Premessa: questo capitolo ha più che altro la funzione di delineare, almeno in parte, il carattere di Lavinia Coronis, una delle due ragazze protagoniste della storia (per la seconda dovrete aspettare un bel po di capitoli, temo), quindi mi scuso in anticipo se non ci sarà la presenza dei cavalieri d'oro (in pratica l'unico personaggio originale di Saint Seiya sarà... leggete per scoprire). Vi prego recensite, mi va bene anche se dite che fa schifo (tanto lo so già che è destinata alla pila degli scarti). Detto questo, BUONA LETTURA!
The owl. The lily. The vellum.Capitolo 1: Prologo - La ragazza della sdraio accanto
Sole,
mare, bei fusti in costume alla spiaggia, poter fare quel cavolo che voglio quando
mi pare e piace… questa si che è vita! ADOOOOOOOOORO LA GREEEEEECIA!!!!!!!!!!
(stile grido di battaglia).
Fortuna
che ho preso la patente per il motoscafo due mesi prima di trasferirmici, così
posso anche sperimentare cosa si prova a guidare il motoscafo nuovo di zecca,
il RedStar (I love you, daddy), che
il mio amato paparino mi ha regalato l’anno scorso. Benedetto papino, tu si che
conosci i miei gusti da “material girl” (che maleducata zia Selene a regalarmi
un rametto di mimosa, quando sa che sono allergica a quelle palline gialle!
Etciùù! Al solo pensiero mi viene da starnutire).
Living in
a material world
And I am a material girl
You know that we are living in a material world
And I am a material girl
Eheheh, mi
viene sempre da canticchiare questa canzone quando penso ai regaloni che mi
faceva il mio babbone. Sigh, anche se ogni tanto mi manca un po’...
Oh, Lavinia Coronis, già despressa di prima mattina? Però il fatto che sia morto mi ha colpito proprio nel profondo, gli volevo un bene dell’anima. E in quel modo orribile, poi… Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, così mi affretto a spazzarle via con il dorso della mano. Non mi piace piangere, non perché sia da deboli (anzi, sono deboli quelli che non piangono), ma perché dopo ogni crisi mi viene sempre il mal di testa e mi cola il naso, con il risultato che se me lo soffio troppo forte mi viene sempre un’epistassi.
E anche
perché la mia sarebbe una crisi solitaria, mi toccherebbe piangere tutte le mie
lacrime e lamentarmi con il muro bianco della mia nuova casetta. Se penso che
appena due anni fa c’era sempre la mia mamma a consolarmi durante le mie
crisi esistenziali...
Fermo
il
motoscafo e getto l’ancora su di un tratto di mare piuttosto al
largo, dietro qualche scoglio, dove non corro molto il rischio di farmi
beccare da
qualche bagnante rompiballe se scoppio a piangere. Mi raggomitolo
sull’asciugamano steso sul fondo del motoscafo e prendo la mia
chitarra (ben
chiusa nella sua custodia per evitare che si bagni) come faccio sempre
quando
penso alla mia mamma o al mio papà, e inizio a suonare una
canzone…
Shalalalala
Shalalalala
You used to call me your Angel
Said I was sent straight down from Heaven
You’d hold me close in your arms
I loved the way you felt so strong
I never wanted you to leave
I wanted you to stay here holdin’ me
I miss you
I miss your smile
And I still shed a tear every once in a while
And even though it’s different now
You’re still here somehow
My heart won’t let you go
And I need you to now
I miss you
Shalalalala
I miss you
You used
to call me your Dreamer
And now I’m livin’ out my dream
Oh how I wish you could see
Everything that’s happening for me
I’m thinking back on the past
It’s true the time is flyin’ by too fast
I miss you
I miss your smile
And I still shed a tear every once in a while
And even though it’s different now
You’re still here somehow
My heart won’t let you go
And I need you to know
I miss you
Shalalalala
I miss you
I know
you’re in a better place, yeah
But I wish that I could see your face, oh
I know you’re where you need to be
Even though it’s not here with me
I miss you
I miss your smile
And I still shed a tear every once in a while
And even though it’s different now
You’re still here somehow
My heart won’t let you go
And I need you to know
I miss you
Shalalalala
I miss you
Finisco di
suonare la chitarra e mi asciugo con un lembo dell’asciugamano le due lacrime
che mi erano fuoriuscite dagli angoli degli occhi. Vabbè, oggi non è giornata
per scorrazzare in mare, quindi rimetto in moto il mio gioiellino e ritorno
verso la costa del Pireo. Ormeggio aiutata da un bagnino il mio motoscafo e lo
aggancio alla mia auto parcheggiata sul pontile, poi mi dirigo verso la mia
sdraio, con l’asciugamano sulla spalla a mo di mantello e la custodia con la
chitarra in mano. Mentre cammino noto con la coda dell’occhio che alcuni
ragazzi della spiaggia mi stanno osservando con uno sguardo da pesce lesso, indirizzato
soprattutto al mio seno, al mio sedere (Dio se ripenso alla fatica che ho fatto
per avere un fisico come questo…) e alla mia scapola sinistra, dove ho un
tatuaggio rappresentante una civetta bianca con le ali spalancate, un giglio
nel becco e una scritta a caratteri greci su una pergamena che regge tra le
zampe. La parola è “δίκη”, dike, ovvero giustizia. Mai scelta fu più azzeccata: infatti
secondo mia mamma il fiore che mi rappresentava meglio era il giglio, perché è
il fiore dell’innocenze, della purezza e della dolcezza, mentre l’animale era
proprio la civetta, perché per lei era simbolo di sapienza e giustizia, infatti
io sono molto intelligente e detesto le persone che si comportano in modo
ingiusto…
PARLI DEL
DIAVOLO!!! Cosa vedono le mie fosche pupille verdi?!!!!! Proprio a pochi metri
dal mio ombrellone (situato in un posto piuttosto isolato tra gli scogli, per evitare
gli scocciatori e i corteggiatori) noto un
gruppo di ragazzi che stanno dando
fastidio ad una giovane ragazza che deve avere a malapena quindici anni(1),
che sta accasciata a terra, e da come si tiene la caviglia mi viene il sospetto
che si sia fatta male.
Subito
abbandono la custodia della chitarra e l’asciugamano vicino alla sdraio e mi dirigo
a passo felpato verso il gruppo di ragazzi.
-Ehi voi,
cervelli di gallina!- li apostrofo per attirare la loro attenzione, cosa che
mi riesce benissimo, perché distolgono l’attenzione dalla ragazza e si voltano
verso di me. La prima cosa che noto è che non sono in costume da bagno o
comunque con abiti estivi, ma indossano quella che sembra essere una specie di
corazza di un color oro sporco particolarmente aderente che mette ben in
risalto i loro muscoli. E ora che la osservo meglio noto che è decorata con un
motivo raffigurante dei fulmini di un giallo più lucido e “pulito” sui gambali
e sulle protezioni delle braccia. Gli unici due che hanno una corazza diversa
sono un mocciosetto che deve avere meno di diciassette anni con occhi e ricci
capelli dorati, che ne indossa una bianca decorata con l’immagine di una coppa
dorata su braccia e gambe, e quello che sembra il capo, un gorillone di due
metri e mezzo con la faccia da scemo totale, che è molto diverso dagli altri,
in quanto la sua pelle è liscia e lucida come uno specchio, di un colore che
sembra il bronzo, e la corazza che lo ricopre è di un rosso sangue intenso con
decori di alberi neri su braccia, gambe e busto e gli lascia scoperto solo
parte di braccia e gambe e il volto abbronzato dagli occhi di un castano
talmente scuro da sfumare verso il nero pece. Osservo meglio quel poco di pelle
che rimane scoperto e mi rendo conto con sgomento che è VERAMENTE bronzo. Oh
cielo Lavinia, devi aver preso un colpo di sole per immaginarti certe cose…
Proprio il
gigante si fa avanti e mi squadra in maniera maligna, mentre gli altri, cinque in
tutto, rimangono attorno alla loro preda.
-Cerchi
guai, rossina?– dice il mezzo gorilla, alzando minacciosamente un pugno grande
almeno il doppio del mio. Io non indietreggio di un passo e lo guardo negli
occhi con aria di sfida, alzandomi in tutto il mio metro e settantacinque di
altezza.
-Siete tu
e i tuoi compari prepotenti che siete in cerca di guai, faccia da gorilla
decerebrato!- gli dico con tutto il disprezzo e la sfrontatezza che possiedo
(non so per il disprezzo, ma quanto a sfrontatezza non mi batte nessuno). Lo so
che qualcuno potrebbe pensare che sia da scemi insultare così direttamente un
orango tango di quella stazza, ma è proprio questo il trucco: più è grosso, più
si arrabbia. Più si arrabbia, più agisce senza pensare. Più agisce senza
pensare, più rumore fa quando casca per terra!
Detto
fatto. Il gorilla di bronzo cerca di colpirmi con quel suo pugnone, ma io lo
schivo abbassandomi e, approfittando del fatto che è in equilibrio precario per
l’impeto del colpo, mi puntello sulle braccia e roteo una gamba in avanti per
colpirgli quei tronchi di pino che sarebbero le sue, di gambe. Il deficiente
cade in avanti nel punto dove fino ad un secondo prima c’ero io, e appena cerca
di rialzarsi gli salto sulla schiena con tutta la mia forza, lo faccio affondare
per metà nella sabbia con qualche calcio e gli urlo contro –Brutto gorilla
delle mie infradito, dovresti vergognarti ad attaccare una fanciulla indifesa
con altri cinque tuoi compari della tua stessa risma! Meriteresti di finire a
mollo in bocca ai pesce cani!-
-E tu
saresti il coraggioso cavaliere che viene a salvare la damigella in pericolo?-
mi apostrofa uno dei cinque bastardi rimasti in piedi, un biondino alto poco
più di me con due profondi occhi rossi (non so perché mi fa pensare al film
“Profondo rosso”…) –Penso invece che sarai tu a finire in bocca ai pesce cani!-
e così dicendo si lancia all’attacco insieme agli altri tipi in armatura
dorata, mentre il biancovestito rimane a tenere d’occhio la ragazza.
Poveri
soldatini doratini, non sanno che questo per me è un invito a
nozze. Non ho fatto cinque anni di judo per niente. Infatti
pochi minuti dopo sono tutti e quattro a terra, più morti che
vivi.
Il
ragazzino non se lo fa ripetere e muovendosi ad una velocità pazzesca raccoglie
i suoi compagni e sparisce in mare, dove si forma una chiazza rossa che poi diventa argentea e
scompare. Solo allora mi accorgo che anche il sangue versato sulla spiaggia è
sparito, ma non ci faccio troppo caso e mi dirigo, ruotando il collo per
sciogliere i muscoli, verso la ragazza, che ha lunghissimi capelli viola chiaro
e lisci, la pelle bianca come porcellana fine e un abito bianco senza maniche
con le spalline sottili e la gonna ampia, macchiato di sabbia e acqua. Ai piedi
porta sandali d’oro alla schiava tipici della Grecia. Mi fissa con i suoi
occhioni verdi da ragazzina, indirizzandomi uno sguardo indecifrabile. Mi
inginocchio vicino al lei e le parlo dolcemente, per tranquilizzarla, come se parlassi ad un cucciolo ferito –Ciao! Non
aver paura di me, voglio aiutarti!- e tendo una mano verso di lei per aiutarla
ad alzarsi. Lei mi guarda ancora per un secondo, poi mi prende la mano, mi
sussurra –Grazie- e prova ad alzarsi, ma a quanto pare la sua caviglia deve
essersi storta, perché subito dopo ricade a terra con un gemito di dolore.
-Piano,
non ti sforzare- le dico, scostandole gentilmente le mani dalla caviglia per
poter vedere com’è ridotta –Quei manigoldi, se li ripesco li lego con una rete
da pesca e li getto in mare dal promontorio più alto della costa greca, appena
riesco a scoprire quale è!- impreco incavolatissima, quasi quasi mi pento di
aver lasciato scappare quel moccioso con il gorilla faccia di bronzo.
-Tieniti sulla mia spalla, ma attenta a non appoggiare a terra il piede. La caviglia si
deve essere storta- le dico, aiutandola ad alzarsi mentre lei mi si aggrappa
letteralmente addosso, ma non deve pesare molto, perché riesco a sostenerla
senza cadere, le metto un braccio attorno alla vita e con l’altro le afferro la
mano con cui si regge a me per evitare che cada, iniziando a camminare,
lentamente e fermandomi spesso, verso la mia sdraio, dove la faccio sedere.
-Mmmh… la
storta non sembra grave, ma bisognerebbe disinfettarla e fasciarla prima che si
gonfi- dico, osservando con occhio clinico la chiazza violacea che le si è formata
sulla caviglia –Puoi darmi il tuo indirizzo, così ti accompagno
a casa in modo che possa farti medicare?-
La
ragazzina dai capelli lilla mi risponde con una voce tremolante, quasi
spaventata –Io abito ad Atene, ma non mi ricordo l’indirizzo. Dovrei trovare un
telefono e chiamare i miei tutori che mi vengano a prendere…- Quando si dice la
coincidenza…
-Abito
anche io ad Atene, potrei portarti a casa mia e, intanto che chiami i tuoi
tutori, potrei anche medicarti temporaneamente la storta- le propongo. –Non
vorrei disturbare…- mormora la ragazza, imbarazzata. –Nessun disturbo, tanto
oggi per me non è giornata di mare, e stavo pensando di tornarmene a casa- le
assicuro, frugando nella mia borsa da mare per poi estrarne il mio copricostume
azzurro, che indosso per coprire almeno in parte il mio corpo. La ragazza finalmente
mi sorride –Sei molto gentile ad aiutarmi. A proposito, non so ancora il tuo
nome, come ti chiami?-
Oh merda
che maleducata che sono… -Mi chiamo Lavinia Coronis. Dato che siamo arrivate
alle presentazioni potresti pure tu dirmi il tuo nome- le rispondo, mentre
raccolgo la borsa da mare e la custodia con la chitarra.
-Il mio
nome è Saori. Saori Kido-
La strofa che Lavinia canticchia all’inizio
fa parte di “Material girl” di Madonna, mentre la canzone che suona con la
chitarra è “I miss you” di Hannah Montana/Miley Cyrus (per questa scena mi sono
in parte ispirata all’episodio della serie “Hanna Montana” in cui Miley e Jackson
escono di nascosto e scoprono che il padre esce con una donna. Verso la fine della
puntata Miley suona alla chitarra il ritornello della stessa canzone)
(1)Non
è un errore di valutazione il fatto che Saori venga definita una quindicenne,
ma un’adattamento alla versione italiana dell’anime, infatti nella puntata “Una
vittoria a caro prezzo” il prof. Rigel (che comparirà più avanti nella storia)
spiega che Mitsumasa Kido gli ha commissionato la creazione delle armature
d’acciaio quindici anni prima, quindi Lady Saori dovrebbe avere quindici anni e
non tredici, perchè sicuramente il duca non poteva sapere dei cavalieri due
anni prima di trovare Micene e di addottare la piccola reincarnazione di Athena.
Per simpatia adatterò anche le età dei cavalieri di bronzo (cavalieri d’oro e
d’argento manterranno le loro età originali), ovvero: Seiya, Shun e Jabu
saranno coetanei di Saori; Hyoga, Shiryu, Nachi, Ichi, Ban e Geki avranno
sedici anni e Ikki ne avrà diciassette.