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Autore: Silvar tales    23/12/2014    2 recensioni
«L’Archepietra, l’Archepietra è ciò che mi conferisce l’antico potere. Senza di essa, Erebor non rinascerà mai, e mai risplenderà di una nuova luce.
Tu mi chiedi che io vi dica cosa fare, ma cos’altro dovreste fare se non ricostruire e difendere Erebor, dopo che l’abbiamo rivendicata?
Tu hai il mio stesso sangue, Kili, il sangue di Durin, e un giorno sarai Re sotto la Montagna.
Guidali».
Genere: Angst, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Incest, Non-con, Spoiler!
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Echi nelle Sale di Thrór


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«Non rimarrò nascosto dietro le mura mentre altri combattono le nostre battaglie, per noi!»



Thorin si aggirava per le aule di Erebor come un fantasma che non aveva trovato la sua pace. I suoi occhi malati parevano riflettere il bagliore dell’oro, anche quando essi non lo ammiravano come fosse il bene più prezioso del mondo. La sua mente era ottenebrata, e il suo cuore stretto nella morsa della maledizione di Smaug.
Oramai stava accadendo, ciò che Balin temeva, ciò che Thorin stesso, un tempo, aveva temuto. La stessa debolezza di Thrór lo perseguitava come un’ombra inquieta.
«Zio».
Con quale irruente prepotenza, il giovane Erede di Durin osava intromettersi tra il Re sotto la Montagna e il suo tesoro?
Kili avanzò tra i cumuli di monete, non potendo evitare che ad ogni passo un fastidioso tintinnio echeggiasse nelle alte sale di pietra.
Thorin diede tregua al suo perpetuo andare avanti e indietro, come un animale in una prigione, tra gli splendori che ovunque affioravano in quel mare d’oro, e continuamente il suo pensiero andava a quali altri tanti tesori si nascondevano sotto la superficie, compresa, forse, l’Archepietra. Il suo cuore la bramava più di qualsiasi altra cosa, e ogni altro cimelio, al suo confronto, diventava volgare ferraglia.
«Ora vengo».
«E invece no, non verrai. Sono giorni che indugi in queste sale mentre noi attendiamo che tu ci dica cosa fare. Sei il nostro Re…»
«No, non ancora. L’Archepietra, l’Archepietra è ciò che mi conferisce l’antico potere. Senza di essa, Erebor non rinascerà mai, e mai risplenderà di una nuova luce. Tu mi chiedi che io vi dica cosa fare, ma cos’altro dovreste fare se non ricostruire e difendere Erebor, dopo che l’abbiamo rivendicata? Tu hai il mio stesso sangue, Kili, il sangue di Durin, e un giorno sarai Re sotto la Montagna. Guidali».
«Zio distaccati da questo tesoro, ti sta avvelenando l’anima non capisci…!»
Il giovane Nano afferrò lo zio per un braccio, forse con fin troppa impudenza. Thorin gli venne incontro iroso, sbilanciò Kili all’indietro, mandandolo a sedere sugli scalini ove si trovavano, quasi del tutto sommersi dall’enorme quantità di preziosi che li ricopriva.
«Non osare…» sussurrò minaccioso.
Kili lo fissava, arrabbiato e spaventato al contempo.
«Tu, doneresti il nostro tesoro agli usurpatori là fuori che lo reclamano? Sei sempre così attento ai bisogni degli altri che dimentichi i tuoi doveri verso la tua gente? Credi che non abbia visto, quella notte, quella donna Elfo intrufolarsi nella tua cella? Credi non vi abbia sentiti? Tu… traditore del tuo stesso sangue! Saresti capace di vendere l’Archepietra a Thranduil stesso, pur di potere avere quell’Elfo per te!»
Con ira crescente, le sue mani gli scuotevano forte le spalle, come se dovesse scrollargli di dosso il germe della follia. Ma Kili non rimase inerme.
«Sbagli! Il mio popolo viene prima di ogni altra cosa, per me! Altrimenti perché ora sarei qui, al tuo fianco, e non tra le fila degli eserciti di Thranduil?!» Premette le mani sul petto di Thorin e lo spinse indietro, lontano da sé. Si alzò in piedi un po’ barcollante, e per poco non scivolò su un gradino celato sotto i mucchi di monete.
«Dimostralo dunque». Thorin lo prese alle spalle, e lo voltò in modo che lo guardasse in faccia. Fece in modo che arretrasse finché non ebbe la schiena appoggiata contro una colonna, prima di baciarlo.
Kili chiuse gli occhi e scivolò contro la pietra, fino ad arrivare col sedere per terra. Thorin lo seguì e non si staccò un attimo da lui. Solo, pochi minuti più tardi, per riprendere fiato. La casacca di Kili era inspiegabilmente aperta. I suoi capelli sudaticci gli coprivano la fronte. Respirava veloce, eppure era calmo, succube, quasi assente.
Thorin aveva gli occhi velati di bramosia. Guardava Kili come fosse un altro cimelio, ciò che restava della sua casata, l’eredità di sua sorella.
Portò una mano a slacciarsi le vesti, mentre Kili prese stavolta l’iniziativa e si puntellò sui gomiti, per raggiungere le sue labbra. La sua barba gli pungeva le guance e i suoi lunghi capelli gli solleticavano il collo, ma cercava di ignorare tutte queste sensazioni di fastidio, come il freddo delle monete e della pietra a contatto con la sua schiena nuda, e cercava invece di concentrarsi sulle sensazioni piacevoli. Come, ad esempio, il nodo che gli si stringeva nel ventre, e il calore che gli fluiva tra le cosce.
Che io sia dannato per questo, pensò dentro di sé, pugnalato allo stomaco dai sensi di colpa, mentre Thorin si appropriava del suo corpo.
Era sicuro che Thorin, pur smarrito nella sua follia, provava lo stesso dubbio, le stesse incertezze, gli stessi laceranti sensi di colpa.
«Tu devi a me la tua lealtà, Kili. A me… e… a… nessun… altro…» si spinse dentro di lui per un’ultima volta. Kili sentì i muscoli e i nervi tendersi tutti assieme, e poi finalmente rilassarsi.
Il rumore di monete che venivano smosse cessò, così come i loro respiri pesanti.
Thorin si alzò in piedi e si riallacciò le regali vesti. Non osava guardare l’altro negli occhi. Non dopo ciò che aveva fatto. E ciò che aveva fatto era inspiegabile, persino a sé stesso.
Forse stava davvero perdendo lucidità, chiuso là sotto, circondato da quella montagna di ori e ricchezze, rincorrendo il sogno perduto dell’Archepietra.
«Ora lasciami», disse freddamente, quasi sibilando, e la sua voce cattiva e sibilante riecheggiò tra gli ampi saloni del tesoro così come, in un tempo ormai sepolto, aveva riecheggiato la voce di Smaug.
Kili abbassò la testa, e stavolta il dolore fu tale che non poté impedire che una lacrima scendesse a bruciargli il volto.
«Ho tentato di strapparti da questo veleno, ma come fare, se rifiuti il mio aiuto e il mio consiglio?» detto ciò, senza aspettare una risposta, si diresse verso la barricata che ostruiva le grandi porte principali, dove i suoi compagni l’attendevano.
La guerra marciava verso di loro. Una guerra che Thorin stesso aveva scatenato, e dalla quale non sarebbe più stato in grado di difenderli.



*





Thorin aveva infine riavuto l’Archepietra.
Ora si preparava per un lungo riposo, splendido, nella sua armatura dorata, in compagnia delle cose che più aveva amato in vita: Fili, Kili, l’Archepietra; nel luogo che più aveva amato: Erebor.
Lì, avvolto in quella corazza di oro e di pietra, sarebbe rimasto, fino a che l’ultimo Elfo di Bosco Atro non avesse preso la nave per Valinor, fino a che l’ultimo uomo di Esgaroth non fosse crollato, seguendo la cieca guida di uomini sempre più avidi e corrotti; finché, la Montagna stessa, stanca di esistere, non si fosse adagiata sulle sue radici.
Fino al crollo del mondo, Thorin Scudodiquercia, figlio di Thrain, figlio di Thrór, figlio di Durin, chiuso nella sua crisalide dorata, avrebbe perdurato.
   
 
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