Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: xshesagleek    20/12/2014    1 recensioni
[Seblaine con un bel po' di ANGST scritta di getto.]
Blaine ha una visione dell'amore ormai distorta per via della stabilità. E' ciò che gli serve in quel momento eppure non riesce a smettere di pensare, mentre canta parole di altre persone, che vorrebbe ciò di cui tutti loro parlano.
Quell'amore spassionato e sentimentale, passionale e sexy, anche se sa bene che lui è tutto tranne che sexy.
Guardando i suoi genitori a Sebastian l’ultima cosa che gli viene in mente è l’amore. Quei due avevano sempre e solo pensato al lavoro, senza curarsi di come la loro relazione, per modo di dire, apparisse agli occhi di loro figlio. Infatti Sebastian non crede nell'amore di cui tutti parlano. Lui è più un tipo da una botta e via.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Kiss me like you wanna be loved.
 
I've fallen for your eyes,
but they don't know me yet.
 
Blaine si guarda allo specchio, passa gli occhi cupi su tutto ciò che vede: gli occhi stanchi, i capelli scompigliati, il maglione marrone che cade sulle braccia muscolose, pesante, adatto per l'inverno newyorkese, i jeans chiari e le scarpe in tinta con il maglione. Abbassa improvvisamente lo sguardo, distogliendolo da quell'immagine che non è quella che vuole vedere, ma sa che è quella che tutto il resto del mondo vede. Così sospira e prende la sua chitarra accuratamente poggiata nell'angolo della stanzetta scarna facente parte dell'appartamento modesto che possiede a New York, si passa una mano fra i ricci arruffati, ed esce nell'aria rigida dell'inverno.
New York è un'altra cosa. New York è un altro mondo, New York è un'altra vita rispetto a quella che viveva prima in Ohio. Blaine se lo aspettava, quel paese gli stava tarpando le ali, così piccolo e così soffocante, proprio come la sua famiglia. Aveva sempre voluto andarsene, perché non lo accettavano per com'era: gay.
Lo aveva sempre saputo, lui, eppure i suoi genitori non lo avevano accettato, ecco perché lo avevano messo alla porta insieme ad una valigia.
Ma Blaine non ci aveva pensato due volte, quella era la sua occasione di riscattarsi, insomma sarebbe andato a New York. La Grande Mela, la città che non dorme mai, la città delle grandi opportunità, eppure per lui non era stato così.
Non le aveva trovate queste opportunità, Blaine è uno che si accontenta. Si è sempre accontentato e aveva sperato che, invece, a New York non sarebbe servito.
Blaine riflette mentre i ricordi scorrono veloci, mentre la gente a Times Square lo sospinge di qua e di là e lo sbatte addosso ad altra gente ancora, e così lui chiede scusa, a bassa voce, quasi timoroso di poter sbagliare a fare anche quello.
Raggiunge la metro, raggiunge il quartiere di SoHo dove ha un lavoro come cantante ogni sera, un piccolo bar in cui raramente vengono più di trenta o quaranta persone, ma gli basta per vivere.
Come già detto, Blaine si accontenta, si accontenta anche di quel lavoro, che non era quello che aveva sperato. Entra nel locale e saluta con una mano la ragazza che lavora come cameriera ed il barista che in quel momento sta sistemando una bottiglia di vodka sul bancone. Osserva il ragazzo e anche l'altro fa lo stesso, uno sguardo lungo che fa rabbrividire Blaine.
Lo sa che cosa vuole quel ragazzo e sa che può permettersi tutto tranne il tipo di storia che l'altro vuole, così abbassa lo sguardo, come fa sempre, e scappa nelle quinte del palco scenico. La musica è ciò che gli permette di vivere, letteralmente. Guarda la sua chitarra con aria affranta, pensando alle parole che suo padre gli ha detto poco prima che se ne andasse di casa.
"Quella stupida chitarra non ti porterà da nessuna parte."
Blaine sta cominciando a realizzarlo solo in quel momento, eppure vuole ancora sperarci.
Perché la musica ti tiene vivo. Ti fa essere te stesso, ti fa vivere molte più emozioni rispetto -a detta di Blaine- a fare l'avvocato, come il padre ha sempre pensato. Blaine sa che la sua visione della vita è tutt'ora un po' romantica, nonostante lui non creda nell'amore. Dopo una grossa delusione amorosa al liceo, che porta il nome di Kurt Hummell, Blaine ha totalmente smesso di pensarci. Ha smesso di pensare all'amore anche se tutte le canzoni che suona e canta parlano d'amore, Blaine ha una visione dell'amore ormai distorta per via della stabilità. E' ciò che gli serve in quel momento eppure non riesce a smettere di pensare, mentre canta parole di altre persone, che vorrebbe ciò di cui tutti loro parlano.
Quell'amore spassionato e sentimentale, passionale e sexy, anche se sa bene che lui è tutto tranne che sexy.
Guarda l'orologio che porta e realizza solo in quel momento che lo spettacolo sta per cominciare e che si deve preparare.
Tira fuori la chitarra ed ignora totalmente lo specchio che gli sta urlando di darsi una sistemata. Accorda lo strumento e si alza le maniche della camicia e del maglione che vi porta sopra, mettendo sul viso il miglior finto sorriso possibile.
 
Sebastian Smythe si passa una mano sul ciuffo di capelli perfettamente fermi per via del gel. Punta il suo sguardo in quello dell’altro Sebastian allo specchio e si mette le mani in tasca, osservando pochi secondi dopo la sua stessa espressione corrucciata attraverso la superficie riflettente e tira fuori il bigliettino appena trovato: un nome ed un numero, di qualcuno che lui non conosce.
O forse si?
Non si ricorda assolutamente niente di niente della scorsa notte. È andato, come ogni notte, in uno di quei locali newyorkesi che tanto ama e tanto odia allo stesso tempo. Ama l’atmosfera di quei locali, eppure appena ne varca la soglia sa che il mattino dopo si ritroverà in un letto diverso con un uomo diverso. Eppure non se ne preoccupa.
Sebastian è gay, l’ha sempre saputo e anche i suoi genitori, ma non avevano tempo nemmeno per vedere loro figlio crescere, figuriamoci importarsene del suo orientamento sessuale. Infondo, per un famoso avvocato, è meglio non sapere e soprattutto non far sapere che il proprio figlio non è “normale”. Ma il carattere di Sebastian gli permette di fregarsene altamente, proprio come suo padre ha sempre fatto.
L’illuminarsi dello schermo del suo telefono avvisa Sebastian dell’arrivo di un nuovo messaggio, lascia scorrere il dito verso la direzione indicata dalla freccia e vede subito il mittente: Jeff.
Sebastian ha pochi amici, i suoi più fidati sono quelli del suo vecchio liceo, la Dalton, una scuola privata che suo padre ha pagato volentieri sapendo che era dall’altra parte dello stato. Ha una comitiva di amici, tutti incontrati lì e si, la maggior parte gay. Era come se la Dalton attirasse i ragazzi gay, ma a Sebastian non dispiaceva, anzi.
Eppure Sebastian non crede nell’amore. Guardando i suoi genitori l’ultima cosa che gli viene in mente è l’amore. Quei due avevano sempre e solo pensato al lavoro, senza curarsi di come la loro relazione, per modo di dire, apparisse agli occhi di loro figlio. Infatti Sebastian non crede nell’amore di cui tutti parlano. Lui è più un tipo da una botta e via.
Si riscuote dai suoi pensieri, che improvvisamente lo hanno portato da tutt’altra parte, e legge il messaggio di Jeff.
Stiamo arrivando, spero che ti sia fatto bello a dovere. 15 minuti e siamo da te. X Jeff
Sebastian sorride leggendo quella specie di battuta e si mette un giacchetto leggero sopra la camicia che porta, attendendo l’arrivo dei suoi unici amici.
 
La cosa che Sebastian più adora delle decapottabili è il vento fra i capelli. Sorride, passandovi una mano in mezzo mentre Thad racconta del suo viaggio appena compiuto in Inghilterra. Guarda tutti i suoi amici: Jeff, Nick, Thas e Wes, e pensa al loro primo incontro, pensa a come li aveva etichettati, sapendoli figli di papà, e pensa a come, invece, scoperte le loro storie li abbia rivalutati. Tra Jeff e Nick c’è sempre stata una certa tensione, soprattutto perché –a detta di Sebastian- sono innamorati l’uno dell’altro. Non si sognerebbe mai di intromettersi in una relazione così pura, Jeff e Nick sono il prototipo della coppia perfetta che non sa di esserlo.
Qualche mese fa è scattata, ovviamente, la missione di farli mettere insieme.
È proprio la voce di Nick a riscuoterlo da quegli strani pensieri che quel giorno sta avendo.
-Amico tutto ok? Ti vedo molto pensieroso oggi. Stai pensando alla tua prossima vittima da sedurre?- Ridono tutti. Sebastian anche, scuote la testa e gli lancia un bacio.
-Hai indovinato amore.-
Quello è il vero Sebastian.
Quello tutte battutine, flirt e risatine. Guarda il ragazzo biondo vicino a Nick e gli lancia un occhiolino.
-Tranquillo che tua moglie non la tocco.-
Sebastian adora rivolgersi a quei due come moglie e marito, più che altro perché in certi momenti lo sembrano davvero. E lui rimane lì a guardarli discutere sul fatto che sono solo amici, a pensare che per lui un amore così non esisterà mai, a pensare che non è ciò che cerca perché sa che finisce presto, un amore così. Eppure Jeff e Nick lo fanno sembrare così semplice che tante volte li invidia.
Così Sebastian riprende ad ascoltare le battute stupide del suo gruppo finché non intravede il cartello stradale che indica l’autostrada di entrata a SoHo. A Sebastian non è mai piaciuto quel quartiere, perciò corruga un attimo la fronte, ma non dice niente, tanto vale provare.
 
Blaine attende con pazienza che l’artista prima di lui scenda dal palco. Sente la musica fermarsi e poi uno scroscio di applausi partire. Aggrotta le sopracciglia: c’è più gente degli altri giorni o è solo un’allucinazione dovuta probabilmente alla fame? Forse è davvero un effetto provocato dal soffitto del locale, di solito quel bar è semi-vuoto.
La ragazza che lavora lì si avvicina a lui e gli fa segno silenziosamente che può salire sul palco. Blaine le fa un cenno di ringraziamento con la testa, scosta la tenda verde che gli fa da sfondo nelle sue serate e sale sul grosso –troppo grosso- palco di legno.
La prima cosa che nota è il rumoroso gruppetto di cinque ragazzi. Sono pochi ma evidentemente si stanno divertendo un bel po’ dato il chiacchiericcio continuo e le risatine una dopo l’altra, l’una sempre meno sobria di quella di prima. Blaine si mordicchia l’interno della guancia come è solito fare quando è nervoso e si avvicina alla sua sedia. Non appena il gruppetto lo nota partono di nuovo applausi e risatine, ma l’unica cosa a cui Blaine fa caso è un ragazzo. Porta una camicia a quadretti, è seduto, ha una birra in mano, i capelli perfettamente tenuti dal gel e lo sguardo fisso su di lui.
Gli occhi dell’altro vagano per tutto il suo corpo. Improvvisamente il riccio si sente esposto. Troppo esposto. Abbassa gli occhi e si sistema sulla sedia, tentando di ignorare la sensazione che quel ragazzo lo sta ancora guardando. Si concentra e comincia a suonare la canzone con la chitarra, la prima che ha in programma. È una semplice canzone pop, di Ed Sheeran. Ha ascoltato quel CD solo pochi giorni prima eppure sente che tutte le canzoni che vi sono sopra lo rispecchiano perfettamente.
Quando finisce partono altri applausi, ignora alcuni commenti e si sposta al pianoforte, per l’ultima delle sue due canzoni che ha in programma. Avvicina le labbra al microfono e vi batte sopra delicatamente le dita, assicurandosi che effettivamente funzioni. Si schiarisce la voce e fa un piccolo sorriso, spostando lo sguardo dall’apparecchio nero che amplifica la sua voce in quello dell’altro ragazzo che lo osserva dal suo tavolinetto, che come aveva immaginato lo guarda di rimando.
-Buonasera, io sono Blaine.- Altre risatine, altre battutine. Blaine stringe gli occhi e si sforza di restare calmo, mentre sente il ragazzo che lo fissa dire qualcosa agli amici, ridendo e bevendo la sua birra. Certe volte anche lui vorrebbe essere così spensierato, così ragazzo, eppure ha solo 20 anni, potrebbe fare tutto quello che vuole, ma c’è sempre qualcosa che lo ferma. Sospira, poggia le mani sugli accordi che dovrà fare tra un po’ di secondi e riprende a parlare.
-Questa sera vi ho già cantato una canzone di Ed Sheeran, ma…-
-Puoi cantare tutto quello che ti pare, l’importante è che rimani lì su.- Di nuovo, il ragazzo parla agli altri, come se Blaine non potesse sentirlo. Lo guarda un attimo, ridere e scherzare con gli altri, ma poi fa finta di niente, non vuole rovinarsi l’unica bella canzone che ha in serbo.
-E questa è Kiss Me, di nuovo di Ed Sheeran.-
-Oh, in questo caso mi offro volontario, Killer.-
Ed è a quel punto che Blaine non ce la fa più. Stringe un pugno sul pianoforte di legno, anche se timoroso di poter lasciare qualche segno permanente, e alza lo sguardo dritto in quello del ragazzo che sta facendo commenti da quando è entrato. Sorride maliziosamente, abbassa gli occhi mostrando le lunghe ciglia e alza leggermente le spalle.
-Se quel signore lì giù mi fa il favore di smetterla di interrompermi.-
Un boato di risatine scoppia per tutta la sala. Blaine alza gli occhi in quelli del ragazzo, che ora lo sta fissando con un sorriso in volto, la bocca leggermente aperta in una ‘o’, come se fosse allo stesso tempo umiliato, sorpreso e divertito dal commento che ha fatto Blaine. Il moro scuote la testa, sospira e mette le mani sui tasti del pianoforte, pronto per un’altra esibizione del cantante che, probabilmente, riusciva a capirlo meglio di tutti.
 
La musica questa volta è diversa. Gli pompa nelle vene, è diventata una musica più hard, più ripetitiva, soprattutto più forte. Strizza gli occhi e si stringe la base del naso con l’indice e il pollice, mentre davanti a lui la vodka lemon lo guarda come per dirgli ‘bevimi, bevimi!’.
Blaine scosta il bicchiere da un lato, in quel momento l’unica cosa che prova è nausea, per come le cose si sono evolute velocemente. Un attimo prima aveva appena finito di cantare Kiss Me e l’attimo dopo è sorpreso dalla massa di gente che è accorsa nel locale per via della musica spinta.
Il barista si sporge sul bancone e gli indica con un cenno del capo i ragazzi che ballano al centro della pista che, fino ad allora, era rimasta completamente, sempre, costantemente, vuota.
-Dobbiamo metterla più spesso questa musica se attira così tanta gente.-
Ride e l’unica cosa che Blaine riesce a fare è scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo. Prende il bicchiere di vodka lemon che è davanti a lui e lo beve, beve un grande sorso, sperando che il mattino dopo tutto quello sarebbe andato via dalla sua testa.
-Hey, Killer, vacci piano con quello.-
Blaine si blocca istintivamente alla voce proveniente dalle sue spalle. L’ha già sentita, sa di chi è perché prima della sua esibizione l’aveva perseguitato, finché lui non era stato in grado di riprenderlo e dirgli di smettere perché lui doveva suonare. Si gira verso il ragazzo che ha osservato tutta la serata e poggia il bicchiere sul bancone, facendo scivolare le dita sul legno.
-Perché ce l’hai tanto con me?- Forse è la vodka che gli ha dato un po’ di coraggio, ma Blaine gli chiede quella cosa spontaneamente. Non conosce nemmeno il suo nome, quindi perché si sente così? Perché quel ragazzo ha il potere di guardarlo e farlo finire in mille pezzi soltanto attraverso i suoi penetranti occhi verdi?
-Come scusa?- Replica l’altro, evidentemente confuso.
-È tutta la serata che continui a darmi fastidio. Ho inquadrato cosa sei, tu. Ho capito che tipo di ragazzo sei dal primo commentino che hai fatto su di me, e Dio non posso proprio. Mi dispiace ma so cosa vuoi e non posso dartelo, quindi ora provaci con qualcun altro.-
-Hey. Ma che ti prende?- Blaine si volta in tempo per evitare di guardare la faccia scioccata dell’altro ragazzo. Non può. E’ una copia spiccicata del barista, lo sa e vuole troncare la cosa sul nascere.
-Senti. Non so chi tu ti creda di essere o chi tu creda che io sia, ma non posso essere ciò che vuoi, ok? Non puoi aspettarti niente da me se non che io ti rompa qualcosa in casa oppure che me ne vada dopo due giorni perché, Dio, non mi so esprimere!- Batte un pugno sul bancone, improvvisamente irritato da sé stesso. Sa cosa vuole dire e non ci riesce, e sta evidentemente spaventando l’altro ragazzo. Ispira forte dal naso e si passa una mano fra i ricci, tirandone un po’.
-Ascolta. Non so chi tu sia o perché tu sia venuto nel locale dove io mi guadagno da vivere ogni santissima notte, ok? Però non puoi venire qui, fare delle battutine su di me che canto e poi chiamarmi con degli stupidi soprannomi inventati sul momento e poi tentare di aggiustarmi. Io non posso essere come te. Non lo sarò mai perché sono un fottutissimo casino! Sono ciò che tutti evitano, sono quello che guardi per strada e pensi “povero”. Sono un ragazzo che è partito da niente ed ha ancora il niente totale nelle sue mani. Quindi no, non puoi venire qui e fare il Don Giovanni solo perché tu pensi che io abbia un bel culo o cose del genere. Mi dispiace, ok? Non è colpa tua è … sono io. Sono io che sono totalmente confuso, così tanto confuso che non so nemmeno perché ti sto dicendo tutte queste cose. Confuso, incazzato, e ancora più confuso ora che tu mi stai guardando con quello sguardo confuso. Smettila. E poi, per la cronaca, non so neanche il tuo nome.-
E poi Blaine esce. Esce dal locale perché non sa che altro fare, perché ha fatto una sclerata unica a quel ragazzo e non sa perché, perché non sa. Non sa niente, non sa chi è lui o perché degli sguardi di quel ragazzo alto e bello come un Dio greco lo abbiamo fatto sentire così. Blaine non sa niente, non lo vuole sapere.
Si appiattisce contro il muro di mattoni gialli e scivola a terra, incastrando la testa fra le braccia. È un tale casino. Santo cielo, ma che diamine gli succede ogni singola volta? Non può più vivere così. Una lacrima solitaria gli solca la guancia rossa per il freddo, e realizza solo in quel momento di quanto l’aria sia effettivamente rigida quella sera. Una classica sera di Dicembre che alla fine classica non era proprio stata.
Sente la porta aprirsi e si asciuga velocemente la lacrima, prevedendo chi sarebbe uscito da quella dannatissima porta.
-Sebastian.-
Blaine alza lo sguardo.
-Cosa?-
-Il mio nome. Sebastian.-
Blaine incrocia gli occhi con quelli del ragazzo, Sebastian, ed improvvisamente capisce di cosa tutti i cantanti parlano.
 
So, kiss me like you wanna be loved.
 
 
 
NdA:
Opppppppps. Avevo questa Seblaine in cantiere da mooooooolto tempo ed ora sono uscite queste ANGSTissime 3000 paroline. E’ ispirata ad un photoset che avevo trovato tempo fa ma che ora, ovviamente, ho perso. YAY.
E niente. Non so da cosa mi è rivenuta l’ispirazione. Forse essere andata nel luogo in cui è ambientata ha aiutato, comunque ho deciso di rituffarmi ufficiosamente nel mondo delle fanfiction ((forse questa è la volta buona???)) con questa piccola amorina nata tra un volo di 7 ore e un altro di 2 per tornare a Roma dalla magnifica Grande Mela. E per la cronaca: sì, sono entrata in fissa con i CD di Ed Sheeran.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: xshesagleek