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Autore: Monkey_D_Alyce    20/12/2014    4 recensioni
La mia vita...si può definire tale?
Tutto quello che sapevo su di me, sulla mia famiglia, sul mio passato...può essere semplicemente una menzogna.
E, come se non bastasse, arriva un serial killer a sconvolgermi la vita! Cosa vuole, costui, da me?
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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15° capitolo: Rinuncerei alle emozioni pur di salvarti…

 
 
 
Uno spiraglio di luce del Sole colpisce il mio viso con violenza, facendomi mugugnare di disapprovazione.
Cerco il corpo di Ace per abbracciarlo, ma trovo solamente uno spazio vuoto e incredibilmente freddo.
Sento l’altra mano fortemente indolenzita e la apro, rivelando la figura di Joker sulla carta da gioco.
Mi alzo di scatto, mentre la mia testa comincia a pulsare sempre più forte, come a ragionare su qualcosa di cui non riesco a venirne a capo.
Mi vesto velocemente, per poi uscire dalla camera in cui abbiamo alloggiato per la notte, litigando con i tacchi, lanciando varie imprecazioni pesanti.
Mi ravvivo i capelli, passandoci una mano in mezzo, camminando verso l’atrio del locale vuoto.
Cerco Ace da tutte le parti, rischiando di perdermi, avendo come unica compagnia il rimbombo del rumore delle scarpe col tacco contro il pavimento lucido.
 
C’è qualcosa che non torna…
 
Osserva l’altra parte di me con crescente sospetto, facendo albergare in me il seme del dubbio e della paura.
“Che devo fare…?” le domando in un mormorio appena udibile da me, ricevendo come risposta un masticato “Non ne ho la più pallida idea”.
Continuiamo la ricerca anche fuori dal locale, dirigendoci verso il parcheggio, notando con stupore che la macchina di Ace non c’è più.
 
Ok. Siamo nella merda.
 
La voce del Mostro che risiede in me, arriva come un suono estraneo in lontananza, mentre il mio animo e attraversato da un’ondata di paura e di umiliazione, per poi essere sostituito da una rabbia crescente e sempre più oscura.
Il respiro si fa sempre più ansante, le mie mani si stringono in forti pugni, lacerando la pelle dei palmi con le unghie, sentendo piccole stille di sangue percorrere le dita e cadere contro l’asfalto di questo fottuto parcheggio.
Comincio a ringhiare come un cane rabbioso, mentre gli occhi cominciano a farmi un male cane.
 
Ci hanno traditi. Lo sapevo che non c’era da fidarsi!
 
Sbotta la creatura, iraconda, facendomi annuire lievemente.
I polmoni mi bruciano in maniera pazzesca ed elevo il viso verso l’alto, guardando il cielo plumbeo e grido con tutto il fiato che ho in corpo, sentendo alcune lacrime amare rigarmi le guance silenziosamente.
Mi accovaccio a terra, nascondendo la testa tra le ginocchia, cominciando a singhiozzare convulsamente.
Sussurro insulti gratuiti, sentendo la testa scoppiarmi come una bomba ad orologeria.
Perché tutti mi abbandonano?
Perché tutti dicono che vogliono aiutarmi se poi mi lasciano sola?
Perché devo portare io questo fardello?
Perché?
 
Un ringhio richiama la mia attenzione, facendomi alzare il capo di riflesso, vedendo con la vista appannata una massa informe bianca.
Asciugo alla meglio le lacrime, per poi ritornare a guardare la cosa ringhiante contro la sottoscritta.
È il lupo che ho incontrato nella foresta.
Perché è qui?
Perché ce l’ho davanti a me?
 
Che cazzo vuoi, tu?!?” gli chiedo sgarbatamente, digrignando i denti con forza.
Di risposta, si mette in posizione d’attacco, deformando il suo muso in una smorfia fottutamente incazzata.
Il mio cuore fa una capriola dalla sorpresa e sì, anche dal timore, ma decido di non farvi caso, proseguendo per la strada dell’odio che sempre più mi attanaglia il petto.
Non ho paura di te, sai? Attaccami pure, se ci riesci!” lo provoco, mettendomi in ginocchio, quasi ad aspettarmi una sua reazione ben più che positiva alla cosa.
Mi lancia un’occhiata a mio parere scocciata, lasciandomi visibilmente perplessa.
Si gira di spalle per poi fare due passi e guardarmi, come a incitarmi a seguirlo.
Riluttante, acconsento a questa sottospecie di sottomissione, mentre il Mostro dentro di me rimane zitto e muto, rimuginando sulla situazione…
 
Camminiamo per le vie rumorose della città, con le macchine che ci sfrecciano vicino e la gente sui marciapiedi che ci fissa con disprezzo mista a curiosità, rallentando il loro passo sostenuto.
Tutti si comportano allo stesso modo.
Stupidi e riprovevoli umani.
Giudicano solamente dallo sguardo, badano a loro stessi, fregandosene altamente dei problemi, scappando, cercando una scorciatoia per sfuggire alla loro presa.
Patetici.
Monotoni e banali.
Io, invece, sono solamente una briciola di questo infinito Universo e, anche se sparisco dalla faccia del pianeta, nessuno ci baderà e tutto continuerà a girare.
Mi va bene.
Più che bene.
Ma prima voglio vendicarmi.
E nessuno riuscirà a fermarmi.
 
Un uomo sulla trentina, vestito con un completo elegante scuro, mi spinge di proposito, facendomi cozzare contro il muro di un condominio.
La mia schiena si graffia contro il cemento, pizzicando insopportabilmente .
Il tipo si gira e ghigna divertito dalla mia espressione basita e rabbiosa.
Perché gli umani cercano rogne?
 
Prosegue il suo cammino, ma mi risveglio dal mio stato, per poi raggiungerlo in poche falcate e fermarlo per un braccio.
“Che cazzo vuoi, mocciosa?” domanda tentando di scrollarsi dalla mia presa, senza successo.
Rido di gusto, volgendo un’occhiata al lupo dal pelo candido, indicando l’uomo di fronte a me.
Tsk! Sto stronzo è davvero divertente!”- commento continuando a ridere, per poi fermarmi all’improvviso, sentendo un sorriso perverso deformarmi il viso, mentre il tipo comincia ad insultarmi con epiteti poco carini- “Sai, stronzetto…io, in realtà… non voglio nulla da te… ma voglio farti imparare a chiedere permesso per passare!
Faccio un salto verso l’alto, prendendo la sua testa, sbattendola contro il muro con forza.
Mollo la presa e cado delicatamente a terra, guardando il suo corpo scivolare verso terra, lasciando una scia di sangue lungo il muro del condominio.
Mi allontano da lui, lasciandolo al suo destino, qualunque esso sia, raggiungendo l’amico a quattro zampe.
Lo affianco come se nulla fosse, giustificandomi con un “Scusa, ma non sopporto gli imbecilli maleducati”.
 
Continuiamo la nostra strada per molto tempo, uscendo dalla città, addentrandoci verso la campagna e i primi boschi, dove il lupo devia per un campo di grano dai colori spenti.
Le spighe solleticano la pelle delle mie gambe nude, mentre i tacchi affondano nella terra un po’bagnata, facendomi sbuffare in continuazione.
Pochi attimi dopo mi fermo e mi tolgo le trappole che ho ai piedi.
Le pulisco un poco, mettendole successivamente in una mano.
Potrei anche buttarle e fregarmene altamente, ma le ha comprate Ace e di sicuro gli saranno costate un occhio della testa.
Preferisco restituirgliele anche se mi ha letteralmente abbandonata a me stessa.
Certe volte sono proprio strana…
Il lupo dal pelo bianco come la neve si ferma e io, persa nei miei pensieri, gli vado contro.
Punto lo sguardo verso la direzione che punta lui, notando stagliarsi davanti a noi un folto bosco scuro e misterioso.
Inconsciamente, appoggio una mano sul manto della schiena dell’animale, come cercassi conforto, tastando allo stesso tempo la sua morbidezza.
 
“Vuoi davvero entrare là dentro?” gli domando guardandolo nei suoi occhi grigio chiaro, cercando di scovare la sua risposta.
Scuote lievemente la testa, quasi fosse esasperato, per poi proseguire, lasciandomi un attimo interdetta.
“Sei molto loquace, davvero! Almeno aspettami!” gli grido contro, correndo verso di lui, addentrandomi così nella foresta oscura…
 
Le fronde degli alberi coprono il cielo come una cupola di foglie e rami, rendendo il posto ancor più buio e imprevedibile.
Lunghi ululati mi fanno sobbalzare dalla sorpresa e io, di conseguenza, cerco un appiglio ancor più vicino e sicuro al grande lupo di fianco a me, “avvolgendolo” in un quasi abbraccio amichevole, dato che è quasi alto come me.
Un fruscio di foglie coglie la mia attenzione, mentre il lupo respira profondamente, proseguendo il cammino disinvolto.
Che invidia.
Non riesco a capire come stia così calmo in un posto così.
Ci addentriamo ancor di più lungo il terreno scosceso, inciampando qualche volta in radici o piccole buche, imprecando a mezza voce di essere scalza.
Ok, questa è un po’ una contraddizione.
Ma preferisco ferirmi i piedi che usare quei maledetti tacchi!
 
A risvegliarmi dai miei pensieri è una piccola luce rossa in lontananza.
“In questo bosco ci abita qualcuno?” domando più a me stessa che a qualcun altro, sorprendendomi non poco.
 
Con un gesto del muso, il lupo mi ordina di salire sulla sua schiena ed eseguo senza dire niente, ancora troppo presa da quella piccola luce che combatte contro tutta l’oscurità.
Il lupo si mette a correre a rotta di collo, sfiorando col suo manto morbido rami secchi come artigli, mentre le foglie per terra svolazzano al suo passaggio.
Raggiungiamo la meta dopo alcuni secondi, trovando un tronco abbastanza grande tagliato coricato su un lato per terra e una piccola pentola appoggiata a due rami abbastanza robusti.
Un profumo invitante “inonda” il mio olfatto, facendomi deglutire un bolo di saliva, mentre il mio stomaco comincia a reclamare cibo, mettendomi in imbarazzo.
 
“Vedo che hai portato un’amica, Gaara” osserva una nuova voce giovanile, facendomi sobbalzare dallo spavento.
Non mi sono accorta del suo arrivo.
Nemmeno l’altra parte di me se n’è accorta.
Il lupo ed io ci giriamo lentamente verso l’ “intruso”, lasciandomi attonita.
Capelli lunghi, ondulati gli ricadono sulla schiena come una cascata fino a metà schiena.
Il suo viso giovane è sfregiato sulla parte sinistra dell’occhio, mettendo in risalto l’iride nera.
Una leggera barbetta rende il volto maturo e più “vecchio” degli anni che dimostra realmente.
 
Figo, davvero. Ma lui chi cazzo è?!?
 
Domanda la mia socia, facendomi sbuffare lievemente.
 
Modera i termini. Ti ricordo che non ti sei nemmeno accorta della sua entrata in scena!
 
Ribatto infuriata, lasciandola basita.
Ok, forse ho esagerato… ma anche no.
Rimango imbambolata per non so quanto tempo, continuando a guardarlo da capo a piedi, accorgendomi solo ora che è completamente, totalmente nudo.
Cazzo.
 
Ok che sei donna, ma devi guardare proprio lì?
 
Accorgendomi della mia imbecillità, mi copro gli occhi con la mano destra e respiro profondamente, sentendo le guance e le orecchie andare a fuoco per la vergogna.
Non riesco nemmeno a capire se sono le figure di merda e le sventure a seguirmi o se sono io che le trovo per strada, davvero.
Essere abbandonata come una disperata asociale può essere fattibile; seguire un lupo dal candido pelo è passabile… ma incontrare un tipo sconosciuto, che potrebbe essere un pazzo psicopatico con istinti omicida, nudo, nel bosco… Mother of God!
 
“Ehm… stai bene?” mi chiede gentilmente il ragazzo, sentendolo chiaramente avvicinarsi grazie al lieve scricchiolio che producono le foglie sotto i suoi passi.
Non mi muovo e tento di calmare i bollenti spiriti, aprendomi uno spiraglio di vista tra le dita, incrociando i suoi occhi così vicini ai miei.
 
“Più o meno…” mormoro in risposta, indietreggiando di due passi per istinto umano.
Inclina la testa da un lato, appoggiando due dita sotto il mento, con fare meditabondo.
Il lupo, o Gaara, guaisce piano, richiamando l’attenzione del suo padrone, che, come risvegliatosi, si siede per terra e gli accarezza il muso con fare amorevole.
Tolgo la mano dagli occhi, guardandoli con un misto di solitudine e malinconia, per poi allontanarmi velocemente, appoggiandomi con la schiena contro un albero lì vicino, porgendo la mia attenzione sulle fiamme vive del fuoco, che (non so il perché) mi fanno pensare inevitabilmente ad Ace.
E’ assurdo come ancora un piccolo ed inutile spiraglio di speranza rimanga “aggrappato” con foga al mio cuore, facendomi soffrire.
La mia stupidità non ha limiti.
Soprattutto la mia fiducia in una persona che mi ha tradita e abbandonata a me stessa.
 
“Perché sei triste?” domanda il biondo, distogliendomi dai miei pensieri masochisti.
“Non sono triste” ribatto con convinzione fasulla, facendolo ridacchiare.
“Allora sei arrabbiata con il mondo!” tenta ancora, infastidendomi un po’.
“Non sono arrabbiata con nessuno!” sbotto iraconda, pentendomene subito dopo, cercando in lui ogni cenno di delusione o offesa, che non scovo.
Sussurro un debole “scusa”, abbassando gli occhi verso terra, sentendo le lacrime bramanti di uscire e continuare a scorrere.
Il magone mi occlude la gola, facendomi singhiozzare per cercare aria.
Cerco di trattenermi, e, con un po’ di fatica, ci riesco.
“Non devi trattenere i tuoi sentimenti. Piangere è umano” osserva, sorridendo calorosamente, scoprendo la dentatura bianchissima, e un buco a causa di un dente mancante.
“Come ti chiami?” gli chiedo torturando in filo d’erba, avvolgendolo e srotolandolo attorno all’indice della mano sinistra, per poi staccarlo con decisione, continuando a torturarlo.
“Sabo. E tu?”
“Kat”- mi presento in un soffio, pensando a cosa dire, finché una domanda non si fa spazio nella mia mente come un tarlo- “Perché vivi qui?”
Lui sobbalza e sposta lo sguardo da tutt’altra parte, sospirando pesantemente.
“Ho paura di ferire una persona, facendomi vivo” dichiara malinconico, per poi parlare di altro, chiudendo così la discussione.
La mia curiosità vuole essere saziata, ma non posso costringerlo a rispondere.
Meglio proseguire con calma, in fin dei conti, ci conosciamo appena e introdursi così nella vita privata di uno sconosciuto è indiscreto e “non adeguato” alla situazione.
 
 
Mangiamo in tranquillità, presentandoci un poco l’uno all’altro.
O meglio: sono io che parlo mentre lui ascolta.
Gli sto raccontando la mia vita (non nascondendo la mia vera identità) come se cercassi di sfogarmi, finché non giungo alla parte in cui ho conosciuto un serial killer di nome Ace che mi ha cambiato la vita e che adesso mi ha abbandonata.
Nei suoi occhi riesco a leggere un attimo di smarrimento e un poco di felicità, per poi svanire subito e ritornare serio.
 
“Quindi… questo Ace ti ha lasciata questa mattina dopo… dopo… aver fatto sesso? Sul serio?” domanda come se fosse indignato e deluso di Ace.
“Uhm… sì… però devo ancora comprenderne il motivo, anche se l’altra parte di me è fortemente convinta che il suo era solamente un gioco per crearsi alleati e “sconfiggere” da solo Mihawk e Doflamingo. Anche i miei migliori amici e il mio fratellino mi hanno abbandonata al mio destino…” dico stringendo convulsamente un pugno fino a conficcarmi le unghie nel palmo.
“Non s’è mai comportato così… è strano” osserva dopo alcuni minuti di silenzio, lasciandomi allibita.
“Come?” chiedo in cerca di spiegazioni, lasciando trasparire una certa nota d’impazienza nella voce.
“No, no, niente! Parlavo da solo! Faccio sempre così, eheheheh!” si scusa agitando le mani con fare innocente, non riuscendo convincermi, però.
Guardo Gaara e noto che lui sta dormendo placidamente accanto al fuco, aprendo un occhio di tanto in tanto come a controllare la situazione.
Ritorno con lo sguardo su Sabo, assottigliando gli occhi con sospetto, mentre lui deglutisce rumorosamente, convincendomi ancor di più che lui stia mentendo.
 
Se lo torturiamo… svuoterà il sacco, forse…
 
No, dobbiamo giocare d’astuzia. Dobbiamo fregarlo.
 
Discuto con la mia socia, pensando nel frattempo a cosa poter dire, rimuginando per pochi secondi, per poi fare un piccolo sorriso di vittoria.
“Devo ammettere, che comunque, Ace è davvero un tipo strambo: sempre serio, non ride mai, pensa solo al suo lavoro! Forse dovevo aspettarmi che nascondeva doppi fini!” esclamo  fingendo amara ironia, facendolo sobbalzare e irritare un poco.
“No, non è vero! Ti assicuro che Ace non si comporterebbe mai così! Non può essere cambiato! Lui ha sempre avuto dei bei valori! L’ultima cosa che farebbe è tradire una persona! Anzi, sicuramente voleva proteggerti!” sbotta tutto d’un fiato, per poi arrossire imbarazzato, accorgendosi del suo errore.
Punzecchiare le persone nei punti giusti porta sempre validi risultati, a quanto vedo.
Però sarà vero ciò che dice? Veramente, Ace, non voleva tradirmi?
 
“Quindi lo conosci. Certo che è strano. Lui sa che vivi in un bosco come un guardiano della foresta?” domando incrociando le braccia al petto, facendolo fremere leggermente.
Appoggio la testa al tronco dell’albero, guardandolo in attesa di risposta.
“No… lui… pensa che io sia morto, secondo me…” mormora affranto, asciugandosi con il dorso della mano una lacrima sfuggente.
“Perché?” domando ancora, mettendomi comoda, come se dovessi ascoltare una storia.
 
Inspira ed espira profondamente tre volte, cominciando a narrare con voce calma:
“Erano bei tempi, allora. Vivevo assieme a suoi genitori dopo essere scappato dalla mia famiglia che non avevo mai accettato.
Cercavo la libertà, ma anche il calore di una vera famiglia… e l’ho trovata.
Roger, il padre di Ace, svolgeva un lavoro misterioso e, per quanto io ed Ace cercassimo di capire qual era, non lo scoprimmo mai, ricevendo sempre dei sorrisi enigmatici o delle risa allegre.
E poi c’era Rouge. Lei era davvero unica e stupenda: era bellissima, un vero e proprio angelo in terra! La sua dolcezza e il suo amore erano smisurati!
Era sempre felice, spensierata e giocava con me ed Ace nel prato difronte a casa.
Io ed Ace, eravamo due vere e proprie pesti e non erano pochi, i momenti in cui facevamo arrabbiare Rouge perché combinavamo qualche marachella o ci sporcavamo nel fango quando pioveva, per poi correre in casa e imbrattare tutto il pavimento, mandandola su tutte le furie… era arrivata al punto che ci doveva inseguire con la scopa, mentre noi ridevamo come due sciocchi, scappando dalla sua ira funesta.”- comincia sorridendo, facendomi ridacchiare leggermente alle sue ultime parole, creandomi nella mente Rouge mentre insegue Sabo ed Ace da piccoli. Doveva essere un vero spasso- “Vivemmo un’infanzia tranquilla e serena, finché non successe ciò che portò alla nostra separazione…
Era una mattina piovosa e, dopo aver ricevuto raccomandazioni da Rouge di non beccarci un malanno e di rientrare presto, corremmo veloci nel bosco, addentrandoci più in là di quanto avessimo mai fatto.
Girovagammo per ore, perdendo la strada di casa. Stava calando la sera e noi cominciavamo a preoccuparci un poco, anche se cercavamo di non dimostrarlo, al fine di non cadere nel panico, però osservai lo stesso che dovevamo tentare di rientrare a casa irritando Ace non poco.
Infatti litigammo e ci separammo, dicendo l’un l’altro che ce la saremmo cavati benissimo da soli e che non avevamo bisogno di nessuno…”.
Si ferma un momento, mentre io ripenso alle volte in cui ho litigato con Rufy o Shanks, arrivando persino alle mani.
Per me era sempre una brutta sensazione, perché avevo paura di creare una crepa nel nostro forte legame.
Era terrorizzata al pensiero di stare senza di loro.
“E tutto per una simile sciocchezza…” commento tristemente, facendolo annuire.
“Già. Però sai anche che i bambini litigano e fanno pace con niente” ribatte malinconico.
“Cosa che voi non avete fatto, giusto?” domando incerta, abbracciando le gambe con entrambe le braccia, cercando di infondermi un po’di calore.
“Sì, è così. Come ho già detto ci dividemmo: lui si addentrò ancor più nella foresta, mentre io decisi di seguire il torrente.
Fu lì che accadde l’incidente… allora non avevo pensato minimamente (preoccupato e arrabbiato com’ero con Ace) che quando c’è un corso d’acqua, ci sono anche dei predatori.
Arrivai al torrente e, mentre proseguivo, non mi accorsi che ero diventato la cena di alcuni lupi affamati.
Successe all’improvviso: mi ritrovai buttato a terra con ginocchia sbucciate a naso sanguinante a causa delle rocce.
Tentai di rialzarmi ed urlai con quanta voce avevo, fino a farmi bruciare le corde vocali.
Chiamai il nome di Ace, cadendo nel panico più totale, mentre cercavo di sfuggire dalle grinfie delle belve. Non avevo nessuna arma con me.
Niente di niente.
Fecero presto a raggiungermi e assaltarmi al viso, procurandomi questa cicatrice”- dice indicandosi la parte di viso lesa, per poi proseguire col racconto- “All’improvviso, arrivò un lupo dal pelo candido, attaccando con ferocia i suoi simili, per poi farmi scudo col suo corpo.
Non so cosa successe, poiché svenni, ma mi risvegliai in un posto sconosciuto assieme al lupo che mi aveva salvato e dal suo piccolo, Gaara. Da allora non sono più tornato a casa e ho deciso di vivere qui, assieme a Gaara, sopravvivendo come meglio potevo fino ad ora…”.
Termina con tristezza mista ad affetto per il suo compagno, mentre il suo viso si contrae in una leggera smorfia di dolore per il passato.
 
Non può vivere qui per sempre.
Soprattutto per il fatto che forse Ace si starà tormentando con i sensi di colpa per non aver salvato Sabo.
So di essere arrabbiata anche io con Ace, ma posso essere indifferente alla cosa ed aiutare il biondino difronte a me.
 
Sei sicura? Ti ricordo che non riceverai nulla in cambio…
 
Hai ragione. Ma togliere l’affetto di un famigliare o di una persona vicina a te è brutto.
 
“Sabo, preparati assieme a Gaara!” esclamo alzandomi, per poi pulirmi leggermente il vestito, incominciando ad incamminarmi nel folto del bosco buio e freddo.
“Dove andiamo?” domanda sorpreso, mentre il lupo dal pelo candido muove leggermente le orecchie, ascoltando la conversazione con attenzione anche se cerca di dimostrarsi menefreghista alla cosa.
“Da Ace, ovvio!” gli rispondo senza esitare, rivolgendogli un sorriso sicuro a trentadue denti.
Lui boccheggia un poco e si morde il labbro inferiore, mentre il suo corpo è scosso da tremiti.
“Non posso…” sussurra accovacciandosi a terra, avvolgendosi il busto con le braccia e i suoi occhi sono velati di lacrime.
Tante lacrime.
Odio quando una persona piange.
Non so cosa fare.
 
Mi avvicino delicatamente a lui, per poi abbracciarlo, carezzandogli con una mano i capelli lunghi biondi, saggiando la loro morbidezza.
“Sabo, non puoi vivere qui per sempre e tu lo sai. Vuoi davvero che Ace muoia con i sensi di colpa? Sai, forse è per questo che è diventato un serial killer di fama: per cercare di non pensare a te e alle tue grida che gli lanciasti quella notte in cerca d’aiuto” gli mormoro vicino all’orecchio, tentando un modo di farlo ragionare, anche se queste parole che ho pronunciate sono veleno.
Si irrigidisce come un blocco di marmo, sentendo persino il suo respiro fermarsi e riprendere più velocemente dall’ansia e dalla paura.
Gaara si alza e ulula rivolto al cielo, richiamando la nostra attenzione.
Sabo lo guarda incredulo, cercando di fermare nuove lacrime, senza successo.
 
“D-D’accordo… v-vengo!” dice scosso dai singhiozzi, sorridendo di gioia.
 
 
Prima di ritornare a casa abbiamo fatto tappa in una cittadina poco abitata e tranquilla, fermandoci in un negozio di abiti e da un barbiere per tagliare i capelli di Sabo, per poi pranzare in un osteria dall’aspetto dei vecchi film western.
Dire che il ritorno a casa sia stato faticoso è un eufemismo.
Dire che Gaara ad un certo punto si è messo correre nel bosco, per prendere una scorciatoia (come ha detto Sabo), è un omicidio.
E credo che ora lo sarà in tutti sensi, dato che siamo davanti alla porta di casa di Ace, con il respiro affannato, aspettando che ci venga ad aprire.
Perché lo penso? Perché penso, che, oltre ad essere felice, Ace, sarà sicuramente incazzato nero per essere stato preso per il culo per anni, dandosi la colpa di una cosa di cui invece è innocente.
 
“Ah! Ciao Kat! Sei tornata!” mi saluta Ace con un sorriso stampato in faccia, come se nulla fosse accaduto tra noi.
 
Io lo ammazzo.
 
Ti do una mano. Anche due, se vuoi.
 
Pianifichiamo io e la mia socia, sentendo la sua forza cominciare a scorrere nelle mie vene, facendomi fremere da una strana eccitazione all’idea di un bel combattimento tra la sottoscritta e questo fottuto bastardo.
Tu, lurido pezzente che non sei altro! Ti distruggo con le mie mani e danzerò sul tuo corpo morto finché avrò fiato in corpo!” gli grido contro ringhiando selvaggiamente, facendolo sogghignare.
Ma come osa questo stronzo?!?
“Dovrai solo provarci!” esclama in risposta, facendomi imbestialire.
 
Sto per attaccarlo con un bel pugno, ma una mano ferma il mio gesto, facendomi riprendere lucidità.
Cazzo.
 
Non è più nudo…
 
Taci.
 
Ace volge l’attenzione al nuovo arrivato, trovandosi successivamente a boccheggiare e sussurrare parole sconnesse.
Si appoggia allo stipite dell’uscio di casa per non cadere, guardando Sabo come se fosse un fantasma.
“Ciao, Ace…” lo saluta Sabo con voce malferma dall’emozione, compiendo un passo avanti.
Ace indietreggia e ci sbatte la porta in faccia, ricevendo da Gaara un guaito di disapprovazione e non posso che concordare con lui.
Che faccia tosta.
 
“Ehi, brutto stronzo!”- lo insulto incrociando le braccia al petto, mentre Sabo tenta di farmi tacere, quasi avesse paura di una brutta reazione da parte del moretto che sta dall’altra parte- “Apri sta cazzo di porta! Non fare la donnicciola incompresa!”.
In meno di un secondo la porta si riapre, per poi essere trascinata all’interno della casa alla velocità del suono, trovandomi il volto di Ace a meno di cinque millimetri dal viso.
“Perché è qui? Che cazzo è successo?” sbotta iracondo, facendomi inarcare un sopracciglio dalla perplessità.
Ma è drogato o cosa?
“L’ho portato io! Lui è Sabo!” rispondo tranquilla, guardandolo con superbia.
“So benissimo chi è! Ho vissuto con lui per tutta la mia infanzia!”.
“Bene. E non sei contento di vederlo?” gli domando a sorpresa, facendolo bloccare.
Esita alcuni attimi, come se soppesasse la situazione per poi rispondere: “Certo che sono contento!”.
“Allora salutalo!” gli intimo come una madre, dimenticandomi della mia ira contro di lui.
Ora c’è una situazione più delicata tra le mani.
 
Ace respira profondamente, per poi aprire la porta e prendere per il bavero della camicia bianca Sabo, trascinandolo dentro casa, mentre Gaara s’intrufola di nascosto, per poi affiancarsi a me, facendosi coccolare.
 
“Brutto figlio di puttana!” grida Ace fuori di sé, colpendo Sabo in pieno viso con un pugno, facendolo indietreggiare.
Si tocca il labbro spaccato, per poi guardare le dita sporche di sangue, dicendo: “Ace, posso spiegare…”.
Ma non gli lascia nemmeno il tempo che viene atterrato da un pugno nello stomaco.
 
“Sabo, ti consiglio di rispondere alla stessa maniera” gli consiglio sedendomi per terra, mentre Gaara si sdraia e guarda la scena con interesse misto a divertimento.
Un po’ bastardo.
Ma anche io non sono da meno.
Non interverrò per nessuna ragione.
 
“Ma bisogna discutere civilmente!” esclama Sabo allibito, facendomi sbuffare.
“Coglione del cazzo! Anche adesso fai la persone civile?!?” domanda Ace con rancore, colpendolo ad uno stinco con un calcio ben assestato.
Il biondo s’inginocchia, toccandosi la parte lesa, digrignando i denti con forza.
“Sei tu che sei un coglione, testa di minchia! Non hai ancora imparato l’educazione, a quanto vedo!!!” controbatte Sabo abbandonandosi all’istinto primordiale.
Si alza di scatto, zoppicando un poco per il colpo di poco prima e compie due passi verso il moro, abbassandosi in tempo per schivare un altro pugno in viso.
Si appoggia con le mani sul pavimento, fa forza e compie con la gamba sana un semi rotazione, facendo lo sgambetto ad Ace, che indietreggia un poco all’indietro, nel tentativo di ritrovare l’equilibrio.
Sabo approfitta di questo momento di debolezza per attaccarlo, buttandosi letteralmente sopra di lui, capitombolando a terra come due sacchi di patate e cominciano a rotolarsi, insultandosi a vicenda e colpendosi come non ci fosse un domani.
 
Sbadiglio per il sonno e mi alzo, dirigendomi verso la cucina, seguita a ruota da Gaara.
 
“E tu dove credi di andare, mocciosa?!?” domanda Ace con tono rabbioso, facendomi sbuffare dalla noia.
“Che palle! Sto andando a mettere qualcosa sotto ai denti! Ho fame!” sbotto proseguendo per la mia strada, incontrando sul cammino (credo per caso) una donna dai capelli rossi corti, avvolta solamente da un asciugamano.
Credo sia quella che ho visto di sfuggita ieri notte…
La guardo intensamente mentre dentro al mio animo comincia a farsi largo una strana sensazione.
È come se bruciasse qualcosa dentro di me e provo una strana rabbia nei suoi confronti, senza che lei mi abbia fatto niente.
Il mondo è strano… o forse sono io?
 
“Ciao! Tu devi essere Kat, giusto? Io sono Nami!” esclama sorridendomi in modo insicuro, quasi avesse timore nei miei confronti.
Non le rispondo e vado avanti, vedendola irrigidirsi al mio passaggio.
Non riesco nemmeno a compiere una decina di passi che già sento una nuova voce e quella di Law litigare, facendomi innervosire ancor di più.
Piuttosto che essere nella casa di una assassino, mi sembra di essere in un hotel.
Chissà dove sono Rufy e Shanks.
 
Gaara mi spinge delicatamente in avanti, invitandomi ad andare verso la cucina, forse anche lui ha fame, povero cucciolo.
 
Cucciolo? Quello è un mostro, altro che cucciolo!
 
Ma senti da che pulpito parte la predica!
 
Raggiunta (finalmente) la cucina, mi fiondo vicino al frigorifero, prendendo yogurt alla frutta, formaggio, birra e tanto altro.
L’appoggio sul tavolo di legno e apro un po’di tutto, rimpinzandomi come non avevo mai fatto, rischiando di avere tutto sullo stomaco, ma poco importa.
Divido il cibo con il lupo, domandandomi se possa fargli bene tutto quello che gli do, anche se lui accetta di buon grado.
 
Le voci che avevo sentito poco prima si avvicinano, fino a trovarmi davanti Trafalgar e un tizio veramente muscoloso dai capelli rossi come il fuoco a forma di papavero, indossante solamente un paio di pantaloni con motivo a giraffa e degli stivali neri.
 
“E questa chi cazzo è?!?” domanda iracondo il rosso, mentre io mi blocco con metà galletta in bocca.
“Ma chi caffo fei tu, brutto sfronzo!” gli rispondo a tono, sputacchiando briciole di galletta ovunque, facendogli digrignare i denti dalla rabbia.
“Mocciosa, vedi di non offendere!”
Finisco il mio pranzetto in un boccone e mando giù, rischiando di strozzarmi, ma mi riprendo in fretta.
“Non ti ho offeso. Ho solamente espresso una mia opinione su di te!”
“Ma certo! Nemmeno mi conosci e già mi dai dello stronzo!”
“Sei tu che hai iniziato! Se vuoi posso continuare!”
“Brutta cogliona!”
“Deficiente cafone!”
“Come osi darmi del cafone, troia?!?”
“Ha parlato la regina delle baldracche trasformate!”
“Ripetilo!”
“Regina delle baldr…”
“Adesso basta!” c’interrompe Law, mentre cerca di trattenersi dal picchiarci tutti e due.
“Kat, lui è Eustass Kidd. Kidd, lei è Kat” ci presenta con tono apparentemente calmo, mentre il rosso mi lancia un’occhiataccia che può incenerire una persona, se solo potesse.
Scuoto la testa come a dire che non c’è nulla da fare per questo tipo strambo, mentre la mia socia ridacchia malignamente per la mia strafottenza.
Kidd ringhia sommessamente, ricevendo un’occhiata eloquente da parte di Law, per poi poggiare il suo sguardo su di me.
“Ci dispiace di non averti avvertita, ma la situazione era complicata” spiega con la sua freddezza disarmante, lasciandomi perplessa.
 
Cosa intende con “situazione complicata”? Che cosa è successo?
 
“D’accordo”- rispondo con diffidenza, assottigliando gli occhi, scrutandolo con crescente curiosità ed impazienza- “Che succede?”
“Si tratta di Rufy”- mi risponde Trafalgar, accendendo nel mio animo un campanello d’allarme grosso come una casa- “E’ stato preso”.
Tutto si fa più rallentato, mentre il mio cuore perde due battiti.
All’improvviso sento freddo, per poi essere travolta da un’onda di emozioni: rabbia, preoccupazione, odio, voglia di spaccare il mondo.
Mi alzo dalla sedia e mi dirigo a grandi falcate verso i due, sentendo gli occhi grigi di Gaara puntati sulla schiena.
 
“Chi lo ha preso? Come?” domando stringendo convulsamente i pugni, mentre Kidd si prepara ad attaccarmi.
“La mocciosa ha detto che lo hanno rapito dopo che hanno fatto sesso e li hanno storditi. Non ricorda nient’altro” spiega brevemente il dottore, facendomi infuriare.
                                                                                                                                      
Questo inconveniente non era previsto. Sono più che sicura che ci sia Doflamingo, dietro.
 
“Quel figlio di puttana! Ovvio che sia stato lui!” mormoro furiosa, mentre sento il respiro farsi sempre più veloce e il cuore pompare a mille.
Do loro le spalle, prendendomi la testa dolorante tra le mani, quasi possa esplodere da un momento all’altro come una bomba ad orologeria.
E’ colpa mia se Rufy è in pericolo.
Non ne va mai bene una giusta, cazzo!
 
Colpisco con violenza il ripiano del tavolo, facendomi male alle nocche della mano destra, fregandomene altamente.
Prendo il tavolo e, fuori di me, lo ribalto con tutta la forza di cui dispongo, rovesciando i contenitori vari di cibo e bibite.
 
“Calmati, mocciosa. Non risolvi nulla” sbotta Kidd con disprezzo, facendomi infuriare ancora di più.
Sta’ zitto, stronzo! Non te ne deve sfregare un cazzo di quello che faccio!” gli rispondo ringhiando, per poi accovacciarmi per terra, ripensando ai momenti casualmente felici passati con quel bastardo di Joker.
Perché ha rapito Rufy? Perché lui e non me?!?
 
“Che succede?” domanda Ace raggiungendoci, seguito a ruota da Sabo e dalla donna con i capelli rossi.
Ricomincio a ringhiare come un animale che tenta di proteggere il suo territorio, spaventando la rossa visibilmente, facendomi quasi sorridere di soddisfazione.
 
“Gli ho detto di Rufy” dice Law, ricevendo un’occhiata penetrante da parte del corvino.
“Kat, sistemeremo tutto, te lo assicuro” tenta di convincermi Ace, facendomi perdere completamente le staffe.
Sistemare? Tu mi vieni a dire che sistemeremo tutto, quando mi hai abbandonata in quella sudicia discoteca, senza avvertirmi di nulla! Ti rendi conto che Rufy è stato preso e Dio solo sa che cosa ha in mente quel lurido figlio di puttana di Joker!!!” gli inveisco contro, lasciandolo sorpreso.
Nella cucina cala il silenzio di tomba, mentre lacrime amare cominciano a scorrere lungo le mie guance, attraversandomi tutta la gola, per poi cadere a terra, ascoltando il dolce plic che producono.
“Kat, ascoltami, ti prego…” comincia Ace, ma non lo lascio finire.
Andrò a salvare Rufy. Da sola” sussurro con determinazione, lasciando il killer di stucco.
“Ma che ti salta in mente? Sarebbe un suicidio! Kat, pazienta! Salveremo tuo fratello! Abbiamo già molti uomini dalla nostra parte!” esclama sbigottito, compiendo qualche passo incerto verso di me, ma è come se non esistesse.
 
Kat, lo sai benissimo che l’unica in grado di aiutarti sono io. Lasciami prendere il controllo sul tuo corpo, rinuncia ai sentimenti e ti posso assicurare che Rufy sarà salvo.
 
No, Ace. Tu non mi  aiuterai. Non voglio che altre vite umane rischino per un Mostro come me. Risolverò da sola questa situazione. In fondo… è solo colpa mia…” controbatto cominciando ad alzarmi, ma non riesco nemmeno a muovere tre passi che qualcosa colpisce la mia testa e l’unica cosa che sento è il contatto freddo e doloroso con il pavimento.
Tutto si fa confuso e sfocato.
 
Rufy” mormoro istintivamente, senza pensare a null’altro che non sia il mio fratellino in pericolo, e subito dopo, tutto si fa buio.
 





Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Devo dire che sono stata abbastanza veloce ad aggiornare. Sono contenta.
Ma passiamo al capitolo!
Kat in questo capitolo è presa totalmente dallo sconforto e dalla rabbia, per questo le viene un'incredibile voglia di piangere!
E poi, BAM! La doccia fredda: Rufy è stato rapito.
Le voglio proprio male, povera ragazza :D
Inoltre, prova un profondo odio insensato verso Nami e attacca briga subito con Kidd, arrivando quasi a picchiarsi.
E poi c'è Sabo! Il magnifico e dolce Sabo che si preoccupa della reazione di Ace! (caro Sabo, puoi fare gli occhi da cucciolo quanto vuoi, ma non sfugerai ai pugni di tuo fratello. Sono sadica).
Insomma, ci sono nuove entrate e tante crisi di sentimenti!
Kat mi diventa depressa e una furia incazzata, che spaccherebbe il mondo appena le rivolgi la parola e il caro Mostriciattolo è preso dal senso d'ironia, tanto per fnire :D
Lo adoro!
Ci si vede alla prossima puntata, gente!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))
  
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