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Autore: _Wonderwall_    17/12/2014    3 recensioni
Lysander Scamander, oramai arrivato al suo ottavo anno ad Hogwarts, poteva affermare che aveva tutto e che, molto probabilmente, era la persona più felice in quel dannatissimo castello.
Lorcan Scamander era tutto quello che non voleva essere.
Ted Lupin era soddisfatto della sua vita.
Alice Paciock era diversa. Era totalmente diversa da suo padre sia per aspetto fisico che per carattere e sua madre le aveva conferito giusto qualche tratto del viso.
James Sirius Potter era stanco. Era stanco ed aveva cominciato a stancarsi alla tenera età di quattordici anni.
Axel Lovegood era strano. Era tutto ciò che ci si potesse aspettare da qualcuno appartenente a quella famiglia.
Louis Weasley era normale.
***
Una generazione che ha avuto tutto senza dover fare nulla, figlia di eroi, ma normale, dannatamente umana.
E se si trovasse davanti ad un pericolo peggiore del precedente? Una generazione senza eroi sarà in grado di vincere o perlomeno sopravvivere?
“Ognuno di noi è un eroe”
“Gli eroi non esistono”
“Vedi, Lily, in una guerra non ci sono né vincitori né vinti, solo morti e sopravvissuti”
“Vivere senza di te è come morire”
(Nella mia storia gli anni passati ad Hogwarts non sono più sette, ma nove)
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alice, Paciock, Alice, Paciock, Jr, James, Sirius, Potter, Lorcan, Scamandro, Louis, Weasley, Lysander, Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 8

 

 

 

<< Come ti sei permessa? >> la voce alterata, isterica, ma soprattutto conosciuta, fece ghignare Lily Potter che, seduta al tavolo dei Grifondoro chiacchierava amabilmente con suo cugino Hugo.

A quel suono alzò la testa per incontrare quella decisamente poco tranquilla di Dominique Weasley. La sua figura era perfetta, come sempre, ma i tratti dei viso, solitamente controllati e superbi, erano distorti dalla rabbia più pura. Lily capì che aveva ricevuto il suo scherzo ed aveva fatto due più due. Dopotutto non era stupida come si pensava.

<< Di fare cosa? >> chiese innocentemente la rossa, tirandosi i capelli lisci dietro le spalle.

La cugina estrasse la banchetta dal mantello e la puntò contro la più piccola che non si scompose e la guardò con aria di sfida.

<< Sei davvero così ottusa da non riuscire a capire contro chi ti sei messa? >>

Anche Lily si alzò dalla panca, continuando a guardarla negli occhi. Nella Sala Grande calò il silenzio più assoluto, tutti le fissavano in attesa di uno svolgimento della situazione. Non era raro incontrare Dominique Weasley e Lily Potter bisticciare in corridoio, ma solitamente era solo quello. Poche battutine ironiche e acide, mai un vero e proprio duello.

Mai, ripeto mai, Dominique aveva perso il controllo come quel giorno.

<< Smettila di comportarti come se fossi in un film, Dominique. Non puoi davvero credere che le tue minacce mi facciano paura >>

La rossa puntò le mani sui fianchi, senza nemmeno preoccuparsi di estrarre la bacchetta. Conosceva sua cugina fin troppo bene e non si sarebbe mai permessa di utilizzare la magia per colpirla davanti a tutti i professori. Troppa paura. Paura di perdere il suo titolo di studentessa modello e paura di essere espulsa.

La ragazza sbuffò e la guardò truce, avanzando di un passo.

<< Ti pentirai di avermi fatto quello stupido scherzo, Lily. Ricordalo >> detto questo la serpeverde si girò e tornò al suo tavolo un momento prima che i professori intervenissero.

La rossa si sedette di nuovo e sbuffò scocciata dalla minaccia della cugina. Non aveva paura di lei. Erano tante le cose che la spaventavano –di cui alcune davvero stupide- ma tra queste non rientrava certo quella serpe di Dominique.

<< Quindi, cosa dicevamo? Ah, sì, il Torneo Tremaghi >> riprese il discorso la rossa, distraendo il cugino dai pensieri che in quel momento lo tormentavano.

<< Sì, giusto. Ti iscriverai? >>

Lily annuì.

<< Ovviamente. Non può mancare un Potter al Torneo. James non si iscriverà e Albus non è interessato quindi non ho altra scelta. Devo portare avanti il nome della famiglia >> disse con solennità << Mi imiterai cugino? >>

Anche Hugo annuì e si batterono il cinque, sorridendosi, sicuri che almeno uno di loro sarebbe stato scelto dal Calice di Fuoco.

 

 

<< Pronto cugino? >> chiese Lily, entrando nel cerchio di luce disegnato intorno al calice.

<< Pronto. Pronta cugina? >> ripeté Hugo, seguendola nella sfera magica.

La ragazza annuì e si presero la mano, stringendola per cercare di ritrovare il coraggio di allungare la mano e lasciare il biglietto in quel maledettissimo calice.

Quello che li aveva portati a partecipare dopotutto non era puro e semplice coraggio, ma la voglia di dimostrare a se stessi che erano degni di portare quei cognomi così importanti.

Suo padre ad undici anni aveva già sconfitto Voldemort per la prima volta e lei quando i professori la paragonavano a lui, in senso buono e cattivo, si sentiva quasi in dovere di dimostrare che lo meritava. Che non era solo fama. Che lei era forte e coraggiosa come suo padre.

Lily aveva bisogno di crederci perché altrimenti sarebbe crollata, crollata come James. Ed Hugo lo sapeva, la conosceva. Sentiva lo stesso.

Sua madre era una strega brillante e suo padre aveva sempre messo al primo posto l’amicizia e aveva dimostrato di avere un coraggio che nessuno si sarebbe mai aspettato da Ronald Weasley.

Perché, ammettiamolo, Harry Potter, senza l’aiuto dei suoi migliori amici, non sarebbe riuscito a compiere nemmeno metà delle sue meravigliose imprese.

E Hugo sentiva la pressione. E Lily sentiva la pressione.

Avvertivano che diventava ogni giorno più forte e pesante e che cominciava a schiacciarli. Ma loro lottavano, lottavano insieme. Aiutati da Shailene e Axel.

Perché, ammettiamolo, senza l’aiuto dei loro migliori amici e l’appoggio reciproco, sarebbero crollati.

Lily capiva perché Jamie si era chiuso in se stesso, capiva perché era cambiato e lei non voleva crollare, non voleva diventare un’altra persona.

Lily Potter doveva essere forte.

Hugo si sentiva surclassato in tutto. Sua sorella era la progenie perfetta dei suoi genitori, beh più che altro di sua madre. Bella, intelligente, diligente e con un futuro già assicurato. Non doveva dimostrare niente, bastava uno sguardo per capire che fosse loro degna figlia. Ma per quanto riguardava lui, beh, bisognava scavare in fondo per capire chi veramente fosse.

E lo stesso valeva per Lily. Loro erano quelli sempre felici, quelli esuberanti, quelli divertenti. Non ti annoiavi di certo quando eri in loro compagnia, ma nessuno li considerava come maghi brillanti.

Pochi conoscevano i veri Hugo e Lily. Axel, Shailene e, per quanto riguardava la ragazza, James.

Gli altri si fermavano all’apparenza perché è questo che fanno le persone. Non scavano, si accontentano di quello che vedono, facendo finta di credere che sia la verità quando tutti sono consapevoli che una persona non è solo la faccia che mostra agli altri.

Una persona è mille persone e allo stesso tempo nessuna. È diecimila diverse versioni della stessa storia, tutte vissute con una prospettiva diversa, tutte vere e reali, tutte ugualmente interessanti.

Lily ed Hugo erano quelli sempre felici, quelli esuberanti, quelli divertenti, ma non erano solo quello. Loro erano intelligenti a modo loro, leali, persone di cui ci si poteva fidare, coraggiosi. Avrebbero dato tutto per le persone a cui volevano bene. Ci sarebbero sempre stati. Loro erano persone meravigliose.

Degni figli dei loro genitori.

Ma erano anche insicuri e con uno spasmodico bisogno di dimostrarlo.

Lily strinse la mano del cugino, sotto gli sguardi comprensivi di Shailene e Axel e incoraggiati dalle grida e dai fischi dei compagni di casa che, in quel momento, li circondavano.

Alzarono le mani e le portarono verso il calice. E Lily Luna Potter lasciò cadere il bigliettino nello stesso momento in cui Hugo Weasley aprì la mano.

E le fiamme del calice diventarono azzurre.

 

 

 

 

Roxanne Weasley era un maschiaccio. L’unica cosa femminile che possedeva, causa di suo grande rammarico, era l’aspetto.

Roxanne Weasley aveva sempre pensato che sarebbe dovuta nascere maschio e questa era l’idea più popolare anche nella scuola. Non fraintendete, a lei piacevano i ragazzi, ma questo era tutto.

Orientamento sessuale, lunghi capelli castano scuro, viso delicato e corpo niente male era tutto ciò di femminile che poteva vantare.

Roxanne indossava vestiti troppo larghi per la sua taglia, si divertiva a fare gare di alcol (e, perché no?, di rutti) con i suoi compagni grifondoro, era interessata alle scommesse, non sopportava il colore rosa, il Quidditch era una parte fondamentale della sua vita e odiava, lo odiava davvero, sprecare il suo tempo a pettegolare e a parlare di ragazzi. Era per questo che Roxanne era stata accolta a braccia aperte da tutti gli studenti grifondoro del suo anno, ma anche dagli amici del fratello e da quelli dei cugini.

La consideravano una di loro, un amico con cui passare le giornate a chiacchierare, con cui poter essere volgari senza essere rimbeccati ogni volta e con cui poter anche scambiare qualche schiaffo perché Roxanne era incredibilmente forte. Non per niente era la migliore battitrice della scuola, un ruolo che, solitamente, le ragazze nemmeno prendevano in considerazione.

Ma, nonostante tutto, Roxanne era una ragazza. E per quanto le costasse ammetterlo e per quanto non lo sopportasse, a volte si sentiva fuori posto.

Non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma si sentiva offesa quando tutti scherzavano sul fatto che non avrebbe mai avuto un ragazzo o quando, ad ogni uscita ad Hogsmade, durante le quali tutti, o quasi, avevano un appuntamento, lei era l’unica a rimanere da sola.

Roxanne Weasley aveva sedici anni e, per quanto volesse negarlo, voleva qualcuno con cui condividerli. E non un amico, ma qualcuno con cui condividere un’intimità speciale. Voleva innamorarsi.

Ma non l’avrebbe mai ammesso.

 

 

Fred Weasley non era suo padre. E no, non era neanche suo zio, di cui, purtroppo, aveva solo il nome.

Non era casinista, non era simpatico, non aveva poi tutto questo successo con le ragazze e, ci teneva a sottolineare che no, non era bianco, ma non era neanche nero. Non che poi il colore della sua pelle fosse determinante per la sua personalità e per l’atteggiamento che gli altri avevano nei suoi confronti, ma era sicuro che il suo colore indefinito fosse lì solo per ricordargli che nella sua vita niente era deciso.

Fred Weasley non si sentiva né carne né pesce.

Non sapeva chi fosse e semplicemente non riusciva a spiegarsi perché quel maledetto cappello lo avesse smistato nella grande casata dei Grifondoro, considerando che lui non era orgoglioso, coraggioso né tantomeno esibizionista. Si sarebbe visto bene vicino a Louis nell’anonimo tavolo dei Tassorosso, circondato da gentilezza e fedeltà.

Mettiamola così, Fred Weasley II era fermamente convinto che quando il Cappello Parlante si era posato sulla sua testa e aveva urlato a gran voce ‘Grifondoro’, fosse stato decisamente confuso o sotto l’incantesimo Imperius di suo padre o, peggio ancora, maledettamente ubriaco.

Perché no, no e ancora no, Fred non aveva niente del grifondoro. Ed aveva ancora di meno della famiglia Weasley. A cominciare dal suo aspetto.

Ma forse, stava cominciando a pensare ultimamente, le famose caratteristiche Weasley erano state inventate di sana pianta, basandosi sui loro genitori, perché dando un’occhiata a questa nuova generazione non si potevano certo catalogare le persone secondo determinati parametri.

Un Louis decisamente normale.

Una Dominique altezzosa.

Una Roxanne poco, per non dire affatto, femminile.

Uno James chiuso in se stesso.

Una Rose poco loquace (era piuttosto evidente che la maggior parte dei suoi geni fosse firmato Granger).

Un Albus poco incline a dimostrazioni di coraggio in tutti i campi (sentimentale, scolastico e ci più ne ha più ne metta).

Una Lucy che, beh, era Lucy.

Gli unici che sembravano essere Weasley erano Lily e Hugo.

Una cosa però i Weasley ce l’avevano in comune. Chissà come si facevano trasportare ogni santissima volta negli scherzi organizzati dai due pazzi sopracitati e, dopotutto, a nessuno di loro dispiaceva più di tanto.

Li faceva sentire una famiglia, male assortita ma sempre una famiglia. Con alcune eccezioni ovvio, come per esempio Louis e James. Gli unici a restare sempre per conto loro e a non partecipare mai alle famose riunioni Weasley. Quelle riunioni erano sacre.

Per non parlare poi dei cugini fuori da Hogwarts (ma quanti ne erano?). Molly e Victoire erano quanto di meno Weasley esistesse sulla terra.

La prima magano e la seconda con un’intelligenza tanto grande quanto la sua inaspettata passione per la babbanologia. Di fatti poi aveva trovato lavoro nel mondo babbano.

Ma Fred una cosa simile al padre ce l’aveva.

Voleva partecipare a quel dannatissimo torneo.

 

 

 

<< Roxanne, hai sedici anni >> ribadì Rose alla cugina, continuando imperterrita a leggere un libro.

La ragazza annuì e sorrise.

<< Lo so Rosie, ma ho fatto una scommessa con papà >>

<< Scommessa che perderai >> si intromise Fred nel discorso.

La sorella gli fece una linguaccia e sorrise di nuovo.

<< Nient’affatto >>

<< Che scommessa? >> chiese ancora Rosie.

La rossa alzò finalmente lo sguardo dal suo libro, guardando insistentemente i cugini che stavano in piedi vicino al cerchio magico che circondava il calice.

Fred era già con un piede dentro di esso e si apprestava ad aggiungere il suo nome agli altri che già erano presenti. Roxanne era poco distante con e mani dietro la schiena, vestita alla babbana, mentre stringeva in una mano un pezzettino di pergamena e nell’altra una pozione non meglio identificata.

<< La pozione l’ha fatta Albus, il che vuol dire che funzionerà >>

Rose sbuffò ancora attirando l’attenzione del più grande che intanto aveva fatto cadere il suo nome nel calice.

<< Papà ci ha raccontato la storia di quando lui e lo zio hanno provato a partecipare al torneo nonostante non fossero abbastanza grandi e Roxanne ha scommesso, quando ha saputo che ci sarebbe stato quest’anno, che lei ci sarebbe riuscita >> poi sbuffò, sedendosi vicino alla cugina << Secondo me si ritroverà semplicemente con i viso coperto da barba e i capelli tendenti al bianco >>

Rose rise, annuendo e scatenando l’irritazione della mora che strinse le labbra.

<< Siete dei malfidati >> mostrò la pozione << Questa non è una semplice pozione invecchiante. Albus ha modificato la ricetta, non so in quale strana maniera, e funzionerà >>

Mandò giù l’intero contenuto.

Sorrise ancora ed entrò nel cerchio magico che non la respinse. Guardò con soddisfazione i due e lasciò cadere la pergamena nel calice. Questa però non cadde mai tra le fiamme.

Si alzò in volo, frantumandosi in mille pezzi colorati e rilasciando delle scintille.

Roxanne sbuffò.

<< Quanto meno il mio dolce viso da donzella non sarà ricoperto da folta e canuta barba >>

I due la guardarono accigliati ed anche il viso di Roxanne prese una sfumatura quasi impaurita.

<< Roxie, ma come parli? >> chiese Fred, mentre Rose scoppiò a ridere, consapevole dell’accaduto.

<< Hai detto che Albus ha modificato la pozione? >> chiese tra le risate.

La grifondoro annuì e la consapevolezza la colse all’improvviso. Non avrebbe più potuto parlare come una persona normale. Dannato cugino, aveva fatto in modo da farle pronunciare parole appartenute a chissà quanti secoli addietro.

<< Oh, Merlino, lo sfiderò a duello. Gli trafiggerò il petto con la mia bacchetta >>

Roxanne andò via tra le risate dei cugini, blaterando minacce in vecchio stile, su giostre, cavalli e giovani donzelle.

  
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