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Autore: Silvar tales    23/12/2014    7 recensioni
«Ti desidero, Tauriel, e so che tu desideri me. Dunque seguimi nelle mie stanze. Se non lo farai di tua volontà, te lo ordinerò», le disse a mezza voce, illudendosi che le guardie fossero ancora all’oscuro del tipo di relazione che legava il loro Re al loro Capitano.
Tauriel cercò di sviare il suo sguardo, ma ignorare i suoi occhi, così penetranti, era pressoché impossibile.
«Non vi sarà alcun bisogno di ordinarlo, mio Signore».
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Tauriel, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Perduta Luce di Eglador


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«Tauriel, ciò che provi per quel Nano non è reale».
La guardò con immenso odio, ferito nel profondo del suo cuore. Tauriel gli sbarrava la strada, pronta a scagliare contro di lui, contro il suo Re, la freccia che teneva incoccata all’arco. E tutto questo, per correre in aiuto di quel Nano. Per Thranduil era come se quella freccia già fosse stata scoccata.
«Come osi…»





***



«Non dargli speranza, dove non ve n’è alcuna».
Tauriel si morse il labbro, e d’un tratto dentro di sé si rese conto di quanto il suo Re fosse ipocrita. Fece per andarsene dalla Sala del Trono, ma lui la fermò.
«Dove pensi di andare? Il sole è calato», gettò una rapida occhiata alla voragine circolare che bucava il soffitto, metri e metri più in alto. In essa non vi vedeva più la bianca luce solare, ma l’azzurro del crepuscolo. «Non hai più alcun dovere da compiere».
«Signore, solo perché il sole è passato oltre la vostra finestra, non significa che non sia ancora in cielo, là fuori. In verità ancora non è tramontato». Le sue impudenti parole punsero il petto dell’orgoglioso Thranduil di un moto di rabbia.
«Lo è per me, dunque ora per me la notte è arrivata, è ora di andare a dormire».
«Prendo congedo dunque», Tauriel abbassò la testa, con rispetto. Ma in cuor suo sapeva benissimo che il suo Re non l’avrebbe lasciata andare.
Anzi, in verità, in cuor suo lo sperava.
Thranduil venne verso di lei e la prese per i fianchi. Sorrise freddamente, ma il suo cuore ghiacciato bramava il calore del suo corpo giovane e irruento.
Da molto tempo ormai non si lasciava andare ai piaceri della carne. Da quando la madre di Legolas lo aveva abbandonato, per raggiungere le silenti Aule di Mandos prima del tempo, aveva avuto pochissime compagne, che gli scaldassero il letto per una o due notti soltanto. Ma negli ultimi tempi, in Tauriel, aveva scoperto qualcosa di diverso, qualcosa che gli piaceva, qualcosa che sembrava perdurare.
C’era qualcosa di basso e terroso in lei, dopotutto non era che un semplice Elfo silvano. In qualche modo, questo risultava essere un vantaggio per l’altero Sindar, poiché non vi era alcuna sacralità in Tauriel che egli dovesse curarsi di preservare.
«Ti desidero, Tauriel, e so che tu desideri me. Dunque seguimi nelle mie stanze. Se non lo farai di tua volontà, te lo ordinerò», le disse a mezza voce, illudendosi che le guardie fossero ancora all’oscuro del tipo di relazione che legava il loro Re al loro Capitano.
Tauriel cercò di sviare il suo sguardo, ma ignorare i suoi occhi, così penetranti, era pressoché impossibile.
«Non vi sarà alcun bisogno di ordinarlo, mio Signore».



*





«Mio Signore, vostro figlio, il principe Legolas, vi sta cercando», fece la voce di una guardia da dietro la pesante porta di quercia nera che separava le camere del Re dai corridoi.
Thranduil alzò pigramente la testa sui cuscini che coprivano la parte più alta della spalliera del letto. Le coperte lo coprivano solo dal basso ventre in giù.
«Ditegli che sono oltremodo occupato, e che stamane non ho la benché minima intenzione di riceverlo», rispose con una certa dose di stizza nella voce, trattando il figlio alla stregua di un paggetto.
Egli teneva un braccio piegato in alto, a contatto con la fresca quercia levigata di cui era fatta la testata del letto, e l’altro, il sinistro, circondava le spalle nude di Tauriel. Ella dormiva ancora, rannicchiata contro il suo fianco, i suoi seni premuti contro il suo torace, le guance arrossate e quella cascata rame di capelli in disordine.
Ma quando Thranduil aveva alzato la voce per rispondere alla guardia, si era destata. Egli le aveva sorriso, e l’aveva baciata, seppur mantenendo la sua consueta freddezza. Eppure, quando si comportava in tal modo, Tauriel sapeva che era di buon umore.
C’erano state mattine in cui non le aveva rivolto nemmeno un sorriso, nemmeno il più scarno segno di benevolenza, come se la notte appena trascorsa fosse stato un momento di pura irrazionalità del quale non si poteva parlare alla luce del sole, per il quale non bisognava provare altro se non vergogna. Quelle mattine, si alzava con eleganza dal letto sfatto, e dandole le spalle iniziava a vestirsi con ordine, ignorando del tutto la sua presenza.
Ma questa volta, aveva indugiato più del dovuto tra le falde ancora calde del letto, e Tauriel decise di approfittare di quella rara disponibilità per esporgli un problema che da molto tormentava la sua coscienza.
«Mio Signore Thranduil», principiò Tauriel alzandosi a sedere, e portando la coperta a coprirle meglio le gambe, intimorita dal modo in cui lo sguardo del Re era mutato non appena lei aveva aperto bocca. Il sorriso era svanito all’istante dalle sue labbra, ma al contempo, con un cenno sbrigativo, le aveva dato il permesso di parlare.
«Mi chiedevo se non fosse meglio farla finita di incontrarci di nascosto, di nascosto da vostro figlio, intendo. Se lo dovesse scoprire da solo, temo che reagirebbe… assai male…»
Qualcosa nello sguardo impassibile di Thranduil era cambiato, poco più che un guizzo, ma sufficiente a capire che ora era allarmato, come se avvertisse una minaccia pendere sulla sua testa, e come se mai avesse voluto alzare lo sguardo per rendersi conto della sua presenza.
«Ma lui non lo verrà…», si bloccò per alcuni secondi in cui scosse leggermente il capo, la bocca semiaperta e lo sguardo minaccioso, «…a sapere. È questo che vorresti, Tauriel, che io ti legittimi davanti a Legolas in modo che tu possa sedere al mio fianco come mia sposa? Un intento ambizioso, per un volgare Elfo silvano quale tu sei. Ma io mai farò una cosa del genere. Farei una cosa del genere solo se…», la sua mano, gelida ed elegante, andò a sfiorarle la pancia, e le diede piccole secche carezze, come se incitasse il seme che giaceva dentro il suo ventre a crescere. Tauriel sussultò, per il fastidio che le provocò il freddo tocco degli anelli che adornavano le sue dita, «…solo se concepissi».
La guardò per lunghi istanti, come se volesse farle intendere qualcosa, ma nel suo sguardo c’era solo apatia, non la più piccola ombra di sentimento, e Tauriel non intese.



*





«Padre, mi chiedevo dove fosti finito».
Era ormai pomeriggio inoltrato, e solo allora Thranduil si era deciso a occupare il suo posto nella Sala del Trono. Lì aveva trovato suo figlio, che impaziente lo attendeva.
Il Re elfico avanzò impassibile verso il grande seggio, senza degnarlo di uno sguardo.
«Pensavo».
«Pensavi… a cosa?»
«Pensavo…», si sistemò sullo scranno in una posa imperiosa, testa ben ritta, braccia allargate sui due ampi braccioli, gambe accavallate, «…che se Elrond l’ostinato fosse meno geloso della sua prole, ti darei in moglie una delle sue numerose figlie».
Legolas rise, non prendendolo sul serio. «Vorresti mandarmi a Imladris?»
«L’idea non ti aggrada?» Thranduil piegò la testa su un lato, e assottigliò gli occhi.
«Il tuo unico figlio?»
«Oh, non sei poi così unico», ribatté con il massimo sarcasmo di cui poteva disporre. Thranduil amava profondamente Legolas, ma a volte amava anche abbassare di un poco la sua autostima.
«No, il mio posto è qui, non certo a Imladris».
«Qui, intendi, a fianco del Capitano della guardia?» sapeva di aver toccato un nervo scoperto, con quelle parole, e l’aveva fatto in piena consapevolezza. Legolas però era pur sempre figlio di suo padre, e fece il possibile perché la sua sorpresa e il suo disagio si sfogassero in trasparenza, dietro una maschera di pietra.
«Non lo intendevo», disse, tuttavia la voce gli uscì un poco barcollante.
«Le tue speranze sono mal riposte, Legolas. Hai una fantasia molto spiccata se pensi che ti donerò a un comune Elfo silvano, per quanto tu possa trovarla bella e vogliosa».
«Dunque è di questo che le hai parlato, per tutta la mattina?»
Stavolta fu Thranduil ad essere talmente colto di sorpresa che faticò a nasconderla, e per un attimo Legolas vide distintamente i suoi occhi e la sua bocca spalancarsi, e le sue mani irrigidirsi sui braccioli. Ma quando parlò il suo tono era solenne, come sempre.
«Ho di meglio da fare la mattina, che sprecare fiato con Tauriel. Ella sa essere testarda come un Nano, e temo che qualsiasi cosa le dicessi, farebbe a bella posta il contrario». In quell’attimo, come fosse stata mandata dal Fato, arrivò Tauriel a interrompere la loro conversazione.
«Mio Signore Thranduil, mio Principe Legolas, ho notizie da parte dell’ultima pattuglia che mandai a Nord, sono tornati nella notte».
Legolas non le porse alcun saluto, ma la fissò per un lungo istante, da capo a piedi, come volesse trovare in una ciocca fuori posto, in una macchia sul vestito, in un laccetto della polsiera slacciato, la conferma dei suoi dubbi.
«Vi lascio soli», disse, freddo come solo suo padre sapeva esserlo. Gli lanciò un ultimo sguardo che mal celava la sua ira, prima di voltargli le spalle e procedere a passo spedito verso l’avamposto che presidiava il fiume a Est.
Tauriel lo guardò allontanarsi, prima di rivolgersi al suo Re.
«Signore…»
«Riferisci ciò che hai da riferire a qualcun altro, e vattene. Ora».
Tauriel si bloccò, come una cerva colpita da una freccia, ferita nella carne da quelle parole pregne di un odio immotivato. Ma poi, guardò meglio, e ciò che vide la sorprese non poco.
Thranduil si era alzato dal suo seggio, e si era portato una mano alla bocca, come volesse morderla. Anche se non la guardava in faccia, anzi sembrava essersi dimenticato della sua presenza, Tauriel scorse i suoi occhi lucidi, pieni di dolore, sensi di colpa, paura.
Sapeva di cosa aveva paura, di essere odiato da suo figlio. E Tauriel sapeva stare al suo posto, per cui, rispettosa, lo lasciò solo.
Cercò di svuotare la mente e di pensare a una soluzione, a proposito di quella stramba comitiva di Nani che i suoi uomini avevano avvistato aggirarsi per la foresta.





***



«Perdonami, Tauriel. Ero in errore. Ciò che provavi per quel Nano era qualcosa di reale, qualcosa che ho provato anch’io, un tempo, tra i sacri alberi di Eglador. Qualcosa di irrecuperabile».
Tauriel cercò di deglutire le lacrime, ma per ognuna che ingoiava, altre due fuggivano dai suoi occhi. Strinse a sé il corpo inerme e freddo di Kili, e al contempo tentò di focalizzare il viso assente di Thranduil, oltre la pellicola salata che le bagnava le iridi.
E mentre il Re di Bosco Atro si allontanava, pensò che anch’ella era stata in errore.
Egli non era un essere senza amore, ma un uomo pieno di dolore che non sarebbe più riuscito ad amare.
   
 
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