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Autore: Melian    23/12/2014    9 recensioni
"La gente, nel nuovo millennio, aveva smesso di credere nelle divinità e a lei non era rimasto null'altro se non il ricordo del profumo dell'inceso, delle offerte votive e delle preghiere accorate, la musica sacra dei sacerdoti egizi che lavavano e vestivano la sua statua ogni giorno quando, all'alba, lei scivolava in quel simulacro di granito e si mostrava ai loro occhi per essere omaggiata e per esaudire le suppliche."
[Seconda classificata al contest "My favourite character" di Fanny_rimes sul forum di EFP]
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aset

 

Il vento stormiva piacevolmente tra i rami di un frondoso noce: faceva cantare le foglie scure e ballare i frutti appena spuntati. Le grosse radici nodose si affacciavano dal terreno brullo come ossa sporgenti, allungandosi fino alla riva del fiume Sabatoi che correva veloce e vivace.
Aset poggiò la mano sulla corteccia dell'albero e, dietro quella scorza antica e scura, avvertì, prepotente e intenso, il fremito della linfa che fluiva come il sangue nel corpo d'uomo anziano: curvato sotto il peso degli anni e della saggezza che viene dalla terra stessa, ma ugualmente affamato di vita.
Aset viveva in una cascina circondata da un boschetto che costeggiava le campagne del beneventano, un rudere vetusto e isolato dal resto della città, un luogo dove riuscire ancora a sentire i profumi antichi e dove, al di là della modernità, il fuoco che scoppietta in un camino d'inverno e la fiumana di stelle nel cielo terso d'estate possedessero ancora la loro poesia.
Si chinò a riempire una ciotola con alcune noci che l'albero aveva lasciato gentilmente cadere e tornò sui suoi passi.
Attraversò il sentiero sterrato tra la vegetazione che la riportò al vecchio casolare: un edificio in pietra di due piani, con un portico e una piccola rimessa su un fianco. Sotto all'arco, che segnava d'ingresso, pendeva una lanterna di vetro e ferro battuto che, con un gesto sinuoso delle dita, accese: la fiammella magica danzò nella lanterna, bussando contro il vetro che la imprigionava.
Tra meno di un'ora sarebbero venuti a farle visita e Aset voleva che tutto fosse pronto.
La Strega di Benevento, così la chiamavano, era in grado di operare davvero meraviglie, dare ottimi consigli, leggerti i tarocchi e la mano, i fondi del caffè e scrutare tra le nebbie del tempo: c'era un feroce passaparola in città, all'ombra dell'antico obelisco egizio in Piazza Papinianoii o sul sagrato della chiesa di Santa Sophiaiii.
Quando andavano da Aset, le donne tornavano sempre a casa con degli amuleti e, anche se il prete le guardava male, loro alla strega, alla Janaraiv, ci credevano.
Aset posò le noci sul muretto: le lasciava sempre lì, come buon auspicio, cosicché chiunque entrasse in casa sua potesse prenderne una. Spazzò il porticato con una vecchia scopa di saggina nella direzione in cui stava tramontando il sole: occhieggiò il cielo che, rapidamente, si tingeva di arancio e poi di violetto e sorrise.
Quello non era il suo Egitto, non era la Terra Nerav dalle immense dune e dai santuari di pietra coperti di geroglifici e affreschi, non era il Paese di cui era stata la signora indiscussa per millenni e dinanzi a cui si piegava ogni ginocchio, ma là – nel sud Italia – era felice.
Ogni cosa attorno a lei era rapidamente mutata e, seppur possedeva la vita eterna propria delle divinità, Aset si era sentita vecchia e spesso si era chiesta quale fosse il suo destino in un mondo votato a rapidissime evoluzioni e in cui gli Dei non trovavano più posto.
A ripensarsi, il declino dell'Egitto come potenza civile e spirituale era arrivato quando un ragazzetto focoso, alla testa del suo esercito di macedoni, si era fatto riconoscere come nuovo Faraone dall'Oracolo di Amon.
Ah, Amon l'Occulto! Aveva visto in quell'Alessandro l'erede dei vecchi re che avevano reso grande l'Egitto, vi aveva scorto l'animo nobile in grado di conciliare Seth e Horusvi nella stessa persona, lo aveva nominato come suo figlio per bocca del proprio sacerdote... e poi cos'era successo? L'Egitto era divenuta una piccola parte del grande impero macedone ed era finito nelle mani di Tolomeo e il sangue egiziano, che avrebbe dovuto guidare Kemet, si era diluito sempre più.
E oggigiorno ora cosa faceva, Amon? Ritirato a vita privata con la moglie Mut, assieme a Ra si era dato agli investimenti sull'energia solare e i pannelli fotovoltaici. Nel suo orgoglio, credeva che l'umanità presto o tardi sarebbe tornata all'antica religione e che lui, come tutti gli altri Dei, sarebbe sorto a nuovo splendore.
Aset, però, sapeva che questo era impossibile, poiché il nuovo oggetto di culto del mondo moderno era l'uomo stesso, con tutte le conseguenze insite in una simile vanagloria.

Dopo Alessandro, però, era venuta Roma e i suoi pretenziosi Cesere e Antonio, davanti a cui Cleopatra cadde, indegna di sedere sul trono su cui Aset, nei tempi del mito, aveva occupato al fianco di Osiride.
L'Egitto: una provincia romana, il granaio di Roma, una perla sul filo delle conquiste degli imperatori, ma esautorato sempre più della sua vera essenza, della sua anima, sempre più latinizzato. Ormai i geroglifici avevano perso la loro magia e l'arte dei sapienti maestri di bottega era stata obliata, i segreti dei culti misterici finiti nelle mani di indegni sicofanti.
Aset aveva visto il proprio mondo frantumarsi e poi ricomporsi come non credeva possibile: gli esseri umani riuscirono di nuovo a stupirla.
I suoi fedeli, infatti, la vollero a Roma e ve la portarono in templi magnifici, seppur tanto diversi da quelli egizi; la adorarono come “Signora del Cielo” così come avevano fatto i figli di Kemet per secoli. Lei attraversò il Mediterraneo, dove vide quella città che era divenuta il nuovo centro del mondo ribollire di vita e di fede, le ricche donne romane avvolte nei pepli colorati fare offerte dinanzi alla sua effige e chiederle intercessioni.
La invocavano come Iside madre degli dei; Iside della magia; Iside regina di tutte le donne.
Ne fu lieta e rinfrancata e tornò a mostrarsi operando meraviglie.
Ma fu a Benevento che l'imperatore Domiziano la magnificò e le intitolò un tempio di cui, però, oggi non rimaneva alcuna traccia. Aset lo ricordava con un guizzo di nostalgia e, di tanto in tanto, tornava a visitare il luogo dove esso un tempo sorgeva, passeggiando tra l'erba e i sassi come in un sogno.
La gente, nel nuovo millennio, aveva smesso di credere nelle divinità e a lei non era rimasto null'altro se non il ricordo del profumo dell'inceso, delle offerte votive e delle preghiere accorate, la musica sacra dei sacerdoti egizi che lavavano e vestivano la sua statua ogni giorno quando, all'alba, lei scivolava in quel simulacro di granito e si mostrava ai loro occhi per essere omaggiata e per esaudire le suppliche. La sua magia, in quell'epoca, non conosceva confini e, grazie ad essa, ai tempi del mito aveva ritrovato Osiride, ricomposto il suo corpo e poi dato alla luce suo figlio Horus.
Chissà cosa facevano, adesso, i suoi fratelli e sorelle?
Osiride, suo marito, aveva trovato la sua ispirazione nell'agricoltura. Aveva sempre avuto... beh, il pollice verde, innegabilmente; era buffo pensare una cosa simile, dato che, negli affreschi nelle tombe egizie, lo raffiguravano come una mummia dalla pelle verdastra, infatti. Comunque, Osiride aveva davvero messo su una redditizia attività agricola biologica nelle campagne beneventane, tutti i suoi raccolti erano a dir poco perfetti e c'era la fila per accaparrarsi i suoi prodotti. Riforniva un'enorme quantità di agriturismi e ristoranti della Campania e, recentemente, si era dato anche all'esportazione con l'aiuto di Thot, che di informatica e burocrazia ne sapeva tanto quanto gli esperti americani di marketing. Thot era sempre stato quello più intelligente della famiglia, dopotutto; non a caso aveva inventato la scrittura, il calcolo ed era stato il patrono degli scribi. Si era riciclato come un moderno “nerd”, a voler usare un termine in voga in internet.
Ebbene sì, anche gli Dei avevano dovuto cedere al fascino di quella tecnologia dove la gente si parlava e si vedeva viaggiando su fili e onde invisibili senza muoversi dalla propria casa, una modernissima “magia” di cui Aset credeva di essere stata l'unica depositaria secoli addietro.
La Dea rimise la ramazza al suo posto ed entrò in casa.
Il profumo dello spezzatino e delle erbe, aromatiche lasciate a bruciare nel camino, la avvolse piacevolmente.
Corse a rimestare la cena nella casseruola e si ritrovò a pensare che quello era uno dei piatti preferiti di Horus.
“Chissà quando verrà a trovarmi.”, pensò Aset con una punta di malinconia.
Non poteva certo recriminare nulla al figlio, che aveva scelto di investire il suo tempo dedicandosi alla falconeria e promuovendosi come life coach e aveva da poco pubblicato un libro che andava a ruba e intitolato: “Come far emergere il dio che è in te. Manuale d'unificazione del pensiero e dell'azione”.
In effetti, Aset non poteva lamentarsi della sua famiglia, né della capacità che tutti loro avevano avuto nel reinventarsi. Anche lei aveva avuto il suo bel daffare. Non era sempre stato tutto così semplice, né c'era sempre stata tutta questa tranquillità di cui ora si ammantava nel trascorrere piacevolmente le giornate.
Per esempio, c'era stato quel “piccolo incidente” con la Chiesa Cattolica, in quel brutto periodo della storia in cui la Santa Inquisizione aveva deciso che i contadini dovevano darci un taglio – letteralmente! – con i culti pagani e che le donne che conoscevano le erbe e possedevano l'intuizione e la Vista dovevano chiamarsi Streghe. Non solo, avevano anche stabilito che le Streghe fossero il male, adoratrici del Demonio, figure ambigue che si accoppiavano con gli animali nei Sabba e si divertivano a portare malattie e rapire bambini.
Aset, a quell'epoca, faceva gran uso dei propri poteri. Se le andava, infatti, utilizzava la magia senza riserbo e sotto gli occhi di tutti, con la quieta padronanza di chi si sente intoccabile. Fu un grave, gravissimo errore.
La catturarono, la condannarono e la misero al rogo. Dovette persino fingere di provare dolore tra le fiamme che, in realtà, non potevano intaccare il suo corpo. Le sue sventurate compagne e allieve, però, morirono atrocemente. Quell'evento la scombussolò e la convinse che i suoi poteri non potevano essere messi in piazza, poiché pericolosi non già per lei, ma per quanti la circondavano: la superstizione e la paura dei cristiani si era diffusa come una contagiosa malattia infettiva.
Forse, probabilmente, fu colpa sua che Benevento venne additata come la Città delle Streghe e che il noce, sotto cui si riuniva con le ragazze che istruiva all'arte della magia, fosse visto come l'albero dei malefici Sabba.
Vallo a spiegare a quegli crudeli e sadici omuncoli vestiti da preti che lei non sapeva chi fosse questo Satana, e che le loro sentenze erano un mucchio di sciocchezze frutto di menti grette e paurose nei confronti del mistero della donna, l'essere attraverso cui scorre la magia del mondo! Impossibile, assolutamente impossibile! I preti del Cristo bianco non ragionavano, preferivano torturare le donne, abusare di loro e poi bollarle come eretiche.
Aset non ricordava di aver mai visto tanta incivile stoltezza nella sua millenaria esistenza e provò un brividi di disgusto e di tristezza che la lasciò in un profondo stato di prostrazione.
Per anni aveva vagato per l'Italia e l'Europa, aveva cercato di comprendere quale fosse il suo posto e le sembrò di averlo trovato alla corte dei re di Francia come astrologa. E che ci voleva? Aset doveva impiegare solo una infinitesima parte della propria chiaroveggenza per stilare l'oroscopo della corte, suscitando la sincera meraviglia e curiosità del sovrano che la teneva in gran pregio.
Il suo aspetto esotico la rendeva famosa. Alta e snella come un fuscello di papiro, la carnagione finemente abbronzata e i capelli scuri e liscissimi, Aset aveva sempre avuto degli occhi magnetici e li truccava con il khol nero alla maniera egizia; amava vestirsi soprattutto di lino e con monili d'oro e lapislazzuli di foggia antica. Tuttavia, proprio per questo, era stata costretta a trovare sempre il modo di non dare troppo nell'occhio, perché non invecchiava mai e, quindi, doveva sparire dalle scene e ricomparire solo quando nessuno poteva più nutrire sospetti sulla sua natura immortale.
S'era persino unita ad una carovana zingaresca che viaggiava portando il proprio circo in lungo e largo, trovando impiego come cartomante in una tenda variopinta e una varietà di strani oggetti e sfere di vetro.
Aveva perso il conto dei posti in cui era stata, delle persone che aveva conosciuto, degli anni che volavano via. Poi il mondo moderno era esploso in tutta la sua roboante novità, i colori sgargianti, le mille luci, le centinaia di nazioni e lingue diverse. Fu quasi più traumatico che nelle epoche passate, ma Aset si abituò anche a quello.
Dopotutto, si era divertita come illusionista all'epoca in cui Houdini escogitava i suoi mirabolanti numeri di escapologia, così come aveva trovato stimolante fare la maga alle feste per i bambini, dove quei piccoli furfantelli non si accontentavano mai di mille trucchi.
Eppure, alla fine, Aset era tornata a Benevento. Non se la sentiva di ritirarsi in Egitto, troppo diverso dalla patria che era stata un tempo. Benevento, invece, aveva conservato ancora qualcosa di segreto dietro la sua apparenza moderna. C'era ancora un sentore di stregoneria impregnato nell'aria profumata dei suoi boschi, tra le vie segrete sotto ai noci, tra le donne dalle facce rugose e i fazzoletti annodati sui capelli grigi che parlavano in dialetto ai nipoti delle Janare che spiccavano il volo sulle proprie ramazze pronunciando la formula magica: «Sotto l'acqua e sotto u viento, Sotto a la noce de Beneviento.»vii
All'inizio degli anni novanta, invece, aveva deciso di darsi alla carriera televisiva.
Un produttore della rete locale l'aveva notata e le aveva proposto un piccolo programma dove Aset avrebbe potuto leggere le carte ai telespettatori in diretta.
Era andata in onda, galvanizzata dall'idea di quel piccolo esperimento che la divertiva tanto; sorrideva quando riusciva a sconcertare il pubblico facendo delle previsioni fin troppo veritiere. Alle volte riguardava le registrazioni e si ritrovava a ridere di gusto quando in sovrimpressione compariva la scritta “Maga Iside”, seguita da un numero di telefono, e sentiva la sua voce recitare: «La Maga Iside ti ascolta, dimmi cosa ti affligge e ti darò la risposta.»

Tuttavia, nel 2014, aveva riscoperto il piacere della vita appartata.
Non voleva null'altro che il suo bel casolare, il suo noce e le vecchie comari che l'andavano a trovare e le chiedevano consiglio. Ogni tanto, qualche ragazza si affacciava timidamente nell'atrio della casa e domandava un amuleto per la buona sorte o l'interpretazione di qualche sogno. Qualcuna più intraprendente le chiedeva di insegnarle quello che sapeva sull'arte delle erbe e degli incantesimi.
Aset le accoglieva tutte, non le dispiaceva che la credessero eccentrica, un po' matta e la chiamassero Strega. Operava le sue magie come aveva fatto secoli prima, seppur con maggior discrezione.
Quando le ragazzine le domandavano se fosse una Wiccan, Aset sorrideva sottilmente e non rispondeva. Le Wiccan erano forse le uniche che, in quest'epoca, possedevano ancora il retaggio della conoscenza della vecchia religione e il culto della Dea. Eppure anche loro non potevano immaginare quale fosse stato il destino degli Dei.
«Toc toc, è permesso?»
Aset alzò lo sguardo, rimettendo a posto il coperchio della pentola, e fece un cenno alla donna che era appena entrata e le somigliava incredibilmente – tranne per gli occhi, l'altra li aveva di un inconsueto color giada. Era seguita da una torma di felini che Aset osservò con divertita indulgenza.
«Bastet, che ci fai da queste parti? E quelli, poi, chi sono?»
Bastet sfilò lungo il breve corridoio, il passo leggero e fluido di una pantera. Come una gatta, inclinò il capo di lato e socchiuse gli occhi. «Oh, qualche trovatello che si aggira qua e là. Lo sai che non resisto quando li incontro e mi seguono ovunque vada. Ho finito prima allo studio e ho deciso di fare un salto a vedere come ti va la vita.»
«Sei diventata una gattara, altro che veterinaria.» interloquì Aset con ironia e le fece un gesto rapido, di invito, indicando il tavolo. «Sto bene e aspetto visite, ma – visto che sei qui – resterai a cena, vero?»
«Oh, certamente, perché abbiamo qualcosa di cui parlare. E con urgenza.», la avvertì Bastet, chinandosi a grattare l'orecchio di un gatto nero.
Aset rimase immobile e la fissò con cipiglio perplesso. «Di che si tratta?»
«Hathor vuole comprare Vogue.», annunciò Bastet, con un'occhiata eloquente e felina.
Sì, quella era decisamente un'emergenza, pensò Aset.

 

 

 

 

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Note dell'autrice

 

Questa storia è stata scritta per due contest indetti su EFP:

- My favourite character II edizione, di Fanny rimes, il cui prompt era: “lei vive isolata da tutti. Nel suo paese la chiamano la strega”;

- ADA, Associazione Divinità Anonime, di Delirious Rose, che chiedeva di raccontare come una divinità vivesse ai giorni nostri e si fosse “riciclata” nel tempo. Ho scelto Iside come divinità della magia, in quanto era appunto associata ad essa. In particolare, Aset è il nome egizio di Iside e ho deciso di lasciarle il suo nome originario e non quello romano.
 

Ho voluto dare un taglio introspettivo alla storia, facendo un piccolo viaggio nella storia, toccando diverse epoche e cercando di mostrare in che modo la Dea abbia affrontato i cambiamenti del mondo, fino al 2014, pur restando legata all'ambito magico che le è proprio.
La storia non è riuscita esattamente come volevo, in realtà, e mi rimane il dubbio sul fatto di aver magari non centrato in pieno la richiesta dei due contest.
Ad ogni modo, ho cercato di tirare fuori qualcosa di decente, che abbia un valido sfondo storico, ma anche qualche punta più “simpatica”, in quanto ho cercato di inserire un pizzico di ironia, sopratutto nelle scelte delle “occupazioni” delle divinità che accompagnano Iside.

Amon che si ritira a vita privata con Mut e, assieme a Ra, investe nell'energia solare, mi è venuto in mente semplicemente per "assonanza".
Amon veniva spesso associato a Ra, tanto che le due divinità finivano per sovrapporsi, legate entrambe al sole come principio di vita e di energia e calore. Amon veniva detto appunto l'Occulto, o il Nascosto, non si rendeva visibile, ma era come energia che permeava ogni cosa.Da qui la scelta della moderna occupazione di Amon-Ra.

Osiride che si da all'agricoltura biologica mi sembrava a dir poco... logico! In Egitto, era legato ai cicli della vita e della morte, la connessione con l'agricoltura era evidentissima, in quanto il suo mito soggiace proprio alla semina, crescita e raccolto del grano.
Che sia aiutato da Thot per le esportazioni, poi, mi sembrava simpatico, proprio perchè Thot ce lo vedevo bene come "nerd", appunto. Chi meglio di lui potrebbe badare a queste cose?

Horus come life coach mi è balenato in mente quasi per caso. Riflettevo con le connessioni del suo mito e ho pensato: perchè no? In fondo, Horus nasce e sfida e sconfigge Seth che aveva ucciso suo padre Osiride, in tal modo riunisce l'Egitto e diviene suo protettore e sovrano. Quindi, in questa chiave, ce lo vedo a dare consigli di vita agli altri e il titolo del libro ammicca proprio al suo mito. L'hobby della falconeria è dovuto al fatto che Horus è spesso rappresentato come un falco o con le sembianze di un uomo dalla testa di falco.

Intine, Bastet – la Dea Gatta di Bubustis – come veterinaria mi sembrava quanto meno logico, così come Hathor – nominata sul finire, dea della bellezza, dell'amore, della musica, della femminilità – che vuole acquistare Vogue, nota rivista di moda.

 

Ho inserito, inoltre, alcune note esplicative. Le lascio a fondo pagina, nel caso qualcuno voglia curiosarvi.
 

 

Melian


 

iIl fiume Sabato scorre nelle province di Avellino e Benevento ed è uno degli affluenti del fiume Calore Irpino. Si diceva che sulle sue sponde vi fosse la “Ripa delle Janare”, cioè il luogo attorno a cui le Streghe beneventane si riunivano sotto al noce.

iiNella piazza è posto un obelisco voluto dall'imperatore Domiziano e che, anticamente, era posto nel tempio dedicato ad Iside che egli aveva fatto costruire a Benevento, complesso oggi scomparso.

iiiComplesso di origine longobarda, oggi patrimonio dell'UNESCO.

ivJanara è il nome che identifica la Strega di Benevento.

vL'antico nome con cui gli egizi chiamavano la propria patria era Kemet, che significa Terra Nera, ovvero la terra resa fertile dal limo del Nilo.

vi“Conciliare Seth e Horus nella stessa persona”, in Egitto, indicava il Faraone, colui che deteneva il potere su tutto l'Egitto e poteva incarnare tanto la forza caotica di Seth, che quella ordinatrice e luminosa di Horus. La Grande Sposa Reale veniva anche indidicata come “colei che vede Seth e Horus nella stessa persona”.

viiAnche se è intuibile il significato, possiamo “tradurlo” come: “Sotto la pioggia e sotto il vento, sotto il noce di Benenvento”. Era una delle formule riportate nei documenti dell'Inquisizione.

   
 
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