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Autore: _Schwarz    21/12/2014    1 recensioni
Questa Raccolta partecipa alla Challenge "Aedi fai da te" indetta dal gruppo "Gli scrittori maledetti - Sezione Anime e Manga" su fb.
Dal primo capitolo: "Boruto Uzumaki.
Il primogenito del migliore amico dei suoi genitori, l’incubo di ogni bambina di sette anni con una gonna, data la sua barbara abitudine di alzarle, le gonne."
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Dal capitolo secondo: "Continuavano a litigare scherzosamente tra loro, ma Shikadai – solo lui, come sempre – si accorse dell’improvviso mutismo di Inojin che continuava a camminare, le sopracciglia bionde calate sugli occhi chiari, creando un’espressione a metà tra l’infastidito e l’incazzato, tipico di quando ChouChou tirava fuori l’argomento Toboe Inuzuka."
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Boruto, Uzumaki, Nuovo, Personaggio, Salad, Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Something of Us
 





Categoria: AU
Prompt: Sabbia e Salsedine







Se c’era una cosa che Inojin non apprezzava, quelle erano di certo le vacanze estive e il conseguente caldo.
Odiava che i suoi amici lo trascinassero sul treno, costringendolo a patire la calura e il sole, quando avrebbe voluto solo chiudersi in camera sua con il suo amato condizionatore; detestava anche la sabbia, il ragazzo, e ancor di più la salsedine che gli seccava la pelle e rovinava i suoi capelli.
Ma ChouChou aveva insistito per giorni, e dopo che persino quel nato sfiancato di Shikadai aveva ceduto, che cosa poteva fare lui, davanti alle pressioni dell’amica d’infanzia?
Accettare, esatto.
Certo, quando aveva scoperto che anche Boruto, sua sorella, i due Inuzuka e la Megane sarebbero venuti, aveva capito subito che quella che sperava essere una tranquilla giornata sarebbe diventata una battaglia per la sopravvivenza.
Di certo però non si aspettava quello.
 
 
 
 
 
Il giorno prima.
Tokyo, ore 17.15
 
 
 
«Inojin, hai finito di preparare la borsa? Dai, che siamo in ritardo! Due peggio di te e Shikadai non potevano capitarmi come amici!» strepitava ChouChou, mentre un assonnato Shikadai e uno stranamente silenzioso Inojin finivano di sistemare le cose per l’indomani.
Quella ragazza era un tornado: dall’alto del suo sfiorato metro e settantacinque – e con una stazza a dir poco giunonica – comandava i migliori amici a bacchetta, senza farsi troppi problemi.
La pelle scura, i lunghi capelli rossicci e gli occhi dorati la rendevano molto carina, pur non essendo magra come le altre ragazze; ma questo a lei non importava: veniva da una famiglia in cui mangiare bene era la regola e con una madre come Karui, che aveva viziato la figlia fin dalla prima volta che l’aveva tenuta in braccio, non poteva che uscire ChouChou.
Perfetta forse no, ma convinta di esserlo assolutamente sì.
Certo era che Inojin non aveva assolutamente voglia di andare al mare l’indomani e tanto meno di uscire in quel momento, con cinquanta gradi all’ombra e un tasso d’umidità da far impallidire i pesci sott’acqua.
Ma Shikadai si era lanciato sul suo letto, impedendogli di occuparlo, mentre ChouChou girava per la sua stanza, controllando che non avesse scordato nulla in modo che non avesse scuse l’indomani per dar loro buca: quella ragazza lo conosceva anche meglio di sua madre.
E la cosa andava tutta a suo sfavore.
Non che Shikadai scoppiasse dalla voglia di uscire, ma sapeva bene quanto lui che se ChouChou voleva qualcosa la otteneva, il costo per lei era giusto il doverli tirare fuori dalle loro tane.
«Allora, Inojin, ti muovi? Shikadai, alzati subito!» sibilò la ragazza, prima di strattonarli fuori salutando allegramente i padroni di casa.
I tre si ritrovarono in pochi secondi immersi nel caldo terrificante di fine luglio, senza che nulla potesse diminuire la loro calura: ChouChou aveva per una volta seguito l’esempio degli amici, legando i capelli lunghi in una coda alta, e poi intrecciandoli, sperando così che non s’incollassero al collo sudato.
Fatica sprecata, i capelli continuavano a finire sempre lì, alimentando il malumore della proprietaria, che non faceva che spostarli.
«Chou, spiegami perché hai preteso di uscire proprio stasera.» chiese per la trentesima volta Inojin, spostando i suoi dal collo e facendosi aria con un pezzo di carta recuperato per strada.
«Perché esce anche Toboe-kun.» rispose lei, come se la cosa fosse ovvia, quasi scontata.
Il sorriso di compatimento che Shikadai scoccò al migliore amico da sopra la testa della ragazza poteva esserselo solo immaginato.
«E quindi?» chiese infine Inojin, trattenendosi a stento dall’imprecare: alla fine Toboe non aveva fatto nulla di male, non si meritava di finire all’ospedale quella sera.
«E quindi dovevo uscire anch’io, mica potevo lasciarlo da solo con Sarada tutta la sera! Lo faccio per Boruto.» disse lei, scotendo la lunga treccia per cercare un poco di ristoro.
«Oh certo, il fatto che gli sbavi dietro da quando avevamo dodici anni non c’entra.» s’intromise Shikadai, ghignando verso l’amica d’infanzia, che gli sibilò dietro qualche imprecisata minaccia.
Continuavano a litigare scherzosamente tra loro, ma Shikadai – solo lui, come sempre – si accorse dell’improvviso mutismo di Inojin che continuava a camminare, le sopracciglia bionde calate sugli occhi chiari, creando un’espressione a metà tra l’infastidito e l’incazzato, tipico di quando ChouChou tirava fuori l’argomento Toboe Inuzuka.
E la serata sarebbe stata ancora molto lunga.
 
 
***
 
 
Avevano raggiunto gli altri nei giardini del quartiere, luogo d’incontro del loro gruppo da quando sapevano camminare, dove le loro madri li portavano sempre per farli stare insieme e chiacchierare tra loro.
Lì, come sempre, stava il camioncino dei gelati della signorina Akane: aveva sui ventisette anni, ma il viso rotondo la faceva sembrare molto più giovane, e i lunghi capelli neri lo contornavano splendidamente.
«Chou-chan, Shikadai-kun, Inojin-kun! Come state?» chiese allegramente, tirando fuori dei coni, sapendo già di essere la loro oasi di salvezza in quell’inferno bollente che era Tokyo quel pomeriggio: scambiarono qualche parola mentre ordinavano e Inojin pareva finalmente uscito dal mutismo di poco prima, mentre con gli altri due si sedeva su una panchina all’ombra di alcuni alberi.
Chiacchieravano tranquillamente, alternando vari argomenti, anche se le ragazze tornavano sempre al tema mare, spossando i ragazzi, che non erano certamente interessati a sentir parlare di creme, costumi e quant’altro; probabilmente a salvarli fu il semplice fatto che Toboe, dall’alto della sua calma quasi stoica, propose una passeggiata nella via alberata, per approfittare del vento fresco che si era fortunosamente alzato.
Le ragazze non se lo fecero ripetere: si alzarono immediatamente, tirando con loro gli amici e continuando a ciarlare, senza preoccuparsi troppo degli accompagnatori, che le guardavano con un misto d’insofferenza e divertimento. Sarada, quel giorno, aveva messo un top bianco e una gonna doppio strato, sotto bianca e corta a metà coscia, sopra celeste chiaro e quasi trasparente; la collana con il ventaglio delle Uchiha’s Industries, sandali bianchi con un poco di tacco e i capelli legati in uno chignon alto completavano il tutto.
ChouChou invece portava pinocchietti bianchi al ginocchio e una maglia rosa con la scollatura a v, che attirava molti più sguardi del necessario – questo era il pensiero di Inojin, all’ennesimo ragazzo dall’occhio troppo lungo che si trovava a fulminare – ma il caldo richiedeva di coprire meno pelle possibile.
Alla fine si chiusero nel ristorante del vecchio Teuchi, che aveva visto crescere l’allegra compagnia dei loro genitori, e anche loro, quando Naruto – padre di Boruto e Himawari – organizzava rimpatriate con gli amici, comprese di marmocchi urlanti.
Immancabilmente ChouChou e Sarada occuparono i posti a fianco a Toboe, lasciando gli altri tre ragazzi a spartirsi i posti: Boruto occupò quello vicino a Sarada, Inojin quello accanto all’altra ragazza e Shikadai in mezzo a loro, chiudendo il cerchio attorno al tavolo rotondo del ristorante.
Ordinarono vari tipi di ramen, piatto speciale della casa, e attesero continuando a chiacchierare; l’argomento cui giunsero insospettabilmente fu la scuola; Sarada prese a lamentarsi del fatto che Anko-Sensei non le avesse messo il massimo all’ultimo test di matematica e ChouChou rise, rispondendole che 100/100 era il massimo.
La serata sembrava andare bene, come le tante che l’avevano preceduta nei diciotto anni precedenti, poi ChouChou si sporse verso Toboe, mentre gli altri facevano casino, per sussurrargli qualcosa all’orecchio.
Inojin non sentì cosa gli disse, ma lo vide sorridere e fare l’occhiolino, cui ChouChou rispose con una risata e le guance rosse, visibili anche sulla sua pelle scura.
Fu troppo, letteralmente troppo.
Il ragazzo saltò in piedi, sordo ai richiami degli amici e a quelli di lei, e corse via, verso casa: il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno, nella stagione che odiava di più, alla ragazza che amava piaceva un altro e non faceva che sbatterglielo in faccia.
“Grazie, Kami-Sama.”, pensò, mentre chiudeva la porta di casa e saliva le scale verso la sua stanza, senza nemmeno sentire le voci dei suoi che lo chiamavano.
 
 
***
 
 
 
Fece molta fatica ad addormentarsi, e gli parvero passati solo cinque secondi quando venne svegliato da un insistente rumore, un battito continuo e regolare, ma si girò dall’altra parte, tentando d’ignorarlo e fallendo platealmente.
«Inojin, apri!» sibilò la voce di ChouChou fuori dalla finestra; lui s’alzò di scatto, correndo verso l’infisso e spalancandolo di botto, ormai completamente sveglio.
Fuori dalla finestra, arrampicati maldestramente sull’albero che dava sulla sua stanza, c’erano il motivo dei suoi tormenti da tre anni a quella parte e il suo migliore amico, in posizioni alquanto precarie, che lo convinsero a sporgersi per aiutarli a entrare: quando furono tutti e tre dentro e al sicuro da eventuali quanto rovinose cadute, il proprietario della camera si ricordò di chiedere agli inattesi ospiti che ci facessero lì.
«Piuttosto che fare a noi queste domande idiote» rispose la ChouChou, visibilmente imbarazzata «perché non mi fai il favore di vestirti?».
Inojin le sorrise e chiese «Che c’è, sei in imbarazzo?».
Shikadai scosse la testa e sbuffò una risata, mentre l’altra rispondeva per le rime «Non hai nulla che non abbia visto addosso a tanti altri ragazzi, o meglio quando quei ragazzi non avevano nulla addosso.».
Quelle parole parvero congelare l’allegria che aleggiava nella stanza: Inojin si mise addosso pantaloni e canottiera senza proferire altro verbo mentre Shikadai guardava male l’amica e diceva, per smorzare la tensione, «Siamo venuti a vedere come stavi, visto che sei… beh, scappato.».
«Mi spiace.» disse solo l’altro e il Nara capì subito che non gli avrebbe scucito altro davanti a lei; cambiò rapidamente discorso, ChouChou stranamente seguì il suo esempio, e tutti e tre si ritrovarono a ridere, scherzare e a mangiare i dolci che Inojin recuperò dalla cucina.
Alla fine gli altri due se ne andarono – per la stessa via da cui erano arrivati – ma non prima di avergli risollevato il morale, per quanto lo si potesse fare in quelle condizioni.
Erano le tre del mattino, ma quando Inojin tornò a dormire lo fece con un sorriso.
 
 
***
 
 
«Ho caldo.» disse, mentre si faceva aria con il biglietto del treno.
Vari mugugni d’assenso seguirono la sua affermazione, mentre qualcuno tentava vanamente di forzare il vetro del treno, che pareva non arrivare mai a destinazione.
Viaggiavano da un quarto d’ora, ma ne parevano passate tre, di ore, quando finalmente poterono scendere dal mezzo e andare a stendere gli asciugamani sulla spiaggia: Sarada si ricoprì immediatamente di crema solare – aiutata da ChouChou, che di certo non ne aveva bisogno – poi le due corsero in acqua a cercare ristoro dal caldo, imitando i ragazzi che le avevano ovviamente precedute.
Non fecero in tempo a tuffarsi, che i ragazzi cominciarono a schizzarle, dando così il via a una lotta senza esclusione di colpi; alla fine, verso le undici e mezzo, si rifugiarono sotto gli ombrelloni, per scappare dal sole: Inojin, una lattina di soda ghiacciata in mano e nessun pensiero al mondo, era l’immagine della beatitudine, sdraiato sul suo asciugamano, proprio a fianco a ChouChou.
Improvvisamente tutti – tranne lui – iniziarono a sorridere, poi Toboe tirò fuori dal suo enorme borsone un enorme pacco regalo chiuso in carta blu e rossa e tutti strillarono «Auguri Inojin!».
Il ragazzo, letteralmente shockato, ricevette gli abbracci degli amici, prima di ritrovarsi a scartare il regalo, eccitato come un bambino.
«Ma… Ma questi sono…» bisbigliò, passando la mano sopra la scatola rossa e dorata, contenente un costosissimo kit di colori per il disegno e la pittura.
Inojin alzò lo sguardo e, con voce lievemente tremolante, sussurrò un timido grazie, le guance rosse e gli occhi accesi di commozione.
 
Quella sera, mentre Inojin accompagnava ChouChou a casa, dopo aver lasciato Shikadai al bivio dove dovevano girare, lui le chiese, sulle spine: «Quindi con Toboe come va?».
Lei si voltò a guardarlo. «In che senso?» domandò.
«Volevi chiedergli di uscire, no?» disse lui, ricordando una conversazione tra lei e Sarada.
«Oh, no, ho saputo che si sta vedendo con una ragazza.» rispose lei, noncurante.
«Io ieri sera ho pensato che steste insieme, quando ti sei avvicinata a lui…» sospirò Inojin, capendo di dover dare un taglio definitivo a quella storia.
“O la va o la spacca!”, pensò, alzando il mento con orgoglio, ma la sua accompagnatrice si era fermata da ormai parecchi passi.
«E’ per quello che sei scappato?» chiese lei, senza troppi complimenti.
«Non sono…!» cercò di negare, interrotto da un pugno che però divenne una mano che gli afferrava il viso per abbassarlo all’altezza di quello di lei.
Poi ChouChou lo baciò.
«Sono arrivata, idiota.» disse, quando infine si separarono. Poi corse dentro, senza lasciargli tempo di dire “A”.
Inojin guardò la villetta a due piani degli Akimichi per diversi minuti, prima di giungere alla conclusione che no, non se lo aspettava proprio, quello.








Angolo Autrice

Sì, beh, hola! XD
Chi non muore si rivede e io fortunatamente non sono morta X°D
Eccomi qui con il secondo capitolo di questa raccolta che non so neanche io come commentare.
Sinceramente adoro i futuri ninja di Konoha, li adoro sul serio (non quanto i genitori) e allo stesso tempo passo ogni secondo a chiedermi se sto cadendo in OOC, cosa quasi sicuramente vera, ma who cares? Se avessi voluto farla IC avrei dovuto scriverla la raccolta dopo la terza serie X°D
Coooomunque, i prompt erano sabbia e salsedine e sono a mala pena accennati, ma non importa, credo di doverci ancora prendere la mano con questa raccolta, anche perché i personaggi vanno tutti a conto loro trascinandomi per i capelli X°D
Ringrazio tutti quelli che hanno messo tra i preferiti e i seguiti e spero che questo capitolo vi piaccia!
Comunque, il prossimo capitolo sarà "Slice of Life - Caffé" e chissà che ne verrà fuori! Beh, chi vivrà vedrà, quindi a presto! <3 

 
   
 
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