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Autore: Love_My_Spotless_Mind    20/12/2014    2 recensioni
Una Tokyo notturna e solitaria è lo sfondo di questa vicenda completamente al di fuori di ogni schema, di ogni logica. Vi sono notti che possono cambiare la nostra vita per sempre e dopo di allora non è più possibile tornare indietro.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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FAR AWAY


Non avevo mai compreso il significato della parola “insostituibile” fino a quel momento, può sembrare strano da dire. Mi innamorai perdutamente in un solo istante, il mio modo di vederla cambiò proprio in quel momento, non riesco nemmeno a spiegarmi come possa essere accaduto.

Fuori pioveva senza sosta, le gocce di pioggia scorrevano copiosamente, sembrava che presto tutta la città sarebbe stata sommersa da quella inarrestabile discesa d’acqua. Lei  era inginocchiata a terra, proprio di fronte a me, ci eravamo incontrati per caso mentre tornavo a casa dal lavoro. Era la migliore amica della mia fidanzata, anche se loro erano due persone completamente diverse sembravano intendersi alla perfezione. Da quando la mia ragazza me l’aveva presentata mi ero chiesto come fosse possibile che due persone del genere potessero intendersi, mi chiedevo di cosa potessero mai parlare ritrovandosi da sole in un bar. 
La mia ragazza era un tipo molto appariscente, al liceo era la più popolare della scuola, aveva la camera da letto piena di trofei e targhe appartenenti sia a concorsi di bellezza che a competizioni sportive. Tingeva spesso i capelli, adorava gli abiti costosi, i tacchi alti, era sempre impeccabile in ogni situazione, per di più amava i profumi forti, di quelli che se respirati troppo intensamente ti fanno perdere per qualche istante la concentrazione.
Quando mi presentò la sua migliore amica era estate, andammo insieme in spiaggia per trascorrere una giornata lontani dall’afa asfissiante della città. Appena la vidi pensai che avesse un aspetto insignificante, era una ragazza come se ne vedono tante a Tokyo. Parlammo poco durante quella giornata, per la maggior parte del tempo lei restò in silenzio, sorrideva spesso, ma non diceva nulla. Da allora la mia ragazza la invitò altre volte a cenare nel nostro appartamento, a bere qualcosa insieme in un pub. Con il passare del tempo iniziammo a scambiare qualche parola. Era intelligente, studiava in un’università molto prestigiosa, nei discorsi sapeva ascoltare ed intervenire con le giuste considerazioni. Dopo qualche tempo iniziai a trovarla piacevole.
Fu così che quella sera di dicembre ci incontrammo per caso. Io stavo tornando a casa dal lavoro, lei era ferma a guardare le bancarelle natalizie. Ci salutammo, mi disse che stava cercando un regalo anche per la mia ragazza ed io le diedi qualche consiglio. Qualche metro più avanti, quando ormai ci eravamo divisi, sentii le persone parlare ad alta voce, allarmarsi improvvisamente. Voltandomi vidi che l’amica della mia ragazza era svenuta. Immediatamente intervenni dicendo alla folla di allontanarsi per lasciarla respirare, la aiutai ad alzarsi e mi offrii di riaccompagnarla a casa.
Mentre camminavamo la sorreggevo tenendo un braccio attorno alla sua vita e con l’altro le tenevo la mano che lei aveva posato sulla mia spalla. In quel modo ero certo che non corresse il rischio di cadere. I capelli nerissimi tagliati a caschetto le scivolavano sul viso, aveva la pelle pallida ed un profumo delicato alla vaniglia. Non avevo mai sentito un profumo così delicato in dosso ad una ragazza, però iniziai ad apprezzarlo.
-Ti senti meglio? –

Le domandai più volte durante il tragitto, lei mi annuì timidamente, senza dire nulla.
Quando raggiungemmo il suo appartamento sfilai le chiavi dalla sua borsetta, la accompagnai in salotto, la feci sedere a terra.  Iniziavo a preoccuparmi, mi chiedevo cosa avesse e se fosse il caso di chiamare un medico o di accompagnarla in ospedale. Senza nemmeno chiederle il permesso entrai nella sua cucina e le preparai un thè. Aveva un appartamento piccolo ma ordinato, sembrava uno di quelli appartamenti che si vedono nelle riviste, dove ogni cosa è perfettamente al suo posto e nulla è lasciato al caso. Appena ebbi terminato di preparare il thè lo versai in una tazza che presi dalla credenza e poi la raggiunsi.
-Adesso devi bere questo, vedrai che ti sentirai meglio. –

Cercai di rassicurarla. Non mi era mai apparsa così fragile, aveva un fisico più morbido di quello della mia ragazza, aveva delle belle curve che le donavano anche se non era particolarmente alta. Eppure in quel momento mi appariva così debole, non sapevo cosa fare poiché non avevamo molta confidenza. Prese tra le mani la tazza ed iniziò a sorseggiare piano il suo thè, con calma, per non scottarsi. Solamente in quel momento mi accorsi che la calza le si era smagliata e che le stava sanguinando il ginocchio. Era una ferita abbastanza profonda, il sangue continuava a sgorgare nonostante la caduta ormai fosse avvenuta parecchi minuti prima, doveva far male.
-Mi chiamo Naoko, te lo ricordi, vero? –

Sussurrò con la voce leggermente affaticata, poi si sfiorò la fronte. Si muoveva in modo lento, aveva un aspetto terribilmente abbattuto.
-Hai evitato di pronunciare il mio nome per tutto il tempo quindi ho pensato che te ne fossi dimenticato. –
-Si, me ne ero dimenticato, lo devo ammettere, mi dispiace. –

Lei annuì un paio di volte poi accennò un sorriso.
-Non importa. È un nome troppo comune. –

Posò la schiena contro la parete ed alzò lo sguardo verso il mio viso per incontrare il mio. Era una bella ragazza, chissà perché prima di allora non me ne ero mai accorto. Aveva le guance tonde e gli occhi grandi, le labbra erano carnose e di un colorito intenso. Mi sentii scosso da quello sguardo, non mi ero mai accorto di quanto fosse profondo ed espressivo.
-Grazie per avermi accompagnata, comunque. Devo aver fatto davvero una brutta figura, non volevo approfittarne. –
-Non preoccuparti, l’importante è che tu stia meglio. Come ti senti?-

A quel punto accennò un altro sorriso, più ampio ma incredibilmente falso poiché in verità gli occhi le si riempirono di lacrime.
-Sto bene, mi sento molto meglio. Ti ringrazio di tutto, ora puoi tornare a casa, hai fatto fin troppo per me. –

Fu in quel momento che sentii qualcosa di diverso per lei, mi innamorai di lei in quel momento. Guardando quegli occhi grandi ed espressivi riempirsi di lacrime mentre si sforzava di sorridere per non costringermi a restare. Era incredibilmente bella, di una bellezza che non aveva nulla a che fare con la perfezione, era una bellezza che in sé racchiudeva persino i difetti e li rendeva unici, irripetibili. Lei brillava di una luce che solamente un grande dolore può donare, la bellezza di ogni sua ferita, di ogni debolezza e di ogni paura. Non mi ero mai sentito così, per nessuno. Io che nelle ragazze avevo sempre cercato la sicurezza e la sfrontatezza, ora mi trovavo di fronte qualcuno che non riuscivo a comprendere ma che mi affascinava come mai.
Come un gesto incondizionato strinsi la sua mano, mi ritrovai a far combaciare i nostri palmi, la strinsi forte e continuai a guardarla in viso, senza distogliere lo sguardo. Lei sussultò ed iniziò a tremare leggermente, chiuse lentamente le palpebre e numerose lacrime iniziarono a rigarle il viso. Sembrava che stesse piovendo anche dentro di lei, in qualche angolo nascosto, dove non avrebbe voluto farsi vedere da nessuno. Ed invece io ero lì, un intruso ad assistere alla sua sofferenza, così profonda da non lasciarmi affatto indifferente.
-Lo so che non stai bene ma non devi spiegarmi nulla. Semplicemente sono qui, per qualche ragione ho voglia di restare qui a ripeterti che non serva a nulla piangere. –

Quando riaprì gli occhi pensai che il suo sguardo nascondesse qualcosa di sconosciuto, non avevo mai visto degli occhi così belli. Lei mi abbracciò, lo fece all’improvviso, continuando a tremare. Si aggrappò alla mia giacca, la stropicciò tra le dita e mi bagnò la camicia di lacrime, continuando a singhiozzare fino a quando non le mancò il respiro.
Le accarezzai lentamente i capelli, erano morbidi e profumati, poi passai ad accarezzarle le spalle, volevo che si sentisse più tranquilla, che smettesse di tremare.
 Ci sdraiammo sul pavimento, lei restò stretta a me, io la accarezzai lentamente, con cura. Aveva voglia di baciarla, di tenerla fra le mie braccia eppure mi limitai a quel tipo di contatto, non mi spinsi oltre. Rispettavo lei e rispettavo la mia ragazza, era avvenuto tutto troppo in fretta per capire cosa fosse accaduto, mi sembrava di essere salito su una giostra, di quelle che fanno girare la testa e che danno l’impressione di lanciarsi nel vuoto.
-Se tutto potesse passare, se solo non fosse così difficile. – sussurrò e la sua voce mi apparve così bella, finalmente aveva smesso di singhiozzare , teneva ancora il viso contro il mio petto, ormai la mia camicia era sporca di mascara ma non mi importava. –A Ritsuko non dirai nulla, non è vero? –
No, alla mia ragazza non avrei detto nulla, sarebbe stato inutile spiegarle una cosa del genere. Per le persone in certe situazioni o è tutto bianco o è tutto nero, se le avessi detto che avevo consolato la sua migliore amica mentre piangeva, che l’avevo abbracciata, che avevo desiderato di baciarla, lei lo avrebbe preso come un tradimento. Non avrebbe creduto che le cose non erano culminate in altro. Da un lato provai a mettermi nei suoi panni, neanch’io al suo posto avrei capito, alcune situazioni non sono fatte per essere comprese, semplicemente.
-Non c’è nulla che sia necessario sappia. –
-Se tu l’avessi tradita glielo avresti detto? –
-Si, glielo avrei detto. Non mi piacciono le bugie, né le promesse non mantenute. Non avrei mai potuto tenerglielo nascosto.–
-Perché la ami troppo. Alle persone che si ama non si può nascondere nulla. –

Mi scostai leggermente per poter incontrare il suo sguardo, sembrava una bambina, aveva la frangia spettinata, le ciglia umide di lacrime, gli occhi gonfi e le guance arrossate.
-Credi che lei mi ami? –
-Lei ti ama come non hai mai amato nessuno. –
-Te lo ha detto usando queste parole? –
-No, lei non mi ha mai detto nulla  a riguardo. Certe cose non vanno dette, si sentono e basta. –

Si sollevò con la schiena per restare seduta a terra. Sembrò notare solamente in quel momento la calza totalmente strappata. Prese a sfilarsela, con non curanza, come se io non ci fossi. In pochi istanti lasciò scoperte le gambe lisce e pallide, dalle forme morbide e sinuose. Non avevo mai visto delle gambe come quelle, avevano un fascino unico. Non erano come quelle delle modelle, erano delle gambe vissute, gambe che avevano camminato, che non volevano aspirare ad un’ostentata magrezza e che proprio per questa motivazione erano incredibilmente attraenti.
Improvvisamente si voltò verso la finestra, fuori il cielo era buio, le luci dei lampioni raggiungevano fioche l’appartamento, la pioggia continuava incessante. Osservai il suo profilo, i capelli sciolti ed arricciati alle punte a causa dell’umidità. Non avevo mai assistito ad una scena come quella. La mia ragazza piastrava i capelli ogni giorno, li tingeva di biondo o di rosso, aveva le gambe magrissime ed era molto attenta al suo corpo. Eppure quello che mi trovavo di fronte mi trasmetteva emozioni completamente diverse, così intense da sembrarmi irreali.
-Quando ero bambina chiedevo a mia madre di leggermi sempre la stessa storia. Era un racconto che non ho mai più trovato in nessun libro, da nessuna parte ma che non ho mai dimenticato. Era la storia di una principessa triste che viveva sola nel suo castello. La principessa sognava di raggiungere la fine dell’arcobaleno perché era convinta che lì vi fosse qualcuno che la amava che continuava ad aspettarla. Purtroppo però la principessa fu costretta a fare una scelta. La sua fata madrina le disse che il destino l’aveva punita, avrebbe dovuto rinunciare alla cosa  a cui teneva di più al mondo: Se la principessa avesse scelto di vivere allora non sarebbero più esistiti gli arcobaleni. Fu così che la principessa scelse la morte. Il racconto si concludeva dicendo che fu la principessa stessa a tramutarsi in un arcobaleno ma si sa, li arcobaleni hanno una vita talmente breve da essere del tutto irrilevante. –

Fece una breve pausa nella quale sospirò profondamente.
-Chissà, magari qualcuno la stava davvero aspettando ma lei non l’avrebbe mai raggiunto, perché il destino aveva scelto questo per lei. E chissà perché il destino aveva deciso di punirla, questo il racconto non lo diceva.
Era un racconto triste eppure chiedevo a mia madre di leggermi sempre lo stesso perché in qualche senso mi sentivo come quella principessa. Per qualche ragione ero convinta che il destino avrebbe punito anche me. Non ho fatto nulla di ignobile, è vero, ma il destino alle volte decide in questo modo, senza pensare. Ed io non ho intenzione di discutere, sarebbe terribilmente sciocco farlo. –

Restai in silenzio, continuai a guardarla, improvvisamente mi parve di avere di fronte un fantasma, dal suo viso era sparita ogni sorta di sfumatura, il suo colorito era piatto e pallido. Pensai davvero che potesse dissolversi da un momento all’altro.
-Questa è la mia ultima notte, questo è quanto il destino ha scelto per me. Non ti spiegherò le ragioni per cui sto morendo, sarebbe inutile farlo. Perché parlare di un male che non mi appartiene? Mi sta uccidendo, è vero, ma non fa parte di me, io sono un’altra cosa. –

Passò le dita fra i capelli, si inginocchiò a terra, osservai le forme delineate dal suo corpo, i vestiti pesanti, il maglione che continuava a stropicciarsi tra le mani.
-È la mia ultima notte e la sto trascorrendo con te. Il ragazzo di cui mi sono innamorata come una sciocca e che , nonostante sembri guardarmi con occhi diversi, ama la sua ragazza. Ed io, che cosa diventerò dopo la mia morte se sono già un effimero arcobaleno? Perché sono qui a parlarti di tutto questo? –

Prima che potesse riprendere a piangere la strinsi nuovamente fra le mie braccia, accarezzai la sua schiena e piansi, contro il suo corpo tremante, coperto da un maglione ruvido che le sfilai lentamente.  Restò stretta a me, tenendo fra le dita la mia camicia, mi guardò negli occhi, non riusciva più a piangere, in alcun modo. Passai le dita sulla sottoveste sottile, seguii le forme del suo corpo caldo e fragile, continuai a respirare il suo profumo delicato.
-Resta. Rinuncia a tutto il resto e resta, non voglio che tu vada via.

Lei accennò un sorriso e mi accarezzò la guancia, le sue dita erano sottili e gelide, mi sembrava di essere sul confine tra morte e vita, credevo che avrei potuto sprofondare insieme a lei in quel gelo infinito, nel buio denso dell’eternità.
-Sei tu la mia scelta, la persona a cui non posso rinunciare. –

Sono io quello per cui stai svanendo, pensai. Lei mi guardava eppure la sentivo sempre più lontana. L’amore della mia vita si stava spegnendo tra le mie braccia perché aveva scelto di salvarmi. Se solo non la avessi incontrata, quella notte l’avrebbe trascorsa da sola, perdendo la vita sul marciapiede di una strana anonima o nel corridoio di un ospedale. Io la amavo ma non riuscivo a dirlo. Lei stava svanendo per sempre.
-Se potessi scegliere, dopo la morte vorrei essere un bel ricordo, perché i bei ricordi durano più di una vita intera. –

Avvolsi il suo corpo con una coperta calda, la tenni abbracciata ad accarezzare il suo viso mentre lei si rilassava e si assopiva lentamente. La stavo perdendo troppo in fretta, il tutto mi sembrava appartenere ad un universo lontano, quello non ero più io.
Cosa avrei raccontato alla mia ragazza non lo sapevo, cosa avrei detto alla polizia, all’ambulanza, a chiunque, non lo sapevo. Semplicemente lei stava morendo ed io non potevo farlo perché lei mi voleva in vita, era per questo che si era in qualche modo sacrificata.
La mia vita continuò anche dopo quella notte, anche dopo aver perso la ragazza di cui mi ero innamorato troppo tardi. Trascorsero diversi anni e riuscii a ritrovare il libro con quel racconto, il racconto della principessa triste. Anche leggendo quelle parole non riuscii a trovare un senso a tutto questo, il senso probabilmente non esiste ed io non continuerò a cercarlo.
Ho sorretto Ritsuko mentre piangeva per la sua amica scomparsa, le ho detto che le sono stata vicino mentre moriva  e lei non ha voluto sapere altro. Anche quando è diventata mia moglie, anche quando ha deciso di chiamare nostra figlia come lei non ha voluto sapere niente. In qualche modo, a modo suo, aveva compreso. Il destino aveva giocavo davvero uno strano scherzo ma almeno noi eravamo restati insieme.
 
 
 
 
  
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