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Autore: CallMeSana    17/12/2014    1 recensioni
Si era ripetuto mille volte che non c'era nulla di sbagliato nella loro relazione, che avrebbe voluto essere forte come lui e non vergognarsi di baciarlo in pubblico come lui aveva tentato di fare tantissime volte.
Non c'era nulla di sbagliato nell'amore tra Louis Tomlinson e Harry Styles e a lui importava solo questo.
Larry ~ VerlainexRimbaud!AU ~ Verlaine!Louis Rimbaud!Harry ~ Periodo storico: fine Ottocento
Genere: Angst, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: è la prima volta che inserisco le note all'inizio, e lo sto facendo perché questa storia è molto particolare, diversa, poiché prende spunto da fatti realmente accaduti a personaggi realmente esistiti, quindi volevo chiedere scusa in anticipo a chiunque dovesse imbattersi in questo scritto per il modo in cui questi avvenimenti saranno trattati. Non sono molto brava, decisamente per niente, direi, a parlare di fatti storici, è la prima volta che scrivo qualcosa che non provenga del tutto dalla mia fantasia, quindi se doveste esservi sentiti offesi, se doveste aver notato delle mancanze, che sicuramente ci saranno, vi chiedo scusa in anticipo. Per chi, invece, avrà voglia di leggere e, magari apprezzare, queste parole, me lo faccia sapere con una piccola recensione, e vi prometto, comunque, che non mi imbarcherò più in niente del genere, perché la difficoltà che ho avuto è stata enorme.
Prima di lasciarvi, volevo precisare che la maggior parte dei dialoghi citati sono stati liberamente presi dal film "Poeti dall'Inferno" che parla proprio dei due poeti francesi, e che ho riguardato di recente, da qui il desiderio di scriverci sopra qualcosa.
Ho parlato anche troppo, ora mi eclisso. xx
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"A volte parlava in una specie di tenero dialetto della morte che porta al pentimento, degli infelici che certamente esistono, di dolorosi doveri e di strazianti distacchi. 
Nelle bettole in cui ci ubriacavamo egli piangeva alla vista di coloro che ci attorniavano, il bestiame della povertà.
Aveva la compassione che una madre ha per i suoi piccini.
Si muoveva con la grazia d'una ragazza al catechismo.
Pretendeva di intendersi di tutto, affari, arte, medicina.
E io lo seguivo, dovevo seguirlo."
[Paul Verlaine su Arthur Rimbaud]

 



Louis Tomlinson nacque a Metz nel 1844. Si trasferì con la famiglia a Parigi, dove cominciò gli studi di lettere e sviluppò il suo interesse verso la letteratura e la poesia.
Era un poeta con già un importante nome e delle pubblicazioni, quando, nel settembre del 1871, il diciassettenne Harry Styles, spronato dalla madre, gli inviò una lettera contenente otto poesie.
Louis, rimasto molto impressionato, gli rispose invitandolo ad andare a casa sua, pagandogli persino il viaggio.
Il giovane accettò e, senza dare al suo interlocutore alcun tipo di descrizione della sua persona, arrivò a Parigi, noncurante del fatto che non sarebbe stato in grado di farsi riconoscere.

Harry è da sempre stato considerato come una mente geniale, anche solo per gli studi come non frequentante che la madre era riuscita a fargli ottenere presso l'istituto Rossat. In tre anni aveva già vinto tredici premi e ottenuto undici note di merito. Il suo modo di vedere la vita e la razza umana era diverso, non ci voleva molto a sentirsi attirati o del tutto spaventati dal suo genio.
Louis, invece, era in crisi creativa, e pensava che entrare in contatto con quella giovane mente brillante potesse aiutarlo a riprendere la scrittura, per poter riacquistare il rispetto di cui il suo nome godeva anche in pubblico. Non che lo avesse perso, ovviamente, ma di sicuro scrivere era la cosa che più era in grado di fare e, con una moglie diciottenne incinta, non se la sentiva proprio di lasciar perdere del tutto questa arte.
Harry Styles avrebbe potuto essere davvero la salvezza di Louis Tomlinson.

Il diciassettenne, sempre con la sua immancabile, piccola, pipa, scese dal treno e si guardò intorno, decidendo di dirigersi a casa del suo ospite a piedi, senza pensare che, magari, costui gli stesse andando incontro pur non sapendo come avrebbe fatto a capire chi fosse, tra la folla. Ma Harry era così, non amava stare ai comodi degli altri, faceva quello che voleva e come voleva, che fosse fatto bene o meno era del tutto irrilevante. Anche se era alla continua ricerca della perfezione che, ahimè, raramente riusciva a cogliere nel mondo, alla fine era il suo punto di vista a prevalere.
Louis, infatti, gli stava sul serio andando incontro ma, non trovandolo, decise di tornare a casa sconsolato, pensando di aver riposto le sue speranze nelle mani sbagliate, in fondo era di un ragazzino che si stava parlando. Un ragazzino col quale, senza nemmeno rendersene conto, si era appena scontrato e aveva trovato affascinante, mentre correva nella direzione opposta alla sua. Non riusciva a capire cosa lo avesse attirato, mentre per poco non cadeva dalle scale di quel pontile e continuava a correre col volto all'indietro per tenere impressi nella sua mente quegli occhi chiari. Sapeva solo che gli piaceva ma aveva, purtroppo, altro a cui pensare, qualcun altro da andare ad incontrare, qualcun altro che non trovò.
Immaginate, quindi, la sua espressione di totale stupore quando, convinto di dover comunicare alla moglie che non avrebbero avuto alcun ospite, se lo ritrovò in casa, che aveva già fatto le presentazioni, lasciando la giovane donna e la di lei madre alquanto perplesse dai suoi modi volgari.
Sì, perché Harry avrà anche frequentato un istituto di alto rango ma, avendolo fatto da esterno, non aveva idea di come porsi in pubblico e, sinceramente, nemmeno gli importava. Perciò che male c'era a mangiare il pollo con le mani, leccandosi le dita e ruttando una volta finito? Le donne erano perplesse e scioccate, Louis, invece, lo trovava interessante. E non riusciva ancora bene a capire il perché.

"Ti ho notato alla stazione, ma non credevo potessi essere tu" gli aveva detto, mentre lo guardava, senza alcun fastidio, che addentava il pollo come se non mangiasse da giorni.
"Altrettanto" aveva risposto Harry, con sguardo supponente e pulendosi la bocca con una mano.
Anche il suo modo strano di esprimersi lo incuriosiva e, chissà, forse lo aveva notato anche la giovane moglie di Louis, Eleanor, che tentò di distrarre i due dal loro palese flirtare con gli occhi.

"Cosa fa suo padre?" aveva, infatti, chiesto, pur non essendo veramente interessata alla cosa.
"Si sbronza, per lo più, non lo vediamo da dieci anni."
"Oh mi dispiace" continuava lei, quando, invece, dentro di sé, provava solo disgusto.
"Non deve dispiacersi, non è una gran perdita" rispose Harry, e lo aveva fatto continuando a fissare Louis, che ormai aveva perso del tutto l'interesse verso il cibo e non faceva altro che guardarlo, che continuava a fumare la sua pipa, senza nemmeno aver chiesto se desse fastidio a qualcuno.
La verità era che lo avrebbe ascoltato parlare in eterno, ma ancora non lo voleva ammettere, in fondo si conoscevano da meno di un'ora, eppure sentiva di aver bisogno di Harry, come l'aria, e non gli importava nemmeno più che, dal momento in cui era entrato nella sua vita, gliela avesse scombussolata totalmente.
Quando vivi in una società in preda alle convenzioni sociali e alla censura, non è facile ammettere e, soprattutto, convivere con determinati sentimenti. Perché qui si stava parlando di vero e proprio colpo di fulmine. Che poi i protagonisti fossero due uomini non era molto importante.

"Io amo mia moglie" aveva affermato, senza alcuna titubanza, Louis, durante una delle loro passeggiate ricreative. Ormai passava più tempo con Harry che con lei, e la gente aveva iniziato a sparlare ed evitarlo, ma vi ho già detto che a lui non importava più da un bel pezzo.
"L'amore non esiste, qualsiasi cosa tenga insieme le famiglie e coppie sposate non è amore, è stupidità, egoismo, oppure paura."
E quella risposta lo aveva spiazzato, si era sentito scoperto, violato, giudicato. 
Ce l'aveva con lui, forse? No, non poteva essere, lui amava sul serio sua moglie, stava per renderlo padre, l'amore esiste eccome, e lui lo aveva trovato. 
Allora perché continuava a pendere dalle labbra di quel ragazzino?

Cercando di scacciare questi pensieri peccaminosi, rientrò a casa e, di nuovo, si ritrovò a discutere con Eleanor. Non avevano mai litigato così tanto, non poteva non averlo notato, non succedeva prima che il ragazzo arrivasse a fare da terzo incomodo. 
Ma era davvero un terzo incomodo? Era un ragazzo, una persona del suo stesso sesso, continuava a ripetersi, tra un bicchiere di assenzio e l'altro, mentre lo guardava che gli esponeva le sue assurde idee disteso sul divano del suo grande salotto. Cercava di autoconvincersi che tutto andasse bene e che fosse normale. 
Invano.
"Non pensi sia meglio chiedere ad un amico di ospitarlo?" gli aveva chiesto lei, pur immaginando la sua reazione.
"La gente non lo capisce, io sono l'unico in grado di capirlo" aveva risposto Louis, rendendosi conto del tono egoistico che avevano le sue parole. Parole che lo fanno scattare, come non aveva mai fatto da quando conosceva Harry e che lo fanno reagire come mai aveva pensato.
Perché Louis non era un uomo violento, eppure quel giorno aveva picchiato sua moglie, e non sarebbe stata l'ultima volta.
"Sto solo aiutando un amico!" si era giustificato urlando, mentre lei piangeva e si copriva il viso che lui le aveva appena colpito, e guardandola come si guarda un oggetto, non una persona.
Era l'alcol a farlo parlare, cercava di convincersi lei, perché lui non dava alcun segno di pentimento dopo questi attacchi, non le chiedeva mai scusa per come la trattava, la pregava soltanto di smetterla di intromettersi nel suo rapporto col suo giovane amico, come se quella di troppo fosse lei.

Quella stessa sera, il suocero di Louis tornò a casa, e trovò Harry nel salotto che, tanto per cambiare, se ne stava riverso sul divano con la sua immancabile pipa. Il ragazzo aveva sentito il litigio tra marito e moglie e, anche se cercava di nasconderlo, perché non era incline a certe cose, si stava gongolando per essere oggetto di discussione tra una coppia sposata e dal matrimonio solido.
Il signor Calder non disse al ragazzo il suo nome, e questo fu il motivo che lo spinse a mandarlo via, oltre al fatto che non fosse stato avvisato della sua presenza in casa. 
Harry, infatti, si era lamentato della mobilia, delle luci, dell'intera struttura dell'abitacolo, nonché delle abitudini fin troppo borghesi che aveva insegnato a sua figlia proprio con lui, il quale, quando finalmente gli disse chi era, era parecchio indispettito.
"Ah, dunque è suo il cane che ho rotto! Non penso che gli piacesse molto, visto dove lo teneva, vero?" aveva detto sarcastico, mentre raccoglieva i cocci della statuina raffigurante un cane, che aveva fatto accidentalmente cadere da sopra il camino, quasi come se non gli importasse di star rischiando grosso.

"Quel ragazzo deve andarsene subito, questo non è un ambiente adatto a lui!" aveva ordinato, infatti, l'uomo a Louis, piombando nella sua stanza da letto e svegliandolo.
E questo era stato l'inizio della fine. Quando Louis si era rifiutato di obbedire ad un ordine così stupido e senza senso ai suoi occhi, era già deciso a voltare il viso verso quello di Eleanor e tornare a dormire, ma poi il vecchio gli aveva annunciato che Harry era andato via e lui... semplicemente... si era sentito perso.
Fuori diluviava, faceva parecchio freddo, ma l'unica cosa che gli importava era ritrovare il ragazzo e riportarlo indietro, sperando di non essere arrivato troppo tardi.
Lo ritrovò seduto su una panchina e, senza nemmeno dire una parola, lui lo aveva seguito, fino alla mansarda in disuso di un suo amico.

"Non è granché" aveva detto quasi vergognandosi "ma per qualche giorno potrebbe andare bene."
Harry non aveva risposto, aveva cominciato subito a spostare le cose dal corridoio per creare lo spazio a suo piacimento, e poi si era seduto a terra. Aveva, come sempre, acceso la pipa e, a gambe incrociate, aveva guardato Louis e aveva iniziato a parlare.
"Dunque la ama?"
"Certo, è giovane, ricca, e sta per darmi un figlio."
"E avete qualcosa in comune?"
"No."
"E' intelligente?"
"No."
"E' in grado di comprenderla?"
"No."
"Allora le può dare soltanto sesso."
E Louis aveva sorriso, perché si era reso conto per la prima volta che Harry aveva ragione: da lei, ormai, gli bastava ricevere il sesso, mentre da lui, invece, voleva tutto. Non riusciva a spiegarsi, ancora, come fosse arrivato a questa strana sorta di ossessione, ma ormai sentiva dentro se stesso che se Harry non stava bene e dove era in grado di vederlo, lui diventava irascibile, si sentiva solo, e inutile. 
Era dunque questo l'amore? Eppure proprio Harry aveva affermato con certezza che non esisteva, e lui pendeva talmente tanto dalle sue parole, che aveva pensato di potergli credere, rendendosi conto che non potendo amare se stesso, non si rendesse conto di quanto fosse bello, giovane, brillante, e capace di attirare anche una persona come lui, che dalla vita credeva di avere già avuto tutto.

I due continuavano a vedersi, Harry venne presentato nei caffè normalmente frequentati da Louis, e i due non facevano alcun mistero del legame profondo che li univa, tanto che, in una delle loro tante riunioni, il giovane poeta scatenò una rissa, mentre criticava aspramente i poemi dei presenti che li leggevano orgogliosi ad alta voce. Li definì, senza alcun problema, una merda e, quando gli venne intimato di andar via, pisciò loro in testa, sotto gli occhi divertiti di Louis che, probabilmente, in un altro frangente, sarebbe rimasto disgustato da quelle gesta.
Ormai non gli importava di perdere i favori degli altri, era solo con Harry che voleva passare il suo tempo, quindi, ridendo di quanto successo, si ritrovarono nella malmessa mansarda a fumare oppio, prima di ricevere l'ordine ufficiale di bando, che costrinse Harry a tornare a Charleville, la sua città natale.

Non aveva nemmeno fatto in tempo ad arrivare lì che aveva ricevuto una missiva da Louis. 
Il contenuto era eloquente:
"Amami, proteggimi e dammi fiducia. Essendo molto debole, ho molto bisogno della tua bontà." Bastarono quelle parole a convincerlo a tornare a Parigi, dove alloggiò in tre squallidi alberghetti diversi, finendo poi, stufo dell'afa della città, per partire per il Belgio. 
La madre, prima che se ne andasse, aveva notato nei suoi occhi lo strano luccichio che, di solito, hanno le persone quando sono felici per merito di qualcuno, e lo aveva salutato, sapendo di non avere alcun potere nelle decisioni che, ogni volta, suo figlio prendeva, pregando che questa persona che lo rendeva così non lo distruggesse.
"Spero che almeno tu stia facendo un buon lavoro" gli aveva detto, con voce quasi rotta dalla disperazione. Conosceva bene l'animo irrequieto di Harry e, probabilmente, aveva paura di ricevere a breve notizie della sua eventuale morte chissà in quale parte del mondo.

Fu in Belgio che incontrò casualmente Louis che, senza dire nulla alla moglie, lo seguì e passò con lui la frontiera clandestinamente a Pussemange.
"Noi dobbiamo fare un patto, tu aiuterai me e io aiuterò te. Se ce ne andiamo insieme, sono sicuro che ricomincerai a lavorare bene e quando avremo preso il possibile l'uno dall'altro ci separiamo e procediamo da soli."
"E come faremo a mantenerci?"
"Beh, tu hai qualche soldo."
"Adesso capisco: io aiuto te mantenendoti e tu aiuti a ravvivare la mia arrugginita ispirazione, vero?"
"Non contemporaneamente."
Lo stavano facendo, si stavano guardando, per la prima volta da quando si conoscevano, non più come amici o colleghi, ma come due persone attratte l'una dall'altra, e non ci fu meraviglia se a prendere l'iniziativa fu Harry, che si allungò ulteriormente a sfiorare le labbra di Louis, prima timidamente e poi con foga, quando il più grande ricambiò il suo sguardo pieno di lussuria.
Louis era rimasto sconcertato, perché si stavano pian piano concretizzando tutte le sue fantasie, fantasie che lo vedevano protagonista in scenari dove dominava e si faceva dominare da un ragazzo di dieci anni più giovane, ma più esperto e malizioso di lui. Però si era lasciato baciare, perché aspettava di assaggiare quelle labbra da troppo tempo, ormai.
Si erano ritrovati, senza alcun preavviso, l'uno sull'altro. Louis era nuovo a certe situazioni e Harry lo guardava come se, invece, per lui fosse la prassi. Ancora una volta non gli importava, aveva detto a se stesso che da quel ragazzino voleva tutto, e per lui sarebbe andato anche contro la morale.
Aveva, quindi, lasciato, che gli togliesse i vestiti di dosso e, con totale mancanza di grazia, lo aveva spinto sul logoro letto della mansarda, che cigolava ad ogni minimo movimento, e gli aveva mostrato cos'era il sesso tra due uomini. 
Louis ne uscì sconvolto, non tanto dal dolore fisico che sentì quando il ragazzino gli aveva leccato la schiena e gli teneva tre dita dentro o le aveva sostituite con la sua erezione che non vedeva l'ora di svuotarsi, no... era sconvolto perché aveva sentito la totale assenza di sentimenti da parte sua, mentre lo uccideva dentro e gli rubava la dignità.
Eppure... eppure non avrebbe desiderato di essere da nessun'altra parte. 
Almeno fino a quando non tornava a casa da sua moglie che, ormai in preda alla disperazione, si faceva trovare nuda nel letto, pur di attirare la sua attenzione in qualche modo.

Eleanor aveva capito di aver perso suo marito nel momento in cui Harry Styles si era presentato alla sua porta, ma ci voleva ancora provare, avevano un figlio, ormai. Non voleva crescerlo da sola, né tantomeno fargli sapere, un giorno, che suo padre preferiva un uomo e l'alcol a lei. Non voleva perdere, anche lei, la dignità.
Quindi era anche andata oltre all'ennesimo, aspro litigio, al termine del quale Louis, in preda ai fumi dell'alcol, le aveva bruciato i capelli, cercando di convincerla che la amava e non l'avrebbe mai lasciata. Ormai il loro non era più un matrimonio, perché l'unica cosa che prevaleva era l'ossessione che Louis Tomlinson stava provando per Harry Styles.
E Harry Styles, nonostante non credesse nell'amore, non voleva dividere Louis con quella donna, era suo e suo soltanto, non sarebbero bastati questi sporadici tradimenti a portarlo via da lui.

"Non posso lasciare mia moglie, lei però non mi crede" aveva ammesso, quasi disperato, mentre se ne stavano al solito bar.
"Non mi sorprende, se continui a darle fuoco."
"Non le do' fuoco da giovedì scorso. Io la amo, capisci?" disse, alzando il tono di voce, più a convincere se stesso che il suo interlocutore.
"Questo è impossibile, è escluso" rispose Harry, non per la sua solita teoria sull'amore, ma per quello che, ormai, era evidente tra loro.
"Io amo il suo corpo" e infatti Louis stava già cambiando un po' le carte in tavola, con questa risposta. Non voleva lasciare Eleanor, ma non voleva lasciare nemmeno Harry. 
"Ci sono altri corpi" gli aveva detto Harry, provocandolo. Perché lui stava accettando la situazione, ma si stava stancando di star dietro ad un debole. E non gli era proprio andata giù di averlo trovato in camera da letto con sua moglie.

"Me lo sono già ripreso" gli aveva detto lei, con aria di sfida, dopo essersi rivestita ed uscita dalla stanza. E lo aveva fatto anche con orgoglio, perché ci credeva davvero. Non riusciva ancora a vedere chiaro il fatto che in quella relazione fossero in tre e Louis era sempre più spinto verso l'amante.
"Non vuoi lasciare Eleanor perché sei debole, comunque non ti aspettare che io sia fedele a te."
"Ma perché sei così duro con me?"
"Perché te lo meriti."
"Non ti basta sapere che ti amo più di chiunque altro al mondo e che ti amerò per sempre?"
"Stai zitto, ubriacone noioso."
"Dimmi che anche tu mi ami."
"Per l'amor del cielo!"
"Ti prego, mi basta che tu me lo dica."
"Ti sono molto affezionato, ma tu mi ami? Mi ami davvero?"
"Certo."
"Allora poggia la mano sul tavolo, palmo rivolto in su."
E lo aveva pugnalato, perché era questo il suo modo di legare Louis a sé. Harry era pazzo, e in quel momento Louis se ne stava rendendo conto sul serio. Peccato che lui lo fosse ancora di più.

"La cosa più insopportabile è che niente è insopportabile" era stata la sua risposta alle urla di dolore dell'uomo, che cercava di tamponare il sangue che gli usciva dal palmo della mano.
Si riferiva al dolore che stava provando? Sicuramente, ma Louis lo vedeva come una specie di segno del legame che, ormai, li univa inesorabilmente.
Ed è per questo che quella stessa sera fecero di nuovo l'amore. Louis era sempre più alla mercé del più giovane, si sentiva come una parte aggiunta del suo essere, perché quando gli aveva detto che lo amava, nella follia, ci credeva veramente. Lo amava e sarebbe andato anche in prigione per lui.

Quando Louis si risvegliò, trovò Harry ancora addormentato, completamente nudo, con un braccio sul suo petto e il viso quasi attaccato alla sua spalla. Era bellissimo, non riusciva a capacitarsene, aveva impiegato tanto di quel tempo ad esprimere sentimenti in poesia che, ora che aveva un'opera d'arte in carne ed ossa accanto a sé, non poteva pensare di non essere più in grado di scrivere. 
Mentre lo guardava, regalandogli uno dei tanti sguardi pieni d'amore al cui il ragazzo era ormai abituato, Harry si svegliò e gli ammiccò un piccolo sorrisetto, prima di balzare in piedi.
"Dobbiamo partire, i giorni più belli li ho passati quando scappavo di casa. Non sapevo dove andare ma continuavo ad andare. E non ho mai visto il mare."
E adesso Louis sapeva dove portarlo.
Avrebbe iniziato a seguirlo nel suo vagabondare, avrebbe conosciuto ogni parte di lui. E lo avrebbe fatto abbandonando tutto e tutti, non l'avrebbe fermato nemmeno il piccolo George, appena nato, e di cui a malapena ricordava il viso, tanto era ubriaco ogni volta che tornava a casa.

Voleva sul serio rendere felice in tutti i modi il suo giovane amante, voleva che non lo abbandonasse mai, voleva riuscire a farlo innamorare di sé, voleva convincerlo che l'amore non era solo piacere carnale. E quindi lo aveva portato ad Ostenda, a vedere il mare, e lo aveva visto per quello che cercava sempre di nascondere: il bambino felice che era. 
Ma chissà se era davvero così o stava fingendo ancora una volta. Louis sapeva solo che il modo in cui gli era corso incontro, dopo essersi buttato in acqua, e lo aveva abbracciato e baciato era stato affettuoso, forse il più affettuoso che gli avesse mostrato da quando stavano insieme. 
Forse Harry stava imparando a provare dei veri sentimenti, e glielo aveva dimostrato quando si era prestato a scrivere insieme al suo amante il Sonnet du trou du cul, l'espressione palese di quel che era il loro legame, nonostante l'aperta bisessualità di Louis, che c'era ricascato, continuava a giacere con sua moglie, la quale, sperava ancora che, almeno, smettesse di bere.

"Non credere mi piaccia ubriacarmi, cioè mi piace, ma non mi piace essere ubriaco. Quando ti picchio poi mi sento così male che mi viene voglia di ubriacarmi per dimenticare tutto. Tu ci vedi a vivere in una capanna?"
"Perché no?"
"E allora andiamoci, per l'amor di dio, andiamoci prima che sia troppo tardi." E il suo "troppo tardi" era ovviamente riferito alla presenza di Harry, di cui non voleva né riusciva a liberarsi.
Eleanor ci credeva, era convinta di aver vinto o, almeno, di essere in una buona posizione, ma era bastato che il giovane amante apparisse in quella stanza d'albergo londinese, per far di nuovo scappare il marito via da lei.

Purtroppo, però, Louis realizzerà presto che vivere con Harry non è affatto facile. 
Sapeva di avere a che fare con una persona insostenibile e troppo diversa da lui, quindi le loro giornate erano sempre più costellate da litigi e lui, ormai, passava quasi tutto il suo tempo in qualche bettola ad ubriacarsi e a sfogarsi con qualche volgare prostituta che non faceva altro che ricordargli quanto miserabile fosse la sua vita.
Non aiutava nemmeno il fatto che, ogni volta che tornava dal suo amante, lui gli rinfacciasse di essere vecchio e alcolizzato. Infatti, Louis un giorno abbandonò improvvisamente Londra per il Belgio lasciando Harry solo e senza un soldo, e lui, che non se l'aspettava affatto, gli corse dietro fino al molo, piangendo sinceramente, e implorandolo di tornare indietro.

"Non te ne andare, non mi lasciare, torna da me" gli aveva urlato con disperazione sincera "come farò a sopravvivere?" ma forse lo aveva detto solo perché pensava alla fame che avrebbe patito senza i suoi soldi, e lo sguardo privo di espressione di Louis che si allontanava sulla piccola barca gli aveva fatto notare che lo aveva perfettamente capito, che poteva piangere quanto voleva, non sarebbe tornato indietro.
Ecco perché non erano passati nemmeno cinque giorni e Harry si presentò all'albergo di Bruxelles in cui Louis si era stabilito con la madre, come risposta alla sua lettera in cui lo avvisava che, se la moglie non l'avesse ripreso con sé, si sarebbe ucciso. 
Peccato che ormai pareva davvero troppo tardi, a Harry non importava più di correre dietro ad un uomo che non aveva il coraggio di accettare la sua vera natura e preferiva stare con una persona che non amava piuttosto che con lui, quindi si scatenò un altro litigio quando gli disse che se ne sarebbe tornato a Parigi senza di lui.
La reazione non era stata delle migliori.

"Non mi importa che resti per me solo per pietà, basta che resti!"
"Ho fatto acquisti stamattina, ho comprato una pistola."
"Perché?"
"Per te, per me, per tutti."
"Hai comprato un bel po' di munizioni." E Harry continuava a parlare, senza rendersi conto di quanto ogni sua parola lo provocasse sempre più.
"Io non ti lascerò mai andare. Io ti uccido!"
"Per l'amor di dio, pensa a quello che fai."
"Ho letto la tua lettera, mi supplicavi di tornare. Hai detto di averla scritta piangendo, ho visto le tue lacrime sulla carta."
E ancora una volta Harry ripensava a quando era davvero disperato, perché non sapeva dove andare, non aveva più di che mangiare e si sentiva solo. Aveva ripensato al calore che quel vecchio pazzo era riuscito a dargli senza che nemmeno glielo avesse davvero chiesto.
Era talmente concentrato sui pochi momenti davvero felici che aveva vissuto con lui, che non si accorse che il vecchio aveva preso la pistola e, mentre gli dava le spalle, sdraiato sul malconcio letto di quella stanzetta, gli aveva sparato due colpi, traforandogli la mano destra che aveva commesso l'errore di alzare al cielo.

"Non volevo, per l'amor di dio, uccidimi, sparami."
"Mi hai fatto un buco in una mano!"
Harry continuava a fissare il sangue che gli fuoriusciva a fiotti dal palmo della mano, lo fissava senza emettere nemmeno un urletto di dolore, perché non si era sentito ferito nel fisico, non solo in quello, almeno, ma anche nell'animo, per come tutto quello che, fino a pochi secondi prima, aveva pensato di Louis, si fosse frantumato con quel solo gesto.

Ovviamente gli spari avevano attirato l'attenzione del personale alberghiero che aveva chiamato la polizia, la quale, messa precedentemente al corrente della situazione coniugale di Louis, lo aveva arrestato per sodomia e tentato omicidio, nonostante Harry non avesse mai voluto sporgere denuncia nei suoi confronti. 
Non sapeva perché, ma in fondo non voleva ancora davvero privarsi di quel vecchio che lo amava e lo faceva sentire amato in un modo così folle.
Nonostante questo decise, per l'ennesima volta, di voltare pagina, di riprendere la veste del vagabondo, quindi tornò a Charleville, alla fattoria di sua madre, la quale ormai aveva capito tutto del legame morboso del figlio col vecchio Tomlinson, ed era seriamente preoccupata, in fondo era stata lei a farli conoscere, e vedere il suo ragazzo con una mano ferita non aveva fatto altro che aumentare la sua preoccupazione.

Passarono due anni, Louis uscì di prigione che era ormai un uomo libero, poiché Eleanor aveva ottenuto il divorzio ed era andata via col loro bambino. Ma Louis neanche ci pensava, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidersi, non per lei, almeno. Il suo unico pensiero, ormai, era ritrovare il suo giovane amante, poiché in quei due anni di prigionia non aveva fatto altro che pensare a lui, agli errori compiuti e, soprattutto, al tempo perso. 
Si era ripetuto mille volte che non c'era nulla di sbagliato nella loro relazione, che avrebbe voluto essere forte come lui e non vergognarsi di baciarlo in pubblico come lui aveva tentato di fare tantissime volte.
Non c'era nulla di sbagliato nell'amore tra Louis Tomlinson e Harry Styles e a lui importava solo questo.

Quel che, però, non si aspettava era che Harry avesse vissuto quei due anni in maniera del tutto differente. In pratica non l'aveva aspettato affatto, si era fatto dei nuovi amici, dei nuovi amanti, non pensava più a Louis né tanto meno sperava di rivederlo, come invece successe.
Era andato fino a Charleville, dopo essersi accertato che fosse stato bandito da ogni caffè di Parigi, esattamente come lui. Non era più nessuno, la sua carriera, la sua vita erano completamente rovinate, e tutto perché si era innamorato di un ragazzino che lo aveva reso folle.
Quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, in mezzo a quella distesa di alberi spogli, Louis vide i prati verdi dell'Inghilterra in cui si erano amati, ma non riconobbe in loro l'espressione che, probabilmente, Harry stava vedendo nei suoi occhi che ricordavano il mare.
Harry aveva detto basta molto tempo prima.

"Ascolta, in carcere pensavo a quanto potremmo essere felici, dovrebbe essere facile, dovrebbe essere la cosa più facile del mondo!"
"Non lo è mai stato per noi, non lo sarà mai per nessuno di noi due."
"Io volevo che partissimo insieme! E adesso che cosa faccio?"
"Dovrai trovarti qualcun altro."
"No, ti prego, io non posso, ti prego...
"Lasciami!"

Lapidario, Harry non lo guardava nemmeno negli occhi, chissà poi per quale motivo, se era davvero così sicuro di sé e, soprattutto, se era certo di non amarlo.
Chissà, forse aveva paura di riconoscere il mare, che aveva visto una sola volta, nei suoi occhi e ricordarsi del caldo abbraccio che si erano scambiati sulla riva. Forse aveva paura di arrendersi e ricadere in quel buco nero senza uscita. O forse, semplicemente, non lo amava e se ne voleva liberare.
Louis non riusciva a crederci, non era possibile che si fosse ritrovato in questa situazione tutto solo, non poteva accettare che fosse sempre stata una relazione a senso unico, che rovinarsi la vita non fosse servito a niente.
Lo amava, lo amava sul serio, e forse questa volta avrebbe fatto quello che aveva promesso anni prima: si sarebbe ucciso, se fosse rimasto solo. Sì, se solo ne avesse mai avuto il coraggio.

Nonostante questo, Harry era deciso a lasciarselo alle spalle, si era convinto che stargli accanto potesse portargli un altro buco nella mano o, peggio, in fronte, e quindi era partito per l'Africa, per realizzare il suo sogno più grande.
Sì, avete capito bene, il suo sogno più grande, che non aveva nulla a che vedere con lo scrivere, ma solo con la voglia di far del bene agli altri. All'inizio aveva pensato persino di maledire sua madre che lo aveva spinto verso quell'uomo, e lo aveva convinto che la poesia sarebbe stata la sua vita. E lui era andato a Parigi pieno, quasi, di belle speranze, e si era ritrovato con un uomo ossessionato e nessun vero insegnamento per la sua arte.

In Africa lo adoravano, e le donne lo amavano, in tutti i modi possibili. Poi, ovviamente, era accaduto il peggio, quasi a dimostrazione del fatto che, se pensava che Louis Tomlinson fosse stata la causa di tutte le sue disgrazie, si sbagliava di grosso.
Durante una delle sue normali escursioni, cadde tra le rocce e si ferì gravemente ad un ginocchio, che non curò bene. Gli venne un tumore, che andò all'ultimo stadio in breve tempo, poiché non c'erano medici in quel luogo, dove la gente gli voleva un gran bene ed era terrorizzata e disperata all'idea di perderlo per sempre.
Harry, infatti, era convinto che ormai la fine fosse vicina, quindi si fece mettere su una zattera e si fece trascinare dal mare, lo stesso mare che adorava e di fronte al quale aveva deciso di vivere, lontano da Louis e da qualsiasi cosa che potesse dargli anche solo una piccola gioia reale.
Arrivò a Marsiglia e gli venne subito amputata la gamba. Purtroppo, questo non servì a migliorare la situazione, anzi, la peggiorò, perché di stare fermo, proprio non voleva saperne: cominciò a perdere sensibilità alle braccia e gli vennero diagnosticati pochi mesi di vita. Espresse, quindi, il desiderio di essere sepolto vicino al mare, ma alla fine venne sepolto a Charleville, nella tomba di famiglia.

Era morto ormai da un po' quando la sorella Gemma mandò a chiamare Louis.
Erano passati dieci anni, i capelli di Louis erano ancora più diradati di quanto potessimo ricordare, aveva la barba lunga, incolta e leggermente bianca. Non era più un poeta, non era più nessuno, e si era ormai abituato all'amore sporadico delle prostitute e alle gioie dell'alcool. 
Era l'ombra di se stesso ma, quando vide Gemma, gli sembrò quasi di riprendere interesse verso la vita. Somigliava talmente tanto a Harry che non si prese nemmeno la briga di accertarsi che fosse davvero sua sorella. Sperava gli dicesse dove potesse trovare il ragazzo, perché se quella donna era lì qualcosa doveva pur significare. Ma, purtroppo, Gemma non aveva alcuna notizia positiva per lui.

"Mio fratello è morto dopo una lunga agonia, dilaniato dal dolore, ma so che mettendo in mano sua le sue opere sto facendo la scelta giusta. Non voglio che siano pubblicate, voglio che di mio fratello resti un buon ricordo, non l'oscenità delle sue creazioni, perché è ovvio, signor Tomlinson, che qui si parli ovunque di lei, e io non..."
"Non ho nessuna intenzione di bruciarle" aveva detto Louis, mentre quasi accarezzava quei fogli ingialliti dal tempo, sui quali aveva ritrovato la scrittura fin troppo familiare del suo Harry "il mondo deve conoscere il genio di suo fratello. Sa una cosa? Anche io ho un tumore al ginocchio, proprio come lui." E, nel momento esatto in cui lo diceva, Gemma aveva iniziato a piangere, perché ricordava ancora nitidamente il funerale di Harry, nonché i suoi ultimi momenti. 
Era così irriconoscibile che quasi le spezzava il cuore pensare di voler eliminare ciò che aveva scritto.
Ma Louis forse aveva ragione, il mondo doveva sapere di lui, meritava di conoscerlo.

Dal giorno della sua morte gli appariva in sogno tutte le notti, il suo grande e radioso peccato, come lo chiamava lui. 
"Siamo stati sempre felici, sempre" diceva, nel sonno, felice che nessuno potesse essere lì a sentirlo.

"Sai, amore mio? L'ho trovata" era ciò che un Harry radioso, con la sua pipa e i capelli mossi dal vento, gli ripeteva sempre in questi sogni.
"Cosa?" gli chiedeva lui, con dolcezza.
"L'eternità. E' il sole, in comunione con il mare."
E Louis, sempre grato del fatto che nessuno potesse vederlo, si stringeva al cuscino e piangeva.
  
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