in colpa, pensando che forse l'occhio di André era servito a pagare qualcosa di ben più difficile da ottenere: si era resa conto che in tutti i suoi successi André aveva avuto una parte rilevante. Mentre i fallimenti erano soltanto suoi. Non era forse per questo che aveva cercato di allontanarlo? Non era forse per dimostrare che la sua vita poteva andare avanti anche senza tutti coloro che avevano avuto importanza per lei: Fersen, certo e la Regina, indubbiamente, ma anche André e la solidità del suo appoggio costante? E non era stato forse con infinito sollievo che lo aveva scorto tra le file dei soldati della Guardia nazionale, a Parigi, il giorno che per la prima volta aveva sentito la sua autorità di comandante scivolarle via di fronte a quegli uomini rudi ed ostili? André era stato l'unica presenza amica per molto tempo, che aveva rischiato il linciaggio pur di non rinnegare la loro amicizia, e la propria fedeltà nei suoi confronti.

Sorrise tra sé al ricordo della volta in cui Simone, la nuova giovane cameriera di palazzo Jarjayes, era venuta in caserma al posto della nonna, che non stava bene, per portare ad André la biancheria pulita. Non era stata la prima volta che Oscar la vedeva, l'aveva anzi notata a casa: una giovane molto bella, di non più di vent'anni, i lunghi capelli nerissimi pettinati in una treccia perfetta, che ondeggiava sulla sua schiena, gli occhi così azzurri da sembrare viola, la bocca sempre atteggiata in un sorriso socievole ma riservato. Aveva pensato, la prima volta che l'aveva vista, che la giovane aveva un'aria virginale mista ad un'aura di generosità affettiva che la rendeva probabilmente irresistibile agli occhi degli uomini. Inoltre, sebbene di famiglia borghese, aveva una buona cultura, e lavorava come cameriera solo in attesa di trovare un incarico come precettrice per signorine. Le era piaciuta subito, ed aveva apprezzato l'aspetto curato ed ordinato, ma senza ostentazione, della giovane Simone. Quel giorno, Oscar stava tornando in caserma a cavallo e l'aveva scorta nel cortile, mentre salutava André e gli consegnava la sacca con la biancheria pulita. André si era mostrato un po' imbarazzato nel darle una nuova sacca con la biancheria sporca, doveva aver detto qualcosa per scusarsi con lei del peso della sacca, o forse aveva scherzato su quanto sua nonna avrebbe borbottato di fronte alla montagna di roba da lavare, Oscar era troppo lontana per sentire le loro parole. Ma li aveva visti ridere insieme, nel sole che inondava il cortile della caserma e qualcosa nel modo sereno in cui si rivolgevano l'uno all'altra l'aveva mortificata, come se avessero avuto un modo di rapportarsi tra loro, che era a lei impossibile, proibito, o forse solo soffocato e profondamente represso. Aveva rallentato il cavallo, per impiegare più tempo a raggiungere le scuderie e poter così seguire l'andamento dell'incontro. Era durato poco e Simone si era congedata con un rapido abbraccio ad André, che l'uomo aveva contraccambiato sinceramente. Quando erano diventati così amici - si era chiesta Oscar - visto che all'arrivo della nuova cameriera André era già in caserma e non aveva avuto che un paio di licenze a casa? Poi la giovane aveva cominciato a camminare verso il cancello dal quale Oscar era appena entrata, lo sguardo in basso. Arrivata all'altezza di Oscar aveva alzato gli occhi e si era inchinata a salutarla, sorridendole. Oscar aveva dovuto sforzarsi per restituirle il saluto: non poteva far a meno di notare le guance leggermente arrossate, gli occhi brillanti ed il sorriso raggiante, ma soprattutto quel ciuffo di capelli neri sfuggito dalla treccia che adesso le incorniciava amabilmente il viso. Non era difficile immaginare il motivo che aveva reso l'aspetto della giovane, di solito così ordinato, impercettibilmente alterato: Simone era emozionata e non c'erano dubbi sul motivo della sua emozione. L'abbraccio di André, forse già il breve dialogo che l'aveva preceduto, avevano avuto un significato particolare per lei, un significato che l'aveva indotta ad ignorare, a non accorgersi del ciuffo di capelli non in ordine, a non rendersi conto del proprio rossore, dell'eccitazione trasmessa dal suo sguardo. Oscar si era sforzata di contraccambiare il saluto, costringendosi ad incontrare lo sguardo della giovane cameriera e cercando di ammorbidire la linea delle proprie labbra, resa sottile dal fastidio provato di fronte alla scena cui aveva appena assistito. Simone non aveva neanche notato la sua freddezza, tanto era sollevata da terra dalle sue emozioni. Oscar, invece, aveva evitato di incontrare André tutto quel giorno ed il giorno seguente, finché il disappunto per quella situazione non si era un po' affievolito e lei era riuscita ad ignorare le implicazioni della sensazione di disagio e fastidio che provava al pensiero della giovane cameriera. Al pensiero di quell'abbraccio. Quando la giovane aveva ottenuto l'impiego che cercava come precettrice ed aveva lasciato palazzo Jarjayes, Oscar si era sentita sollevata. Ma di nuovo aveva scelto di ignorarne le ragioni.

 

Tre giorni, solo tre giorni. Tanto aveva chiesto André. Tre giorni per riprendersi dalle ferite e dalle botte. Tre giorni prima di tornare a svolgere le sue mansioni di soldato. Tre giorni a palazzo Jarjayes. Anche lei sarebbe rimasta a casa quei tre giorni. Forse le sarebbero bastati, per cancellare gli ultimi trent'anni. Forse avrebbe trovato il coraggio di parlargli.

Di parlare di ciò che era successo la notte prima, sì, ma anche di ciò che era successo un anno prima, la notte in cui il suo André le era sembrato tutto tranne che la persona che conosceva da una vita. La notte in cui aveva intuito, aldilà del suo orgoglio ferito, aldilà dell'umiliazione che aveva provato, che forse in André c'era più di quanto non avesse sempre visto. Quella notte aveva cambiato tutto. Già prima di allora aveva intuito i sentimenti che André nutriva per lei, questo sì. Non si era mai fermata a considerarne l'intensità, però. Fino a quella notte. Quando aveva temuto, o forse sperato, che lui andasse avanti nel suo proposito. C'era stato un momento, un istante, che dopo aveva volutamente negato a se stessa di aver mai vissuto, in cui, stesa sul suo letto, ormai sconfitta per la prima volta in vita sua, aveva chiuso gli occhi e assaporato la sensazione del corpo di André sul proprio, del suo peso, della sua forza, della sua volontà. In cui aveva accettato quello che sarebbe successo, anche se certo non l'aveva scelto e non l'avrebbe mai voluto così. Mentre minacciava di chiamare aiuto, mentre manteneva i nervi saldi e rifiutava quell'azione così offensiva, umiliante ed esautorante, sapeva che non avrebbe gridato, che non avrebbe chiesto aiuto neanche se lui fosse andato avanti in quel che aveva iniziato. Sapeva che avrebbe lasciato che lui la prendesse, che la facesse sua, finalmente. Che dimostrasse tutto il suo essere uomo senza bisogno di costruirlo, come lei invece si affannava a fare da sempre. Sapeva che avrebbe dato il benvenuto alla possibilità di non dover scegliere, per una volta, alla possibilità che la decisione spettasse a qualcun altro, almeno per una volta. E quando lui si era ripreso da quel momento di pazzia, si era scusato e, sopraffatto dal dolore di averla abusata, sebbene solo nelle intenzioni, si era fermato di fronte alle sue lacrime e alla sua mancanza di resistenza, Oscar aveva saputo che stava piangendo non solo perché si era sentita umiliata e ferita, ma perché in un certo senso si era sentita tradita. L'unico che poteva aiutarla, liberarla, sebbene in quel modo atroce, aveva deciso di non farlo, per troppo amore. Chissà se, potendole leggere nel pensiero, non avrebbe deciso di portare a termine ciò che aveva cominciato.

Scosse la testa: no, non André. Lui avrebbe comunque aspettato che lei decidesse per entrambi, dando l'ennesima dimostrazione che il più forte tra di loro era lui, che poteva aspettare che fosse pronta, soffrire se necessario come aveva sempre fatto in silenzio, ma che non si sarebbe spezzato mai, neanche quella volta. Era stata cieca, per trent'anni, se non aveva capito quanto André fosse più forte e più coraggioso di lei. Moralmente forte.

Il cuore stretto, ripensò alle parole che André le aveva detto poco prima, appena prima di congedarsi e tornare nella sua stanza: l'aveva rassicurata sulla sorte di Fersen. Evidentemente riteneva che lei lo amasse ancora. Proprio ora che lei si era invece resa conto di non aver mai veramente amato lo svedese, ma solo quello che lui aveva rappresentato. Fersen era stato la sua presa di coscienza del proprio status di donna, era stato un simbolo dell'amore, non l'amore. Questo era André, ma non lo sapeva, perché lei non glielo aveva mai detto. Tre giorni, solo tre giorni e poi tutto sarebbe tornato alla normalità e quest'occasione, confezionata dal destino in modo così elaborato, sarebbe sfumata e chissà se mai ce ne sarebbe stata un'altra, per dirgli ciò che davvero provava per lui.

Si alzò faticosamente dalla sedia: le gambe le facevano ancora male per i colpi ricevuti e la testa era pesante. Pensare non alleggeriva la situazione, ma non poteva farne a meno. Si diresse stancamente verso le scale e cominciò a salirle piano. No, certo non oggi, era tutto ancora troppo recente, erano ancora entrambi troppo provati dagli eventi della sera precedente, troppo fragili. La sua nuova consapevolezza era ancora troppo fragile, aveva ancora bisogno di tempo per accettarla completamente. Eppure il desiderio di non perdere altro tempo la divorava.

 

 

……continua…..

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