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Autore: Soleil Jones    21/12/2014    5 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Discordia e aggressioni


«Chi viene Smistato ad Amstrong ha undici anni e nessuna esperienza con la magia volontaria, quindi sorvoliamo sul pessimo movimento che avete fatto con le bacchette.»
«Come se tu sapessi fare meglio di noi!»
«Ti sei quasi slogato il polso quando ci hai provato!»
«Dettagli, piccole canaglie. Futili dettagli.»
Seduti sugli spalti di un grande campo da Quidditch, i gemelli sbuffarono all'unisono e rinfoderarono le loro bacchette. Dopo aver appurato che avevano ottime possibilità di entrare ad Amstrong, era rimasto loro il problema di come raggiungerla; il metodo più diffuso tra gli studenti – Tra quelli minorenni, per lo meno – era l'uso della metropolitana newyorchese. 
Secondo quanto aveva scritto Hailey a Cheryl nelle sue lettere, il tutto era fatto alla luce del Sole o quasi. George aveva visto una madre insegnare al proprio figlioletto il movimento da far fare alla bacchetta per chiamare il treno in caso di necessità.
«Arriva sempre e dovunque, purché tu non sbagli a muovere il polso, capito?»
Allora il rosso aveva estratto la bacchetta e aveva provato ad imitare l'incantesimo. L'unico risultato che aveva ottenuto era stata una scarica di scintille dorate che erano schizzate fuori dalla bacchetta facendogliela tremare tra le dita.
«Non siate così pessimisti, me la cavavo bene in Incantesimi a Hogwarts!» Ribatté George, cercando di infondere un po' di ottimismo ai gemelli e passandosi la mazza da Battitore tra le mani. Era da molto tempo che non ne impugnava una, e da quanto non cavalcava una scopa giusto perché gli andava di farlo?
Da molto, molto tempo. 
Data la presenza a Upside Street di un centro sportivo apposito, il ragazzo aveva pensato di approfittarne: così, ciondolando vicino alle tribune con nonchalance, aveva continuato a provare e riprovare a compiere il giusto movimento per Appellare l'Espresso per Amstrong, usando la mazza come se fosse stata la sua bacchetta magica.
«Sì, certo.» Assentì Eric, alzandosi e allontanandosi dal fratello e dal mago. John lo seguì con lo sguardo, perplesso. «Dove vai?»
«A fare un giro, torno subito.»
John seguì la figura del fratello finché questa non scomparve, subito prima di sentirsi colpire il testa; allora fulminò George con lo sguardo. «Ehi!»
«Prendi una scopa, dai, da solo non è divertente!»


*
 

«Avete fatto a botte?!»
«Solo un pugno innocente.» Disse atono Max, mentre Hailey gli schiaffava in faccia, sul labbro sanguinante, una bistecca surgelata. «Ah—! Accidenti a te, Grint!»
«La prossima volta mirerò più in basso.» Sibilò in risposta la mora, sedendosi di fronte a James e imbevendo d'alcool un po' di cotone; medicali alla bell'e meglio era il massimo che poteva fare al momento. In fin dei conti non si era mai pensato che due TimeRiders si sarebbero potuti prendere a botte e di conseguenza nessuno aveva rifornito la base di garze e compagnia bella.
Ultimamente c'era tensione all'interno del trio: tra James e Max pareva essere scoppiata una guerra – O almeno così era da parte dell'americano –, tra Max e Hailey i rapporti erano a dir poco burrascosi per motivi ignoti alla prima – Che comunque rispondeva a ogni singola provocazione con quanta più acidità possibile – e fin troppo chiari al secondo, mentre tra Hailey e James pareva essere calato un velo sottile ma impenetrabile altrimenti noto come diffidenza.
«Vorrei sapere perché.» Borbottò sospirando Hailey, tenendo fermo James per poter disinfettare il sangue colante dal sopracciglio destro.
«Perché cosa?» Domandò lui, soffocando un gemito di dolore.
«Perché siete venuti alle mani? Sul serio, mi allontano per andare in bagno e cosa trovo quando torno? Non due maghi, due adulti— Oh, no, no, proprio no. Trovo due marmocchi!»
«Da che pulpito—!» Sbottò Max, guardando storto la compagna.
«Non è che tu possa dire qualcosa. Chi sono i due adulti responsabili e maturi che l'altro giorno si sono tirati piatti e stoviglie fino a distruggere la cucina?»
«Vuoi un altro pugno?!»
«Okay, Time out! Adesso basta! » Sbottò Hailey, lasciando perdere il sopracciglio di James e alzandosi di scatto. «Mi sembra evidente che siamo tutti e tre dei completi deficienti, lo ammetto io per prima! Non volete andare d'accordo? Bene! A questo punto che si fa, molliamo? Perché io ne ho abbastanza di tutti questi litigi.»
«Cos'hai in mente di fare?» Mormorò James all'indirizzo della mora, la quale afferrò la propria bacchetta con malagrazia e si voltò a guardarlo. «Voglio andare via.»
Max sospirò profondamente, allontanando la bistecca surgelata dal suo labbro inferiore. «Credo di averti detto già centinaia di volte che non puoi far—»
«E credi che mi importi qualcosa?! » Lo interruppe Hailey, alzando la voce. 
«Dovrebbe!»
Max le fu subito di fronte, contrastandola con i suoi quindici centimetri di altezza in più e guardandola con sguardo dardeggiante.
«Forse non hai capito che qui non conta ciò che interessa a te, Grint. Forse non hai ancora realizzato che hai un dovere nei confronti di tutto il mondo e che non puoi fare quel che ti salta in testa durante i tuoi cinque minuti. Per cui ora te lo chiarisco io: tu da qui non ti muovi.»
«Oh, invece lo capisco. Il dovere, la salvaguardia del tempo e quant'altro! Solo che sono ancora dotata del mio libero arbitrio, Maximilliam, e di conseguenza sono libera eccome di fare quel che mi salta in testa durante i miei cinque minuti.»
«La fai molto facile, vero? Hai diciassette anni, Hailey, sei abbastanza grande per poter mettere da parte i capricci. Odi dover vivere così? Beh, benvenuta nel club! Anche io e James lo odiamo, proprio come te avevamo una famiglia che a quest'ora fuori di qui non esiste neanche, ancora!» Sbottò Max. «Lo sappiamo, dannazione, e quindi? Qual è il tuo brillante piano per rimediare? Uscire da quella porta e avventurarti in un'epoca che conosci appena e che giusto domani verrà stravolta da un'inondazione che rimarrà nella storia?!»
Hailey si perse nelle iridi scure del ragazzo, colpita da quelle parole. James avrebbe voluto fermare sia lei che Max, ma lui per primo era arrabbiato e stanco. E, inoltre, a cosa sarebbe servito?
Max era come una bomba a orologeria costantemente pronta a esplodere, mentre Hailey reprimeva un'ondata di potere derivante dalle sue forti emozioni che se non sfogata sarebbe stata pericolosa per lei e per loro.
Erano entrambi nervosi e, per quanto fosse sbagliato, quello era il loro modo di scaricare la tensione: sfogarla senza il minimo raziocinio.
«Vuoi mandare al diavolo la possibilità che ti è stata concessa?» Continuò Max con voce tremante. «Vuoi morire?!»
«Iᴏ sᴏɴᴏ ɢɪᴀ' ᴍᴏʀᴛᴀ, Mᴀx!» Urlò Hailey; contemporaneamente, dalla sua bacchetta fuoriuscirono scariche elettriche che la spezzarono in due e che, insieme alla sua affermazione, fecero sì che Max indietreggiasse come scottato.
Hailey trattenne il respiro abbassando lo sguardo sulla sua mano destra, la cui pelle puzzava di bruciato ed era percorsa da varie ferite e tagli. Le due metà della sua bacchetta caddero a terra inermi e, a quel punto, non riuscì più a trattenere i singhiozzi.
James si alzò di scatto e la raggiunse, cercando di avvicinarla, ma lei si ritrasse bruscamente per impedirgli di toccarla. Non voleva rischiare di fargli fare la fine della sua bacchetta. 
«Non è vero, Hailey.» Affermò James, cercando di mantenere un tono calmo per non farla agitare. «Grazie al cielo sei qui e sei viva.»
La ragazza scosse il capo, stringendo le braccia al petto e continuando a guardare Max. «Questa non è vita, questa è una non-esistenza. E vorrei capire una cosa, Max: cosa ti ho mai fatto perché tu possa odiarmi tanto? Da quando sono arrivata, non l'ho ancora capito.»
Il moro non rispose: gli occhi neri erano lucidi e la mascella serrata. Si limitò a indietreggiare e ad uscire dalla cucina sbattendo la porta.
James sospirò guardandolo sparire oltre la soglia e non fece in tempo a voltarsi che Hailey stava già correndo fuori, diretta alla porta d'ingresso.
«Hailey, aspetta!» Fulmineo, James la raggiunse e l'afferrò per un polso; faticò non poco per riuscire a far sì che la ragazza si voltasse verso di lui, aveva davvero una forza straordinaria, ma non si diede per vinto finché non riuscì a prenderle anche l'altro polso e ad incrociare il suo sguardo smeraldino.
«Ferma, sta' calma. Tranquilla, va tutto bene.» Le sussurrò, allentando la presa sui suoi polsi. Persasi negli occhi color acquamarina di James, Hailey sentì il respiro farsi man mano più regolare.
«Respira, okay? E guarda me.» Continuò il biondo, lasciandola andare per accarezzarle le guance bagnate con entrambe le mani. «Piangi, ti fa bene, ma continua a guardarmi. Non lasciarti andare, Hailey. Io... Ascolta: io ho gli occhi azzurri, vero?»
Hailey annuì.
«Concentrati su questo colore. È il tuo preferito, no? Cosa ti ricorda?»
Hailey esitò un momento, e in quei pochi attimi James sperò ardentemente di riuscire a non perderla. Quando era andato a prenderla per reclutarla sapeva molto di lei, a cominciare dal fatto che fin da prima che scoppiasse in definitiva la Seconda Guerra Magica la ragazza aveva un carattere così avventato ed emotivo da essere incapace di gestire i suoi sprazzi di magia involontaria.
Era il suo tallone d'Achille; continuare a soffrire di attacchi simili era un handicap che in guerra, in combattimento, poteva rivelarsi un'arma a doppio taglio. 
E se si era orgogliosi quanto Hailey January Grint, la situazione era anche difficile da sopportare.
Ma è forte – Gli aveva detto Max; lui era subito stato d'accordo – e non sarebbe sola ad affrontarli.
«Allora?» La incoraggiò James.
«Casa. Mi ricorda casa.» Gli rispose in un sussurro Hailey, stringendosi di slancio al suo petto. James trasalì all'improvviso contatto, irrigidendosi, ma subito ricambiò la stretta, affondando il capo nei capelli color cioccolato della compagna e posandovi un bacio.
«Ovunque tu abbia qualcuno che ti ama, lì puoi dire di essere a casa. Ed io ti voglio bene, Hailey. Ricorda che ti voglio davvero molto bene.»

 

*


«Dall'alto verso il basso e poi in alto; quindi scendi e— E non me lo ricordo già più! Uffa.» Eric imprecò a mezza voce, soffiando sulla punta della sua bacchetta perché si raffreddasse. Non gli era mai importato di eccellere con la magia quanto in quel momento e non riuscire ad ottenere i risultati voluti lo sconsolava.
Eppure non poteva essere così complicato, a meno che l'incantesimo non avesse un blocco che impedisse a determinate persone di usarlo.
«Forse funziona solo se sei americano.»
«Nah, noi non facciamo così tante differenze, sai?»
Sobbalzando, Eric si voltò verso la voce argentina che l'aveva distolto dai suoi pensieri: una bambina dai riccioli biondi lo guardava con interesse e innocenza. Aveva tutto l'aspetto di una piccola strega, non l'avrebbe scambiata per una Babbana nemmeno se l'avesse vista a New York anziché lì: aveva lo sguardo vispo e curioso color del cielo, capelli biondissimi ricci e sparati in tutte le direzioni i quali incorniciavano un visetto da angelo. Indossava abiti colorati talmente grandi che la facevano sembrare più piccola di quanto non fosse, a partire dalla felpa costellata di stelle rosse e i leggins violetti strappati all'altezza delle ginocchia fino ad arrivare alle scarpe con la punta arricciata che non volevano smettere di cambiare tonalità di giallo ad ogni movimento della piccola. 
Era strana, eccentrica, particolare.
«Come?»
«Stai sbagliando il movimento, tutto qua!» Proseguì la biondina, avvicinandosi e tirando fuori dalla tasca dell'enorme felpa una bacchetta palesemente finta. Al che, Eric la guardò perplesso. «Cosa vuoi fare?»
Lei lo guardò come se le sue intenzioni fossero ovvie. «Io andrò ad Amstrong solo tra due anni, ma mio fratello Shawn c'è già. Pensa, è un Cobaltaurora! Figo, vero?»
«Ehm...»
«Il movimento che facevi prima è sbagliato. Vuoi che ti insegni quello giusto?»
Eric, totalmente spiazzato dalla parlantina e dalla spontaneità della piccoletta, batté le palpebre e si passò una mano tra i capelli castani. «Sei sicura di conoscerlo?»
La biondina annuì con tanto vigore che i lunghi capelli color dell'oro si mossero incontrollati, ed Eric giurò di averli visti cambiare sfumatura: che fosse una Metamorfomaga? 
«Guarda, il segreto sta nel disegnare la scritta U.S.A. con la bacchetta! Dall'alto al basso e poi in alto è la “U”, poi da lì fai una “S” e poi sali, ti fermi e scendi. Tracci una linea obliqua ed esce una “A” un po' strana. Ma è giusto!» Spiegò la biondina, tracciando nell'aria il simbolo giusto con incredibile destrezza.
Eric provò a imitarla e si accorse che dopo il tentativo la sua bacchetta non si surriscaldò o altro, anzi tracciò dei filamenti luminescenti seguendo i suoi stessi movimenti.
«Wow! Davvero amate così tanto il vostro paese?»
«Tanto da dedicare alla sigla il movimento di un incantesimo di simile importanza?» Fece la bambina, ridendo. «Sì, assolutamente sì! Ai maghi serve tanto saperlo fare perché così, se sono in pericolo e hanno una stazione ferroviaria vicina, possono usare questo incantesimo! Però funziona solo per andare ad Amstrong o a Washington D.C..»
«Perché?»
«Una è la scuola di Magia e Stregoneria del paese, mentre l'altra è la sede del Ministero della Magia!»
«Posso chiederti una cosa?»
«Certo, spara!»
«Perché sei venuta ad aiutarmi?»
Davanti a quella domanda, le guance rosee della bambina americana si tinsero di rosso; stringendosi nelle spalle, rispose: «Perché, da dove vieni tu non aiutate uno sconosciuto in difficoltà?»
«Non esattamente, no. O almeno, non sempre!»
«Allora sei fortunato ad essere qui!» Concluse con enfasi la biondina, rimettendo a posto la bacchetta. «Beh, allora ciao, magari ci rivedremo ad Amstrong.»
«Te ne vai?»
«Non posso mica stare qui tutto il giorno, la mia mamma e il mio papà mi staranno cercando!»
«Giusto. Allora se mi dici come ti chiami posso almeno ringraziarti?»
L'americana gli sorrise «Son, per gli amici!» ed Eric ricambiò con sincera gratitudine, ringraziando gli Dei che al mondo esistessero spiriti così innocenti e puri. 
Si abbassò all'altezza della biondina e le schioccò un bacio sulla guancia quasi d'istinto, sorridendole radioso «Grazie, grazie mille, Son!» e allontanandosi senza accorgersi di come le guance e i capelli della bambina si fossero tinti di rosso.
Non arrivò neanche all'atrio dello stadio, però, che si sentì invadere da una strana sensazione, la quale lo fece tremare da capo a piedi. Fece appena in tempo a realizzare cosa stava probabilmente accadendo prima di doversi abbassare per non essere colpito da un Anatema. 


«Dici che mi crescerà un corno? Perché, sai, fa un male cane, altro che bernoccolo!»
«Come siamo delicati! Tranquillo, Grangerino, ne ho passate di peggiori eppure sono qui con ancora tutti e quattro gli arti attaccati al busto!»
«E senza un orecchio.»
«Quell'incidente non fu dovuto al Quidditch, quindi non vale.»
George e John stavano dirigendosi verso il bancone del responsabile dello stadio per restituirgli le mazze, la Pluffa e i due manici di scopa che avevano affittato due ore prima. 
Arrivati, però, notarono che la postazione era vuota. 
E stranamente anche l'atrio era deserto il che era strano, dato che al pari di New York Upside Street era, a quanto si diceva, sempre gremita di gente. 
George aprì la bocca per parlare ma s'interruppe al sentire un gemito proveniente dal muro. Senza pensarci, scavalcò il bancone e tastò il muro finché non rischiò di finirci dentro.
«Ma è...» John affondò il braccio nel muro e lo ritrasse con aria stralunata.
«Liquido? No, è un incantesimo.» Disse a bassa voce George; tirò fuori la bacchetta e con essa sfiorò la superficie del muro, il quale rivelò la presenza di una porta spalancata.
John guardò il rosso annuendo e lo precedette nell'addentrarsi all'interno del corridoio, dove avanzarono fino a giungere in prossimità di un bagliore in una stanza, dalla quale provenivano voci confuse.
George si avvicinò e, sporgendosi, sgranò gli occhi.
«Mentire non ti servirà a nulla. Avresti dovuto informarci dell'esistenza di un gruppo di mocciosi che volevano opporsi all'Oscuro Signore o ancor meglio avresti dovuto farli fuori. A cominciare da tua figlia!»
Quella voce, quella fisionomia, quel tono... George non ebbe dubbi su chi potesse essere uno dei due misteriosi assalitori e dell'uomo steso a terra, stretto da delle corde magiche e con la bacchetta in mano ai suoi due carnefici, riconobbe la chioma. 
Era il gestore dello stadio sportivo!
«Perché avrebbe dovuto?» Sputò fuori sprezzante il secondo. «È un traditore, un doppiogiochista.»
«Hai ragione, Augustus, non avrei mai torto un solo capello a mia figlia o agli altri ragazzi per favorire quel pazzo assassino! Cosa volete voi due da me? Uccidermi? Bene, fatelo!» Esclamò senza paura alcuna l'uomo a terra. George trattenne il respiro e strinse la bacchetta, pronto a intervenire se non fosse stato per John.
Il moro scosse il capo, facendogli cenno di aspettare.
«Non così in fretta, Grint.» Sibilò Agustus Rockwood, rigirandosi tra le dita affusolate la bacchetta.
Al sentir pronunciare quel cognome, George ricordò che, effettivamente, aveva già visto quegli scarmigliati capelli ricci e quei lineamenti, in passato.

 
- Vedi, quando Tu-Sai-Chi ha fatto la sua comparsa al Torneo Tremaghi la notizia è dilagata, ma nessuno voleva dar credito alle parole di Harry Potter e credo che tu conosca questo lato della vicenda molto meglio di me. Ma c'era chi gli credeva eccome e che, addirittura, aveva una paura folle di... Di lui, ecco, di Tu-Sai-Chi. Certo, erano in pochissimi e non temevano di cader vittime di torture e compagnia bella; avevano le loro ragioni. -
- E allora perché? -
- Questo è un segreto, Hailey mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno. Mi spiace, non posso dire il motivo per cui non è più tornata a Hogwarts, ma riguardava il padre e Voi-Sapete-Chi. -

Ora era chiaro!
Il padre di Hailey doveva essere stato un Mangiamorte e, finita la Prima Guerra Magica, doveva essersi pentito del suo operato; da quel poco che sapeva i Grint non rientravano tra le antiche famiglie purosangue, per cui quando Voldemort era tornato il padre di Hailey aveva voluto mettere al sicuro la sua famiglia e se stesso, andando in America.
«Prima di farti fuori—» Continuò Rockwood. «—vogliamo delle informazioni circa una leggenda che riguarda la vostra cara scuola.»
«Un oggetto prodigioso.» Aggiunse Antonin Dolohov. «Che fornisce un grande potere a chi lo possiede, più grande di quello delle GiraTempo!»
Grint rise di cuore, suscitando delle espressioni perplesse sui volti dei due Mangiamorte. 
«Parlate del dono fatto a Califia? La noce dorata? Oh, questa è bella! Due Mangiamorte di tutto rispetto come voi che si mettono a correre dietro a una favoletta per bambini! Complimenti vivissimi, siete riusciti a cadere più in basso di quanto avrei mai immaginato.»
«Che insolente! Crucio!» Ruggì Dolohov; John si tappò le orecchie per non dover ascoltare le urla del signor Grint. Non le sopportava così come George, il quale fremeva dall'intervenire.
La sola vista di Rockwood gli faceva salire il sangue alla testa.
«Aspetta, Antonin.»
«Ma Augustus—»
«Da morto non ci servirà a molto, per ora.» Lo ammonì l'uomo. «E ora, feccia, comincia a cantare.»
«E che cosa potrebbe cantare? Fatemici pensare, la “Riddle piccola serpe vieni a riprenderti questi due miseri perdenti”?»
Dolohov e Rockwood si voltarono all'unisono verso la fonte di quella voce strafottente, che si rivelò appartenere ad un noto giovane dai capelli rossi. 
Appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto, George roteava la propria bacchetta con nonchalance.
«Weasley, giusto? Il gemello sopravvissuto.» Sibilò ghignando Rockwood. 
George si strinse nelle spalle, reprimendo a stento l'istinto di lanciargli un Anatema Che Uccide sedutastante «In persona.» e con un movimento di bacchetta slegò Grint.
«Ancora in circolazione? A quest'ora non dovreste, chessò, marcire in una cella senza finestre insieme ai vostri amiconi Mangiamorte?»
«Potremmo. Ma affari urgenti ci hanno fatto declinare il gentile invito del nuovo Ministro della Magia.»
John guardò accigliato prima i due uomini e poi Goerge il quale, assottigliando gli occhi color nocciola, li indicò. 
«John, ti presento Augustus Rockwood e Antonin Dolohov. Il primo, l'Indicibile traditore, è il responsabile della morte di Fred; il secondo invece è stato condannato quasi vent'anni fa per l'omicidio di Gideon e Fabian Prewett, i miei zii.» Esordì sprezzante George.
«Già, beh, mi spiace per il muro, ragazzo.» Si scusò Rockwood. «Sinceramente, io puntavo al tuo fratellino.»
A quel punto, George non ci vide più dalla rabbia.
«Avada Kedavra



 




Writer's Side
Ci sono, ci sono!
Che dire, non so come giustificarmi; sono completamente isterica e prima, quando ho acceso il computer per aggiornare, questo mi è morto tra le braccia(?).  ç__ç
Sì, sul serio! Dice che vuole il disco d'avvio o chessò io. La mia solita fortuna, insomma: due computer su tre sono andati.
Dunque dunque, questo capitolo si è scritto praticamente da solo e, se riesco a fare in tempo, potrei farvene trovare uno sotto l'albero. Non prometto niente, ma ci proverò! ;)
Fatemi sapere che ne pensate; ci avviciniamo sempre più alla fine - tranquilli, manca ancora molto - per cui sono sempre più ansiosa di conoscere i vostri pareri.
Scappo perché domani ho l'ultima verifica e devo studiare, nel mentre, in caso non riuscissi a farmi risentire per Natale, vi auguro buone feste!

Soleil Jones
  
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