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Autore: thevampirecat    18/12/2014    9 recensioni
[ Fanfiction tradotta da Ivola | Bethyl what if... ? | Angst+fluff+lime ]
Beth rende tutto più facile, è lei a coinvolgerlo, a coinvolgere entrambi. Lo fa sembrare così logico, così naturale. Come se lei riempisse tutti i buchi dentro di lui, come se aggiustasse tutti i pezzi rotti e levigasse i bordi ruvidi. E in qualche modo - ancora non sa come - lui fa lo stesso per lei.
[...] « Non mi distrarrai così facilmente, signor Dixon. »
Signor Dixon.
Diamine, questo lo fa impazzire ogni volta.

[...] Anche se sa che la verità è che è lei ad aver marchiato lui. L'ha marchiato già, più di quanto abbia mai fatto la sua infanzia di merda. L'ha segnato quel giorno fuori al capanno, segnato con il suo amore, con la sua gentilezza, con la sua bontà.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction (link originale QUI) è una traduzione di Ivola. Il testo non mi appartiene, è opera esclusiva dell'autrice (QUI il suo profilo).


Note: Sì, alla fine ce l'ho fatta. Perché "alla fine"?, direte voi. Il fatto è che ho letto questa fanfiction molto tempo fa, molto prima del finale di metà stagione. E ho sempre pensato che fosse perfetta, che Daryl e Beth avrebbero dovuto far maturare la loro relazione proprio in questo modo. Avevo cominciato a tradurla per conto mio, perché l'avevo trovata molto bella, ma di recente ho chiesto all'autrice il permesso di pubblicarla (x), e lei ha accettato volentieri - la ringrazio ancora per questo, è stata dolcissima ♥ 
Ovviamente sono fin troppo delusa per la morte di Beth (sto piangendo e deprimendomi da più di due settimane Dx), quindi avevo davvero bisogno di dedicare alla Bethyl qualcosa di... bello, sì, ma soprattutto di sensato. E, a quanto pare, visto che si parla anche di Babbi Natale, pare che siamo in tema :° Ho voluto condividere questa one-shot con il fandom italiano perché merita di essere letta. Io mi sono semplicemente limitata a trasportare le parole da una lingua all'altra, anche se il lavoro non è stato per niente facile (ci sono espressioni in inglese che praticamente in italiano sono intraducibili). Per questo, in alcuni punti mi sono affidata a un'interpretazione personale del testo, sempre cercando di attenermi il più possibile allo scritto originale. In ogni caso, in fondo alla pagina inserirò delle doverose note di traduzione per chiarire alcuni punti che potrebbero risultare poco chiari.
Come sempre si ringrazia pandamito per l'assistenza - andate a leggere le sue fanfiction Bethyl, comunque, meritano molto.
Un bacio, un grazie a chiunque leggerà e... a presto!

 


Premessa: Questa storia è stata scritta da thevampirecat prima dell'inizio della quinta stagione, fa parte di una serie di altre one-shot ed è ambientata in un ipotetico Terminus idilliaco, dove il Team prison si è stanziato. Beth è stata portata in salvo e ha cominciato una sorta di relazione con Daryl, che tuttavia è abbastanza complicata proprio a causa del carattere di lui.

Note originali dell'autrice: Omg, l'ho finita in tempo. Pensavo di aver scritto abbastanza dopo il prompt "She is the sunlight", ma questa mi è balzata in testa stamattina e volevo disperatamente condividerla. E' un po' frettolosa e spero non ci siano troppi errori. Spero che non vi deluda. E' basata sul prompt "ricordo", ma dovrebbe risultare abbastanza ovvio dalla lettura della storia.

 



 



 
Precious  G i f t s

 
 
« Quando avevo otto anni, papà mi portò al Carnevale d'inverno1 poco prima di Natale. Faceva freddo, così tanto freddo. Nevicò persino un po'. »

Lei è seduta tra le sue gambe, la schiena premuta contro il suo petto. Sono di nuovo soli, la cena è finita, tutti sono dentro a giocare a un vecchio e malconcio Monopoly trovato da Carl all'inizio della settimana. Tutti eccetto loro. Lui non sa se qualcuno ci farà caso, ma in fin dei conti non gli importa molto.

Lo fanno ancora. Sedersi di fronte al fuoco e parlare nella notte, guardando le ombre diventare più lunghe e i loro capelli e abiti sempre più maleodoranti di fumo. Insieme hanno imparato a conoscere le loro anime e adesso, lentamente - molto lentamente -, stanno imparando a conoscere anche i loro corpi.

E' diverso, comunque. Diverso da prima, diverso da quando aveva promesso di proteggere lei e il suo abito rosso2 da tutti gli erranti del mondo. Diverso perché adesso lei preme contro di lui, stringe le sue mani e lui le bacia la pelle - qualsiasi lembo scoperto che sia vicino alle sue labbra.

« Così freddo » dice lei di nuovo.

« Maggie ti aveva lanciato la neve sui jeans? » chiede lui.

Lei scuote la testa e i suoi capelli gli toccano la bocca, sottili filamenti che gli sfiorano le labbra. Non li sposta via.

« No, Maggie non era venuta con me. C'eravamo solo io e papà. Ero triste e lui voleva farmi una sorpresa, » la sua voce possiede ancora quella cadenza, quella che assume quando parla di suo padre. Quella che gli dice quanto ancora lei soffra. 

Il braccio di lui le stringe leggermente la vita e lei si appoggia contro il suo petto mentre lui spinge via la spallina della sua canotta viola dalla spalla per stamparle un bacio sulla pelle.  

« Perché eri triste? » chiede.

Lei sbuffa.

« Perché Alan Turner mi disse che gli piaceva Penny Morris molto più di quanto gli piacessi io, perché lei era più carina. » 

Lui ghigna leggermente contro la sua spalla.

« Idiota » sussurra. Anche se non può vederlo, sa che lei sta sorridendo.

« No, aveva ragione. Penny Morris era molto più carina di me » dice lei.

« Idiota e cieco » dice lui e lei ridacchia piano, coprendogli la mano che le ha appoggiato sulla pancia con la propria e intrecciando le dita con le sue. 

« Così papà a sorpresa decise di portarmi fuori per farmi sentire meglio » continua. « Facemmo un giro sulla ruota panoramica, dopo bevemmo la cioccolata calda e mangiammo i rotoli alla cannella3. Papà mi comprò anche un delfino gonfiabile. »

Lui sorride al pensiero della piccola Beth Greene, con la faccia sporca e appiccicosa, un cappellino rosa a coprire i suoi capelli in disordine, mentre saltella in giro con il suo delfino gonfiabile. E il suo cuoricino di bimba di otto anni spezzato a causa di un moccioso probabilmente senza denti e con le ginocchia nodose.

« Solo io e papà. Era un giorno solo per noi due, hai presente? » si volta tra le sue braccia per guardarlo. E' quello sguardo che Beth Greene gli riserva quando vuole che lui capisca davvero qualcosa, quando ha veramente bisogno di sapere se comprende a fondo quello che lei gli sta raccontando. Quella non è semplicemente una storia su delfini gonfiabili, marshmallow e cioccolata calda.

Lui annuisce lentamente, sperando di capire. Pensa di capire, pensa di capire Beth Greene allo stesso viscerale livello in cui lei capisce lui. In quella natura selvaggia dove le parole non sono necessarie e dove la comunicazione è solo un'altra forma di contatto o movimento, per di più. Pensa di capire. Ma a volte deve ricordare a se stesso che persino in questo mondo, questo nuovo e primordiale mondo, le persone hanno bisogno di parole, parole da capire. Persone come lui e Beth.

Abbassa la testa e bacia la sua spalla, ancora, e lei lo osserva attentamente. Attentamente, come se lo stesse mettendo alla prova. Daryl pensa che lei rimetterà a posto la spallina della canotta, ma invece non lo fa e si appoggia di nuovo contro di lui.

« Mi persi quel giorno » dice lei. « Lì avevano assunto un Babbo Natale, così i bambini potevano sedersi sulle sue ginocchia e dirgli cosa volevano per Natale. » 

« E tu che cosa volevi per Natale? » la interrompe lui, con le dita a sfiorarle le spalle.

« Alan Turner » risponde lei e lui alza gli occhi al cielo.

« Quella nullità? » chiede, scuotendo la testa. « Non riesco a capire cosa ci trovassi in lui, Beth. »

Lei ride cristallinamente e lui le bacia il collo, respirando profondamente, respirando finché non riesce a sentire l'odore sotto il profumo del sapone. La sua essenza4. L'essenza di Beth.

« Più tardi vidi Babbo Natale senza costume e con i suoi capelli bianchi e la sua barba... pensavo fosse mio padre » continua lei. « Così lo seguii per sbaglio, senza capire perché camminava velocemente e perché non si fermava a guardarmi o parlarmi. Papà mi cercò per ore ed ore, chiamando persino la polizia. Era così agitato... » 

Lui annuisce anche se "agitato" non è la parola giusta. Sconvolto. Devastato. Distrutto. Annientato. No, neanche queste sono giuste abbastanza. Non esiste una parola per descrivere come ci si sente a perdere Beth Greene.
Il linguaggio non è crudele abbastanza per partorirne una adatta.

Lui lo sa, sa come ci si sente. Sa come ci si sente nel cercarla e non trovarla. Il solo pensiero lo congela e lui le cinge a vita con entrambe le braccia e la tiene più vicino, senza badare al fatto che potrebbe stare scomoda contro la sua schiena.

« Come ti ha trovata? » chiede, quasi spaventato dalla risposta. 

Ha messo il mondo a soqquadro? Ha ucciso e torturato? Ha venduto la propria anima? Si è disperato? Ha sacrificato se stesso e tutto ciò che amava? Ha supplicato e scongiurato? Ha rubato e distrutto? E' questo l'unico modo per portare Beth Greene indietro? Sembrano solo piccoli sacrifici. Sembra facile. Sembra quasi una ricerca priva di sforzo.

Lei ride.

« Alla fine Babbo Natale realizzò che c'era una strana ragazzina che lo seguiva e mi portò al banco informazioni. Aspettò lì con me per tutto il tempo, finché mio padre non arrivò. Gli disse "Buon Natale" mentre mi consegnava a lui come se fossi un regalo o qualcosa del genere... » 

Un regalo o qualcosa del genere.

Non qualcosa del genere, Beth, vorrebbe dirle lui. Non "qualcosa". Un regalo. Il miglior fottuto regalo che chiunque potrebbe mai desiderare.

« Papà mi diceva sempre che io fui il suo regalo di Natale quell'anno » lei sorride dolcemente, senza avere alcuna idea dell'effetto che hanno quelle parole su di lui. « Maggie invece diceva sempre, scherzando, che, solo perché papà era stato disattento, non significava che il resto della famiglia doveva soffrire la mia scomparsa a causa sua. »

Lui sospira tra i capelli di lei e le bacia ancora una volta il collo, guardando la sua pelle rabbrividire sotto la propria bocca, mentre le dita di Beth corrono ai suoi avambracci intorno alla propria vita per essere stretta più forte. 

Lei resta in silenzio mentre si abbandona contro di lui e Daryl sa che è una di quelle volte in cui dovrebbe dire qualcosa, ma non sa bene cosa, e vorrebbe solo che lei continuasse a parlare, o cantare, o accarezzare con le dita la sua pelle, i suoi tatuaggi, le sue cicatrici.

Gli viene in mente quel giorno al capanno, quando le gridò contro, quando le urlò in faccia che lui non aveva mai ricevuto niente da Babbo Natale. Era vero. Certamente non aveva mai ricevuto un regalo come quello di Hershel a quel cazzo di Carnevale d'inverno. Il Natale era uguale ad ogni altro giorno nel copione dei Dixon. Sua madre che urlava e fumava sigarette in cucina, con la faccia decorata da mascara colato ed ematomi. Il suo vecchio che russava sul divano, con una bottiglia di qualche alcolico mezza vuota penzolante dalle sue mani e una rivista di modelle aperta sul petto. Non c'era cibo in frigo, non c'era mai. A volte Merle era a casa a Natale se non era al riformatorio e si portava Daryl nel bosco vicino al torrente, cacciavano scoiattoli e conigli per poi arrostirli sul fuoco in una folle parodia di quello che sarebbe dovuto essere un pranzo di famiglia. Altre volte, quando era troppo affamato, rubava gli scarti dei vicini non appena quelli gettavano fuori gli avanzi. La signora Ellis lo colse in flagrante, un anno, con una mano nella pattumiera e i resti di budino al cioccolato sulla faccia. Gli lasciò sui gradini del portico un pasto che lui non prese perché la situazione lo rendeva nervoso, o almeno finché la carne non si fece fredda e il sugo rappreso. Lo trangugiò comunque, riconoscente per quel gesto. E come un animale, un gatto che cerca di compiacere il proprio padrone, avrebbe lasciato la carcassa del prossimo coniglio che avrebbe catturato sui gradini come ringraziamento.

Quella donna non lo invitò mai ad entrare. Era meglio così. Non puoi far entrare un gatto selvatico in casa. Lo puoi nutrire e ripagare perché uccida i ratti nel tuo giardino, ma portalo dentro e lui ti graffierà con gli artigli, rovinerà i tuoi mobili e piscerà negli angoli.

A meno che tu non sia Beth. A meno che tu sia così fottutamente buono e innocente che persino quel gatto randagio e incattivito che ti graffia braccia e gambe, che ti morde anche se ti stai prendendo cura di lui, sembra degno di cure, degno di essere accudito. Degno di essere tenuto e amato.

Daryl non ha mai biasimato la signora Ellis. Faceva quel che poteva. E a quel tempo, per un ragazzino di undici anni che è appena stato picchiato con una cintura di cuoio, le cui ferite causate dalla morso della fibbia sanguinano ancora, era sufficiente.

Sospira silenziosamente. Un'altra storia, un altro ricordo che non può condividere, un'altra parte di lui che non può mostrare. E' in momenti come questi che si abbatte, momenti come questi in cui si domanda che cosa cazzo stia succedendo con Beth Greene. Cosa diavolo lei gli stia facendo e cosa pensi che lui possa offrirle. Perché Daryl è sicuro di non avere una bella merda di niente da offrire.

Nemmeno una storia.

« Scusa » dice lei all'improvviso.

« Per cosa? » chiede lui, abbassando nuovamente la testa sulla sua spalla, respirando il suo profumo e baciando la piccola spruzzata di lentiggini che può a stento vedere al buio - nonostante ciò, sa che è lì. Allo stesso modo, sa che c'è un neo in alto al suo seno destro e una voglia sulla parte bassa della schiena. Si chiede spesso se avrà l'occasione di scoprire altri dei suoi marchi, oppure se lui le mostrerà mai i propri. Non ci ha mai pensato fino in fondo, a dire il vero. E' difficile. Difficile per il solo fatto che lei è lì, con i suoi occhi, i suoi capelli, la sua pelle. Difficile per il modo in cui lo tocca, a volte, per il modo in cui preme contro di lui quando sono soli. Ma non è ignara, non può esserlo. Beth non è stupida, né inesperta. In un certo senso lui crede che Beth abbia persino più esperienza di lui.

In un certo senso.

Qualsiasi cosa si possa pensare, Beth Greene è un'anima già vissuta. Lo riesce a vedere nei suoi occhi. E' più chiaro del giorno, più evidente del suo affetto per Maggie, per Judith, per Glenn. Dovrebbe osare dire anche lui?

No, no, non può. A parte quelle volte in cui elabora da solo pensieri assurdi, allora sì.

La bacia di nuovo, trovando il coraggio di lasciar indugiare la propria bocca sulla sua pelle, percorrendo un tragitto ripetuto dal collo alla spalla e viceversa. 

Lei rabbrividisce un po'.

« Mi dispiace, tu non hai mai avuto Natali felici. »
 
Lui potrebbe lasciar perdere il contatto fisico, potrebbe far viaggiare la propria mente e lasciarla precipitare nella tana del coniglio5, fino alla peggior miseria che i suoi ricordi gli riservano. Ma non adesso, non adesso che lei è lì ed è tra le sue braccia e gli permette di far vagare la bocca su di sé. Eppure sa fottutamente bene perché lei glielo sta permettendo. Sa fottutamente bene perché gliel'ha sempre permesso.

« Ero sulla lista dei bambini cattivi » sussurra lui, baciando il lobo dell'orecchio di lei, cercando di restare lucido.

Lei ridacchia. « Sì, Babbo Natale sa sempre dove metterti. » 

Lui sorride sarcasticamente tra i suoi capelli e lei porta la propria mano sul suo ginocchio.

« Il fatto è che » dice lei, « nonostante ebbi tanta paura, questo è comunque uno dei miei ricordi migliori. Me e papà, a mangiare caramelle gommose e fare dei giri sui cavallucci. Papà che mi stringeva la mano dicendo che Alan Turner era un cretino. »

« Visto? » dice lui, sfregandole il collo con la punta del naso, apprezzando il modo in cui il suo respiro incespica e il piccolo gemito quasi inudibile che fuoriesce dalle sue labbra. « Cosa ti avevo detto di Alan Turner? Lo sapevo che era un buono a nulla. » 

Percepisce la risata di lei, pur senza sentirla.

Lei prende le sue mani appoggiate sulla propria vita e lui non capisce se sta cercando di intrecciarle con le proprie o di fargli stringere la presa. Lui allenta la presa. La lascia fare ciò che vuole, non gli importa, ma lei sembra solo suggerirgli di distenderle le mani sulla pancia, non di tenerle strette a pugno come se pensasse ancora di perderla da un istante all'altro.

Gli va bene anche così, sente il suo calore attraverso la sottile canotta che indossa, ed è una tortura che le proprie mani non siano a contatto con la sua pelle.

La stringe ancora, le sue dita tracciano dei disegni immaginari sul suo corpo, i pollici accarezzano la stoffa della canotta, il profumo dei suoi capelli gli solletica il naso e la bocca. E il modo in cui lei arrossisce gli ricorda che se solo spostasse un po' le mani starebbe toccando i suoi seni.

Daryl non vuole pensare a quello che succederebbe dopo, in quel caso, perché nella sua testa lei è già sotto di lui e lui sta per farla sua come un animale selvaggio che possiede la propria compagna. Marchiandola. 

Si domanda cosa penserebbe lei - di queste visioni in cui lui la tocca, in cui lei è totalmente esposta a lui, in cui lui bacia le sue gambe, i suoi fianchi...

« Tu non ne hai nessuno così? » gli chiede all'improvviso, e l'attenzione di Daryl torna a lei. Ma non prima di essersi irrigidito contro la sua schiena. Sa che lei se n'è accorta. Lo capisce dal piccolo rantolo che si lascia scappare, dal modo in cui lei fa finta di cambiare posizione, e che ora sia ancora più vicina a lui è una coincidenza. Dal modo in cui la pelle d'oca prende possesso di ogni centimetro del suo corpo. Dal suo odore, dal suo nuovo profumo. 

« Così cosa? » chiede lui, con voce roca, profonda, bassa.

Lei quasi affonda ulteriormente nel suo petto, allungando le gambe davanti a sé, e quel movimento dà a lui la possibilità di far scivolare le mani sulle sue costole finché non riesce a sentire la parte inferiore del suo seno sotto i propri indici.

Lei deglutisce. « Un ricordo, sai? Uno che magari è cominciato di merda e che poi si è trasformato in qualcosa di bello. Oppure uno che era bello e dopo un po' non bello come prima, ma magari ci pensi ancora. » 

Lui sospira. Per quanto ami questi momenti - stare lì con Beth, tenere la mente rilassata abbastanza da non permettere all'istinto di sopraffare mani e bocca - questa è la parte che odia. La parte in cui lei vuole sapere di più e in cui lui vorrebbe dirle di più. In cui vorrebbe farla ridere e mentire sulla propria infanzia, per il bene di entrambi. Ma lui non lo fa mai. Mentire a Beth Greene va contro qualsiasi legge cosmica, va contro ogni suo principio. Vuole soltanto che lei lo veda come una persona normale. Senza paura. Come qualcuno a cui confidare i propri segreti e i propri timori.

Ma lui semplicemente non può, perché ci sono troppe percosse che infestano i bei ricordi, troppe notti passate al freddo, affamato e arrabbiato, ad ascoltare i suoi genitori mettere a soqquadro la casa con le loro liti e ad ascoltare allo stesso modo, più tardi, il suono delle molle del letto fare da coro alle loro scopate riparatrici quotidiane.

Non ci sono storie per qualcuno come Beth. Non ci sono storie che lei vorrebbe ascoltare. Sembra sbagliato raccontarle in questo momento, sbagliato farle rivivere davanti ai loro occhi, dannatamente sbagliato anche solo avvicinare a lei il ricordo di qualsiasi cosa suo padre gli abbia mai fatto. 

Daryl guarda in basso, verso le proprie mani distese sul suo costato, verso le dita così tanto vicine ai suoi seni che lui immagina di sentirne la morbidezza, il calore. 

, pensa lui, anche quello.

Tutto quello che dovrebbe fare è salire un po' più su, appena qualche millimetro, o forse neanche così tanto.

Le proprie mani sui suoi seni. Mani sporche, mani di un Dixon.

Alla fine abbassa le mani di nuovo sulla sua vita. Meglio. Più decente. Anzi, probabilmente dovrebbe toglierle e basta, ma non ci riesce. Neanche se è quello che dovrebbe fare.

A volte immagina che non è facile, o meglio, che non dovrebbe essere così facile stare seduto lì con lei. Non dovrebbe neanche voler condividere così tanto o sentirsi così tranquillo - a dispetto degli improvvisi e lussuriosi pensieri che gli serpeggiano in testa. Segreti che il suo corpo è più che felice di tradire di volta in volta. 

Ma Beth rende tutto più semplice.

E' sempre così, per il modo in cui lei invade il suo spazio, per il modo in cui lei lo aiuta a uscire dal suo guscio quando sa che ne ha bisogno e per il modo in cui lo lascia solo quando, a volte, ha bisogno anche di questo. Per il modo in cui lei sembra sempre conoscere il suo umore, la sua tristezza, la sua rabbia e la sua dolcezza nascosta. 

Ultimamente, Daryl ha cominciato a dimenticare tutto quando c'è lei in giro. A volte lui è già a metà strada della sua stanza, cercando di stringerla tra le braccia e di poggiare le proprie labbra sulle sue, prima di ricordarsi che nessun altro all'infuori di loro due sa.

Eppure lui sa perfettamemte che non è così.

Tutti lo sanno.

Anche se nessuno è ancora pronto per dire qualcosa apertamente.

Non gli importa.

Daryl non ha intenzione di camminare in giro a disagio come se Beth fosse una sorta di piccolo e sporco segreto di cui avere vergogna. Assolutamente no. Perché quando lui la guarda negli occhi, quando vede quanto ferocemente lei lo ami - sì, userà questa parola per descrivere i sentimenti di Beth, perché non è ancora pronto a usarla per sé - sa che non ha mai avuto niente di così puro e buono in tutta la sua vita e sa anche che non lo avrà mai più.

Beth rende tutto più facile, è lei a coinvolgerlo, a coinvolgere entrambi. Lo fa sembrare così logico, così naturale. Come se lei riempisse tutti i buchi dentro di lui, come se aggiustasse tutti i pezzi rotti e levigasse i bordi ruvidi. E in qualche modo - ancora non sa come - lui fa lo stesso per lei.

Sì, avrà bisogno di parlarne con lei perché è sicuro che non ci sia una merda di senso. 
Questa idea di lei che potrebbe... volerlo. Non semplicemente avere bisogno di lui, no, ma desiderarlo. E'... folle. Ma in fondo sono entrambi dei folli e quindi va bene anche così. 

E' il mondo a non avere senso, del resto, perciò non esiste alcun motivo per cui lui non dovrebbe desiderarla allo stesso modo.

« Daryl? » insiste lei, portando una mano di lui alle proprie labbra e baciando ogni polpastrello prima di rimetterla sulla propria pancia, un po' più in alto di prima. 

Daryl bacia il suo orecchio, mordendone un po' il lobo, quanto basta per far esplodere di nuovo la pelle d'oca su tutto il suo corpo, questa volta così fervidamente che lui riesce persino a sentirla sotto la canotta.

Lui sorride leggermente nel buio.

La voce di lei è bassa quando parla di nuovo.

« Non mi distrarrai così facilmente, signor Dixon. » 

Signor Dixon.

Diamine, questo lo fa impazzire ogni volta.

Bacia la sua spalla per l'ennesima volta, lasciando che la barba la solletichi, prima che la propria lingua dardeggi fuori per assaggiare il sudore e il sapore della sua pelle. Lei emette di nuovo quel suono. Quel piccolo gemito.

Sì, anche questo lo fa impazzire ogni volta.

Lei non si oppone quando le abbassa l'altra spallina della canotta viola e comincia a baciare la pelle dell'altra spalla. Dolcemente, piano, ma senza indugio, lasciando che i denti accarezzino la sua carne e immaginando di morderla, un giorno. Per marchiarla come se lei fosse una sorta di territorio conquistato. Sa che è ridicolo. Sa che è primordiale e che la razza umana si è evoluta da secoli su questo modo di pensare da cavernicoli, ma non riesce a farne a meno, anche se sa che la verità è che è lei ad aver marchiato lui. L'ha marchiato già, più di quanto abbia mai fatto la sua infanzia di merda. L'ha segnato quel giorno fuori al capanno, segnato con il suo amore, con la sua gentilezza, con la sua bontà. Lui sa che quando - se, si dice intanto, se - arriverà il giorno in cui cosumeranno questa cosa che c'è tra di loro... neanche quello lo segnerà come quella volta. Potrebbe avvicinarsi, ma non sarà mai così definitivo, così irrevocabile come le sue braccia avvolte intorno alla propria schiena, quando invece sarebbe dovuto essere lui a darle qualsiasi cosa necessaria per tenerla al sicuro.

Lei l'ha tenuto al sicuro.

Nessuno l'aveva mai tenuto al sicuro. Nessuno lo farà mai come Beth.

Forse un giorno lui potrà davvero fare lo stesso per lei. Fare di meglio di tutto quello che ha fatto finora.

Poi lei si gira tra le sue braccia, le spalle scivolano via dalla sua bocca e dalla sua lingua, e ora è inginocchiata tra le sue gambe, faccia a faccia con lui.

Beth con una carezza gli sposta via i capelli dagli occhi, le sue mani sono gentili e delicate sulla sua fronte e Daryl chiude gli occhi quando appoggia le proprie labbra sulle sue. E' così che lui abbandona la cautela, afferrandole la nuca e avvicinandola di più a sé, intrecciando le loro lingue e assaporando il gusto di gin economico che tutti avevano bevuto a cena quella sera e un accenno delle pere in scatola che avevano mangiato.

Dio, se ama questi momenti. Non può farne a meno, non riesce neanche a pensare lucidamente quando lei lo bacia, neanche a parlare quando le sue mani lo accarezzano. E' come essere ubriachi. Lei è quella maledetta tossicodipendenza di cui lui aveva sempre avuto paura. Probabilemente anche Beth ha pari possibilità di ucciderlo.

Le mani di lei si fanno strada sotto la sua camicia, danzando sopra il suo stomaco e il suo costato, e poi sopra a riposare sul suo petto, così come le mani di lui affondano di nuovo nella sua vita, forte come o più di prima. Non importa quanto dolce e delicato lui cerchi di essere quando i suoi palmi trovano quella curva - quella meravigliosa curva che precede i suoi fianchi morbidi -, la sua mente si colora di lussuria e il suo intero corpo anela totalmente a lei.

Vuole prenderla in braccio, prenderla in braccio come ha già fatto una volta. Vuole portarla nella propria stanza. Lasciarla cadere sul letto e vederla rimbalzare leggermente sul materasso prima di salire su di lei. Vuole spogliarla e scoprire ogni sua bellissima parte finché non avrà tutto di lei, finché non sarà a nudo per lui, completamente esposta. Vuole lasciar vagare la propria bocca sulla sua pancia, sui suoi fianchi, sui suoi seni.

La bocca di un Dixon.

Questo pensiero lo blocca e la sua presa si allenta, mentre lei si allontana leggermente, confusa. Ha un momento di panico nel pensare che lei se ne andrà, anche se non l'ha mai fatto. Non l'ha mai lasciato veramente da solo. L'aggressività passiva non è nello stile di Beth. Non lo è mai stata. Lei non è mai stata incline a capricci o esplosioni di rabbia. Lei è... peggio, ha sempre voglia di parlare anche della merda peggiore o di punzecchiarlo o di stupirlo con il suo intuito, con il modo in cui lei riesce a vedere attraverso di lui - non importa quanto Daryl cerchi di nascondersi.

« Tu non sei loro, lo sai » sussurra lei.

Eccola, maledetta donna che riesce a leggergli la mente. Ancora una volta.

« Resta chi sei » ricorda lui a bassa voce.

« Sì » ribatte lei, e anche la sua voce è bassa, ma decisa. « Non chi eri. » 

Lui la bacia di nuovo, delicatamente, castamente. Non è ancora pronto a tornare alla passione ardente di qualche istante prima. Non è ancora pronto a dimostrare quanto è riuscito ad allontanare il proprio passato. 

Così comincia a giocare con i capelli di lei, le tocca una guancia, il naso, il mento. E' bellissima alla luce del fuoco, i suoi occhi brillano, i suoi capelli sono tinti di un arancio-dorato, le ombre si muovono sulla sua pelle e... all'improvviso, eccolo, un ricordo.

Il suo miglior ricordo, l'unico che possiede, l'unico che rinvendica sul serio, l'unico che vorrebbe mai avere e l'unico che si tiene stretto tutti i giorni della sua vita.

L'unico di cui non può parlarle.

Perché non può dirle che guardarla suonare quel dannato piano, che mangiare quello schifo di cena a base di zamponi e burro d'arachidi sia il miglior ricordo che possiede.

Beth penserebbe che stia mentendo. Che sia un coglione. Certo, lo è, ma non starebbe mentendo.

Lo sai.

E' vero.

« Dimmelo » sussurra di nuovo lei. 

Tu alla luce delle candele, tu che mi stringi la mano, tu tra le mie braccia, tu che canti, tu e i tuoi grandi occhi azzurri.

Tu, Beth. Tu.


Daryl pensa di aver detto l'ultima parte ad alta voce.

E l'ha fatto.

Lei lo sta guardando. Non sembra pensare che lui stia mentendo.

« Oh » dice semplicemente. 

Ora fiducioso, lui la attira a sé. Fiducioso di averla, fiducioso di averla trovata al posto del piccolo Alan Turner. Fiducioso, come quando Babbo Natale la riportò nelle mani di suo padre, del fatto che suo padre stesso probabilmente si fiderebbe di lui. Di lui. Di Daryl Dixon.

Le abbraccia di nuovo i fianchi e fa unire di nuovo le loro bocche, lei diventa seta sotto le sue mani. 

Sì, Beth. Oh.







 

Note di traduzione:
1Carnevale d’inverno: è la traduzione letterale di “winter carnival”. Noi non abbiamo questa tradizione, ma praticamente in America si usa organizzare dei festival natalizi che vengono chiamati così.
2Abito rosso: fa riferimento ad un’altra fanfiction della stessa autrice, link QUI. In poche parole Daryl aveva giurato a se stesso di uccidere tutti gli zombie del mondo pur di vedere almeno una volta Beth con indosso un abito rosso che aveva trovato.
3Rotoli alla cannella
4Essenza: per “musk” dovrebbe intendersi, diciamo, il profumo di qualcosa che è capace di generare eccitazione sessuale. L’ho reso con “essenza” perché davvero non riuscivo a trovare un termine migliore.
5Tana del coniglio: è proprio un modo di dire che da noi non si usa, ed è una metafora per indicare generalmente chi si getta in una situazione incasinata/intricata (in questo caso il passato di Daryl) senza pensarci.
Direttamente da Wikipedia: "down the rabbit hole", a metaphor for an entry into the unknown, the disorientating or the mentally deranging, from its use in Alice's Adventures in Wonderland.

*Altro: forse avrete notato una continua ripetizione di “lui/lei”. Ho cercato di mantenere la struttura della fanfiction originale, dove i nomi di Daryl e Beth vengono citati sì e no due volte... Perché in inglese la continua di ripetizone di “he/she” non stona come in italiano, così come l’alternanza degli aggettivi “his/her” aiuta di più a capire di chi si sta parlando. Comunque... sul serio, ho cercato di dare il mio meglio, spero che la traduzione sia stata abbastanza fluida ^^’




 

 
 
   
 
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