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Autore: invasata    19/12/2014    3 recensioni
E se i Cullen non fossero gli unici "non umani" a Forks? E se Bella non avesse avuto l'infanzia felice che ha sempre avuto? Se il suo passato fosse costellato di Istituti, Camici Bianchi ed Eliminatori? Una Bella completamente diversa, fisicamente e mentalmente, immersa in una storia d'amore costellata di pericoli... e non un gruppo di vampiri assetati a costituire un pericolo per la nostra protagonista!
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ecco qua il primo capitolo di questa storia vecchia come il cucco^^
Spero possano piacervi le piccole modifiche!
Un bacio.

CAPITOLO 1


-Bella svegliati!-

Con uno scatto mi siedo sul letto guardandomi intorno attraverso la cortina di capelli arruffati davanti agli occhi, il cuore batte velocissimo ed il respiro affannoso, aguzzo le orecchie e sento la risatina di mio padre per l'effetto desiderato.
Giro la testa e lo trovo appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto che mi guarda vittorioso, mi tolgo i capelli dal viso e lo fisso per qualche secondo prima di imitare la sua risata.

-Non sei per niente divertente lo sai vero?- borbotto

-Sai cos'è veramente divertente?-

-Illuminami o saggio-

-La tua faccia quando vedrai l'ora-

Con indifferenza assoluta poso lo sguardo sulla radiosveglia a forma di ranocchia che ho sul comodino e fisso per lunghi secondi le cifre rosse che lampeggiano sullo schermo.

7:45

In alto a sinistra l'ora minuscola 7:15 è barrata da uno slash.
La sveglia non era attiva.
La sveglia non ha suonato.

-Papà, hai disattivato la mia sveglia?-

-No, non l'hai sentita- ridacchia lui

Con calma apparente mi alzo dal letto posando con cautela i piedi sulle pantofole, guardo mio padre per qualche secondo sorridendogli tranquilla prima di scattare verso il bagno in un modo da far impallidire un atleta olimpionico; non chiudo neanche la porta e comincio a lavarmi i denti mentre con l'altra mano mi pettino i capelli.
Finito questo gioco della morte in cui più di una volta ho rischiato di lavarmi i denti con la spazzola e pettinarmi i capelli con lo spazzolino, mi guardo allo specchio storcendo la bocca.
Non sono brutta.
Sono una ragazza normale.
Un viso normale.
Naso normale.
Bocca normale.
Occhi...
Orecchie...
Fisso l'occhio celeste che spicca in confronto all'altro marrone e maledico il mio terrore per le lenti a contatto; ogni ragazza sul pianeta terra sogna di avere gli occhi celesti.
Sono belli.
Affascinanti.
Sensuali.
Tutto ciò se sono entrambi dello stesso colore.
Il contrasto da celeste e marrone è troppo forte che mi costringe a tapparlo con un ciffo di capelli biondi.

-Sei carina coi capelli sciolti- dice Charlie appoggiato adesso alla porta del bagno allungandomi un cappellino da baseball

-Grazie- sorrido

Mi guardo allo specchio per l'ennesima volta ma questa volta fisso le orribili orecchie da gatto more che spuntano sulla mia testa svettando come enormi antenne, le pettino con le mani prima di infilarmi il cappellino schiacciandole e nascondendele alla vista.
Perfetto.
Adesso sembro una normale ragazza distrutta dal brusco risveglio da parte del padre, sorrido alla mia figura e ritorno in camera chiudendo la porta.
Mi infilo un paio di jeans larghi ed una felpa viola senza disegni particolari, prendo lo zaino sulla sedia e scendo di sotto saltellando gli ultimi tre scalini.

-Papà faccio colazione al bar davanti scuola- grido uscendo di casa

-Hai coperto la coda?-

Con un piccolo sobbalzo mi accorgo di avere la coda mora coindolante che si agita all'aria fredda del mattino, con un gesto veloce alzo appena la felpa e arrotolo la coda intorno alla vita al sicuro di occhi indisceti.
Immediatamente l'equilibrio svanisce e a malapena riesco a stare in piedi, barcollo fino alla macchina e subito mi siedo sul sedile morbido ma freddo come il ghiaccio, saluto sorridente ma congelata Charlie e accendo il motore.
Pronta per un'altra giornata a scuola.
Pronta per un'altra giornata con lui.

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Parcheggio l'auto il più vicino all'entrata della scuola e scendo veloce afferrando lo zaino, sbatto la portiera con uno schianto e corro veloce verso il gruppo di ragazzi che, i fila, aspettano di entrare impazienti.
Impazienti.
Appena mi fermo dietro un gruppetto di cheerleaders sento la pioggia picchiettare sulla tesa del capellino, alzo il viso e una goccia di pioggia mi cade sul naso facendomi quasi starnutire dal fastidio.
Improvvisamente la pioggia smette ed un'ombra alta mi copre completamente, mi volto per ringraziare il mio salvatore e davanti a me Edward Cullen mi sorride gentile tendendo l'ombrello coprendo interamente me e lui.

-G..grazie- borbotto con un soffio

-Non è bello che una ragazza si bagni- sorride lui gentile -Anche se il capellino che porti sembra proteggerti abbastanza-

Ridacchio nervosa e picchietto la tesa rigida senza spostare il cappello neanche di un millimetro, le orecchie sotto di esse si muovo per il fastidio e lentamente il tipico mal di testa giornaliero si fa strada dentro di me.

-Neanche mi ero accorta che pioveva- sorrido fiera di aver parlato senza balbettare -Mi sono svegliata tardi...-

-Devi essere brava a guidare per essere arrivata in orario-

-In realtà neanche so come ho fatto- sussurro arrossendo non appena i suoi occhi si posano nel mio ridacchiando divertito dalla mia espressione

Edward apre la bocca per dire qualcosa -sicuramente di sensazionale e perfetto come sempre- ma un colpo di vento ci colpisce facendomi sbilanciare e imprecare le ragazze davanti a me, di colpo lo sguardo di Edward cambia ed io non capisco perchè sia così spaventato.
Esterrefatto.

-Edwa...-

Lo vedo per intero.
Intero.
Sia destra che da sinistra.
Con uno scatto mi porto la mano all'occhio all'occhio celeste scoperto quasi completamente e sistemo subito il ciuffo incastrandolo poi dietro l'orecchio umano sperando che questo funzioni.
RIporto lo sguardo su Edward e questo non la smette di fissarmi, il silenzio si fa pesante come una coperta di lana ed il mal di testa aumenta a dismisura lanciandomi fitte alle tempie; la fila davanti a me comincia a muoversi ed io, da brava principessa coraggiosa che sono, appena si libera un buco fuggo da lì salutando Edward con uno strozzato "Ciao" soffocato dalle chiacchere delle persone intorno a me.
L'avrà visto?
Cosa penserà?
Con un  flash lo sguardo dorato di lui mi si para davanti.
Impaurito.
Sconcertato.

-Bella ce l'hai fatta ad entrare?- chiedi Mike spuntato accanto a me

-Già...-

-Questa settimana hanno dato pioggia-

-Perchè di solito qua c'è il sole vero?-

-In effetti!- ride lui contagiandomi un minimo

Mike.
Classico ragazzo biondo con gli occhi verdi, alto poco più di me e nella squadra di football della squadra, non so perchè se stia sempre attorno a me ma la sua presenza mi mette buon umore.
E' stupido.
Non quello stupido antipatico che non vedi lasciare indietro alla prima occasione, ma quello stupido che cerca di farti ridere quando sei triste o preoccupata senza chiederti il motivo di tale emozioni.
All'inizio le ragazze non erano felici di questa sua scelta ma poi hanno lasciato perdere alludendo ad mio problema mentale e scambiando la nostra amicizia per una sua qualche forma di pena nei miei confronti... almeno avevano smesso di starmi intorno.   
Entriamo nell'aula di geografia ed il professore ci saluta col suo vocione basso e roco di sempre, ci sediamo notando con immenso piacere di non essere gli ultimi e di aver scampato alla sua ira funesta, tiriamo fuori i libri e finalmente l'utima campanella suona.


-------------------------------------------------------

-Che fai nelle ore di buco?- chiede Mike mentre posa la borsa nell'armadietto

-Credo che andrò in biblioteca- borbotto appoggiandomi al muro -Te?-

-Lontano da te... hai una faccia orribile- sorride -Vedi di sbollire!-

-A dopo!- ridacchio io allontanandomi nella folla

Man a mano che mi avvicino alla biblioteca le persone si anno sempre più rade, credo di essere una dei pochissimi che ha scelto di passare il tempo libero in un posto dove stare zitti ed imparare sono le regole per eccellenza, alla fine del corridoio sono da sola davanti alla porta in plastica gialla canarino con il cartello sbiadito appeso sopra.

"Biblioteca scolastica"

Sbuffo ed entro sperando con tutto il cuore di rimanere sola ed il mio desiderio si realizza quando, appena entrata, tutti i tavoli tondi sparsi in giro sono spogli e l'unico rumore nella stanza è la porta che lentamente si chiude.
Ringrazio il preside che invece di spendere soldi in telecamere di sorveglianza compra nuove divise alle cheerleaders e libero la coda lasciandola però sempre sotto la felpa, recupero in parte il mio equilibrio e m'incammino verso il tavolo più nascosto di tutti.
Finalmente sola.
Mi siedo e apro un libro preso a caso mentre camminavo.

"Genetica"

-Stiamo scherzando?- borbotto

Lo sfoglio con rabbia fino a che una frase non attira la mia attenzione.

"Il campo della genetica è in continua evoluzione..."

-Oh ma dai...-

Come se questa fosse una novità per me.
Io sono l'evoluzione nel campo della genetica o, per meglio dire, sono un esperimento per l'evoluzione nel campo della genetica.
Guardiamo al futuro.

-Esperimento 27.36 reagisce bene al farmaco nuovo-

Con un brivido reprimo il ricordo marchiato a fuoco nella mia memoria e di scatto lancio il libro davanti a me facendolo atterrare a pochi metri di distanza, con il fiatone mi prendo la testa tra le mani sentendo la fronte sudata e fredda.
Non ricordare.
Non adesso.
Mai.
Non ricordare Bella.

-Aziona la macchian per i riflessi!-

-Per favore... fa male...-

-Se schivi la palline non ti farà male-

La voce metallica cerca di consolarmi.
Guardo il vetro davanti a me sapendo bene che dietr di esso uno stormo di almeno 10 dottori armati di blocco per gli appunti e penna sono pronti a registrare qualche nuova scoperta.
Guardo il mini cannone puntato proprio su di me e le lacrime scendono sulle mie guancie, le gambe mi fanno ancora male per i lividi lasciati l'ultima volta da quelle palle di sale e sono sicura che non riuscirò a muovermi.
Ho troppa paura.

-Papà...- sussurro nella speranza che questo venga a salvarmi

Un gigantesco 3 appare sulle schermo nero sostituito dal 2 e, senza che possa prepararmi, ecco l'1.
Un sonoro clacson mi fa scattare sull'attenti prima che una pallina venga sparata a tutta velocità verso di me.

Con uno scatto scappo dalla biblioteca e corro verso il bagno sentendo i conati di vomito soffocarmi, nel corridoio sbatto contro qualcuno ma neanche ci faccio caso che continuo a correre.

--------------------------------------------------

Mi guardo allo specchio col viso bagnato dall'acqua fresca e gli occhi arrossati, il fiato corto per lo sforzo immane di non piangere o di non cedere alla crisi di panico che mi sta montando dentro sempre più veloce.
Allungo una mano per prendere un fazzoletto nello zaino ma non riesco a trovarlo, con sgomento ricordo di averlo lasciato in biblioteca e mi avvio lentamente a riprenderlo pregando di non trovare nessuno sulla mia strada.
Entro di nuovo in biblioteca e in lontananza vedo lo zaino ancora posato mollemente sulla sedia vicino a dove ero seduta, lo prendo ed esco dalla porta di sicurezza disabilitata lasciando che il vento freddo mi risvegli in parte.
Il panico non accenna a diminuire e per un momento penso di tornare a casa.
Dopotutto salterei solo 3 ore di scuola.
Nessun compito.
Nessuna interrogazione.
Mike potrebbe passarmi gli appunti.
O Angela.

-Piccolo angioletto, fai come ti dice il signore-

-Fa male-

-Bevi tutto ed il dolore passerà-

-Ma brucia-

-Basta- mormoro sedendomi su una panchina

I minuti passano e la sensazione di scoppiare non accenna neanche a diminuire ma anzi, aumenta ogni secondo che passa, una lacrima scivola sulla mia guancia ed io la scaccio con la manica ruvida della felpa.
Ha smesso di piovere ormai.
Solo l'odore umido dell'erba intorno a me.

-Guarda quella macchina gialla- dice una voce dietro di me

Mi volto spaventata trovando Edward Cullen che indica una macchina alle mie spalle, non mi guarda neanche con la coda dell'occhio ed io, incuriosita mi volto a guardare questa famosa macchina gialla.
Anonima.
Banale.
Parcheggiata in doppia fila.

-Adesso guarda l'albero- dice

Seguo con lo sguardo il suo dito e fisso l'albero aspettandomi qualcosa almeno questa volta.
Niente.

-La bici appoggiata al palo-

Niente.

-La panchina-

Niente.
Niente?
Ed il panico?
Mi volto verso Edward e lo trovo a guardarmi sorridente e fiero di sè, il braccio ancora alzato pronto ad indicarmi qualcosa di diverso ed io non so cosa dire.

-Come diavolo...?-

-Mio padre mi ha insegnato questo trucchetto per quando qualcuno soffre di attacchi di panico- spiega sedendosi sulla panchina -E' un dottore-

-Questo non spiega come mi sia passato tutto-

-Ti sei concentrata per pochi secondi su cose completamente estranee al tuo problema, cambiando obbiettivo ogni 3-4 secondi dimenticando quello che ti faceva stare male- sorride lui -Se non pensi al problema quello non può farti male, non credi?-

Lo fisso per quelle che mi sembrano ore aspettando la fatidica domanda sul perchè stessi tanto male ma questa non arriva, Edward continua a guardarmi sorridente seduto accanto a me senza chiedere niente.

-Grazie- sussurro sedendomi

-Dovresti andare a casa se stai male- borbotta aggrottando le sopracciglia -Quando si sta male ci si dovrebbe riposare no?-

-Perchè lo chiedi a me?- sorrido -Non sei mai stato male?-

-Beh, con un padre dottore è difficile ammalarsi- ridacchia teso lui

-E con un padre come sceriffo è facile capire quando qualcuno dice una bugia- sorrido io facendolo scattare sull'attenti

Sgrano gli occhi a quella reazione esagerata e tossicchio tesa cercando un modo per sistemare la situazione.

-Oppure è difficile bere una birra dalla sua riserva senza che lui non se ne accorga- ridacchio -Maledetto radar da detective!-

Lui sembra rilassarsi un pò e ride insieme a me ma guardandolo meglio noto come i suoi muscoli delle spalle siano ancora tesi come corde di violino, devo aver detto qualcosa di strano per averlo fatto scattare così.
A ripensarci non l'ho mai visto totalmente rilassato quando è a scuola -le uniche volte in cui posso incontrarlo, neanche quando è a mensa da solo con la sua famiglia.
Non gli piace stare in mezzo alle persone?
Non si sente a suo agio con tutti gli occhi della scuola puntati contro?
Un pò lo capisco, io mi sento a disagio anche solo quando Mike cammina con me nel corridoio.
Sorrido comprensiva e lui sgrana leggermente gli occhi a questa reazione, ma prima che possa dire qualcosa la campanella suona facendoci sobbalzare entrambi e ridacchiare dopo.

-Non me l'aspettavo- rido io alzandomi -Io vado a casa, sarà meglio che mi vada a riposare-

-Ci vediamo domani?- chied lui senza muoversi

-Beh... andiamo nella stessa scuola no?- borbotto io spiazzata

Non è la prima volta che mi rivolge la parola, di solito però ci salutiamo dopo un breve colloquio senza scambiarci non più di un semplice "Ciao".

-Mi ha fatto piacere parlare con te- sorride lui

-Anche a me... beh, a domani allora?-

-Ti conviene muoverti a scappare o i professori se ne accorgeranno-

-Ciao- lo saluto avviandomi alla macchina

Sento i suoi bruciarmi la schiena e di riflesso la mia coda vibra tesa nascosta fortunatamente dallo zaino enorme sulle mie spalle, arrivo alla mia macchina e ci monto veloce sospirando di sollievo di essere al sicuro da tutto.
Dal panico.
Dagli occhi indiscreti.

-Non provate a scappare, tutto l'Istituto è controllato dalle telecamere! Vi osserviamo sempre!-

Mi prendo la testa tra le mani e qualche lacrima sfugge al mio controllo, mi tiro su cercando di respirare, accendo il motore ma appena mi volto per fare inversione noto come Edward non si sia mosso di un centimetro da quella panchina e di come adesso mi stia guardando occhi preoccupati.
I suoi occhi.
Amo quegli occhi dorati.
Odio quegli occhi dorati.
Sembrano riuscire a vedere qualsiasi cosa dentro di me.

-Smettila di guardarmi- sussurro

Lui sgrana gli occhi e subito si alza entrando nella biblioteca come se avesse sentito quelle parole, rimano lunghi minuti ferma con il motore che romba sotto di me fino a che lo squillo del telefono non mi distrae, lo prendo e il nome di mio padre lampeggia sullo schermo.

-Papà?- rispondo

-Bella sei ancora a scuola?-

-No, sto uscendo prima, non mi sente bene!-

-Puoi venire un minuto alla centrale?- chiede cambiando tono

-E' successo qualcosa?-

-Vieni e ti spiego- dice prima di chiudere la chiamata

Guardo il telefono preoccupata e subito imbocco l'uscita del parcheggio dirigendo a tutta velocità verso la centrale con mille domande per la testa.
Il mio passato mi ha resa iper-sensibile a situazioni incognite come questa, non mi piace non conoscere i fatti, le azioni delle persone o i loro pensieri.
In men che non si dica parcheggio l'auto malamente e corro dentro chiedendo al primo poliziotto dove sia mio padre, questo m'indica una porta sul fondo ed io corro veloce col cuore a mille.

-Papà cos'è successo?- grido quasi sfondando la porta

-BUON COMPLEANNO!!!- grida questo con un sorrisone a 32 denti stampato in faccia

Dietro di me sento almeno una ventina di uomini battere le mani e scoppiare qualche stella filante che mi cade sul cappellino e sulle spalle, mi volto ed un enorme striscione appeso alle travi del soffitto con scritto "Buon compleanno Bella!" fa la sua bella mostra incorniciato da una serie di palloncini colorati.
Riporto lo sguardo su mio padre che nel frattempo si è alzato per abbracciarmi ed io lo guardo sorpresa da tutto ciò.

-Scusa se ti ho spaventata, la sorpresa doveva essere dopo la scuola, ma i ragazzi erano impazienti ed io non ho potuto non accontentarli!-

-Bugiardo!- gridano questi ridendo

-Zitti o vi licenzio seduta stante!-

-Papà...-

-Sapevo che ti saresti dimenticata del tuo compleanno- sorride lui -Per questo ci sono io che lo ricordo sempre...-

Mi abbraccia e tutto il mondo sparisce.
Il panico di prima.
I brutti ricordi.
La paura.
Il mal di testa.
Questo è l'effetto che mi fa l'abbraccio del mio papà.
Il mio eroe.

-Grazie- sussurro nel suo maglione ruvido

-Grazie a te per non esserti arrabbiata per questo mio giochetto!- ridacchia lui per stemperare la situazione

Rido anche io sciogliendo l'abbraccio e guardandolo negli occhi cioccolato come il mio destro, i baffi a spazzola sotto il naso, le lievi rughe attorno agli occhi e alle labbra carnose.
Il mio papà.


-Tu sei il mio papà?-

-Bella?-

L'uomo davanti a me mi fissa per lunghi istanti prima di correre da me piangendo e prendendomi in braccio con forza, per un momento la voglia di fuggire mi fa dimenare ma quando le sue lacrime sulla mia spalla nuda dalla vestaglia mi immobilizzano.
Quelle e le sue parole sussurrate.

-Ti ho cercata così tanto!-


-Mi hai trovata- sussurro sorridendo

Lui sgrana gli occhi capendo il riferimento alle mie parole prima che una lacrima scappi ai suoi occhi e attraversi la guancia fresca di rasatura, la blocco con una mano e lo abbraccio di nuovo con forza.

-Grazie- sorrido


-Non ti lascerò mai più! Lo giuro...-

-E se mi dovessero venire a riprendere?-

-Ti proteggerò per sempre piccola mia-

-Promesso?-

-Promesso-
 


Questo capitolo è diverso dal primo.
Come lo sono i rapporti tra i personaggi, sono stanca che tutti le persone al di fuori di Edward e Bella siano antipatici, leccapiedi o di facili costumi... così ho deciso di dare il via ad una piccola svolta e creare una nuova serie di amicizie^^
Ho voluto approfondire leggermente (nie prossimi capitoli ancora di più) il rapporto tra Bella e Charlie che nella precedente storia avevo lasciato al vento, infondo lui è suo padre... non un vicino di passaggio!
Che avevo per la testa?
Bene, vi lascio alle vostre riflessioni e ci rivediamo al prossimo capitolo!
Una bacio!

  
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