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Autore: _eva    16/12/2014    1 recensioni
Ho semplicemente provato ad entrare nella testa di due adolescenti, con i loro dubbi, le loro paure, le emozioni ambigue e i problemi comuni a tutti in questo periodo. Sono solo due fratelli che cercano di sopravvivere alla vita e al mondo che li circonda.
< -No- mormora Clarissa – Voglio sapere cosa hai preso ieri sera.-
La verità è che lui non lo ricorda nemmeno.>
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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È buio. Questo è il suo primo pensiero. Il primo pensiero che gli sfiora la mente come un lampo di colore in un oceano di bianco. È rassicurante, il buio, è concreto, esiste. Il bianco no, è irreale, vuoto. Fa paura. O almeno la fa a Chris, che con il bianco ha vissuto tutta la vita, se diciassette anni può essere considerata vita. Bianca è l’incoscienza e bianchi sono gli ospedali. Le cose che Chris odia di più al mondo. Due secondi prima forse era incosciente. Ma chi può dirlo. Ora di certo non lo è più. E la sua ipotesi viene confermata dall’improvvisa luce che gli trafigge le pupille anche attraverso le palpebre sigillate. Un mal di testa lancinante lo fa rinvenire del tutto. E una voce. L’unica che il suo cervello accetta di registrare in quel momento. Non fosse per il piccolo dettaglio che lui non vuole ascoltare alcuna voce.

-Buongiorno, bella addormentata!
La sua voce squillante e allo stesso tempo morbida, che di solito è il suo calmante, non fa che accentuare il suo già palese malumore. Grugnisce qualcosa. Ora, di solito Clarissa capirebbe, richiuderebbe piano le tende perché sa che la luce forte e improvvisa, in particolar modo di primo mattino, lo infastidisce, e magari tornerebbe dopo qualche minuto con una tazza di caffè nero e un cornetto con miele di castagno e sarebbe dispostissima, se nel frattempo fosse ricaduto nel sonno, a risvegliarlo con dolcezza. Ma non questa mattina. Perché lei sa benissimo come si sente, da buona gemella quale è, e proprio perché è una buona gemella non ha intenzione di fargliela passare liscia. Chris si rigira tra l’ammasso di coperte che lo soffoca e riaffonda la faccia nel cuscino. Si chiede come faccia a saperlo. Era stato attento la notte prima. Quando la aveva convinta a tornare a casa prima di lui era del tutto sobrio, e si era assicurato di chiedere a Valerio di metterlo a letto cercando di fare meno rumore possibile. Non che lui si ricordi qualcosa, ovviamente. Forse qualche sua amica rimasta alla festa. O per lo meno qualcuno che vuole ingraziarsela. E non sono pochi. Definirla popolare non è esatto. Lei è proprio su un altro livello, non appartiene alle sciocche caste sociali dei liceali. Volente o nolente le porti rispetto, è un riflesso incondizionato. E questa non è l’opinione distorta del suo gemello.
-Sono già le dieci. Non sei tu quello che è in piedi alle otto anche di Domenica?- continua lei, avvicinandosi al letto quasi saltellando. Cerca di mostrarsi allegra e scherzosa ma non è certa le sia riuscito molto bene. Non sa cosa l’abbia svegliata questa mattina, lei che, al contrario di Christian, ama dormire. Sentiva solo un vuoto terribile allo stomaco. E dire che la sera prima ha bevuto solo un paio di drink. Il fratello grugnisce qualcosa di incomprensibile, si rigira tra le coperte appallottolandole più di quanto non fossero già, affonda il viso nel cuscino cercando di sfuggire alla luce e allo sguardo indagatore di Clarissa. Quando è certa che lui non possa vederla, abbandona il sorriso e l’espressione forzatamente allegra che aveva assunto. Sente gli angoli della bocca che si piegano verso il basso involontariamente. Non saprebbe dire come si sente. Forse semplicemente triste o impotente o inutile. O tutte e tre insieme. È anche arrabbiata. L’ira cocente le annoda le viscere da quando, nel momento stesso in cui è tornata a casa, ha capito quali erano i piani di Christian. Ovvero sballare fino a sentirsi male, come dicono i ragazzi della sua età. Autodistruggersi come dice lei. Per non parlare di ciò che aveva provato quando aveva capito che era stata allontanata proprio per questo. Una volta le aveva detto che non voleva che lei lo vedesse in quello stato. E Clarissa lo aveva visto e ne era rimasta disgustata tanto da scappare via da lui e non rivolgergli parola per una settimana. Dire che era stata dura per entrambi sarebbe stato un eufemismo. Era struggente, doloroso e terribilmente frustrante separarsi da chi è effettivamente una parte di te. Era servito da lezione, a Christian, che aveva promesso di impegnarsi a non fare più una cosa del genere, dopo infinite suppliche perché non ce la faceva senza il suo aiuto. Era più un impegno, non promesse vere e proprie. Mai ce ne erano state tra di loro, non piacevano a nessuno dei due, suonavano come bugie. Troppo facili da infrangere, un impegno troppo debole, troppo umano. Ed ecco che, infatti, lui ci ricade dopo un mese di astinenza. Tanto, troppo, per lui, pochissimo per lei. Di certo su questo non potrebbero avere punti di vista più diversi. Clarissa non sopporta, quasi odia, tutto ciò che possa creare dipendenza, tutto ciò che possa annientare la volontà e la ragione di un uomo. Che esso fosse cibo, sostanze di ogni tipo, o addirittura persone. Forse l’unica che accetta, anche se non lo ha mai ammesso, è quella dal suo gemello che ritiene la più naturale e incurabile.

Per almeno dieci minuti regna solo il silenzio. Clarissa rimane a fissarlo, immobile, nonostante, tra le coperte e il cuscino, si vedano appena i capelli scuri e la guancia sinistra. Christian vorrebbe tornare a dormire, giusto per far smettere il martellante pulsare alle tempie e la nausea che gli chiude lo stomaco, ma non ci riuscirebbe sapendo che sua sorella è accanto a lui e aspetta solo che la degni della sua attenzione. Non crede di essere pronto per questa discussione. Non ha nessuna scusa, non può permettersi di controbattere. E ha ragione lei, lo sa che ha ragione lei. Cosa può dirle? “Mi dispiace”? Non cambierebbe le cose. Gli dispiaceva anche l’ultima volta, ma ora è punto e da capo. Ieri ha ceduto. Anzi no, peggio. Aveva già premeditato tutto prima di uscire, non era stato un gesto improvviso. Pensava alla sensazione che quello schifo gli dava quando ballava con lei, quando scherzava con i suoi amici e baciava una ragazza.
-Chris, di nuovo?- le trema la voce. Si morde il labbro inferiore. Se deve essere la sua forza non può mostrarsi debole. Lui che è sempre così sicuro, che valuta ogni situazione prima di buttarsi, ora è impaurito, titubante. Non ha il controllo di questa cosa. Barcolla nel buio, e questa sensazione ricorda tanto a entrambi l’infanzia di Christian, con gli attacchi di febbre violentissima che lo colpivano a ogni minimo colpo di freddo. La sua salute è sempre stata a dir poco cagionevole, fin dalla nascita. Chris odiava la sua situazione, odiava dover correre in ospedale almeno una volta al mese. E proprio per questo Clarissa non capisce perché si riduce in questo stato. Era iniziato come inizia per tutti: curiosità, voglia di fare esperienze diverse, spinto dagli amici. Faceva già uso di alcool, ma quello lo faceva anche Clarissa. Sembrava una cosa da niente, qualche birra ogni tanto, drink più pesanti alle feste, ma sempre nei limiti del lecito, mai una dipendenza. Era la droga che non le piaceva.
-Chris- lo richiama lei. Non risponde ma almeno si volta, scoprendo il viso pallido e gli occhi rossi e pesti. E finalmente la guarda. Tanti aggettivi per descriverla, nemmeno uno che le si addica veramente. Con quell’espressione triste, il corpo che tende a piegarsi su se stesso e i capelli che le coprono in parte il viso sembra… fragile? Delicata? Niente di più sbagliato. Lei è forte, è fiera. È piena di energia, energia nella sua forma più pura e semplice, che trabocca negli occhi grigi e si manifesta nei movimenti frenetici e impazienti. Come in quel momento: la sua mano si è allungata verso di lui e si è immersa nei suoi capelli, torturandoli più che accarezzarli dolcemente, in un gesto involontario. Provano emozioni così contrastanti. Qualche anno prima era tutto così naturale. Ma a quanto pare la semplicità si è persa nella loro adolescenza, quando i loro orizzonti si sono ampliati. Non che ora siano meno legati, solo più aperti al mondo esterno.
-Possiamo parlarne in un altro momento?- le chiede, aprendo bocca per la prima volta.
-No- mormora Clarissa, con davvero poca convinzione nel suo tono – Voglio sapere cosa hai preso ieri sera.-
La verità è che lui non lo ricorda nemmeno. Ricorda fiumi di vodka. Di solito usa l’alcool per far cadere i propri freni inibitori, quindi quando passa ad altro è già ubriaco –Spinelli, pillole, forse- è abbastanza sicuro di aver ingerito Ecstasy, ma preferisce non entrare troppo nel dettaglio.
La sorella fa un’espressione disgustata, quella che lui non sopporta di vedere, soprattutto se rivolta a lui. Il suo giudizio incombe chiarissimo su di lui ma evita di fare commenti. In quel momento il cellulare nella tasca della felpa di Clarissa squilla rompendo il clima di tensione che si è creato e diffondendo le note di una qualche canzone rock. Lei risponde distogliendo finalmente lo sguardo da lui. –Ehi, amore-
La conversazione con quello che Christian deduce sia il ragazzo di Clarissa non dura molto, solo qualche “si, sto bene” e “anche Chris” o “non può parlare in questo momento”. Non ci mette molto a liquidarlo per riportare la sua attenzione su di lui.
-Ancora quell’idiota- sbotta Christian palesemente innervosito.
-Mi risulta sia tuo amico- protesta debolmente lei.
-Clarissa, forse tu non te ne rendi conto ma io si. Ti tratta come fossi il suo giocattolo. Non ti merita.-
È strano come lui non abbrevi mai il suo nome. Da piccola è stata lei a chiamarlo Chris per la prima volta. Era il soprannome più semplice e logico ma non lo aveva fatto mai nessuno prima di lei. Lui invece la aveva sempre chiamata Clarissa, un nome sicuramente difficile per un bambino di tre anni. Non “Clary” come la chiamavano i parenti o “Cla” come gli amici. Clarissa, per intero. Nessuno ne aveva mai capito il motivo, men che meno la diretta interessata.
Lei sussulta. –Stiamo parlando di te, non di me. Il tuo problema mi sembra un po’ più grave del mio.-
Chris sospira. È stanco di questa discussione che non porta mai a niente. Si mette a sedere sul materasso. Agli occhi di Clarissa, appare scarmigliato, assonnato e intontito. Si ritrova a pensare per l’ennesima volta al perché gli piaccia tanto ridursi in questo stato. Capisce la ricerca del benessere e della tranquillità ma ne vale la pena?
-Puoi venire qui, un attimo, per favore?- le chiede con tutta la calma che riesce a simulare. Spera che non rifiuti, ha paura di disgustarla così profondamente. Ma lei non lo delude, come sempre, si avvicina a lui e lo circonda titubante con le braccia.
-Hai bisogno di una doccia- sancisce lei alla fine, ma la sua voce è scherzosa. Christian tira un sospiro di sollievo e la abbraccia più stretta. Perché non riesce a farsi bastare questo? Ha davvero bisogno di quelle sostanze per sentirsi felice?
-Vorrei sul serio che questa storia finesse- è di nuovo lei a interrompe il momento di quiete –Non per me. Per te. Sai quanto è pericolosa la droga? E tu la mischi pure con l’alcool. A questo punto, non so, vuoi un’aspirina?- cerca di alleggerire il suo discorso con il tono ironico dell’ultima frase ma non le è facile dissimulare l’amarezza.
-Mi dispiace- ecco alla fine lo ha detto. Come aveva previsto non serve a niente. Almeno si sente più leggero.




N.A:
Salve a tutti! Come già scritto nell’introduzione, è la prima storia che pubblico anche se non la prima che scrivo.
L’idea per questa storia è nata da un concorso che però richiedeva un testo molto più breve e perciò ho dovuto tagliarne più della metà. La versione originale (ciò questa) mi piaceva molto di più per cui ho deciso di pubblicarla ugualmente almeno qui J
Non escludo che in seguito scriva un secondo e un terzo capitolo perché una mezza idea ce l’avrei ma non ho il tempo di metterla per iscritto. Ha comunque un senso compiuto, quindi beh, se siete arrivati fin qui vi ringrazio!

Alla prossima, si spera, _eva <3
 
   
 
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