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Autore: whiteblankpage    20/12/2014    1 recensioni
Ad Olivia la distanza non era mai piaciuta anzi, in realtą la odiava proprio, come il parmigiano e i lombrichi, come lo sguardo di alcuni insegnanti universitari e come le foto di Harry che baciava le fans sulle guance.Ad Olivia non erano mai piaciuti neanche i ristoranti messicani e l'umorismo di Liam Payne, ma ad Harry non lo aveva mai detto.
.....
«Pronto?»
«Sono tornato.»
E a lei venne improvvisamente voglia di piangere.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.


 

Now you were standing there right in front of me, I hold on it’s getting harder to breathe.
All of a sudden these lights are blinding me. I never noticed how bright they would be.


 

 

Era scappato, ancora.
Come un animale tenuto troppo tempo in gabbia Harry era fuggito lontano chilometri e chilometri da Olivia, con la sola differenza che le braccia esili di quella ragazza dal carattere di fuoco erano una prigionia assai dolce in cui soccombere. Ed era questo che la rendeva pericolosa, si ripeteva Harry. Aveva da tempo abbandonato quel “non ho bisogno di lei” davanti all'evidenza che senza gli occhi di cristallo di Olivia era un urlo nel deserto, era il nulla più totale, ed ora non gli rimaneva che continuare a correre, a scappare dai sentimenti con i muscoli che bruciavano di più ad ogni passo come se stesse andando a fuoco, per non lasciarsi il tempo di pensare.
Ad aiutarlo a smettere di pensare c'erano le registrazioni nel cuore della notte che stroncavano i sogni e lasciavano sfumare il viso di Olivia in una nuvola indistinta, la risata di Niall provocata dai deliranti monologhi di un Louis che fingeva sempre di avere l'energia di mille uomini, anche quando era distrutto e tutto ciò che desiderava era dormire un po', i concerti e le urla delle fans che offuscavano i pensieri, la palestra, i servizi fotografici, le interviste, le chiamate ad Anne e Gemma. Ma poi Olivia gli scriveva “Ho bruciato il riso un'altra volta, che palle” e gli angoli delle labbra di Harry schizzavano, il sorriso gli esplodeva sulle labbra come se avesse cercato di trattenerlo fin troppo a lungo. Non poteva farci niente, Olivia irrompeva nella sua vita con un messaggio di un paio di righe ed Harry sentiva il desiderio di prendere il primo volo per tornare da lei.
Finché non era successo davvero.
Era bastata una telefonata, Olivia era in lacrime, singhiozzava disperatamente perché il suo gatto arancione, Jesse, era morto. E lui era corso all'aeroporto come se ne andasse della sua stessa vita, e con la voce rotta della ragazza che ancora gli echeggiava nella testa aveva comprato un biglietto per Londra. E al diavolo Los Angeles, al diavolo tutto.
Harry ormai era innamorato e ne era consapevole, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Le aveva scritto anche una canzone, ma non avrebbe mai ammesso che era per lei.
Le aveva anche comprato dei fiori, ma probabilmente li avrebbe lasciati in macchina a marcire.
E proprio mentre i fiori marcivano, la canzone rimaneva incompiuta nell'agenda di pelle marrone nella tasca interna del suo borsone, e quel ti amo gli raschiava le pareti del cuore in cui lo aveva intrappolato, Harry aveva suonato al campanello dell'appartamento 3b. La fronte imperlata di sudore, i capelli scompigliati, il biglietto dell'aereo ancora accartocciato in tasca. Ma ad Olivia non era importato, lo aveva stretto a sé lasciandolo morire tra le sue braccia, annegare nel suo profumo e rinascere al solo tocco delle sue labbra morbide sul collo. Dopo qualche secondo era scoppiata nuovamente a piangere, ma Harry non avrebbe mai capito se a causa del decesso di Jesse o perché erano di nuovo l'uno di fronte all'altro e respirare diveniva sempre più difficile.

 

Harry era una di quelle persone che tendono sempre a lasciarsi sfuggire ciò a cui tengono di più. Era un dato di fatto, un vero e proprio talento il suo, riusciva a mandare a puttane qualsiasi cosa. Eppure Olivia era stesa a fianco a lui e gli accarezzava il braccio con il tocco leggero dei polpastrelli, e non sembrava volersene andare. Al contrario sembrava stare proprio bene con Harry, con i suoi silenzi improvvisi che potevano durare anche ore e con le sue paure, con quella vita che lo teneva sempre tanto lontano da casa e con quei ricci che di stare a posto proprio non volevano saperne. Ed Harry non riusciva ad evitare di guardarla e chiedersi, pieno di stupore, cosa la tenesse legata a lui. Perché ci doveva essere qualcosa, una catena, un filo invisibile.
Fu un momento, un sussurro nella notte di quel settembre che li aveva visti separati per due settimane e tre giorni. «Ti amo».
Se la voce roca di Harry non avesse tremato tanto Olivia avrebbe pensato di esser stata vittima di un'allucinazione uditiva particolarmente crudele. Ma Harry lo aveva detto davvero. Ce l'aveva fatta, lo aveva lasciato uscire.
«Scapperai se ti dico di amarti?» gli chiese lei allora, con il coraggio finto e spavaldo tipico dei codardi.
«Non lo so».
Olivia sospirò, ma non riuscì a dire nulla. Non ne aveva la forza.
«Ma ne ho bisogno» mormorò Harry dopo un lungo silenzio.
«Di cosa?»
«Di sentirtelo dire».
Era una richiesta egoistica quella, lo sapevano entrambi.
«Ti amo» a Olivia faceva male il cuore tanto forte le batteva. Si era tenuta dentro quelle parole per mesi, mesi interminabili passati a contare i giorni che Harry avrebbe passato lontano da lei, a ripetersi le tappe dei concerti come un mantra sperando di riuscire ad ingannare il tempo. Ma il tempo non lo inganni se ami qualcuno fin dentro le ossa. Lui la strinse con più forza del necessario contro il suo petto e affondò il viso nei capelli scuri della ragazza. Il giorno dopo avrebbe dovuto riprendere un aereo, raggiungere gli altri, e mentre una parte di lui già pregustava la distanza dall'oggetto che gli scatenava dentro tante emozioni, l'altra aveva iniziato a bruciare al solo pensiero di dover separare la propria pelle da quella di Olivia.
«Non scappare» lo supplicò lei, con il viso premuto contro il suo petto.
«Tu non permettermelo».
«Non ne ho la forza Harry».
«Nemmeno per me?» le posò le labbra calde sulla fronte e chiuse gli occhi. Era come essere al sicuro nel pieno di un violento uragano.
Seguì altro silenzio, quel silenzio che riempiva spesso la stanza quando tra loro due calavano le paure e per abbatterle dovevano andare contro il proprio istinto di sopravvivenza, mettersi in gioco.
«Solo per te» mormorò Olivia, che di forza per entrambi non ne aveva, ma per quegli occhi verdi l'avrebbe inventata. Tutto ciò che aveva e poteva era di Harry ormai, e quando lui la guardava con la coda dell'occhio sicuro  che lei non se ne accorgesse, quando le si buttava addosso ma faceva sempre attenzione a non farle male, quando scoppiava a ridere a cena e gli andava di traverso il vino, Olivia sapeva che, per quanto fosse difficile, per quanto facesse male, e per quanto a volte sembrasse la cosa sbagliata da fare, non avrebbe mai saputo fare altrimenti.
Harry sorrise e si allungò verso la lampada posta sul comodino per spegnere la luce. Il buio era una delle sue innumerevoli fobie, ma quando Olivia gli posò una mano sul braccio si dissolse come polvere al vento. Chiuse gli occhi, e si addormentò con quella felicità mista a paura di rovinare tutto che non lo avrebbe mai abbandonato.

 

 


«Dottoressa Frenney?»
«Harry...sono le 4.00 del mattino».
«M-mi scusi...»
«Sono tornati?»
«Sì».
«Vieni alle 10.00 nel mio studio Harry. Cerca di riposare ora».
«Ok, mi scusi e...grazie».





Spazio autrice:

E' ora di pranzo, quindi nessuno lo cagherà, but I can't wait.
Ecco il terzo e penultimo capitolo di questa mini-long, due pagine, davvero breve, ma spero comunque intenso. 
Non so cosa dire, è una storia davvero molto breve che si legge in una serata e scrissi circa un anno fa, spero davvero che possa regalare ancora qualche emozione. Per strapparvi una recensione vi lascio una gif spacca-ovaie di Harold, ed un bacione!
Buon sabato sera, bevete -se non guidate!!- e ridete tanto, che fa sempre bene.
 
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