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Autore: Glendora    17/12/2014    0 recensioni
Farla finita sembra davvero molto facile, soprattutto nella solitudine di una camera d'albergo a chilometri di distanza da casa. Questo, però, non sembra il destino di Ville Valo che, inaspettatamente, tra le mura di quello che sembra essere un vero e proprio girone dell'Inferno, troverà quello che ha sempre cercato, ciò che la fredda lametta di un rasoio appoggiato sulla pelle non è stata capace di dargli. Ma il fato ama giocare con le persone e Ville non è certo immune...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26/4/2010
 
È passato un mese da quando Lily mi ha chiesto di prometterle che non smetterò mai di credere nell’amore e da quel giorno non abbiamo più parlato di questa cosa: forse era solo spaventata o forse voleva solo essere sicura di…in realtà non so bene di che cosa, ma l’importante è che non sembra aver più dubbi riguardo a quello che c’è tra noi.
 
Un mese.
Solo un mese, ma è come se la conoscessi da una vita intera.
Sto seriamente pensando che lei sia la persona giusta, la donna con la quale passare il resto della mia vita ed è bizzarro che io sia qui a scrivere questa cosa su un diario, quando l’unica cosa che vorrei fare è chiamare Migè e gli altri per dire loro che mi sono innamorato.
 
Mi mancano. Mi mancano tremendamente e in un modo che non credevo possibile, ma capisco il perché della loro scelta di sparire o, meglio, di farmi sparire dalle loro vite. Sono stato uno stronzo egoista e mi merito di essere trattato così, anche se non posso fare a meno di pensare che, nel momento più felice della mia esistenza, la mia famiglia non può condividere con me tutta la gioia che provo nel profondo del mio cuore.
 
Devo chiedere a Lily se può fare qualcosa per questa situazione…

Lei dice che sto migliorando, che la terapia funziona, ma credo che l’unica terapia di cui ho bisogno sia lei, la mia Venere del Destino: sono i suoi occhi color ambra liquida a darmi la forza per andare avanti ed è il suono della sua voce quando mi parla a farmi sentire bene nonostante, a volte, percepisco ancora la morsa di catene invisibili che mi tengono legato in questo posto senza lasciarmi libero di dire a tutti quando ami la mia Lily.

Mia. Lei è mia, un po' come la musica che ho sempre saputo appartenere al mio cuore, alla mia anima. Lily mi appartiene, è il mio mondo e chissà, se sono così fortunato forse anche lei pensa le stesse cose di me, anche se è molto brava a mantenere i ruoli, a non lasciarsi sfuggire quello che c'è tra noi. Di certo è molto più brava di me.
 
È un’agonia non poterla sfiorare alle sedute di gruppo. Uno strazio saperla così vicino a me e non poter allungare la mano per scostarle un boccolo ribelle dalla spalla, o per accarezzare il suo viso di porcellana. Lei sa che non riesco a fingere e trova sempre un modo per placare i tremiti del mio cuore: una parola gentile, un sorriso solo per me, un leggerissimo e innocente contatto mascherato a regola d'arte. Senza nulla di tutto ciò sarei davvero perso, ma lei arriva sempre a salvarmi, proprio come ha fatto dal nostro primo incontro.
 
Fortunatamente, però, dopo il giorno arriva sempre  la notte e quando lei entra nella mia camera è come se il vento della Finlandia soffiasse dentro alle quattro pareti che mi imprigionano e finalmente mi sento a casa.
 
Mi manca anche la Finlandia…

Ogni tanto Lily mi chiede di raccontarle qualcosa di Helsinki e io cerco di trovare delle storie che le facciano capire quanto sia bella la mia terra: un giorno la porterò a Helsinki e la pregherò di rimanere lì con me, per sempre.
 
Ci sono delle sere in cui cantiamo: lei mi accompagna alla chitarra e io le improvviso un concerto acustico solo per poterla vedere sorridere, per assaporare la sua gioia tutte le volte che prende in mano lo strumento. Non lo ammetterà mai, ma so che le manca suonare…forse questa è l’unica ferita che non sono in grado di guarire, o almeno non del tutto.
 
Lily aveva ragione…ancora una volta!

Scrivere su questo diario è terapeutico: mi sento un completo idiota, ma è terapeutico davvero…
 
 
9/5/2010
 
Oggi sono successe diverse cose strane. Questa mattina mi sono svegliato con la consapevolezza che questo sarebbe stato il mio ultimo giorno in America, se avessi iniziato il tour: questa sera sarebbe stato l’ultimo concerto americano e poi saremmo tornati a casa tutti insieme…chissà cosa stanno facendo Migè, Linde, Burton e Gas…
 
In tarda mattinata Katherine è venuta da me e mi ha messo in mano la chitarra. Non mi ha detto nulla, ma ormai la capisco benissimo e ho suonato per lei. Chissà come mai ha fatto così…a volte sembra capire le persone solamente osservandole attraverso quei suoi grandi occhi capaci di far cadere le barriere dell’anima. Vorrei sapere cosa vede, ma allo stesso tempo ho paura di scoprire quello che scorge quando mi guarda. Però avevo bisogno di suonare e lei lo sapeva. È venuta ad aiutarmi.
 
La cosa più strana di tutta la giornata, però, è stata l’assenza di Lily. Non era al mio fianco al risveglio, mi saluta sempre prima di andare via, ma oggi non è successo e non l’ho più vista…

Non mi piace. Non mi piace per niente. Mi sento vuoto senza di lei e ho paura che anche Jasper se ne sia accorto: mi guarda in un modo strano, come se fosse un uccello rapace pronto a divorare la sua preda quando meno se l’aspetta e i suoi sentimenti verso Lily lo rendono più ricettivo riguardo ad ogni cosa, come se sapesse, come se non aspettasse altro che smascherarmi per farmi andare via da qui, magari in un’altra struttura, lontano da lei.
 
Ho fatto la seduta con Connor McRabbitt e poco c’è mancato che non gli rivelassi tutto. Non sono riuscito a trattenermi, ho fatto troppe domande su Lily, sul perché della sua assenza, sul fatto che lui dovrebbe sapere dove si trovi dato che è praticamente il padre adottivo e l’ho insospettito. Anche se non mi ha detto nulla, ho capito che andrà in fondo a questa cosa perché non è normale che un paziente sia così insistente riguardo la vita privata della sua dottoressa. A meno che il suddetto paziente non sia totalmente pazzo…
 
Lily dove sei? C’è qualcosa che non va…ho uno strano presentimento…
 
***
 
“Ville?! Ville, respira. Ti prego.” Con la mano posata sul petto di Ville che si muove su e giù in modo spasmodico, Lily lo scuote dolcemente, mentre con l’altra gli accarezza il volto madido di sudore. “Ville, mi senti?” Respirando a fatica, Ville rantola un sì sommesso mentre apre gli occhi per essere certo di non essersi immaginato la voce di Lily
 
Posandogli sul viso una mascherina dell’ossigeno, Lily fa in modo che Ville respiri il più regolarmente possibile e mentre il petto dell’uomo inizia ad alzarsi ed abbassarsi in modo via via più normale, sente che anche il suo cuore spaventato ritrova il giusto ritmo.
 
“Mi hai fatto prendere un colpo, ti senti bene?”
 
“No, ma potrebbe andare peggio. Almeno ora sei qui.”
 
“Che cosa è successo?”
 
“Sono asmatico…” brontola come scusa.
 
“Ma guarda, davvero?! Lo so che sei asmatico, ma questo mi sembra più un attacco di panico, che altro. Che stavi facendo prima di sentirti male?” Indicando con il dito il diario caduto a terra, Ville spiega a Lily che lo stava aggiornando quando ha iniziato a sentire il respiro farsi sempre più corto. “Posso leggere?” Chiede, ben consapevole del fatto che quel diario è solo ed unicamente di Ville e che quindi solo lui può darle il permesso di sfogliare le pagine dei suoi pensieri.
 
Annuendo, Ville prende una grossa boccata d’ossigeno dalla mascherina in attesa della reazione di Lily che sa che arriverà molto presto, non appena si renderà conto del motivo della sua agitazione.
 
Inginocchiata sul pavimento, Lily legge solo l’ultima pagina del diario che porta la data di quel giorno, quindi lo richiude per metterlo sul tavolino. Dal suo sguardo Ville capisce che è leggermente arrabbiata, anche se tenta di non darlo a vedere.
 
“Sei un cretino…” dice seria, sedendosi ai piedi del letto.
 
“Scusa.”
 
“Scusa un cavolo! Ti rendi conto che ti è venuto un attacco di panico perché non sapevi dov’ero?”
 
“Sì…” risponde lui, abbassando gli occhi. Il suo respiro ormai è tornato regolare e il senso d’oppressione che gravava sul suo petto sembra solo un lontano ricordo, ma Lily è seriamente preoccupata per la salute di Ville, relegato da troppo tempo tra quelle quattro mura capaci di far stare poco bene anche chi è sano come un pesce.
 
“Ti senti meglio?”
 
“Sì, ora sì. Scusa Lily, mi dispiace davvero. Non era mia intenzione spaventarti.”
 
“Lo so, ma lo sai che non devi preoccuparti” sforzandosi di sorridere, Lily appoggia la mano sulla gamba di Ville accarezzandogliela piano.
 
“Ho passato l’intera giornata a chiedermi dove fossi e più me lo domandavo, più mi sentivo male. So che hai le tue cose da fare e che io non sono il tuo solo paziente, però…insomma…non mi piace quando non ci sei. Ecco, l’ho detto.”
 
Scivolando sopra le lenzuola ed andandosi ad accoccolare vicino a Ville, Lily lo abbraccia per fargli capire che in realtà non ce l’ha affatto con lui, ma che si è solo spaventata nell’averlo trovato ansimante nel letto.
 
“Dovremmo uscire un po’ da qui, che ne dici? Se riesci a distrarti un pochino, magari non vai in iperventilazione tutte le volte che non mi vedi!”
 
“E dove vorresti portarmi?” Chiede togliendosi la mascherina, ormai inutile.
 
“Dalla finestra non si vede, ma attorno all’ospedale c’è un gran bel parco e ai pazienti è permesso trascorrere lì il tempo quando non ci sono le sedute. Magari un po’ d’aria e qualche raggio di sole ti farebbero bene.”
 
“Sole?!”
 
“Sì! Hai presente quella sfera luminosa nel cielo che si vede di giorno?”
 
“Oh sì, credo di aver capito ora! Pensi che potrebbe davvero farmi bene? Non è che mi sciolgo? Dopotutto sono una creatura della notte!”
 
“Non permetterei mai al sole di scioglierti. E poi possiamo sempre metterci sotto un albero, sono quasi tutti in fiore! A me interessa solo che tu veda un po’ di luce naturale invece che questi neon.”
 
“Lo sai che Valo significa luce in finlandese?!” Dice lui orgoglioso, voltandosi a guardare Lily che finalmente sorride da dietro un'espressione stanca e provata, che proprio non si addice al suo bel viso.
 
“No, ecco una cosa che non sapevo! Ti manca tanto la Finlandia?” Chiede iniziando a giocare con una ciocca dei capelli di Ville che si stanno facendo più lunghi.
 
“Sì, molto. Oggi mi è mancata particolarmente, ma solo perché non c’eri tu a farmi compagnia.”
 
“Garda che non devi mentire, è naturale che ti manchino la tua casa, i tuoi amici, i tuoi affetti e io non mi offendo mica se mi dici che vorresti tornare a Helsinki con il primo aereo, se ci fosse la possibilità.”
 
“Tu verresti con me, vero?”
 
“Certo che verrei con te! Verrei con te anche in capo al mondo se me lo chiedessi!” Baciandolo tra il collo e l’orecchio, Lily sente un leggero sussulto di Ville che sta reprimendo con tutta la sua forza di volontà i mille sentimenti contrastanti che gli invadono il cuore: Lily sa bene che per lui è difficile dover star lì senza il conforto dei suoi amici più cari e si sente davvero uno schifo pensando che lui crede ancora che loro siano in collera per quello che ha fatto.
 
“Lily, dove sei stata oggi?” Ha finalmente il coraggio di chiederle, domandandoglielo con un sussurro timido, quasi si vergognasse della sua curiosità.
 
“Convegno! Un convegno mortalmente noioso! Tecniche di approccio con bambini che hanno subito traumi nei primi dieci anni di vita. Domani c’è il bis, ma sarà solo in mattinata, quindi ti lascio solo per poco.” Appoggiando la testa sul petto di Ville, Lily sospira come se raccontargli tutto quello che ha fatto le costasse fatica. È stanca, tanto stanca, quella giornata sembra non dover finire mai, ma non è certo colpa del convegno se sta così. Si è inventata di sana pianta una bella bugia per spiegare un’assenza altrimenti non giustificabile in un altro modo, ma anche mentire è sfibrante.
 
“Ti senti bene?” Chiede preoccupato, girandosi sul fianco per guardarla meglio.
 
“Sì, perché?”
 
“Mi sembri strana, sei sicura che sia tutto ok?”
 
“Sono solo un po’ stanca, tutto qui. La colpa è anche di una certa persona che mi fa spaventare a morte inscenando attacchi di panico travestiti da asma!” Sforzandosi di sorridere e di mantenere un atteggiamento il meno sospetto possibile, Lily dà a Ville un bacio a fior di labbra nel tentativo di tranquillizzarlo, anche se sa di non essere stata troppo convincente.
 
Appoggiando le labbra sulla fronte della donna, Ville si accorge che è un po’ calda. Ora ha la certezza assoluta che qualcosa non va, ha avuto quella brutta sensazione per tutto il giorno e quello strano peso sullo stomaco continua a metterlo in guardia anche ora, facendo trillare in modo fastidioso un campanellino d’allarme.
 
“Hai la febbre? Sei un po' calda” constata, appoggiandole la mano sulla fronte.
 
“No, non credo. Però hai la mano fresca, non spostarla” sussurra lei avvinghiandosi ancora di più a Ville, il cui corpo assomiglia ad un piccolo frigorifero portatile.
 
Poggiandole anche l’altra mano alla base del collo, Ville cerca di capire il motivo di quella strana spossatezza che ha colto Lily all’improvviso, ma decide di lasciarla riposare vedendo che si è profondamente addormentata tra le sue braccia: qualsiasi cosa sia può aspettare domani e di sicuro se Lily dice di non preoccuparsi, allora forse dovrebbe fidarsi delle sue parole.
 
“Buonanotte piccola mia…” le augura teneramente, beandosi della sua presenza al proprio fianco, in quella notte che è ancora tutta per loro.
   
 
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