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Autore: Lady Warrior    18/12/2014    1 recensioni
Una sera di primavera Bellatrix Lestrange si ritrova ad osservare il cielo sul balcone di casa sua.
La stessa sera lord Voldemort sale sul balcone di Lestrange Manor.
Quella sera entrambi comprenderanno cosa provano l'uno per l'altra.
QUESTA STORIA PARTECIPA AL CONTEST "PROMPT E COPPIE: PRENDI UNO SCRIVI DUE" DI S.ELRIC ED EVELYNE.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Su un balcone, una sera di primavera
 
(Bellatrix)
 
Se non fosse stato per il vento gelido, quella sarebbe stata una sera incantevole. Il cielo blu scuro, quasi nero, era illuminato da un’immensità di stelle e da una pallida luna, che si rispecchiava davanti al piccolo lago di fianco a Lestrange Manor. Era una luna piena, candida come la neve, che se da una parte contrastava con lo sfondo nero del firmamento, dall’altra era paradossalmente anche in armonia con esso. La brezza gelida muoveva le piccole foglioline degli alberi, nate da poco. Era primavera da poco, ma faceva ancora freddo.
Tuttavia Bellatrix Lestrange non aveva timore del freddo. Stava immobile sul balcone che si affacciava davanti alla sua camera. Aveva le braccia incrociate e lo sguardo assorto, concentrato su pensieri profondi. Dietro di lei la porta era semiaperta, e la tenda rossa come il sangue si muoveva a causa del vento, lasciando però intravedere un grande letto dalle lenzuola nere.
Bellatrix posò le mani sulla gelida ringhiera. Un brivido la percorse, ma la donna non lo diede a vedere. Le avevano insegnato ad essere forte. Ed essere forti, secondo la sua educazione, significa non lasciare trasparire emozioni, anzi, non provarle affatto. Significa non aver paura, non piangere, non ridere, non amare. Tutto doveva essere finalizzato al denaro e al potere, e chi lo detiene non può lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Perciò quando aveva sposato ancora giovanissima un uomo che non desiderava, non aveva pianto. Non lo aveva mai fatto, neppure quando Andromeda era stata scacciata dalla famiglia. Non aveva mai temuto niente: né morte, né pericoli, né dolore: nemmeno da piccola aveva avuto paura del buio. Si era abituata a distruggere ogni emozione, a non provare niente. Solo che quella sera, per la prima volta, sotto un cielo stellato, con la fredda brezza che le accarezzava i capelli, si sentiva vuota. Certo, non si era pentita di tutti i crimini commessi: lei neppure li definiva tali. Nessun mago dotato di mente definirebbe “crimine”  l’uccisione di mezzosangue, o, peggio ancora, di traditori del proprio sangue, né avrebbe messo in discussione l’autorità di Lord Voldemort.
Bellatrix ghignò, al ricordo di tutti coloro che erano morti per mano sua: ogniqualvolta che rubava una vita, si sentiva potente, e provava ancor  più quell’inebriante sensazione un attimo prima di uccidere le proprie vittime, perché era proprio in quel momento che lei, e lei soltanto, aveva il potere di vita e di morte su quelle persone.
Ma quella fugace sensazione di benessere, dovuta al ricordo dei suoi atti per il bene della società magica, durò poco. Ben presto il ghigno si spense, e la donna ricominciò a rimirare le stelle.
“Sai perché io e tuo padre ti abbiamo chiamato Bellatrix?” chiese sua madre.
La bambina dai folti riccioli neri come le tenebre scosse la testa, incuriosita.
“Perché Bellatrix è il nome di una stella. La stella più bella, più luminosa. E perché Bellatrix significa guerriera”.

Da quel momento Bellatrix si sentiva unita a quella stella, in un certo senso. Ogni sera, prima di andare a letto, osservava il cielo stellato, nel vano tentativo di riconoscere la stella che portava il suo nome, quasi volesse così trovare se stessa.
Era diventata veramente una guerriera, come voleva sua madre. Sebbene tuttavia la donna andasse fiera delle proprie azioni, qualcosa non la soddisfaceva. Specialmente quella sera. Voleva essere una guerriera, le piaceva esserlo, certo, ma c’erano momenti in cui voleva soltanto essere una donna normale. Non sapeva perché, ma era così.
Osservò il cielo. Una stella brillava più delle altre: che fosse stata quella Bellatrix? Aveva spesso osservato carte che mostravano la posizione delle stelle, ma sebbene non volesse ammetterlo, non era mai stata capace di leggerle. Intenta nei suoi pensieri, osservava quella stella, inebriata.
"A cosa pensi, mia cara?" chiese la voce melliflua di Lord Voldemort.
Bellatrix non rispose subito. Si voltò verso il suo interlocutore. La luna gli illuminava il volto, rendendolo più pallido del solito. I suoi occhi, ora più che mai, parevano pozzi neri, e le labbra fini erano più chiare del solito. Il lungo vestito nero del suo Padrone ondulava al vento, celandosi nell’oscurità, quasi fondendosi con essa. Perché lui era tenebra, oscurità, morte.
E Bellatrix, per la prima volta lo sentì. Il suo cuore battere. Ogni volta riusciva a farlo stare fermo, ma quella volta, ecco, non vi riuscì. Era più forte di lei. Si sentì persa, perché qualcosa  stava sfuggendo di mano a lei, che era abituata ad avere sempre tutto sotto controllo.
"Al mio nome. È il nome di una stella. Non so quale"
"Non ti facevo così sentimentale, Bellatrix"
La donna si morse un labbro e guardò in basso, avvampando dalla vergogna. Si era mostrata debole. Non avrebbe più osservato il cielo, mai più avrebbe cercato la sua stella.
Voldemort emise una risata glaciale.
"La mia migliore Mangiamorte è in cerca della sua stella. Davvero patetico. Sei in cerca solo di quella o di altro?"
Bellatrix lo guardò, confusa. Cos’altro doveva cercare? Glielo chiese.
" Ti ho visto prima. Qualcosa ti sta logorando, mia cara. Ti senti vuota, e non sai perché. L’amore rende deboli. Tuttavia è l’unico sentimento che, per quanto cerchiamo di combattere, per quanto cerchiamo di distruggere, non ci riusciremo mai. Certo, possiamo assopirlo per un po’, ma prima o poi esso ricomparirà. Sempre.  Io ho amato mia madre, anche se non l’ho mai conosciuta. E per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscito a cancellare questo sentimento".
"Io non sto cercando l’amore!"
"Infatti. Tu lo vuoi combattere. Come ho detto, l’amore è da deboli"
Bellatrix sorrise. Per un attimo aveva creduto che il Signore Oscuro la ritenesse capace di sentimenti tanto bassi. Eppure anche lui aveva avuto un momento di debolezza. Tuttavia, era anche egli un umano. E come ogni essere umano poteva scivolare in certe debolezze. Lei però continuava a sentirsi vuota,  e percepiva dentro di sé solo il suo cuore battere.
"L’amore è da deboli. Ma ti mostrerò qualcos’altro. La passione. Il piacere. Il vero piacere. Non quello che ti fa provare tuo marito"  disse Lord Voldemort, sfiorando la guancia della donna con la mano gelata. Ella provò un brivido leggero e la sua gota si tinse di un pallido rosa.
Al piano di sotto suo marito stava  intrattenendo gli ospiti, che stavano facendo un po’ di baccano, che non si addiceva certo al loro lignaggio. Nessuno se ne sarebbe accorto.
Bellatrix guardò ancora gli occhi freddi del suo Padrone e gli fece un sorriso seducente. Una notte di passione, per provare desiderio e piacere. Bellatrix, però, lo sapeva. Lei non provava solo quello per lui, né voleva farlo: lo adorava più di ogni cosa, e se prima desiderava solo servirlo, ora voleva di più: combattere al suo fianco come amante.
I due entrarono nella stanza, e un soffio di vento fece muovere la tenda che coprì i due amanti che si stavano spogliando, mentre una pallida stella, nel cielo, diventava sempre più luminosa.
 
 



 
 
 
Una stella, una guerriera, una donna (Lord Voldemort)
 
 
Il Signore Oscuro aveva appena visto Bellatrix Lestrange salire le scale. La guardò con la coda dell’occhio. Era da tempo che la vedeva strana. Certo, era la stessa donna forte, vendicativa, assetata di sangue, da molti ritenuta folle. Ma la pazzia, pensava il Signore Oscuro, mentre giocherellava con una posata d’acciaio con la quale aveva consumato l’ultima portata, è solo un punto di vista. Nel suo modo di vedere, l’unico punto di vista giusto e vero, folli erano coloro che ancora inseguivano sentimenti infimi come l’amore, o l’amicizia, mentre invece i sani erano coloro, come lui, che facevano di tutto per il potere e per epurare quel mondo dalla sporcizia, incarnata da Mezzosangue e traditori del loro sangue. Quello a cui però lui puntava veramente era un’altra cosa. La supremazia. Il potere assoluto.
Eppure da un po’ di tempo si ritrovava a osservare Bellatrix con un sentimento strano, che lo rendeva in certi momenti debole. Odiava ammetterlo, ma delle volte si sentiva legato a lei.
" … Vero, mio Signore?" sentì dire.
Lord Voldemort si voltò di scatto nella direzione dalla quale proveniva quella voce, come se fosse appena stato risvegliato da un sogno profondo.
"Giusto" rispose, senza sapere esattamente a cosa.
Allora Nott batté un pugno sul tavolo, facendo tintinnare tutte le posate, e facendo quasi cadere per terra un prezioso bicchiere di cristallo.
"Vedete? Avevo ragione. Il Padrone è d’accordo con me"
" Solo perché hai detto una cosa sensata in tutta la tua misera esistenza, non significa che tu sia il suo preferito"
"Taci, Lestrange! Ti vanti tanto della tua posizione, ma non tieni d’occhio tua moglie! Pensi davvero che sia soddisfatta di te? Pensi davvero che non stia con nessun altro?" gridò Nott, fra gli assensi generali.
"Cosa vuoi insinuare?" gridò Lestrange, alzandosi.
Era incredibile quanto alcune volte i suoi Mangiamorte paressero degli stupidi bambini. Litigavano al suo cospetto su quale di loro fosse il suo preferito. Roba da sciocchi. Ma certo lui non li aveva scelti per la loro intelligenza: nessun uomo dotato di mente avrebbe mai accettato di sottoporsi a qualcuno.
Paradossalmente nel caos nessuno pareva far più caso a lui. Avrebbe potuto cercare di placare il caos come aveva sempre fatto, ma non fu così. Si alzò dalla sedia, senza produrre alcun rumore, e salì le scale, in cerca di Bellatrix.
Lei era diversa da loro: era sottomessa eppure voleva comandare. Aveva un carattere talmente forte da poter dominare tutti, e una sete di sangue e di potere incredibile. Poteva essere il suo corrispettivo al femminile. Lord Voldemort si ritrovò davanti alla camera da letto di Bellatrix. Aprì leggermente la porta e la vide.
Era affacciata al balcone. Il vento le faceva ondulare sensualmente i suoi riccioli neri, ma anche il suo vestito, mettendo in risalto il suo corpo. Vide il suo volto assorto in pensieri profondi. Era la prima volta che la vedeva così.
La Mangiamorte forte, impassibile, incapace di provare sentimenti, adesso sembrava una donna normale, assorta in pensieri profondi, piena di preoccupazioni e interrogativi.
"A cosa pensi, mia cara?" le chiese con la sua voce melliflua.
La vide voltarsi. I suoi occhi neri come le tenebre lo scrutarono, senza però permettergli di leggere i loro sentimenti. Il vestito leggermente scollato gli permetteva di vedere una piccola parte del seno della donna, che emise un quasi impercettibile fremito.
Il suo sguardo parve durare secoli, e Lord Voldemort comprese solo dopo che non riusciva a togliere i suoi occhi da quelli di lei. Cosa stava facendo? Cosa stava provando? Voleva andarsene. Quello non era luogo per lui.
"Al mio nome. È il nome di una stella. Non so quale" rispose Bellatrix.
Voldemort alzò un sopracciglio. Conosceva Bellatrix Lestrange da molto tempo. Sapeva tutto di lei, e fino a quel momento non la aveva mai ritenuta capace di una qualche forma di stupido sentimentalismo.
"Non ti facevo così sentimentale, Bellatrix" le disse.
Vide la donna mordersi un labbro, dalla cui ferita scaturì un rivolo di sangue rosso come i petali di una rosa. Temeva di parere debole di fronte a lui. Perché lo era. I sentimenti rendono l’uomo debole, e lo sapeva. L’Oscuro Signore represse un moto di delusione nei confronti della donna, ma non riuscì a fermare una risata di scherno.
"La mia migliore Mangiamorte è in cerca della sua stella. Davvero patetico. Sei in cerca solo di quella o di altro?" le chiese, pur sapendo la risposta.
Lui sapeva dove era posizionata la stella. Era la stessa che quella notte brillava così tanto da sembrargli che illuminasse il corpo della donna, rendendolo sempre più invitante. La stella Bellatrix, che portava il nome della guerriera lì di fronte a lui.
"Cos’altro dovrei cercare, mio Signore?"
Egli lo sapeva. La conosceva molto bene, e aveva notato l’inquietudine che ella stava provando da tempo: stava diventando debole. Stava cercando qualcosa che avrebbe dovuto fuggire. Ma anche lui, in passato l’aveva fatto, e gli era servito per capire cosa doveva fare e chi doveva essere. E sapeva che, sebbene lui sapesse provare solo odio e disprezzo, nutriva un sentimento diverso da questi per una donna: sua madre. Tuttavia quello era un sentimento filiale, che non riguardava, però, Bellatrix. Voldemort sapeva che la donna non provava nessuna forma di piacere col marito, e che le stava indifferente. Era alla ricerca di qualcosa che la facesse rendere viva per una volta, della passione, di quella che solo lui avrebbe potuto offrirle. La stella, sempre più brillante, pareva essere d’accordo lui.
" Ti ho visto prima. Qualcosa ti sta logorando, mia cara. Ti senti vuota, e non sai perché. L’amore rende deboli. Tuttavia è l’unico sentimento che, per quanto cerchiamo di combattere, per quanto cerchiamo di distruggere, non ci riusciremo mai. Certo, possiamo assopirlo per un po’, ma prima o poi esso ricomparirà. Sempre.  Io ho amato mia madre, anche se non l’ho mai conosciuta. E per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscito a cancellare questo sentimento" disse, cercando di capire se la donna non stesse cercando anche altro.
"Io non sto cercando l’amore!" esclamò Bellatrix, risentita. Il turbamento dell’Oscuro Signore allora si placò. Osservò di nuovo il corpo formoso della donna: pareva più bello di notte, quando l’oscurità lo attorniava.
"L’amore è da deboli. Ma ti mostrerò qualcos’altro. La passione. Il piacere. Il vero piacere. Non quello che ti fa provare tuo marito" disse allora Lord Voldemort, arrivando dritto al punto. Lentamente alzò una mano e sfiorò la morbida guancia della donna, mentre il desiderio cresceva in lui. Il baccano degli ospiti si sentiva ancora, ma a lui non importava. Guardò un’ultima volta la stella, poi si voltò  ed entrò nella camera, seguito dalla donna. Le avrebbe donato una notte di passione, per ricompensarla.  Anche lui provava qualcosa per lei; ma non era amore: era desiderio.. Così si accinse a sfilarle il vestito color delle tenebre, mentre ancora, là fuori, si intravedeva la stella.
 
   
 
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