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Autore: elyxyz    24/12/2014    38 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Eccomi

Eccomi.

Nei miei propositi, avrei voluto postare questa conclusione molte settimane fa, ma troppi impegni e imprevisti mi hanno trascinato fino a ora.

In qualche modo, questo è il mio regalo di Natale per il fandom, anche se è l’addio a Linette e, poiché oggi è anche il secondo anniversario della fine di Merlin – quel mare di lacrime e dolore che ancora ci accompagna (Grazie alla BBC, per averci rovinato il Natale!) – credo che non ci sia data migliore per mettere fine alla mia long più lunga e seguita, e forse consolare qualcuno in questo anniversario, anche se qualche lacrima scapperà ugualmente *le mie, di sicuro*.

 

Vi rimando alle note finali per tutto il resto. Per ora, buona lettura!

 

 

Linea temporale: Seguito diretto del capitolo precedente. Metà novembre del terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot.

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia sembra spezzata, tuttavia il matrimonio di Morgana offre finalmente ai nostri eroi l’occasione per chiarire i propri sentimenti.

 

 

Dedico la fine di questa storia a quanti l’hanno amata, a quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio durato quasi cinque anni, chi dall’inizio e chi si è aggiunto dopo.
A quelli che mi hanno sostenuta e incoraggiata con i loro pareri, a quelli che mi hanno offerto consigli e idee.

Grazie anche ai lettori silenziosi. Ma c’è sempre la speranza, eh!

E come sempre, a chi ha recensito il precedente capitolo:

A solo emrys, chibimayu, Emrys3103, ClaryRose94, giuggi22, saisai_girl, aquizziana, xlairef, DevinCarnes, Merlin Pendragon, Reika_Stephan, chibisaru81, Sana e Akito, Semiramide_, SaraBianki, flysun91, Barby_Ettelenie_91, mindyxx, Sheireen_Black 22, Orchidea Rosa, Burupya, gialia96, icaieia, Sofia_Ariel, Crystal25396, LindaMary, Yuki Eiri Sensei, maar_jkr97 e Rosso_Pendragon.
Ai vecchi e ai nuovi lettori di Linette.

Grazie.

Elisa

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo XC ed epilogo

 

 

Quello che Merlin avrebbe ricordato al suo risveglio, e per sempre, sarebbe stato il dolore iniziale, il calore intossicante in ogni nervo e ogni muscolo e l’indescrivibile piacere provato prima di perdere i sensi.

 

Quando riprese conoscenza, avvertì distintamente l’odore familiare di Arthur e le sue braccia che lo stringevano protettive.

Si risollevò piano, stando attento a non strapparsi i lunghi capelli come ogni mattino a letto.

 

“Bentornato”, gli disse il principe, con quella tenerezza sincera che Merlin aveva imparato ad amare.

 

E fu allora che il mago realizzò davvero le sue parole.

Si guardò – con incredulo stupore – le mani virili, il torace piatto, e cercò sulle spalle la chioma folta… ma non c’era più.

 

Per un lungo, irrazionale istante, fu preso da una dolorosa nostalgia, come se avesse appena perso per sempre qualcuno che amava. Una lacrima traditrice fece capolino dalle ciglia.

 

Poi, però, il sorriso incoraggiante del suo signore lo richiamò a sé.

“Stupido idiota, mi sei mancato!” gli sussurrò direttamente contro la pelle in quell’abbraccio liberatorio. “Anche se Lin puliva molto meglio di te!” ghignò con tono arrogante.

 

“Tzé! Asino Reale!” Merlin ricambiò, curvando le labbra a tutto tondo. “Cercherò di ricordarmi i suoi trucchetti!”

 

“Oh, Merlin?”

 

“Nh…?”

 

“Non farmi più scherzi del genere, intesi?” si raccomandò il giovane Pendragon, senza riuscire a lasciarlo andare e, anzi, tirandoselo addosso ancor di più, quasi che temesse un’improvvisa sparizione del mago sotto ai propri occhi.

 

Merlin strofinò il naso contro la nobile spalla, prima di fingere un tono ossequioso e meditativo.

“Oh, ma ponete il caso che mi trasformi in un riccio…”

 

“Non ho intenzione di accoppiarmi con nessun altro all’infuori di te, perciò ti metterei in gabbia!” lo minacciò Arthur, metà serio e metà scherzoso, prima di chinarsi per baciarlo. E baciarlo. E baciarlo.

 

 

***

 

 

“Il tuo corpo sembrava incandescente, come il metallo nel punto di fusione”, il principe non smise un istante di accarezzargli la pelle, di mantenere un contatto fra loro. “Era una cosa affascinante e terribile da vedersi; ero preoccupato per te, ma non sembravi soffrire…” chiarì, riferendogli il resoconto della sua trasformazione tra una coccola e l’altra.

 

“Anche all’inizio è successo così”, ricordò lo stregone. “Al mio risveglio, ricordavo solamente di aver patito un gran caldo – un forte febbrone, forse – e mi sono risvegliato donna”.

 

“…Merlin?”

 

“Sì?”

 

Arthur non finì mai di seminare piccoli, teneri baci sulla sua tempia.

“Dimmi…” tentennò. “Dimmi perché è successo…”

 

Tuttavia, avvertendo istintivamente il corpo accanto al proprio irrigidirsi di riflesso a quella richiesta, egli cercò e intrecciò le loro mani, come a rassicurarlo.

 

Per un lungo, interminabile momento, il mago aveva pensato di non rivelargli la verità.

Ed era consapevole che il principe stava fraintendendo la propria titubanza nel parlare.

Forse egli credeva che la sua fosse paura o dolore nel ricordare, ma l’unica cosa che invece lo stava frenando dall’essere sincero con lui era solo il bisogno disperato di non farlo soffrire, di non lasciare che quell’Idiota Reale, dal cuore generoso e dall’onore smisurato, si sentisse colpevole per ciò che gli era accaduto.

 

In tutta questa faccenda vi era un solo responsabile. Ardof e la sua follia.

 

Ma proprio quando stava per aprir bocca e sciorinare due parole di fittizia spiegazione, compì l’errore di girarsi verso di lui.

 

Lo sguardo del principe gli chiedeva completa sincerità. Anche se questo avrebbe fatto male. Anche a costo di rivelare cose spiacevoli. Di lasciare una cicatrice.

 

Merlin ricambiò la stretta delle loro dita e gli sfiorò la pelle del palmo col pollice, in una lenta, muta richiesta di scusa per ciò che stava per dire.

 

“È successo per proteggerti”, dichiarò poi, senza preamboli, perché Arthur non aveva mai amato i giri di parole. Lo sentì inspirare forte dal naso, assorbendo il colpo di quell’annuncio sconcertante. “Ma non devi sentirti responsabile. È stata tutta colpa di Ardof. Solo sua”.

 

“Ardof?” Il principe aggrottò le sopracciglia bionde, cercando di fare mente locale su dove avesse già sentito quel nome in passato, accantonando il turbamento.

 

“Sì”, riprese il valletto, sospirando. “Era un malvagio stregone che cercava vendetta contro tuo padre. La sua intenzione era quella di distruggere la Dinastia dei Pendragon e farlo nel modo più doloroso possibile. Era un pazzo sanguinario! Credimi, Arthur… lui-”

 

“L’uomo che fu catturato e che s’uccise nelle prigioni…”

 

“Sì, fece il suo nome. Lavorava per lui. Era una marionetta nelle sue mani”, spiegò. “Essendo un potente mago, accecato dalla sete di rivalsa, egli non s’era fatto scrupolo di usare qualunque mezzo per raggiungere il suo scopo. Anche Sir Galderth e lo Scorpius Chamaeleo erano strumenti forzati, erano manovrati da lui…”

 

“E alla locanda del Giglio Bianco? Il mediatore era una sua pedina?”

 

“Non ne ho le prove”, ammise lo stregone. “Ma anch’egli era sotto il controllo mentale di qualcuno assai potente, come…”

 

“Come...?” l’incalzò.

 

“Come Fenrir, il Lupo”, esalò il mago, rabbrividendo per tutti i ricordi connessi a quel nome. “Il bandito era stato maledetto da Ardof. E mi aveva rapito perché credeva che, con la mia magia, io avrei potuto liberarlo dall’anatema che pendeva su di lui”.

 

“Ora mi spiego molte parti oscure…”

 

“Oh, Arthur! Sapessi quante cose avrei voluto dirti, ma non potevo!” si rammaricò, il dispiacere che grondava da ogni parola.

 

“D’accordo, ma… Merlin, come hai fatto a…” uccidere “sconfiggere questo Ardof?”

 

Lo stregone tacque qualche istante per raccogliere le idee, per capire da dove partire.

“Il giorno prima che mi trasformassi in Linette, egli tentò di colpirti con un sortilegio mortale.

Io mi misi in mezzo, difendendoti… e, beh, tu non ti eri accorto di nulla…”

 

“…come sempre”, concluse per lui il nobile cavaliere.

 

“Esatto!” Un piccolo ghigno fiorì sulle labbra impudenti del servo, ma presto svanì, quando riprese il racconto. “Sapevo solamente di aver contrastato il suo assalto, ma ho sempre creduto che egli non avrebbe desistito nel suo malvagio proposito; per questa ragione, ti supplicai di assumermi come tua valletta personale: avevo l’assoluto bisogno di restarti accanto e di proteggerti dai suoi futuri attacchi!”

 

“Oh, Merlin”, esalò il principe, addolorato. “Mi dispiace di-”

 

“Arthur, non importa. Non importa, davvero. Tu non potevi sapere…” motivò, riprendendo la narrazione. “Neanch’io avevo piena cognizione di quanto potente e letale fosse stato il nostro confronto! Fu Fenrir, mesi dopo, a rivelarmi i particolari successivi sulla sua morte: in qualche modo, io ero riuscito a deviare l’incanto mortale – destinato a te – su di lui e l’avevo ridotto in fin di vita.

Fuggito da Camelot, Ardof aveva assoggettato il Lupo e la sua banda perché trovassero un modo per guarirlo o, in alternativa, che portassero a termine la sua vendetta sulla tua famiglia”.

 

“Quindi… quell’essere abbietto è morto a causa del suo stesso maleficio…”

 

“Esatto”.

 

“Ma… perché tu sei diventato donna?”

 

“Anche su questo, non ho piene certezze”, ammise. “È successo, probabilmente, per un effetto collaterale delle nostre magie che si sono scontrate. Il drago mi disse-”

 

“I-il drago?!”

 

“Sì, Arthur. Il drago”, ripeté Merlin, come se l’altro fosse tardo. “Un giorno di questi faremo un giretto nei sotterranei del castello. C’è qualcuno che ti devo presentare…” anticipò, per poi proseguire. “Quel bestione mi ha detto che era successo perché la mia parte femminile era prevalsa. Ma non chiedermi cosa significhi, perché non l’ho mai capito…”

 

“Sarebbe potuta andare molto peggio… saresti potuto morire!” si preoccupò il cavaliere, inorridendo, rafforzando l’abbraccio che li univa.

 

“Ma non è successo…” lo consolò il mago.

 

“E perché, quando Ardof è morto, tu non sei tornato in te?” chiese ancora il nobile, desideroso di capire.

 

“Incantesimi particolarmente potenti, come questo, sopravvivono persino al loro creatore”, recitò lo stregone, ripetendo quelle dannate parole che aveva incise nella mente. “E non mi era concesso rivelare chi fossi realmente, altrimenti l’incanto non si sarebbe mai rotto”, precisò. “Mi è stato detto di cercare una persona, l’unica che avrebbe potuto capire la mia vera essenza, quella nascosta dietro all’apparenza. L’unica che mi avrebbe riconosciuto per ciò che ero”.

 

“Hai mai cercato?”

 

“Non ho mai smesso di sperare, ma… sul cercare…” ammise con franchezza. “Non davvero, no”.

 

“E perché mai?”

 

“Perché la mia priorità eri tu, Arthur. Sei sempre stato tu”, rivelò, con una semplicità disarmante. “La tua vita, la sua salute, la tua salvezza. Restarti accanto. Compiere il mio destino”.

 

Il principe sentì qualcosa sciogliersi al centro del petto, caldo e palpitante come non avrebbe mai creduto di poter sentire.

 

“Quell’unica persona eri tu”, disse Merlin. “Solo tu, solo tu potevi rompere la maledizione…” disse, roco, mentre una lacrima tracimava oltre le ciglia.

 

Arthur la raccolse con le labbra, con devozione.

“Mi rammarico di averci messo tanto a capire l’ovvio. Era tutto qui, sotto al mio naso”.

 

“Dopo la nostra prima volta, mi ero rassegnato”, ammise Merlin, chinando il capo. “Se non potevi farcela tu, nessun altro sarebbe riuscito nell’impresa”, considerò. “Scusa per il mucchio di menzogne che ti ho detto, ma sono stato costretto a farlo. Non potevo parlarne con chi non lo sapeva già spontaneamente, come Gaius”.

 

“Ora comprendo”.

 

“Ho anch’io una domanda per te”, disse il servo, a sua volta incuriosito. “Come diamine hai fatto a capire che Linette ero io?”

 

“A parte l’infinita serie di coincidenze che avrebbero sfidato qualsiasi legge del buonsenso?” ironizzò Sua Maestà, con un piccolo sorrisetto insolente.

 

Ci hai messo tre anni, Arthur. D’accordo, non potevo offrirti suggerimenti, ma tu hai ben poco di cui lodarti, sai?” tenne a precisare l’altro.

 

Il rimprovero fece arrossire l’Asino Reale, che non amava – e non aveva mai amato – risultare manchevole in qualcosa.

“Anzitutto, vorrei puntualizzare che, se non mi fossi fidato ciecamente di te e delle tue bugie, avrei sentito prima l’odore della menzogna dietro quel mare di presunte fatalità! Mi hai depistato, ecco!” brontolò, difendendosi.

Poi, per correttezza, egli snocciolò tutte le congetture – e tutti i ricordi di frasi ed eventi – che avevano trovato l’incastro perfetto solo dopo il chiarimento sulla torre, in seguito alla partenza di Morgana, ma ancor più quando aveva capito che la scrittura di Linette e quella di Merlin non potevano essere così dannatamente identiche, non senza l’uso della magia, ma non v’era stato motivo di usarla, per lei, in quel frangente per un appunto privato.

 

“Vuoi dire che, se all’inizio di questa disgrazia avessi lasciato sotto al tuo naso un messaggio scritto da lei, mi sarei risparmiato anni di patimenti?” considerò il mago, sconcertato da quella ipotesi.

 

Arthur parve ponderare la cosa.

“In realtà… non saprei”, ammise con onestà. “Mi ci è voluto molto tempo per accettare i miei sentimenti verso di te, sia in veste di uomo che di donna. Amavo Linette perché sentivo che era esattamente come te. Capisci cosa voglio dire?”

 

Il mago si ritrovò ad annuire, attendendo che continuasse.

 

“Forse… forse le cose sarebbero andate diversamente, Merlin”, riprese il principe. “Forse, se tu fossi tornato in te un paio di anni fa, saremmo rimasti come servo e padrone… O come amici fidati, ma è anche possibile che i nostri sentimenti non si sarebbero mai evoluti in ciò che sono ora: nell’amore”.

 

“È un’eventualità da non scartare”, rifletté lo stregone, serio. “Quindi… in un certo senso, tutto questo era necessario?”

 

“Mi piace pensarla così. Attraverso questo cammino, abbiamo raggiunto una nuova consapevolezza”.

 

“Forse hai ragione. Eravamo destinati. Può darsi che ci fossero delle tappe obbligatorie da percorrere. E al Fato non si sfugge…”

 

“Del resto… abbiamo mai fatto le cose in modo semplice, io e te?” rise il nobile Pendragon, baciandogli la punta del naso.

 

“No, mai!” concordò Merlin, unendosi alla sua risata. “Fin dalla prima volta… ci siamo incontrati e abbiamo litigato e tu mi hai-” s’interruppe, meditabondo. “Questo mi fa ricordare un’altra cosa”, scandì, piano, cambiando il tono gioviale in uno un po’ più intimidatorio: “Arthur, tesoro, per stavolta passi; ma, se mi rispedisci un’altra vota alla gogna, sappi che ti trasformerò in guano di piccione per vendetta!”

 

“In-in… tu, cosa?!” s’inalberò l’erede al trono.

 

“Oppure in sterco di cavallo, a tua scelta, perché sono generoso”, decantò con un ghigno, prima di tirarselo contro per rubargli un bacio a tradimento. “E ora vieni qui, e cerca di essere convincente nel farti perdonare…”

 

 

***

 

 

Era da poco suonata la mezzanotte, ma i due amanti non se ne curarono.

La stanza era satura dei loro respiri veloci, l’eco dei loro gemiti e sussurri ancora perso nell’aria. Ancora da spegnersi.

Arthur sciolse il groviglio dei loro corpi illanguiditi dal piacere, e si chinò a leccare il seme caldo sul ventre di Merlin, per ripulirlo, ricevendo in cambio l’ennesimo piagnucolio di soddisfazione.

Sorrise contro la sua pelle sensibile, riprendendo il proprio lavoro con solerzia ma, arrivato all’ombelico, con le labbra premute contro la tenera carne, ricevette in cambio un imbarazzante brontolio.

 

Egli sollevò la testa bionda quel tanto che bastava per incontrare lo sguardo sgranato del suo valletto.

 

Merlin!” lo rimbrottò, fingendosi scandalizzato.

 

“Sono quasi quattro veglie che non mangio! Sto per svenire, ma per la fame, stavolta!” si difese l’altro, con prontezza, mentre le gote si imporporavano di vergogna, smentendo la sua audacia.

 

“Solo tu potresti farti svergognare dalla tua pan-!” Un gorgoglio simile al primo si udì distintamente, benché, questa volta, la regale fonte fosse inequivocabile.

 

“Dicevi…?” lo pungolò il mago, con un ghigno.

 

“È colpa tua. È sempre colpa tua, mi sembra ovvio. Il mio generoso stomaco non vuol far sentire solo il tuo…” proclamò con serietà.

 

Merlin scoppiò a ridere, allungandosi per abbracciarlo e tirarselo contro in un nuovo intreccio di arti e coccole.

 

“Seriamente… che si fa?” ritentò, senza davvero smettere di torturare e succhiare il labbro inferiore del principe, cosa che Sua Maestà sembrava gradire all’infinito.

 

“Potrei… uhmmm… ordinare ad una guardia del corridoio di fare un salto nelle cucine… ma… uhmmm… francamente non ho voglia di alzarmi… Fuori dai tendaggi si gela e, come noti, sono nudo come un verme…”

 

Lo stregone gli regalò un sorriso biricchino.

“Un gran bel verme, però!” ci tenne a precisare.

 

Arthur ritenne che fosse un complimento, e non ebbe nulla da ridire.

 

Così lasciò che il servo si scostasse da lui e, aperte un po’ le tende del baldacchino, Merlin pronunciò un “Baerne!” e subito il fuoco del caminetto riprese a bruciare con vivide fiamme ruggenti dove, solo un attimo prima, v’erano solo ceneri morenti.

 

“Ben fatto”, lo lodò.

 

“Oh, aspetta! Il meglio deve ancora arrivare!” ammiccò il mago, riaccomodandosi sul letto, lisciando le coltri come a fare posto per qualcosa.

 

Un momento dopo, comparve magicamente un vassoio con una ciotola di fragole – rosse, succose fragole giganti – e una piccola terrina traboccante di miele ambrato.

 

Amor Mio”, lo vezzeggiò il principe. “Apprezzo che tu abbia pensato al dolce, ma in questo momento divorerei anche un cinghiale intero!”

 

“Sì, però questo rende tutto molto, molto più interessante…” cinguettò Merlin, intingendo un frutto nel miele con leziosità, prima di chinarsi per disegnare una piccola scia lucida sul ventre del giovane Pendragon. “Sei troppo grasso, Arthur, caro”, soffiò, direttamente contro la pelle traslucida della sua erezione, mentre il miele colava e colava. “Ti serve una nuova dieta… me ne occuperò io…”

 

E, prima che l’altro potesse fare alcunché, con la lingua rifece lo stesso percorso, strappandogli un sussulto di inatteso piacere.

 

Arthur amava le fragole; e forse sì, poteva anche rinunciare al cinghiale se quello era il risultato promesso.

 

 

***

 

 

“Credo che il mio… – com’è che lo chiamavi? – ‘Orgoglio Mattutino’?”

 

“Oppure ‘Giovanile Esuberanza’, a seconda dei momenti…”

 

“Beh, credo che domattina non avrà la forza di fare niente… Niente orgoglioesuberanza…”

 

“Bandiera a mezz’asta?” ridacchiò Merlin.

 

“Più che altro… Mi sento come un’oliva spremuta…” ammise Arthur, stiracchiandosi pigramente fra le lenzuola sgualcite. “A proposito… abbiamo finito tutto l’olio profumato…” disse, e annuì verso le cinque boccette desolatamente vuote sul comodino lì accanto. “E come far-?”

 

Non riuscì neppure a finire la frase che Merlin sbatté le palpebre, mentre un dorato sfarfallio gli riempiva lo sguardo e un’enorme caraffa colma d’olio compariva accanto alle bottigliette.

Subito dopo, lo stregone ammiccò al suo signore.

 

“D’accordo, vuoi la guerra? E guerra sia!” proclamò l’erede al trono. “Non sia mai che un Pendragon si ritiri davanti ad una sfida!”

 

 

***

 

 

“D’accordo, hai vinto tu”,  ammise Arthur, una veglia dopo. “Io non ho una resistenza magica!” sbottò.

 

Merlin rise.

“Ma non ho usato alcuna magia per fare l’amore con te!”

 

“Ah, no?”

 

“No, certo che no!”

 

“Quindi… è tutto merito nostro?”

 

“Dal primo all’ultimo momento”.

 

Arthur ne fu enormemente lusingato.

“Oh, beh, era ovvio!” esclamò, spavaldo. “Ma sappi che ho intenzione di sfruttare i tuoi poteri per un paio di idee che mi stanno venendo in mente…” ammiccò, con fare dissoluto.

 

Il mago ghignò con lui. “Ai vostri ordini, Maestà!”

 

“Sai, Merlin? Ti amavo innocente e casto, ma adoro questo demone lussurioso!”

 

 

***

 

 

“D’accordo, credo che tu ti sia fatto perdonare lo scivolone della gogna…” dichiarò Merlin, le lucine dell’orgasmo punteggiate dietro le palpebre chiuse, mentre Arthur riprendeva fiato con lui. “Ti perdonerò preventivamente anche un altro paio di guai, purché non ti salti in mente di trascinarmi a caccia, domani, perché non credo riuscirei a posarmi su una sella… beh, né domani, né…” rifletté un istante. “Arthur, non voglio vedere una sella per un’intera settimana!” guaì rettificando, mentre il principe separava i loro corpi ancora incastrati.

 

“Desideri dell’unguento alla calendula?” offrì il nobile, premuroso.

 

“Credo che da solo non basterà…” si rammaricò il servo.

 

“Allora penso che dovremo inventarci qualcosa… uno scambio, magari”, meditò l’erede al trono. “Sempre che non ti disturbi fare fatica… pigro come sei!”

 

Merlin lo guardò, sgranando le pupille.

Non avrebbe mai immaginato che l’orgoglioso e testardo Babbeo Reale avrebbe proposto di…

 

“Togliti dalla faccia quell’espressione stupida, idiota!” lo rimproverò il giovane Pendragon. “Cosa c’è di così sconvolgente?

Vorrei semplicemente amarti come sono stato amato. Vorrei donarmi a te, in ogni modo.

Mi hai insegnato che siamo due facce della stesa medaglia, no? Niente ruoli, niente limiti.

Quando siamo io e te, siamo solo noi.

Non ci vedo alcuna umiliazione nel sottomettermi a te”.

 

“Oh, Arthur!” sussurrò il mago, commosso, appropriandosi delle labbra del compagno, cercando di comunicargli come si sentiva dopo quella meravigliosa dichiarazione.

Niente limiti, hai detto?” ammiccò poi, intenzionato a non sprecare quel privilegio.

 

 

***

 

 

Era quasi l’alba, quando – per l’ennesima volta – Merlin collassò su Arthur.

 

“Hai… hai intenzione di recuperare tre anni in una notte?!” ansimò il principe, col fiato corto. “Perché, francamente, non credo di poter reggere questo ritmo fino alla terza veglia!” esalò, incapace di riprendersi. “Ne morirò! E… anche se sarà indubbiamente una splendida morte, è pur sempre una morte”, ci tenne a precisare. “E ora che ti ho trovato, non intendo lasciarti fino alla fine dei miei giorni… quindi-”

 

“Fino alla fine dei tuoi giorni?” gli fece eco, sorpreso.

 

“Sì, Merlin. Dove diamine vorresti andartene, stavolta?!”

 

Lo scudiero sbatté le palpebre per dissipare l’emozione.
“Da nessuna parte… sarò qui. Sempre qui”.

 

“Bene, quindi… io propongo una tregua fino a pranzo…”

 

Il mago ridacchiò, accoccolandosi contro di lui.

D’accordo”.

 

 

***

 

 

“Mi avete fatto chiamare, Sire?” domandò il vecchio, osservando la stanza vuota con il consueto sopracciglio arcuato. “Maestà, potrei chiedervi dove sia Linette? È da ieri sera che non la vedo ed ero certo che fosse qui…”

 

“Beh”, sorrise Arthur. “C’è qualcuno che vuole vederti…”

 

Un istante dopo, il principe fece un cenno dietro al paravento e il mago – vestito con degli abiti del giovane Pendragon – fece capolino a braccia allargate.

 

Merlin!” esclamò il vecchio medico, stringendoselo contro. “Oh, figliolo, sei tornato!”

 

“Già”.

 

“Ma come…?”

 

L’imbarazzo tinse il viso dei due giovani che si lanciarono un’occhiata da sopra la spalla del vecchio.

 

“Semplicemente… l’Asino Reale ha capito”, bofonchiò, come mezza verità.

 

“Ehi!” s’indignò suddetto nobile somaro, protestando.

 

Ma un momento dopo, Gaius stava abbracciando anche lui, al colmo della gioia.

“Grazie, ragazzo, grazie!” continuava a ripetere, con quel tono affettuoso che usava con lui un tempo, quand’era ancora un bambinetto, e non gli portava ancora il rispetto dovuto al suo ruolo.

 

“Non mi devi ringraziare…” si schermì, ricambiando però la presa, perché capiva la sincera gioia e la vera riconoscenza dell’anziano cerusico.

 

Dopo quei convenevoli, il passo successivo fu decidere come presentare a tutto il castello l’addio di Linette e il ritorno di Merlin.

 

Anche se la loro coscienza rimordeva, la cosa più semplice sarebbe stata recitare un incantesimo di memoria sulla servitù e sui nobili, di modo che ognuno, dal maniero alla cittadella, avesse il medesimo falso ricordo di abbracci e saluti scambiati. E così fu fatto.

Senza troppi problemi, Merlin aveva infine ripreso il posto che gli spettava come valletto personale dell’erede al trono e la vita, a Camelot, avrebbe continuato il suo corso.

 

 

 

EPILOGO - TRE ANNI DOPO.

 

 

Arthur se ne stava zitto e solo in cima al mastio del castello.

Le mani guantate erano strette sulla fredda roccia del parapetto, mentre guardava il suo regno esteso a perdita d’occhio.

Le campane suonavano ancora, dal giorno precedente. Instancabili e cupe, rintoccavano lugubri il loro dolore per la morte del sovrano.

Uther Pendragon era infine trapassato. Ed egli era il nuovo re.

 

Arthur ripensò al saluto che si erano dati appena una manciata di veglie addietro.

Come ogni sera, nelle stanze private di suo padre, avevano discusso insieme di progetti, di accordi, di tasse e feudatari – di tutto e di niente –, poi avevano condiviso il piacere di un calice di vino speziato e si erano augurati la buonanotte, con l’accordo di ritrovarsi l’indomani alla riunione del Concilio.

Ma il grande e temuto monarca si era addormentato, per non svegliarsi mai più.

L’aveva trovato così il suo valletto personale, al momento di destarlo per la colazione.

 

Gaius e il suo assistente, interpellati immediatamente, avevano cercato di fare tutto il possibile, comunque era stato già troppo tardi. Il suo corpo ormai freddo, le membra rigide.

 

L’archiatra reale lo aveva visitato con scrupolo, e non aveva trovato una valida ragione per quell’improvvisa dipartita. Non vi era stata alcuna avvisaglia di una possibile malattia o di un malessere latente. Semplicemente, il Fato di Uther Pendragon si era compiuto.

 

L’unica consolazione del principe era stata l’espressione serena sul volto paterno.

Uther non era perito in battaglia, con onore e sacrificio, ma aveva avuto una buona e serena morte, come gli aveva ripetuto Merlin, abbracciandolo per una veglia intera, cercando di consolarlo per la sua perdita e il suo dolore.

 

Merlin, prezioso e insostituibile compagno, che in quello stesso istante sovrintendeva l’organizzazione per la sua Cerimonia di Incoronazione e si faceva carico di ogni incombenza per concedergli un po’ di pace e di raccoglimento privato, prima che il suo dovere venisse a reclamarlo.
Era il nuovo re di Camelot… il nuovo re, si disse, mentre l’ansia gli attanagliava le viscere.

 

 

***

 

 

Fu lì che lo trovò Gaius, mezza veglia dopo.

Con un gesto compìto del capo, lo salutò quando Arthur si degnò di riconoscere la sua presenza.

 

“Vi porgo nuovamente il mio più sincero cordoglio, Maestà”.

 

“Al più presto, è necessario scrivere un messaggio a Morgana”, rispose egli, invece, con voce roca e senza incrociare il suo sguardo. “Devo… metterla al corrente dei fatti…”

 

“Merlin stava già provvedendo in vece vostra quando, pochi istanti prima che lo lasciassi per venirvi a cercare, è giunto alla vostra finestra un piccione viaggiatore da Drumburgh.

Vostra sorella è assai addolorata e, data la gravidanza, non le è possibile raggiungervi; ma ella è partecipe al vostro dolore”. 

 

Arthur si lasciò sfuggire l’ombra di un sorriso, pensando a quanto, lontana dal pericolo, Morgana fosse cambiata, perfezionando il proprio Dono.

 

“Cosa accadrà, ora, Gaius?” chiese, poi, al fidato amico che per tanti anni aveva consigliato suo padre.

 

“Piangerete il lutto, com’è giusto. E poi dovrete prendere in mano le redini del regno, e sposarvi, Sire. Per dare stabilità a Camelot”.

 

“Così sia”, accettò. “Ne parlerò con Merlin. Ma mi duole… chiedergli un tale sacrificio”.

 

“Tuttavia, egli è consapevole di cosa sia necessario per ottenere la legittimazione della magia. E per Albion”.

 

“Ne abbiamo già discusso all’infinito; eppure, ora che il tempo è giunto, quelle ipotesi lontane hanno un peso diverso. Io… non voglio separarmi da lui…”

 

“Non sarà per sempre… I Druidi sono favorevoli ad aiutarvi, e con loro anche le Sacerdotesse dell’Antica Religione”.

 

“Sì, hanno dato la loro disponibilità; se Merlin vorrà accettare, per il bene del reame”.

 

“Quindi il destino di Camelot è nelle sue mani…”

 

Se lo vorrà”.

 

“Arthur, ragazzo mio!” lo rimbrottò il cerusico, con benevolo affetto. “Egli vi ha mai negato qualcosa?”

 

No, mai, considerò, socchiudendo le palpebre, mentre percepiva anche a distanza il loro legame indissolubile. Merlin lo amava in un modo totale e assoluto.

 

 

 

DIECI MESI DOPO.

 

 

Le campane di Camelot suonavano a festa.

 

In cielo, brillavano fontane di luce dai mille colori.

Tutti – dai bambini agli anziani – erano rimasti affascinati dai giochi di magia e, a bocca spalancata, ammiravano quello spettacolo meraviglioso e incredibile.

 

Gaius sorrideva alla coppia di giovani sposi, che salutava il popolo festante dalla balconata reale.

 

Molte cose erano cambiate dalla morte del vecchio sovrano.

In quei mesi, nuove leggi e importanti decisioni avevano preso il sopravvento dando un nuovo corso alla storia; la magia non era più bandita dal regno e, anzi, per dimostrare la sua buona volontà, re Arthur aveva chiesto in moglie una bellissima principessa proveniente da un regno molto, molto lontano (talmente lontano che nessuno, a Camelot, sapeva esattamente come pronunciarne il nome), dove la stregoneria non era mai stata proibita, si raccontava.

 

Ella era stata scelta in rappresentanza del popolo magico, poiché era una potentissima strega e Sacerdotessa dell’Antico Culto, e l’unione col giovane Pendragon avrebbe suggellato solennemente i buoni propositi promessi dal monarca.

 

Il Concilio dei Nobili si era dimostrato, inizialmente, restio al cambiamento, ma un grande merito andava riconosciuto al medico di Corte, il fidato Gaius, il quale aveva ricordato agli aristocratici anziani i tempi prosperi del regno prima della Grande Purga, e li aveva quindi persuasi dell’imminente trasformazione positiva.

 

Ciò che aveva fatto più scalpore era stato scoprire che Merlin – il buon, semplice valletto personale del principe – era anch’egli uno stregone, un mago che aveva sempre usato il proprio Dono per aiutare il suo signore e il popolo.

 

Egli era stato ringraziato pubblicamente dal sovrano, ed insignito della carica di consigliere e stregone di Corte.
Da quel momento in poi, nessuno era stato più perseguitato perché praticante di incantesimi e sortilegi, purché essi fossero stati votati al bene.

 

Merlin aveva partecipato attivamente nella stesura di regole e decaloghi, diritti e doveri, che ogni persona nelle terre dei Pendragon era tenuta a rispettare.

 

E, giacché Arthur aveva dimostrato di fidarsi ciecamente di lui, dopo aver assolto ad un insieme di incombenze, egli era partito – con la benedizione del suo re – per scegliere la futura regina di Camelot – colei di cui parlavano le profezie, fin dalla notte dei tempi. L’Unica, il suo destino. Merlin l’aveva scelta per lui, per sancire in tal modo gli accordi col mondo magico.

 

E così era stato.

 

Lo stregone aveva adempiuto al proprio dovere. Due lune dopo il suo congedo, la nuova sovrana designata era giunta in visita al castello ed era rimasta.

 

Egli, invece, no. Non aveva fatto ritorno.

 

A chiunque gli avesse prestato attenzione, Merlin aveva detto che bisognava ristabilire astrusi equilibri mistici: per ogni arrivo, doveva esserci una partenza. Per avere qualcosa, bisognava dare in cambio qualcos’altro.

E ancora aveva ripetuto che il suo compito di servitore e consigliere sarebbe finito col matrimonio di Arthur e nessuno sapeva esattamente dov’era andato.

 

In realtà, nessuno aveva creduto che quello fosse un vero addio... D’altro canto, Merlin era famoso per le tante sparizioni e le sue stranezze.

E forse, prima o poi, avrebbe cambiato idea, com’era accaduto anni addietro. E sarebbe rispuntato dal nulla, in una bella mattina di sole.

 

Ad ogni modo, quasi nessuno – tra quelli che lo conoscevano bene – era lì, quel giorno, a chiedersi perché lui non fosse presente al matrimonio del suo signore.

 

Gwen, Lancelot, Morgana e Alec avevano espresso le proprie congratulazioni per il lieto evento, ma erano troppo indaffarati, con le rispettive proli, per intraprendere un viaggio così lungo.

 

Da molto non calpestavano la terra di Camelot – e, forse, molto ancora li si sarebbe attesi –, ma si sapeva che erano felici, e tanto bastava.

 

E ora, la nuova signora del castello, la nuova regina, salutava il suo popolo assieme al consorte, sventolando una mano, mentre proteggeva con l’altra il ventre celato dal prezioso vestito.

 

L’erede dei Pendragon scalciava già.

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D

 

Note: Prima le note tecniche…

Ci sono ovvi rimandi al cap. 63, riguardo le spiegazioni su Ardof che Merlin riceve durante il suo rapimento.

 

Anche re Alined era morto nel sonno, ritrovato al mattino già spirato. (Cfr. cap. 79).
Ho scelto per entrambi questa morte senza voler creare un nesso fra loro.

Mi serviva una cosa improvvisa e veloce, e le morti nel sonno sono statisticamente frequenti, soprattutto negli uomini di una certa età.

Le cause più ripetute sono infarti nel sonno, o la rottura di un aneurisma cerebrale o toracico, il punto è che le morti che avvengono nel sonno non hanno tutte la stessa causa. Nel Medioevo, poi, non c’erano indagini preventive a riguardo.

 

La grafia, benché scontata, era una delle poche cose ‘immediate’, perché col suo potere (praticamente illimitato) Linette poteva sapere o imitare Merlin in tutto. Mi serviva un qualcosa di involontario e non premeditato, cosicché Arthur non potesse avere dubbi.

 

La ‘maratona di sesso’ era una cosa su cui amo ironizzare quando ne vedo una nelle fic, quindi beh… avrete capito che il tono era tutto un po’ canzonatorio… e poi non avrei potuto alzare il rating all’ultimo capitolo, quindi questi assaggi fanno intuire le cose, poi ognuno trarrà le proprie considerazioni (periodi refrattari e performance compresi). XD

 

Ah, sì. Hunith non viene citata alla fine, ma immaginate che sia accanto a Gaius: come potrebbe mancare al matrimonio del suo unico figlio?

 

…E ora le note finali-finali.

 

Come avevo scritto qualche anno fa alla fine di un capitolo, non avremmo avuto un happy ending in senso stretto.

Non so se la mia scelta vi sia piaciuta, se sono riuscita a stupirvi o, come è successo con qualcuno fra voi, che me l’ha riferito, si era immaginato già questa conclusione.

 

L’ho sempre detto che le bozze del primo e dell’ultimo capitolo di Linette sono nate lo stesso giorno di dicembre nel lontano 2009 (ma il concept ancora prima).

 

Fin da subito, la mia idea era che Merlin avrebbe combattuto a lungo e sperato di tornare uomo, ma sarebbe tornato in sé solo alla fine (ed è quello che ho sempre ribadito nelle note della storia), per poi scegliere di ripresentarsi come donna, per compiere il suo destino.

 

Forse ho deluso qualcuno con questa scelta, ma sono rimasta fedele alla mia idea.

In questa storia, (altra cosa che ho ribadito spesso), è il viaggio che conta, non l’arrivo. E spero che almeno quello sia piaciuto. (In parte, ho spiegato anche per bocca di Arthur, in questo capitolo, perché le cose dovevano andare proprio così…)

 

Quello che non sapevo, a quel tempo, era che i 10 punti-cardine della mia long (torneo, rapimento, missione sotto copertura, ecc…), previsti in una manciata di capitoli, si sarebbero allargati a macchia d’olio. Poche righe sono diventate decine di paragrafi, anche se l’ossatura è rimasta la stessa di allora. Ho dato spazio a personaggi ed eventi che avevano mezza battuta, ho cercato di accontentare voi lettori, dove ho potuto, e mi sono divertita da matti a scriverla, anche se ora, col senno di poi, sistemerei alcune cose fatte nella fretta di poter aggiornare.

 

Ora che la conclusione del telefilm non è più spoiler in Italia, posso aggiungere qualche considerazione e, francamente, non avrei mai pensato che gli autori del TF avrebbero tenuto la rivelazione magica di Merlin per l’ultima puntata dell’ultima serie. Essi hanno dichiarato di averla sempre pensata così.

Come fan, un po’ li ho odiati per questo; come autrice, posso capire e rispettare la loro idea.

Sarei ipocrita a non farlo, visto che è la stessa mia scelta: 90 capitoli per riavere Merlin-maschio.

 

Altro appunto. Ho descritto questa principessa bellissima e potentissima strega.

Non volevo farla sembrare come una Mary Sue. Semplicemente, doveva apparire graziosa per motivare tutta l’attrazione che fin da subito Arthur nutre per lei, visto che la verità non la sa quasi nessuno.

 

E ora? Cosa ci prospetta il futuro?

 

Per quelli di voi che hanno deciso di sopportarmi ancora…

 

Il seguito di questa fic, già in parte scritto, è una raccolta e non una long-fic.

Ho adottato questa scelta perché i capitoli avranno lunghezza variabile e non seguiranno una precisa sequenza cronologica.

In essa, si riempirà il buco temporale tra il ritorno di Merlin-maschio e la sua ri-trasformazione, missing moments di questi 3 anni prima dell’epilogo, cose che avevo eliminato nella storia di Lin.

Avremo avventure con Merlin-maschio e Arthur; capitoli sul Merthur vero e proprio, e su come è stata fatta la scelta di ritrasformarsi e la sua attuale descrizione fisica (per ovvie ragioni, la regina non può assomigliare a Linette).

Ovviamente, però, ci sarà un sacco di futuro, perché la dinastia dei Pendragon ci attende! ^_=

(Nel complesso, pochissimo angst, quintali di fluff, ironia e comicità).

 

Per quelli che si fermano qui. Grazie del viaggio fatto insieme. *abbraccia*

Per quelli che vogliono continuare…

 

Anticipazioni del primo capitolo sotto spoiler. Evidenziate le righe fra gli asterischi e potrete leggere. Chi non vuol rovinarsi la sorpresa, salti le righe qui sotto.

 

*Il re di Camelot entrò nei propri appartamenti, ma si arrestò bruscamente sulla porta.

Sembrava che nella stanza fosse passato un tifone. Secchi d’acqua, spazzoloni, spugne, stracci, vestiti ammonticchiati…

 

“Merlin?!” Arthur guardò le gambe del proprio consorte che spuntavano da sotto il baldacchino.

 

Il mago sussultò, spaventandosi. Lo si capì dal movimento scattoso dei piedi. “Sì?”

 

“Merlin! Ma che diamine stai fa-” Il nobile Pendragon gli corse incontro, cercando in qualche modo di raccapezzarsi o di aiutarlo.

 

La regina di Camelot riemerse lentamente dall’angusto spazio, risollevandosi a fatica e tenendosi l’enorme pancione prominente.

“Oh, niente, niente!” rispose, sventolando una mano a mezz’aria con espressione noncurante. “Stavo solo pulendo la nostra camera!”

 

“Tu… cosa?”

 

“Pulivo. La. Camera”, scandì, come se stesse parlando con un idiota.

 

“Questo l’avevo intuito, ma me ne chiedevo la ragione!” s’alterò il re. “In tanti anni, non hai mai pulito le mie stanze decentemente! E ti ci metti ora, ora che dovresti solo riposare?!”

 

Merlin sollevò un sopracciglio, offeso.

“Forse dovrei farmi stipendiare come allora”, ponderò, provocatorio. “Nh. Meglio di no, mi pagavi una miseria”. *

 

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

 

 

 

Ringrazio i 310 utenti che hanno messo questa fic fra i ‘preferiti’, i 47 ‘da ricordare’ e i 460 ‘seguiti’.

Grazie della fiducia e di ogni parere che mi darete!

Vorrei davvero sentire cosa ne pensate di questa fine!

 

 

 

Ultime due cose e poi andrò a preparare per il cenone piagnucolare in un angolo sulla fine di Linette.

 

1) Per quelli che attendevano la mia decisione, volevo avvisare che ho deciso di rimanere su EFP.
Le vostre parole mi hanno aiutato molto e consolato nel momento in cui vedevo tutto nero, anche se l’amarezza rimane, così come certi atteggiamenti deludenti che non digerirò mai.

So anche che le mie parole hanno aiutato altra gente a riflettere, quindi ne è valsa la pena.

 

2) Non ho preparato altre fic, magari natalizie, da postare (come invece ero riuscita l’anno scorso, con Camelot’s Dragon Coffee Shop). Mi dispiace, ma sono almeno 3 mesi che non metto mano ad una storia, anche se ho centinaia di bozze ferme. Mi manca il tempo e l’energia di farlo. Troppi impegni lavorativi e familiari e poco tempo libero uniti a troppa stanchezza. Mi dispiace se sto rallentando gli aggiornamenti, ma le settimane volano via e io manco me ne accorgo.

Ci risentiamo l’anno prossimo, e il mio buon proposito è quello di regalarvi del buon merthur e magari aggiornare qualche vecchia raccolta comica ferma da secoli.

 

 

Che siate credenti o meno, il mio augurio è che trascorriate un bel momento accanto a chi amate.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo!

 

Ely

 

 

 

24 dicembre 2014

The He in the She – Fine.

 

   
 
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