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Autore: Weasley_and_Black    18/12/2014    1 recensioni
Cassie passa le sue giornate nella noia più totale, ha una vita monotona ed è come se la sua vita fosse concentrata su una sola cosa: il teatro. A lei piace recitare perché è l’unica cosa che la rende veramente felice e che la stacca dalla monotonia giornaliera, recitare ti permette di essere una persona diversa da quella che sei. Imparando a recitare a imparato anche a mentire ogni giorno a fingere di essere felice quando non lo è o a far credere di essere un’altra persona, una persona migliore di quella che è ora. Ma tutto cambierà incontrando Emily. La cambierà risvegliando tutti i sentimenti che aveva perso come l’amore un sentimento che, dopo la perdita di una persona a lei molto cara, credeva morto e sepolto.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Le luci che ti accarezzano la pelle.
Il tessuto del costume di scena colorato.
L’opportunità di essere un’altra persona.
Gli applausi finali degli spettatori.
Questo amava.
 Amava il teatro. Forse perché era l’unica cosa che la facesse sentire bene, l’unica cosa che la rendeva completa. L’unica cosa che riempisse quella vita così monotona. Così triste.
La sveglia suonò alle sette in punto, ma come ogni giorno lei si era svegliata pochi secondi prima. Si alzò dal letto guardandosi attorno. Come se si aspettasse di trovarci qualcuno. Ma come ogni mattina realizzò che in quel grande appartamento c’erano solo lei e il suo amato gatto. Si svegliò e automaticamente andò in cucina. Subito Alice la sua gatta la raggiunse. E lei come ogni mattina riempì la sua ciotola di croccantini accanto al tavolo. La guardò magiare mentre si gustava una brioche. Ritornò in camera e s’infilò un vestito totalmente bianco, la sua coroncina di fiori e le converse nere.
Uscì di casa con lo zaino in spalla diretta all’accademia. Le persone in strada indossavano i giacconi mentre lei aveva solo un cardigan. Rise. Dalle sue parti in inverno faceva più freddo. D’altronde dalle sue parti non c’erano palazzi così alti come lì e nemmeno così tanta gente. A New York era tutto così diverso. Così unico. Solo in quel momento si accorse di essere in ritardo. Corse fino ad arrivare nell’immenso androne dell’accademia.
–Ciao Esmeralda-
 -Salve signorina Russel- si fermò e tornò indietro.
 –Cassie solo Cassie- disse sorridendo e riprendendo a correre. Corse verso l’aula di teatro schivando vari primini che si chiedevano chi fosse quella ragazza dai capelli rosa. Scese le scale e, una volta arrivata, con un gesto teatrale spalancò le porte dell’aula. –Scusate- esclamò poggiando il suo zainetto accanto ad una ragazza con in mano una canon. Scese ancora e si scusò con i suoi compagni. Il regista la salutò abbracciandola –Come sta la mia gallinella dalle uova d’oro?- -La smetta la prego- rispose lei arrossendo visibilmente. Salì sul palco. Stava per interpretare la commedia in Cirano di Bergerac. Era pronta. O almeno sperava di esserlo.
Il sipario si alzò e anche se era solo una commedia doveva mettercela tutta. Le luci dei riflettori la accecarono. Ogni volta che saliva sul palco era come la prima volta che aveva recitato. Ma poi la paura svaniva e cominciava a recitare le sue battute per il pubblico. Perché anche se ancora non ci poteva credere quelle persone erano il suo pubblico. Ed erano lì per vederla.
Tutti a scuola la conoscevano. Era il prodigio di quella accademia. La diciannovenne dai capelli rosa che sapeva incantarti recitando. Tutti si complimentavano con lei per la sua bravura, ma lei non capiva perché. E Cassandra russell inconsapevole del suo talento sapeva solo una cosa: Amava recitare, definiva eccitante vestire i panni di qualcun altro e vivere la sua vita. Così ce la metteva tutta per diventare ciò che interpretava e soddisfare il pubblico. Fece qualche passo avanti e con voce ferma e sicura domandò se poteva iniziare. In quel momento in sala c’erano solo due persone, esclusi i tecnici e i vari inservienti, il regista e la ragazza. Quella ragazza dagli occhi blu seduta in quarta fila. Quel giorno decise di recitare solo per lei.  Era incuriosita da lei, e non smetteva di guardarla. –Vai!- esclamò Harry, il regista di mezza età, sedendosi in prima fila senza aprire il copione.
Fece un inchino in avanti e alzandosi cominciò a fissarla intensamente. E cominciò.
-Salve a tutti sono la commedia.-
 
 
 
Emily era lì da solo due anni. Lo doveva ammettere. Da due anni evitava l’aula di teatro e tutti  quelli che la frequentavano. E quando le avevano chiesto di scattare delle foto per i volantini dello spettacolo, non ne fu entusiasta anzi. Ma da quando era entrata quella ragazza dai capelli rosa, l’atmosfera era cambiata. Scendendo le scale aveva notato due tecnici darsi delle gomitate mentre il regista, non che suo professore d’italiano, si stava sistemando la camicia. Avrebbe scommesso una sua mano che dal modo in cui tutti erano diventati più nervosi, quella era la famosa Cassandra. L’aveva vista molte volte a scuola eppure non immaginava che fosse così. Quando pronunciava le sue battute con la sua voce calda e soave muoveva le mani e gesticolava, dei gesti cauti e tranquillizzanti. Era strano come avesse ammaliato tutti in quel gigantesco auditorium, perché questa era la famosa aula di teatro un auditorium piuttosto grande. Ora ne era certa. La stava guardando. I suoi occhi cristallini si erano persi in quelli scuri della ragazza. Aveva finito il suo monologo e ora gli altri due ragazzi avevano cominciato. Lei si alzò e si mise in prima fila con il professore. I minuti passavano velocemente. E la storia procedeva narrata dalla ragazza.
Un’ora dopo era tutto finito
Cyrano era sdraiato a terra. Morto. E Rossana piangeva in silenzio stringendolo a se. Lo accarezzava sporcando il suo abito di sangue.
Le luci si spensero e una voce calda interruppe il silenzio tombale. Era dolce sensuale. Accesero una luce che la illuminò. Disse l’ultima battuta. Quella finale e poi alzò lo sguardo  e con voce ferma e sicura disse –Fine- tutti si ammutolirono erano rimasti lì imbambolati a fissarla. Era questo l’effetto che faceva alle persone. Le incantava e a dirlo sembra quasi paradossale ma era la verità. Emily batté piano le mani, un battito leggero timoroso come se avesse avuto paura di disturbarla. Quel piccolo battito fu seguito da un altro, ed un altro ancora. Tutti cominciarono ad applaudire e quegli applausi erano solo per lei, per la bella Cassandra. Emily era curiosa sentiva che Cassandra aveva una storia da raccontare una storia dura piena di intoppi. Voleva scoprirla voleva sapere perché sul suo volto incombeva quel sorriso forzato e perché i suoi occhi erano spenti. Eppure sul palco sembrava che brillasse di una luce propria ma quella luce si spegneva appena scesa dal palco. E ora era seduta a poche poltrone da lei, fissava il vuoto con un’espressione malinconica, l’avrebbe voluta abbracciare e chiederle perché era così…così distante. Prese la canon che aveva in mano e le scattò una foto, era perfetta. La luminosità, il soggetto e il luogo tutto era stupendo in quella foto.
 –Perché mi hai scattato una foto?- Emily sussultò e si accorse che Cassandra la stava guardando e sorrideva, aveva accavallato le gambe e aveva poggiato il gomito sul bracciolo. Il suo sorriso era dannatamente bello. –Ciao- disse la bionda, il cuore le batteva a mille come se volesse uscire dal suo petto, era certa che sarebbe scoppiato era solo una questione di secondi. Spense la macchinetta e se la rimise sul collo. –Occhi blu non sviare- disse l’altra, Emily avrebbe voluto dire “perché sei bellissima”, ma alla fine disse solamente –Piacere Emliy- Cassandra si alzò raggiungendola e mettendosi davanti a lei –Cassandra ma per gli amici Cassie-  le porse sua mano nivea era così piccola e morbida mentre quelle di Emily erano ruvide e affusolate frutto intere giornate passate a fotografare tutto quello che le stava intorno. Ad emily non piacevano quelle foto finte dove tutti si mettono in posta, dove ci sono sorrisi farsi ed occhi tristi, no Emily collezionava piccoli attimi della vita quotidiana di ogni newyorkese, una madre e il suo bambino, una ragazza seduta in un bar che studia o un uomo annoiato che sbadiglia. Carpe diem cogli l’attimo. Ed era proprio questo quello che faceva coglieva ogni attimo: le foglie, il volo degli uccelli, il traffico, i graffiti, il cielo, i palazzi e le persone. Nel suo piccolo appartamento sviluppava manualmente le foto nel ripostiglio.
-È inutile che ti presenti so già chi sei, tutti lo sanno- a quell’allusione Cassie sorrise era un sorriso triste e malinconico –E chi sono?- a Emily sembrò una domanda stupida –Cassandra Russel. L’angelo dai capelli rosa che recita magistralmente.-
-E poi?-
-E poi cosa?-
-Per conoscermi devi sapere anche cosa mi piace o no..chi sono, chi è la mia migliore amica o con chi sono fidanzata- ci fu qualche attimo di silenzio –Beh di sicuro il tuo colore preferito è il rosa..- l’altra scoppiò a ridere, una risata amara. Emily non la capiva, questo era poco ma sicuro. Una ragazza dai capelli biondissimi e gli occhi di ghiaccio si avvicinò
-Cass vieni?- Emily la riconobbe, era la ragazza che faceva la parte di Rossana. Da vicino era ancora più bella, non come Cassie, ma era bellissima. Anche se insieme erano così speciali quasi perfette. –Certo- disse l’altra sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi, ad Emily manco il respiro per qualche secondo. Il cuore batteva, il respiro era corto e per qualche momento le sembrò di avere uno stormo di uccelli impazziti dentro lo stomaco. La situazione non migliorò quando Cassie le sfiorò la guancia con le sue labbra e la salutò.
Cosa le stava succedendo?
*°*
Era da più o meno che la biondina non si faceva sentire. Era strano. –Isabelle conosci per caso una ragazza che si chiama Emily?- erano sedute al bistrot e mentre isabelle uno di quei romanzetti rosa che tanto amava. –Emily chi? Smith, Berry, White, Lewis, Clark , Perez e Moore. Tanto per nominarne qualcuna.- abbasso il libro posandolo sul tavolino -Non credo…insomma non so il suo cognome..- bofonchiò Cassie mentre Isabelle l’ascoltava sempre più interessata.
-Okay quindi dove l’hai incontrata. Descrivila-
-Emily è più alta di me…-
-Non che sia tanto difficile eh?-
-Taci. Comunque è bionda con gli occhi azzurri ed è la ragazza che ci scatta le foto a teatro. Hai presente?- Isabelle sorrise divertita –Ti piace eh?- l’altra sbiancò.
-Come scusa?-
-Ora vai sulla difensiva!! Si ti piace!!- si mise a urlare strabuzzando gli occhi. Cassie si premette l’indice sulle labbra carnose –Taci!-
Si alzò continuando a parlare –Senti lascia stare non me ne frega niente okay?-
-Come scusa?-
-Lascia perdere ci rinuncio e poi non sono nemmeno sicura che mi piaccia..- frugò nelle tasche lasciando il conto, si alzò e cominciò a camminare verso l’uscita –Strano perché credo di avere il suo numero- esclamò isabelle sventolando il suo iphone –Cosa!- esclamò fissando il telefono che teneva in mano –Eppure ero così disposta a dartelo…- -Lahey dammi quel numero!- le ordinò la liscia –Sennò che mi fai?- -Io so che tu sai che io so fin troppe cose su di te. Ora dammi quel cellulare e fammi copiare quel numero o tutti i tuoi segreti di quando eri una candida e innocente adolescente verranno rivelati seduta stante- la bionda non ci pensò due volte e le consegnò il cellulare. Cassie copiò velocemente il numero su un fazzolettino e le scoccò un bacio sulla guancia –È per la tua innata generosità e la tua meravigliosa disponibilità che siamo migliore amiche- -Ma vaffanculo Russel- bofonchiò l’altra abbracciandola.
Venti minuti dopo Cassandra era in una cabina telefonica a prendere il coraggio epr chiamarla. Spinse i tasti lentamente componendo il numero. Dall’altra parte il lento squillare del telefono la faceva accapponare la pelle rendendola ancora più ansiosa. Ma epr chiamarla doveva avere una motivazione, così decise di invitarla ad uscire, ma dove? E soprattutto quando? Le avrebbe chiesto di fare una passeggiata, magari sorseggiare un buon the al bistrot e alla fine, se tutto sarebbe andato bene, avrebbero pomiciato un po’ per poi passare al sodo a casa sua. Ma prima di tutto questo doveva decidere quando invitarla. Non si doveva fare tutti questi problemi, insomma, lei era piuttosto brava a improvvisare e questo lo dimostrava ogni singolo giorno quando si presentava a teatro senza sapere le battute a memoria. E poi ci sapeva fare con le persone, insomma andava a genio a tutti a teatro e anche a lavoro. Ma allora perché era così nervosa? Forse perché quando la guardava si sentiva ancora la piccola Cassie, l’adolescente timida piena di problemi. Si sentiva impacciata come se ogni sua parola fosse dannatamente sbagliata.
-Pronto?- fu la voce di Emily a svegliarla.
-Pronto?- disse ancora. –He…Hey- si mise una mano sulla fronte. Stava parlando con la ragazza che le piaceva e l’unica cosa che riusciva a dire, l’unica dannata parola che le era venuto in mente era “hey”. Pensò di doverla fare finita già da ora perché se cominciava così l’intera conversazione sarebbe stata un fiasco assoluto. Eppure qualcosa la teneva ancorata su quella cornetta, qualcosa la spingeva a parlare e a continuare quella dannata conversazione.
-Ciao Emily…ti ricordi sono Cassie...cioé Cassandra Russel-
-Hey! Ciao come stai?-
È da quel punto che cominciò tutto.
 
 
*°*
-E quindi la mia fotografa preferita lavora in questo minimarket chi l’avrebbe mai detto!- esclamò Cassandra entrando nel piccolo alimentari, appena la sentii Emily sobbalzò alzando lo guardo, e poi la vide indossava un cappotto grigio che le lasciava scoperte velate da delle calze nere. Sul suo volto incombeva il solito sorriso sornione che l’aveva fatta innamorare. Era passato un mese da quando le aveva chiesto di uscire, non era successo niente di particolare insomma tante chiacchiere qualche risata chiunque le avrebbe scambiate per delle buone amiche eppure Emily non sapeva spiegarsi quella strana sensazione che aveva quando Cassie la toccava. Una sensazione mista tra l’eccitazione e la felicità.
-Che ci fai qui!- disse alzandosi da terra, solo in quel momento si accorse quanto quella maglietta che le facevano indossare era imbarazzante. Prima che entrasse stava sistemando l’ennesimo scaffale, odiava quello stupido negozio rintanato in una delle peggiori vie di New York. Se vuoi diventare una brava fotografa è lì che devi andare! Le avevano detto, e lei era stata una sciocca a credergli. Non se la passava male, aveva un lavoro discreto che odiava e condivideva un appartamento con due splendidi ragazzi: Alice una ballerina della Niada acidissima che si esercitava di continuo nella sua stanza e Edward non sapeva che scuola facesse non credeva nemmeno che studiasse l’unica cosa che sapeva è che era gay e che ogni santo giorno le ricordava che aveva bisogno di sesso. Ma l’astinenza da sesso non era uno dei suoi problemi, okay forse lo era.
-È in questi momenti che mi sento veramente amata!- disse gesticolando, la liscia si slacciò il giaccone raggiungendola si chinò per prendere una delle lattine di the che Emily stava sistemando
-The alla pesca il mio preferito! Era destino non credi?-
-Il destino non esiste- la liscia aprì la lattina e ne bevve un sorso poi la poggiò su uno scaffale schifata.
-Hai ragione e il the alla pesca mi fa schifo- Emily rise di gusto –Ma allora perché mi hai detto che era il tuo preferito?-
-Per fare bella figura credo- sarai pure una dea sul palco
-Lasciatelo dire, Cassandra ma sei un’idiota!-
Emily l’avrebbe voluta fotografare, era bella anche così: con lo sguardo cupo; i suoi occhi non erano lucenti come al solito caldi e lucenti erano gelidi così scuri che a stento si riusciva a distinguere l’iride dalla pupilla; le labbra rosse serrate. Fissava il vuoto e Emily voleva sapere perché era così triste… delle volte le sembrava così vicina e delle altre a chilometri di distanza da lei pur essendole a qualche centimetro di distanza. Cosa doveva fare? Come si doveva comportare? La raggiunse e le accarezzò delicatamente la testa, lei sussultò e solo dopo si accorse di Emily.
-Perché mi stai accarezzando come se fossi un gatto?-
-Pensavo che….insomma stessi male e ti stavo consolando-
-Perché?- Emily ormai l’aveva capita. Amava fare domande, gliene faceva in continuazione e poi aspettava una risposta mi sembrava una bambina, così speranzosa sotto certi versi mi faceva tenerezza.
-Perché cosa?-
-Perché pensi che io stia male? Sto benissimo- le sorrise senza sapere che Emily non sapeva tenere la bocca chiusa. Era più forte di lei, doveva dire cioè che pensava.
-Come fai a fingere così male?- la liscia la trafisse con lo sguardo –Come scusa?-
-Si vede che stai male..-
-E allora? A chi importa?-
-A me..- si diede della stupida sia per averlo detto e per averlo pensato. Era una cosa così sdolcinata e stupida ma da dove le era uscita? Forse tutte le commedie romantiche che Alice le faceva sorbire il sabato sera stavano facendo effetto. –Perché?- non le lasciò il tempo di rispondere e continuò.
-No aspetta non dirmelo…perché sei innamorata di me?-
-E se anche lo fossi?- non sapeva dove aveva preso il coraggio di risponderle, ora stava sorridendo sprezzante. –Perché tu non mi conosci, non sai nulla di me e se anche ti raccontassi perché sono così sono certa che tu non sapresti fare nulla- È come se le sue parole fossero tanti piccoli coltelli che la trapassavano dolorosamente. Era una tortura lenta e crudele. Sapeva che non aveva scelta, che la doveva ascoltare che non avrebbe potuto fare altrimenti. E forse lei diceva la verità o una parte era doloroso perché era vero, lei non la conosceva e non aveva nessun diritto di intromettersi nella sua vita. Eppure c’era qualcosa che la spingeva a continuare a parlare, sperava ancora di farle cambiare idea.
-Come fai a dirlo?-
Tacque.
-Lo dici perché mi conosci? Ma scusami se io non ti conosco, cosa che mi sembra alquanto complicata dopo tutti i pomeriggi passati insieme a parlare, tu pretendi di conoscermi! Complimenti Cassandra per la tua impareggiabile coerenza!-
-È complicato, okay?!- le sbraitò contro.
-Non lo è. Non è mai così complicato come sembra-
-Sono il frutto di una madre totalmente assente e di un padre alcolista. Anni ed anni passati tra pillole antidepressive e vari psicologi. In più come se non bastasse esattamente qualche mese fa la mia splendida ragazza si è suicidata buttandosi dal balcone dell’appartamento che condividevamo. Ora dimmi geniaccio cosa potresti fare per farmi sentire meglio?- rimase immobile davanti a lei senza pronunciare una singola parola, lei la squadrava dalla testa ai piedi i suoi occhi erano di nuovo ghiacciati impassibili sentiva che se anche avesse provato a scusarsi lei l’avrebbe ignorata ma cosa si aspettava? Era il minimo.
-Come immaginavo…- disse sprezzante, poggiò dei soldi accanto al registratore di cassa –Non ti preoccupare per il resto.. ci si vede- disse prima di andarsene e lasciarla lì in piedi a bocca aperta.
Si sarebbe voluta sotterrare.
 
 
 
 
IL MIO ANGOLOOO
Allora um…che dire? Potrei cominciare dicendo che questa doveva essere una os prima che mi accorgessi che stava superando le otto pagine e che nessun essere umano l’avrebbe letta senza prima addormentarsi, quindi ho dovuto separarla in due capitoli (il secondo lo pubblicherò tra qualche giorno).
Tutta la storia è dedicata a isabella la mia migliore amica e doveva essere pubblicata il trenta novembre il giorno del suo compleanno ma qualche giorno prima della fine di novembre mia madre mi ha messo in punizione, che tempismo vero? Quindi dire…sono decisamente in ritardo.
La cosa che vi starete chiedendo è perché farle una fanfiction? La cosa è molto semplice…lei me l’ha chiesto e diciamo che non ho saputo dirle di no (chi saprebbe farlo? Con quegli occhini blu potrebbe anche convincermi ad uccidere un uomo) starei ore e ore a parlarvi di tutte le sue qualità ma il fatto è questo: a voi non interessa quanto sia strafiga la mia migliore amica e poi lei non mi crederebbe. Ebbene si lei è una di quelle ragazze che non si accorgono di quanto sono magnifiche. Ma okay forse ora ve la sto descrivendo come una specie di angelo senza difetti ma credetemi ne ha. Anche se devo dire che sono pochissimi quasi insignificanti.Quella ragazza è davvero speciale insomma c’è sempre per me e non sto esagerando c’è quando ne ho bisogno ed è sempre disposta ad ascoltarmi o a parlare così del più e del meno. In poche parole è stupenda.
 E ora è una quindicenne come le altre….la mia bambina sta crescendo g.g
Quindi che dire? Tanti auguri angelo mio, non è il classico bigliettino d’auguri (so che avrebbe preferito uno di quei bigliettini in carta colorata con le solite quattro stronzate scritte velocemente ma, per farla breve, le tocca questa umiliazione pubblica) Ti voglio bene e saluta il popolo di EFP. Penso di avervi già annoiato abbastanza quindi me ne vado.
Bene….credo di aver finito quindi buon pomeriggio a tutti e scusate per il poema omerico (e si beba scusa anche a te per la figuraccia) mi dileguo.
Baci
La vostra Weasley
 
   
 
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