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Autore: kateausten    17/12/2014    0 recensioni
-Storia partecipante al Contest "Pompt e Coppie: Prendi uno e scrivi due" indetto da Evelyne e S.Elric-
Avrebbe riconosciuto quella figura fra mille e tentò di calmarsi, nonostante Oliver Baston avesse evidentemente deciso di farle prendere un infarto, dato che le sorrise illuminandosi.
“Katie,” disse mentre cercava di riprendere fiato. “Meno male che dalla finestra della Biblioteca ti ho visto!”.
Il cuore di Katie continuò una corsa accelerata verso la sua probabile morte.
“Davvero?” chiese stupita.
“Certo!” Baston le dedicò un altro sorriso folgorante. “Sei l’unica a cui questo tempo non fa paura ed è pronta per un piccolo allenamento di Quiddicht”.
“Oh”.
(Katie/Oliver)
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katie Bell, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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E non avere paura di perdere.
Se è la cosa giusta, accadrà.
La cosa più importante è non avere fretta.
Le cose belle non scappano via.



14 Novembre 1993
Ore 15:45 p.m.


Il cielo di quel freddo pomeriggio di Novembre era scuro e sembrava pronto a mostrare cosa sapeva fare con pioggia, fulmini e saette.
Katie Bell scoccò un’occhiata ansiosa alle nuvole grigiastre e con un certo rammarico virò dolcemente verso destra, per cominciare la discesa sul terreno.
Era stata sulla sua amata Tornado per almeno un’ora, svolazzando sopra il campo da Quiddicht e le torri più alte del castello, ma non si era azzardata a superare i limiti imposti dal professor Silente.
Non che si considerasse una rammollita, ma lo sentiva. E non ce la faceva.
Il freddo, il gelo.
Anche se i Dissennatori non erano nella scuola, Katie era scossa un brivido che le andava su e giù per la spina dorsale non appena si avvicinava al Lago Nero.
Sospirò mentre planava lentamente sul terreo erboso del campo e, con mani maldestre, sciolse la coda fatta preventivamente per evitare che i lunghi capelli biondi le finissero negli occhi o in bocca mentre volava: volare era sicuramente una delle cose che amava di più al mondo.
Volare, la torta di zucca, Incantesimi e Oliver Baston erano i punti principali della sua piccola lista e non necessariamente in questo ordine.
A Katie scappò un sorrisino: Baston era in cima ai suoi pensieri da quando era diventata Cacciatrice due anni prima e lo aveva ammirato tanto quando respingeva con estrema eleganza Bolidi infuriati e incattiviti, tanto quando strillava improperi a Fred e George Weasley.
Alzò lo sguardo e notò come gli anelli enormi del campo da Quiddicht sembrassero paurosamente soli senza nessuno impegnato a proteggerli.Un altro brivido le passò lungo la schiena e non seppe se era per l’atmosfera che aleggiava intorno al castello o semplicemente per il vento freddo di novembre; l’unica cosa che desiderava in quel momento era rientrare nel suo caldissimo dormitorio, farsi una doccia bollente e buttarsi su una poltrona di fronte al fuoco.
O forse no.
Katie sbattè le palpebre stupita, mentre il cuore cominciava a batterle più velocemente. Una figura abbastanza massiccia stava camminando velocemente verso di lei, con in una mano quella che sembrava una scopa e nell‘altra mano quello che sembrava il baule contente Pluffe, Bolidi e Boccino.
Avrebbe riconosciuto quella figura fra mille e tentò di calmarsi, nonostante Oliver Baston avesse evidentemente deciso di farle prendere un infarto, dato che le sorrise illuminandosi.
“Katie,” disse mentre cercava di riprendere fiato. “Meno male che dalla finestra della Biblioteca ti ho visto!”.
Il cuore di Katie continuò una corsa accelerata verso la sua probabile morte.
“Davvero?” chiese stupita.
“Certo!” Baston le dedicò un altro sorriso folgorante. “Sei l’unica a cui questo tempo non fa paura ed è pronta per un piccolo allenamento di Quiddicht”.
“Oh”.
“Sei qui per questo, no?” chiese Baston, dedicandole un’occhiata distratta.
Katie non rispose, sperando che la sua espressione rimanesse neutrale, mentre il piccolo palloncino di felicità si stava sgonfiando, Baston apriva il baule tirando fuori una pluffa e, senza tante cerimonie, si allontanava verso il centro del campo.
Il ragazzo non sembrò aver notato che Katie strascicasse i piedi, per nulla convinta a seguirlo in quel cielo che minacciava una pioggia torrenziale da li a qualche secondo.
“Avanti, Katie!” gridò girandosi e vedendola ancora lontana da lui. “Qui tra un po’ viene giù anche il cielo”.
Ma dai.
Katie sbuffò, ma alla fine- poiché era Oliver, solo e soltanto perché era Oliver-, montò nuovamente in sella alla scopa mentre si legava nuovamente i capelli.
Volò fino ad arrivare allo stesso livello di Baston, guardandolo con espressione corrucciata.
“Sai Oliver, questo non è esattamente il tempo ideale per farsi una partitina”.
Oliver le sembrò confuso.
“E allora perché eri qui?” chiese e stavolta sembrò interessato alla risposta. “Ti ho visto e ho pensato…”.
Katie scosse la testa e alzò gli occhi al cielo con un mezzo sorriso.
“Sei sempre il solito fissato per il Quiddicht. Magari ero qui per un altro motivo”.
Oliver aprì la bocca ma Katie lo precedette prima che potesse dire qualche stupidaggine.
“Dai,” disse prendendogli velocemente da sotto il braccio la pluffa. “Facciamo qualche tiro”.

***


Ore 16:30 p.m.

“Perché eri qui?”.
Il tono di Baston era curioso e guardava con i suoi grandi occhi scuri il viso pallido di Katie. Adesso sembrava veramente concentrato sulla domanda, ma soprattutto sembrava interessato alla risposta di Katie.
Il tempo, incredibile ma vero, li aveva graziati anche se il vento era troppo freddo, -soprattutto per volare-, e loro non erano vestiti abbastanza per quella che sembrava una lama ghiacciata che li trapassava da parte a parte.
Si erano seduti sul prato vicino all’entrata, nella zona più riparata, avvolti nei mantelli, con le mani ghiacce e i capelli scompigliati dal vento. A Katie non sembrava vero di essere li da sola con Oliver e cercava di non chiedersi perchè il ragazzo non avesse ancora proposto di andare in Sala Comune per riscaldarsi.
Incrociò lo sguardo di Oliver e cercò disperatamente di non arrossire.
“Avevo voglia di volare un po‘”.
“Ma non di allenarti” suggerì Oliver con un sorriso un po’ colpevole.
Katie rise e scosse la testa.
“Vabbè, diciamo che non era nei miei programmi,“ rispose sinceramente. “E’ che volare mi rilassa tantissimo. Però non mi ha fatto male, no? Allenarmi, dico. Posso sempre migliorare”.
Baston emise uno sbuffo.
“Oh, andiamo. Sei una delle Cacciatrici più brave che abbia mai visto, Katie” disse e la sua aria divenne vagamente depressa. “Abbiamo una squadra eccezionale questo anno e sicuramente non vinceremo la Coppa”.
Katie represse un sorriso.
“Dai, Oliver. Abbiamo una grande squadra, lo hai detto tu stesso. Questa volta andrà tutto bene”.
“Abbiamo già perso contro Tassorosso,” gli rammentò Baston con aria meditabonda “Dovresti ricordarlo”.
Katie lo guardò sorpresa.
“Certo che lo ricordo,” disse “C’ero anch’io quando i Dissennatori sono arrivati e Harry è precipitato dalla scopa”.
“No, non dicevo per quello,” Baston sembrava in procinto di picchiarsi da solo per essersi fatto scappare quella frase, perché arrossì e fissò un punto indefinito di fronte a se.
“Cosa?” chiese confusa Katie “Non credo di..”.
“Dicevo,” cominciò Baston guardandola con espressione torva “Che c’era il vostro bel Diggory nella squadra avversaria. Tu, Angelina e Alicia mi sembravate piuttosto.. Ehm.. Felici di ciò”.
Katie spalancò la bocca in un perfetta ‘o’, mentre le guance le si coloravano per la milionesima volta.
“Oliver,” mormorò, mentre si rimetteva una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Io..”.
Una folata di vento più forte la fece tremare violentemente.
“Vuoi rientrare?” chiese Baston imbarazzato.
Katie scosse la testa sperando di riprendere il discorso, ma Baston stava guardando il cielo con espressione pensierosa.
“Secondo te questo freddo è normale?”.
Katie lo guardò improvvisamente guardinga.
“No. Credo di no” rispose in tono piatto.
Baston si girò verso di lei.
“Anch’io ho paura di loro” disse semplicemente.
Katie aprì la bocca per dire qualcosa, ma si rese conto di non saper rispondere all’affermazione del ragazzo.
Quel pomeriggio aveva volato per sentirsi libera, per cercare di evadere da quella cappa di tristezza e disperazione che i Dissennatori sembravano alitare con le loro putride bocche in tutti i corridoi del castello.
Erano i Dissennatori la sua paura più grande; era terrorizzata da loro e da ciò che potevano fare. Esseri che ti succhiavano via l’anima dopo averti fatto impazzire di disperazione.
E il freddo.
Il freddo.
“Non.. Non è normale,” disse dopo qualche secondo con voce tremante. “Questo freddo, questa disperazione che non ci lascia respirare”.
Oliver annuì.
“Lo so, credo che..”.
“E poi,” Katie continuò, come se ormai avesse rotto un argine e non potesse contenerlo. “Mi danno la sensazione, anzi, la certezza che non abbiamo.. Non abbiamo abbastanza tempo, Oliver. Come se potesse succederci qualcosa prima di realizzare quello che abbiamo in mente di fare. Come se fosse in loro potere farci vivere o morire, come se non avesse senso fare qualcosa di costruttivo perché loro ce la toglieranno comunque. Come se fossero loro a dettare il ritmo, il tempo della nostra vita. Come se potessero ridurci a dei miserabili resti umani”.
Katie si fermò perché aveva l’orrenda sensazione di poter scoppiare in lacrime se avesse detto anche solo un’altra parola.
Oliver sembrò ammutolito dal discorso e dagli occhi pericolosamente lucidi della ragazza. Con molta, molta incertezza le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse leggermente.
“Katie, non sono loro a decidere il nostro tempo,” disse con voce bassa ma ferma. “Noi vivremo anche se loro ci passeranno vicino, costruiremo tutto quello che vorremo costruire e avremo il tempo di fare tutto quello che vogliamo fare”.
Katie, che stava cercando di imprimersi al meglio il calore e il peso del braccio Oliver nella memoria, alzò lo sguardo e con lentezza annuì.
“E poi, non mi ridurrebbero in un resto così.. Come hai detto? Ah, si. Miserabile. Io sono adorabile. Anzi, amabile. Sarei un amabile pezzetto di carne”.
La ragazza fece un sorrisetto poco convinto, ma ripeté le parole di Oliver: “Avremo tempo”.
“Certo” confermò lui.
Restarono qualche secondo in silenzio.
“Avremo tempo per volare” suggerì Katie con un piccolo sorriso.
“Avremo tempo per bere Burrobirre a Hogsmade” replicò Oliver.
“Per le punizioni” disse Katie ridacchiando.
“Per i banchetti di Halloween”.
“Per le vacanze di Natale”.
“Per vincere la Coppa di Quiddicht” concluse Oliver e Katie scoppiò a ridere.
“Esatto, mio Capitano” esclamò stranamente rincuorata dalla fissa sportiva di Baston.
Oliver sorrise e levò il braccio dalla spalla di Katie.
“Avremo tempo, Katie. Avremo tempo per fare tutto quello che vuoi, te lo prometto” disse guardandola dritta negli occhi e Katie sentì il cuore mancare un battito perché le parole e lo sguardo di Oliver sembravano una promessa. Una di quelle che fai e che mantieni, a tutti i costi.
Una goccia di pioggia spezzò bruscamente il momento e l’atmosfera che si era creata fra loro.
“Accidenti!” esclamò Katie balzando in piedi mentre Oliver la imitava.
Corsero fino all’inizio delle scalinate, cercando di evitare Gazza e le sue ramanzine “sulle sudice impronte che lasciavano” (Katie era fermamente convinta che il custode avesse bisogno di una gran bella vacanza per farsi togliere quella irritante fissa sul pulito).
La ragazza stava per salire le scale quando Baston la fermò per un braccio.
“Che c’è? Non vieni in Sala Comune?” chiese sorpresa.
Baston scosse la testa.
“Ho praticamente mollato tutti i libri in Biblioteca per venire da te. Devo andare a riprenderli,” spiegò con  un sorriso. “Ammesso che Madama Pince me li abbia lasciati li”.
Katie alzò gli occhi al cielo, sbuffando divertita.
“Tu hai qualche problema con il Quiddicht, Oliver. Veramente”.
“Probabile” ammise lui allegramente mentre gli lasciava il braccio.
Stettero un altro minuto in silenzio, poi Oliver aprì la bocca, mentre le guance gli si coloravano di un bel rosso vermiglio.
“Per quella Burrobirra a Hogsmade,” cominciò e Katie sgranò gli occhi.
Oddio. Non stava succedendo davvero. Oliver non era mai stato un asso con le ragazze e questo lo si notava dal fatto che stava stringendo il manico della sua scopa con tanta forza da farsi sbiancare le nocche.
Stava per chiederle di uscire.
Stava per chiederle di uscire?
Un urlo improvviso li fece sobbalzare.
“Dove siete stati per insudiciare il pavimento in questo modo, ragazzi perversi?”
Argus Gazza era di fronte a loro, mentre l’immancabile Miss Purr gli si strusciava ai piedi; il custode aveva i capelli sporchi e unti come al solito e un ghigno diabolico sul viso.
“Guardate che sudice impronte state lasciando!” sbraitò ancora. “Adesso vi porto dal Preside e…”
Katie e Oliver si guardarono con un sorrisetto e si separarono velocemente.
Baston si incamminò velocemente verso la Biblioteca e mentre lei cominciava a salire le scale (con un ritmo sostenuto, ignorando gli schiamazzi e i richiami di Gazza), sentì la voce di Baston.
“Mi raccomando Katie, puntuale all’allenamento di martedì. I Corvonero sono difficili da battere e con i centoventi punti di vantaggio..”.
La sua voce si perse negli ampi corridoi, insieme a quella del custode, mentre un sorriso radioso avrebbe fatto compagnia a Katie Bell per tutta la serata.

 
  
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