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Autore: jellyfish    08/11/2008    3 recensioni
Islanda è una ragazza molto particolare, ha una strana capacità che la rende libera e selvaggia; ma se un giorno qualcuno di poco gentile dovesse scoprire quel segreto? Allora inizia la fuga, la scoperta dell’amore e dell’amicizia, in un mondo magico, facendo lo slalom tra inseguitori, incantesimi e tradimenti…spero di avervi incuriositi!!^_^
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poteva correre, ruggire, saltare, arrampicarsi, era libera, selvaggia e senza limiti

Poteva correre, ruggire, saltare, arrampicarsi, era libera, selvaggia e senza limiti…

 

I

 

Islanda salutò suo fratello e sua madre prima di uscire, con la solita scusa di andare a fare un giro al mercato. Ogni mattina a Elven si svolgeva un mercato, che rallegrava le altrimenti tristi giornate del piccolo villaggio. Il paesino, infatti, non era molto movimentato e sorgeva ai piedi della montagna Castar, un’antica montagna di cui si onorava la divinità Setris, quasi isolato dagli altri villaggi ai piedi del monte. Il mercato mattutino era appunto l’unico avvenimento che aveva ancora il potere di risvegliare il villaggio e i suoi abitanti; era fortemente voluto da tutti: giovani, vecchi e quei pochi visitatori che ogni tanto giungevano dai villaggi vicini, ma soprattutto da Amio, il capo del villaggio, un uomo molto vecchio e parecchio scorbutico, oltre che sgradevole alla vista; passava il suo tempo a coltivare il suo campetto di zucche dietro casa sua e per questo alle spalle tutti lo chiamavano Amio-lo-spacca-zucche. Una delle poche questioni amministrative di cui si occupava era il mercato, per il resto non gli importava un granché del villaggio.

Anche quel mattino le numerose bancarelle occupavano la piazza centrale del villaggio, donandole svariate sfaccettature colorate. Ce n’erano molte, come sempre, e che vendevano tutte le merci possibili e immaginabili; bancarelle con generi alimentari, che andavano dai cibi più semplici che si potevano trovare tutti i giorni sulle tavole dei poveri contadini, a quelli più strani e raffinati, esotici anche, che con il loro profumo riempivano l’aria della piazza e delle vie più vicine ad essa. C’erano poi bancarelle con stoffe multicolori, pregiate sete che compravano solo poche donne privilegiate ma anche stoffe più rozze che andavano praticamente a ruba tra le anziane donne del paese. C’era anche una bancarella che solitamente attirava di più l’attenzione di Islanda; era una semplice tenda tenuta da un vecchio che viveva solitario ai margini del villaggio. Non parlava quasi mai con nessuno, si limitava solo a vendere la sua strana merce e, quando qualcuno gli chiedeva dove se la fosse procurata, non rispondeva mai. Vendeva le cose più assurde che Islanda avesse mai visto in vita sua: c’erano vasi strani con tanti bracci in varie direzioni che all’apparenza non servivano a nulla, libri interamente ricoperti di caratteri che non conosceva e di strani disegni al margine, dipinti di creature fantastiche che non sapeva se esistessero o no e numerose altre cose stupende. Ma quel giorno la sua attenzione fu stranamente attirata da una bancarella di stoffe pregiate. Aveva da parte solo pochi spiccioli e non si sarebbe potuta comprare abbastanza stoffa per farsi un vestito, ma forse abbastanza per una semplice cintura. Si avvicinò piano alla bancarella, quasi incantata dalla bellezza delle stoffe, e prese ad ammirare i diversi campioni che c’erano; una in particolare la colpiva: era dello stesso blu intenso dei suoi occhi, ma con alcuni riflessi dorati che la incantavano come se fosse stata una stoffa stregata.

Il mercante aveva notato l’interesse della ragazza.

-È una gran bella stoffa, si intona perfettamente con i tuoi occhi. Ma sei sicura di potertela permettere? È molto cara.

-Non ho abbastanza denaro per un vestito intero, ma credo di averne a sufficienza per una semplice cintura.

-Sì, una cintura della tua misura costa poco. Ti taglio una striscia che possa andare bene.

Islanda era una ragazza alta e slanciata e aveva una vita snella e sottile, per una cintura della sua misura sarebbe bastata ben poca stoffa. Il mercante un attimo dopo ricomparì da dietro la tenda con una striscia di quella stoffa stupenda, tagliata perfettamente per la sua misura.

-Ecco, dovrebbe bastarti.

-Grazie.

Prese la stoffa, pagò e se ne andò per la sua strada con la sua nuova stoffa in mano. Uscì dal villaggio per recarsi al suo solito posto, sulle rive del lago Bloth. Non era molto distante dal villaggio e, percorrendo un sentiero che aveva scoperto da poco, ci arrivò in pochissimo tempo. Le piaceva particolarmente quel posto, in quanto amava stare sola e lì non incontrava mai nessuno. Tutti avevano paura del lago Bloth, tranne Islanda; si narrava, infatti, che nelle acque più profonde del lago si nascondesse una potente fata malvagia, che se risvegliata avrebbe cercato di distruggere tutto ciò che la circondava. Ovviamente era solo una leggenda, ma nei piccoli villaggi certe cose vengono date per vere. Islanda non ci credeva e poi non pensava che avrebbe svegliato la fata, se per caso fosse esistita sul serio, perché non faceva nulla di male nel lago.

Arrivata al lago, si sedette sulla riva e si specchiò nel lago. Poteva chiaramente vedere riflesso il suo viso, incorniciato da lunghi capelli neri, lisci come la seta che aveva appena comprato, che le arrivavano fino alla vita; le guance rosee simili a due petali di rosa, le labbra fini e delicate ma rosse come il sangue. La cosa più impressionante di tutte nel suo viso erano gli occhi; dei profondi occhi blu, che avevano qualcosa di animalesco, quasi di feroce a volte. Sottraendo dallo sguardo il suo viso riflesso, si alzò in piedi e si legò in vita la stoffa, le stava davvero molto bene, sembrava fatta a posta per dare eleganza ai suoi semplici pantaloni azzurri e alla camicia intonata ad essi, che le cadeva larga sui fianchi. Si sentiva come una principessa e il laghetto in cui si specchiava era il suo regno.

Dopo aver fatto un paio di giravolte mentre canticchiava allegra, si acquattò a quattro zampe e vide il suo riflesso cambiare. Si stava trasformando. Adesso non era più Islanda, ma semplicemente la Tigre. Una bellissima tigre con il manto bianco come la neve appena caduta, striato di nero. Era totalmente irriconoscibile, nessuno avrebbe mai pensato che quella tigre potesse essere in realtà un essere umano, l’unica cosa che si poteva riconoscere di Islanda erano gli occhi. Quegli occhi non potevano essere confusi con quelli di nessun altro. Nemmeno il carattere di Islanda era più lo stesso. Anche se ormai si era abituata a vedere il suo aspetto cambiare, era sempre sconvolgente guardare il suo nuovo riflesso e specchiarsi nell’immagine di una tigre bianca. Sotto quelle sembianze non si sentiva più lei, si sentiva totalmente libera; poteva correre più veloce del vento, poteva spiccare balzi e arrampicarsi sugli alberi con gli artigli. Poteva fare quello che voleva. A volte però le capitava di dimenticarsi le sue azioni sotto le sembianze di una tigre e spesso si lasciava troppo trasportare e rischiava di fare danni. Solitamente quando non si ricordava le sue azioni era appunto perché aveva esagerato troppo.

Quel giorno non stava esagerando però, anzi era tranquilla, molto più mansueta del solito. Se ne stava con le zampe a mollo e ogni tanto si bagnava anche il candido muso per rinfrescarsi. Era particolarmente felice di aver comprato la stoffa che le stava così bene… era talmente persa però nei suoi pensieri, che abbassò la guardia per circa un’ora e non si accorse che qualcuno la stava fissando, in modo poco amichevole, dal fitto degli alberi.

 

  
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