Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |      
Autore: SugarCuber    23/12/2014    0 recensioni
“Oltre questo luogo di rabbia e lacrime
incombe soltanto l’orrore delle ombre.”- Citò Jack in tono grave. Federico richiuse gli occhi, disperato, e delle leggiadre lacrime battezzarono la pelle delle sue guance. Jack si girò di scatto, ed il fiato gli si mozzò in petto. Non lo aveva mai visto piangere, e in quel momento, uno strano nodo venne a formarsi nel suo stomaco, mentre le parole gli morirono in bocca. Il ragazzo si inginocchiò di fianco a Federico, e gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo. "Tirati su, avanti. Federico, devi ragionare in modo piuttosto freddo per essere forte, altrimenti le ombre che compongono questo strano e lugubre universo ti divoreranno. In qualche modo,prova ad essere felice. Se non altro, per dare il buon esempio". Gli sorrise malinconicamente, e dopo qualche secondo di esitazione si rialzò,camminando lungo la stanza e arrivando alla porta d'entrata, dove si bloccò e si voltò, guardando il ragazzo. "Se qualcosa non va per il verso giusto,devi sforzarti di farcela andare. Se pensi che potrebbe piovere, alla fine pioverà sul serio. Avanti, Fed", e poi varcò la soglia.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Londra, Aprile 1878
Una tremenda esplosione fece tremare il pavimento, espandendo il proprio boato lungo il corridoio dell’antico istituto, giungendo così alle orecchie di Jack Collins. Il ragazzo, la folta chioma corvina fluttuante nel vento, gli abbaglianti occhi azzurri saettanti in ogni direzione,  voltandosi, gettò a terra un minuscolo fiammifero che teneva in equilibrio precario tra due dita, per metà carbonizzato, e scappò in direzione opposta alle fiamme che oramai divampavano, inghiottendo, nella loro rossa ed incandescente luce, ogni cosa che ne ostacolasse il passaggio. Il sudore cadeva a gocce dal viso del giovane ragazzo, rigandogli le guance con sottili linee d’acqua, tanto simili a delle copiose lacrime. Jack avvertì la propria gola inaridirsi sempre di più, ed i propri polmoni ardergli forse quasi più intensamente delle fiamme dietro di lui. Il giovane si fermò per qualche istante con l’intento di riprendere un po’ di fiato, per quanto gli fosse possibile respirare in quella densa nube grigiastra. Stava inspirando fin troppo fumo, pensò, ma nonostante la forte tosse, il dolore acuto alle articolazioni e la vista che andava sempre più annebbiandosi, sentì gli angoli della propria bocca inarcarsi in un folle e spaventoso sorriso. Gli occhi gli luccicavano di uno strano, quasi inquietante, bagliore mentre osservava le alte fiamme che divoravano gli interi corridoi di quella che era stata per anni la sua casa. Da quel sorriso traspariva compiacimento e forse un pizzico di superbia. Probabilmente perché il suo piano stava andando in porto..
-Merda- sussurrò infine, respirando affannosamente. Afferrò un lembo della propria casacca, resa umida dal suo stesso sudore, strappandola con violenza inaudita, e si guardò un attimo intorno, completamente ed inesorabilmente confuso. Tutto quel fumo gli stava sicuramente dando alla testa. Scosse il capo, provando a riacquistare alcuni brandelli di antica lucidità, con scarsi risultati, e si stampò il logoro pezzo di stoffa su naso e labbra, impedendo al fumo di entrarvi all’interno.  “Corri!” Esclamò furente una voce nella sua mente. Le proprie gambe iniziarono a muoversi, correndo freneticamente, in cerca delle sue tanto amate stelle. La porta d’uscita era a pochi passi da lui. “Un ultimo sforzo, forza!” lo incoraggiò la stessa voce. Il ragazzo continuò a correre, accelerando sempre di più il proprio andamento, nell’avida ricerca di aria pura da assaporare. Ed invece di andare avanti, si fermò di colpo, quasi scontrandosi con un’ingombrante trave di legno appena crollata dal soffitto. Solo in quel momento gli ritornò alla mente che la porta davanti a lui era stata varcata da altre due gambe, oltre alle proprie. “Jessamine!” Irruppe la stessa voce che lo aveva persuaso a continuare a correre poco prima. Il ragazzo rimase a fissare il vuoto per qualche istante, finché quella fastidiosa vocina non parlò ancora, diradando la fitta nebbia che aveva attanagliato la sua mente. “Ritorna indietro e trovala. Adesso. Muoviti!”, e dopo aver annuito in solitudine, girò sui tacchi, senza quasi rendersene conto, e ripercorse la strada a ritroso, nella disperata ricerca della sua compagna.
-Jessamine! Jessamine, dove diavolo sei?- urlò a perdifiato. – Jess! Avanti, Jess!!- arrestò la sua folle corsa, appoggiando le proprie mani sulle ginocchia, piegandosi in due, e provando a riprendere una manciata di aria. Attese qualche secondo, scosso da irrequieti spasmi, tentando, in qualche modo, a tendere l’orecchio in più direzioni, affinché riuscisse a sentire la voce della ragazza che andava tanto ricercando in quella dolorosa giungla di fuoco.  Ma nulla. Nessun suono oltre il proprio respiro irregolare e lo spostamento di aria provocato dalle fiamme. –Dannazione, Jess!- urlò. Ma le gambe stavano già contribuendo alla ricerca della ragazza. Si mossero velocissime, senza approdare mai ad una qualche meta che le rendesse fiere del proprio operato. Continuò a correre, e correre, e ancora correre, fino a perdere il fiato, il senno, i battiti del cuore. Ma proprio nel momento in cui anche le più ottimistiche speranze che gli gridavano salvezza certa lo abbandonavano, sentì un flebile grido levarsi da dietro un angolo, poco  distante dalla sua posizione. Saettò in quella direzione, incapace addirittura di pensare. Il suo unico obbiettivo era quello di trovare Jessamine, e di scappare il più lontano possibile da quell’Inferno letterale. –Jess, Porca miseria, dove sei?- gridò, ascoltando quelle sottili urla rafforzarsi ancora e ancora ad ogni passo che compieva. Ma ancora nulla. Di lei non c’era alcuna traccia. Il ragazzo, disperato, iniziò persino a pensare di essersele immaginate quelle grida, e che la sua amica fosse già morta, carbonizzata dalle fiamme. Provò un senso di dolore immenso, grande quanto il sistema solare stesso. Quanto l’Universo, per certi aspetti. Jessamine era la sua unica famiglia. Era come una sorella per lui, e sebbene non avessero lo stesso sangue scorrere nelle proprie vene, lui la amava come se fosse uno stesso pezzo di lui. Jessamine occupava un peso considerevole e affatto trascurabile nel cuore di Jack, e molte volte, nel corso degli anni, si era ritrovato a pensare che magari, in un giorno non troppo remoto, sarebbe potuto accadere qualcosa tra di loro. Ma ogni volta scartava tutte le possibili ipotesi che conducevano ad una tale visione. Loro erano parte di un unico essere, era vero, ma nessuna implicazione amorosa sarebbe mai potuta scaturire dal loro rapporto. E poi, mentre le immagini del viso di Jessamine gli pulsavano nelle tempie, aprendo dolorosissimi squarci nell’anima già dilaniata del ragazzo, si ritrovò con il naso incollato al pavimento.
-Ahia!- strillò qualcuno alle sue spalle. La famigliarità di quella voce fece scattare Jack, che riuscì a trovare la forza sufficiente per alzarsi sui gomiti e fissare la figura immobile sul pavimento, a causa della quale si era ritrovato con la faccia spiaccicata sul suolo rovente. Qualcosa a metà tra un grido ed uno strillo di gioia fuoriuscì dalla gola del ragazzo.
-JESS!- esclamò, felice come mai si era aspettato di essere prima di allora. La ragazza era distesa sul pavimento, con le lunghe gonne sparse dappertutto. Le urla di Jack sembrarono quasi pulsarle nella testa.  Non sembrò affatto curarsi del fatto che aveva le gambe scoperte fino a metà coscia. Lei che gli aveva ripetuto sino alla nausea che una vera signora non si sarebbe mai dovuta scomporre, nemmeno davanti alla morte stessa. La guardò un secondo di troppo, con un’espressione tipica di chi è troppo sorpreso per proferire anche una sola parola. Jessamine ricambiò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia e aprendo la bocca lievemente, come a voler simboleggiare l’inizio di un lungo e rassicurante discorso.
-Razza di idiota maleducato!- esordì quella –Ti sembra forse questo il modo di trattare una signora? Camminandoci sopra? Hai la grazia di una lumaca morta!- concluse lei, incrociando le braccia al petto, lo sdegno dipinto in volto.  “Eccola” pensò Jack, “Ecco la mia Jessy”.  Sospirò, tirandosi in piedi a fatica, senza avere nemmeno la forza di replicare al commento di lei. Solo quando le fu abbastanza vicino da poterla toccare, notò il sangue che fiottava copiosamente da un’enorme squarcio sul polpaccio della ragazza. Deglutì a fatica, guardando l’amica in faccia. Stava sorridendo, ed era pallida, pallida come mai lo era stata prima. Le sue mani erano imbrattate dal proprio sangue, probabilmente aveva provato a chiudersi la ferita con le mani. Gli occhi, di quel verde brillante ed intenso che li avevano sempre contraddistinti da quelli di tutte le altre, in quel preciso istante erano spenti, opachi, senza alcun riflesso. Sembrava quasi che la morte stesse rapendo a poco a poco la sua anima. Jack scosse il capo, cercando di ritornare alla realtà, o di non farsi troppo impressionare dalla scena, e, afferrando uno strato delle sue gonne ne strappò una grossa striscia di stoffa scarlatta. La luce di quel gigantesco e vorace incendio si rifletteva sul vestito di Jessamine, intensificandone il colore, facendolo apparire più simile al sangue. Sembrava quasi che ella fosse interamente ricoperta da una cascata di sangue. Davanti gli occhi di Jack passarono svariate immagini che riguardavano la spaventosa e truculenta morte di Jessamine, una dopo l’altra, facendolo impazzire. Jessamine, intanto, lo guardò furiosa, spostando lo sguardo dalla bella gonna lacerata a quello sperduto di Jack. Era sull’orlo di una crisi isterica.
-Perfetto, se usciamo vivi da qui, sembrerò una delle baldracche dei bordelli che abitualmente frequenti, Jack!- disse quella, alzando gli occhi al cielo. Il soffitto iniziava a cadere pesantemente sul pavimento, in un turbinio di rosse scintille infuocate, devastando quello che un tempo era il liscio e splendente pavimento di marmo bianco dell’istituto.
-Dici, Jess?- il tono ironico di Jack si sarebbe potuto distinguere anche da dieci chilometri di distanza –Quelle deliziose ragazze, che con la loro disponibilità e gentilezza allietano le giornate di poveri sventurati come me, hanno di certo più grazia ed eleganza di te, cara amica mia- le fece ciò che si sarebbe definita un’ Occhiata Di Gioconda Intesa, ma un ghigno soddisfatto si manifestò involontariamente sul suo viso –E poi, se proprio vogliamo dirla tutta, non avevi bisogno del mio aiuto per sembrarlo..- L’espressione, sino a qualche istante prima furiosa di Jessamine, mutò. Era vagamente simile all’effetto che si ha quando su una fiamma si versa una sostanza alcolica. Un qualcosa a metà tra calma piatta ed istinto omicida. Jack la guardò dritto negli occhi, e avrebbe potuto affermare su qualunque cosa che se in quel momento lei non stesse perdendo sangue da una gamba e avesse avuto un qualche tipo di stravagante oggetto contundente tra le mani, quello sarebbe stato l’istante esatto in cui gliel’avrebbe piantata in testa. Ma dato che stavano parlando sulla cosiddetta “Generosità” o “Disponibilità” della ragazza, probabilmente avrebbe trafitto le sue parti più intime, e magari ci avrebbe fatto, infine, anche una bella risata sopra, reclamando un’assurda supremazia sul genere maschile stesso, e i racconti di quella storia, era sicuro al cento per cento, che si sarebbero protratti anche sul letto di morte. Jack si morse il labbro inferiore, trattenendo a stento una risata. Avrebbe così tanto desiderato poter continuare a stuzzicare Jessamine, ma quella non era certamente il contesto più adatto . I bagliori rossastri di quel gigantesco incendio resero quasi invisibile la ragazza al suo sguardo, ed catturarono completamente la sua attenzione. Tremava, tremavano entrambi così sproporzionatamente tanto, che a vederli sembrava quasi che fosse il terreno sotto di loro ad essere scosso, e di conseguenza a provocare il loro moto, tanto era forte e irregolare. Jack si sentì in trappola. Soffocato dall’opprimente cappa di quel denso fumo. Si sentiva come un’animale ferito, preda di un cacciatore vorace.
-Dobbiamo uscire di qui- disse quello. Il suo sguardo saettò in ogni direzione che prevedesse non troppi ostacoli da superare per la gamba fracassata di Jessamine. Per via terra, ogni centimetro del pavimento era occupato da alcune spesse ed alte travi di legno per metà carbonizzate. Di certo lei non avrebbe mai neanche potuto pensare di poterle superare, erano troppo alte. Ma una luce, di uno strano bagliore verdognolo misto ad un particolare giallo cinereo, attirò la sua attenzione. Una finestra, o meglio, dei sottili frammenti di vetro incastonati in giunture del più scadente tra le tipologia di colla nera esistente, era situata a pochi centimetri al di sopra del pavimento, e Jessamine di certo non avrebbe faticato troppo per raggiungerla. La vetrata, valutò Jack, si sarebbe potuta rompere con un calcio ben assestato, data l’antichità della struttura e dei materiali. Jack decise che Jessamine non avrebbe fatto troppe storie per arrampicarcisi sopra, così la prese sottobraccio e insieme zoppicarono il più velocemente possibile verso la più improbabile via di salvezza che veniva loro propinata. Mentre Jessamine lamentava i più atroci dei dolori, Jack cercò di escludersi da quel mondo e di pensare a come avrebbe potuto l’emorragia della ragazza non peggiorare ulteriormente con il gettarsi da una finestra. Ma quella era l’unica possibile via di fuga da quell’Inferno, e se non volevano finire come degli spiedini di carne ben cotti, conveniva loro gettarsi da quella vetrata. Le alternative erano (a) Buttarsi di sotto e fracassarsi ancora di più la gamba o (b) Restare lì e finire come due sacche di sangue ambulanti ricoperte da una spessa coperta di carne bruciacchiata. E beh, la scelta non era poi così difficile. Jack e l’amica approdarono ai piedi della colossale vetrata ed il ragazzo aiutò Jessamine ad issarsi sul muretto sotto il finestrone. Lo stesso fece lui, dopo averla aiutata. Le fiamme dietro di loro stavano consumando ossigeno fin tanto che ormai erano i polmoni dei due ragazzi a comandare le loro azioni. Il comando principale che davano loro era semplice: Aria. Ricercate aria pulita.
-Jess, copriti gli occhi!- urlò egli. Jack sentiva il proprio cuore battere così forte da sovrastare il rumore delle fiamme e le disperate urla di dolore di Jessamine. Il sangue gli pulsava dolorosamente nelle tempie, ed incendiava le proprie vene, scorrendo freneticamente in tutto il suo corpo. Jack si concentrò sui vetri variopinti davanti a loro e, portando indietro la gamba così tanto da farsi male, sferrò un potente calcio sull’incantevole vetrata che aveva avanti alle iridi azzurre. Piccoli e grandi frammenti di vetro si riversarono su di loro in una potente esplosione di splendenti scintille acuminate. Alcune schegge di vetro si conficcarono nella carne della coscia destra di Jack, e quello, di conseguenza, urlò così forte da far tremare il sangue nelle vene dell’amica. Si guardarono con intensità per qualche istante e poi, aria pulita (per quanto pulita potesse essere l’aria di Londra) sferzò la loro pelle con una tale carica che sentirono male in tutto il corpo. Respirarono con avidità quell’aria sin tanto che i propri polmoni fecero indigestione di essa. Per quanto brutta potesse essere quella situazione, in quel momento entrambi i ragazzi stavano bene. Jack scosse il proprio capo, come per risvegliarsi da un bellissimo sogno ad occhi aperti, e fece un passo avanti, abbassando gli occhi verso l’orlo della finestra. Rabbrividì. Non era molto alto, doveva ammetterlo, ma l’altezza lo metteva comunque in un forte condizione di paura. L’aveva sempre temuta, e se fosse riuscito a saltare, e soprattutto a sopravvivere, si sarebbe potuto vantare con Jessamine di aver avuto la possibilità di superare una delle sue più grandi paure: l’altezza. Alla fin fine erano si e no due piani, non sarebbero morti per questo. Anche perché avevano passato situazione di gran lunga peggiori di quella. Jack allungò una mano verso Jessamine, che esitò un istante nell’afferrarla e stringerla. Jack la guardò incredulo e lei distolse lo sguardo, posandolo al di fuori della vetrata, esaminando tutta l’altezza che il salto comprendeva. Jack lasciò perdere quello che era appena successo, e assunse un atteggiamento il più distaccato possibile.
- Jess, bisogna saltare ora.- disse fissando un punto nel vuoto, sotto i propri piedi.
-Ma va? Non ci sarei mai arrivata se non me lo avessi comunicato tu.- disse quella in tono spudoratamente acido. Un’enorme pezzo di soffitto crollò rumorosamente dietro le loro spalle, facendo tremare il suolo infuocato, mentre una nube gigantesca di grigiastro fumo si librava in aria, otturando le loro vie respiratorie. Jessamine fu scossa da forti spasmi, che la portarono a quasi soffocare nella propria tosse. Le proprie mani erano serrate su quelle di Jack, e le loro dita sbiancarono per la pressione eccessiva. Con la mano libera, Jack andò ad imprimere delicati colpetti tra le scapole di Jessamine, che sembrò riprendersi e riacquistare qualche brandello di lucidità. Gli occhi verdi della ragazza, erano ridotti a due fessure lacrimanti. Jack la sorresse infilandole un braccio dietro la schiena e girò il capo sino ad incontrare le iridi di Jessamine, sorridendole in modo estremamente cauto e rassicurante.
-Jess, dobbiamo saltare. E’ l’unico modo..-  Disse Jack con calma. Jessamine guardò oltre il bordo della vetrata, analizzando le future conseguenze che quel volo avrebbe comportato, e tutto si riassumeva in un’unica parola: morte. La sua gamba continuava a pulsarle dolorosamente, e si sentiva come prosciugata da ogni briciola di energia. Calcolò mentalmente l’altezza, e deputò che Jack ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. Certo, avrebbe avuto un po’ di ammaccature, ma almeno si sarebbe salvato. Ciò che la ragazza più desiderava al mondo era proprio sapere Jack al sicuro e felice, con o senza di lei. E avrebbe sacrificato la propria vita pur di vederlo sorridere. Se lei si fosse rifiutata di saltare, lui sarebbe rimasto ad aspettare la morte assieme a lei, lo sapeva benissimo. Quindi la scelta era tra: (a) rimanere lì, e aspettare che le fiamme inghiottissero i loro reciproci corpi, oppure (b) saltare e non sopravvivere all’impatto con il terreno, ma avendo la certezza in tasca che Jack non sarebbe morto. In tutta la vita di Jessamine non ci fu mai stata scelta più facile. La ragazza guardò Jack, sorridendogli con serenità, allungando la mano verso il suo volto, scostandogli una ciocca che gli oscurava la visuale, portandogliela, con dolce delicatezza, dietro un orecchio. Gli occhi di Jack risplendevano di un blu impossibile, più profondo del mare, o di un cielo notturno.
-Jack..- esordì lei –stiamo per morire, ne sei consapevole?- il sorriso ancora stampato in pieno volto, gli occhi tristi, ma colmi di tutta la soddisfazione di una vita vissuta pienamente assieme alla persona perfetta.
-Jess, avanti.. è solamente un piano e mezzo..- ma Jessamine aveva la rassegnazione dipinta in volto. Era ormai convinta che la sua ora fosse giunta, e nessuna tra le parole che Jack aveva a disposizione, sarebbe riuscita a farle cambiare idea. Jack la guardò con struggente dolore nello sguardo, mordendosi un labbro per non piangere, e così la sua mano si ritrovò sul viso di Jessamine, accarezzandolo con delicatezza, assaporando, con l’ausilio del tatto, ogni millimetro di quella candida pelle. Jessamine si trovò pietrificata sotto il tocco del ragazzo, mentre le dita di lui avvolgevano la guancia destra della bellissima giovane donna, che chiuse gli occhi e accostò quella stessa guancia contro il suo palmo ruvido. Egli le cinse la vita con un braccio, facendo combaciare alla perfezione i loro rispettivi bacini, tenendola così stretta che ella poteva distinguere con nitidezza il battito accelerato del suo cuore, nonostante l’incendio divampante dietro le loro spalle. Era come se il mondo avesse smesso di girare. Come se tutto, intorno a loro, fosse scomparso. Tutto dimenticato. Era come se nel mondo intero quei pochi minuti fossero stati creati soltanto per loro, e loro non potessero far altro che guardarsi l’un l’altra. Era come se lui vedesse il viso di Jessamine per la prima volta. Sembrava confuso, ma anche divertito. Proprio come si sentiva lei. Perché Jessamine se ne stava stretta tra le braccia del suo migliore amico Jack, e aveva davanti proprio il viso, il naso, le labbra del suo migliore amico Jack, ma le parevano differenti. Così lui la baciò, cogliendo al volo l’occasione. Un bacio lungo, intenso e disperato, che ebbe come conclusione un salto nel vuoto.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: SugarCuber