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Autore: NightWatcher96    24/12/2014    4 recensioni
Era incredibile come la vita avesse deciso svolte inaspettate nella vita di Hamato Yoshi. Da umano era diventato topo; da vedovo a padre di quattro piccole tartarughe che sarebbero semplicemente restate in una boccia per il resto della loro vita se non le avesse comperate poco prima dell’incidente contro i misteriosi uomini armati di laser rosa.
Aveva perso una casa, divorata nell’incendio che gli aveva strappato brutalmente moglie e figlia, ma adesso viveva in tranquillità nel sottosuolo, lontano dal mondo che mai più avrebbe riservato un posto per lui.
Da Hamato Yoshi era diventato Splinter...
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era incredibile come la vita avesse deciso svolte inaspettate nella vita di Hamato Yoshi. Da umano era diventato topo; da vedovo a padre di quattro piccole tartarughe che sarebbero semplicemente restate in una boccia per il resto della loro vita se non le avesse comperate poco prima dell’incidente contro i misteriosi uomini armati di laser rosa.
Aveva perso una casa, divorata nell’incendio che gli aveva strappato brutalmente moglie e figlia, ma adesso viveva in tranquillità nel sottosuolo, lontano dal mondo che mai più avrebbe riservato un posto per lui.
Da Hamato Yoshi era diventato Splinter.
-Un Natale non è tale senza almeno una pallina- ridacchiava in questi tempi, verso la vigilia. -Anche se il vero spirito natalizio non è certamente materiale-.
Risate felici risuonavano nella tana, seguite dagli scalpitii allegri dei suoi quattro figli: Leonardo di anni sei, Raphael e Donatello di cinque e infine il suo bricconcello allegro, di anni tre, ovvero Michelangelo.
-Natale!- gridò il più piccolo, aggrappandosi a Splinter che lo prese in braccio.
-Domani, bambino mio e potrete aprire i vostri regali-.
-Ma io non voglio aspettare fino a domani!- gridò Raphael, con un broncio tenero.
Il sensei storse leggermente il muso, sperando che il malumore del secondogenito non avrebbe finito con il contagiare anche tutti gli altri e prese immancabilmente posto sulla sua logora poltrona bordeaux, con i suoi tre piccoli che lo imitarono sul tappeto del salottino.
Doveva trovare una soluzione al più presto! Non poteva quasi sopportare quegli occhioni vividi che lo imploravano di fare qualcosa!
-Papà, ci racconti una storia?- chiese, d’un tratto, Michelangelo.
Il topo sollevò le sopracciglia, stupito.
-Sì! Una storia! Ti prego, papà!- si aggregò anche Donnie, alzando le braccia in felicità.
Era un’ottima idea e così il maestro, accarezzando le testoline dei loro bambini, cominciò con qualcosa che richiamava le sue memorie come uomo innamorato...
 
....
 
Giappone, 9 anni prima...
 
Un’ultima settimana prima di Natale e nel villaggio di Ohara il caos era scoppiato. C’era la selvaggia corsa per accaparrarsi il miglior regalo artigianale e spesso anche qualche rissa per lo stesso oggetto. Canti felici, bambini che correvano sulla neve e luci colorate accompagnavano la gioia dell’attesa del Natale.
Yoshi era un po’ estraneo a questa follia natalizia ma ugualmente rispettava le tradizioni.
Era uscito dal cimitero dopo aver portato un fascio di fiori freschi ai suoi defunti genitori, con l’animo un po’ calante ma aveva preferito farsi un giretto fra il parco e le casupole tradizioni verso il porto per una svolta ai suoi pensieri.
Improvvisamente, si ritrovò con il sedere sulla fredda neve, accompagnato da mele e verdure sparse intorno e fu allora che la incontrò per la prima volta. Era una bellissima fanciulla dai neri occhi a mandorla, labbra ciliegia che spiccavano sulla sua pelle candida e lunghi setosi capelli corvini. Elegante nel suo kimono bianco, bordato di rosso, lo aiutò a rimettersi in piedi.
-Oh! Mi scusi! Sono desolata! Non ho visto dove mettevo i piedi!- mitragliò, spazzolandogli la neve via dalle spalle. -Non si sarà fatto male, vero?-.
Yoshi era incantato da una bellezza simile, in verità e si limitò a scuotere il capo in risposta. In tanti anni, non aveva mai visto una ragazza tanto bella e affascinante, con occhi così profondi da rapire chiunque.
-Non si preoccupi, signorina- rispose con un fil di voce.
-Il mio nome è Tang Shen, comunque-.
Il suono della sua voce fece sfumare istantaneamente le guance di Yoshi che si presentò con un inchino.
-Permettimi di aiutarti- disse, raccogliendo ciò che era caduto dal cestino capovolto sulla neve.
-Sei... molto gentile-.
Grato del complimento, Yoshi adempì il dovere che si era imposto in poco tempo ma non le riconsegnò il cestino pesante; non dopo aver notato delle striature rosse su palmi e polpastrelli della fanciulla sorpresa.
-Per favore, vorrei accompagnarti. Questo macigno è troppo pesante- insistette gentilmente.
Per quanto Tang Shen avrebbe voluto negare, le sue mani doloranti la costrinsero ad accettare e i due si ritrovarono a passeggiare insieme per le vie innevate di Ohara.
Soffici cristalli di ghiaccio si addensavano silenziosamente su alberi e tetti spioventi delle case tradizionali del villaggio che splendevano sotto la bella luna piena.
Yoshi, fra una vetrina e l’altra, guardava l’incantevole fanciulla che puntava il viso sereno verso il cielo cosparso di una manciata di piccole stelle, con un batticuore mai provato prima. Forse era ciò che comunemente si definiva “amore a prima vista”.
-Siamo arrivati- emise, d’un tratto, Tang Shen.
Erano giunti dinanzi a una casa nipponica molto grande, su due livelli con un giardino ben curato, un laghetto gelato e un dojo alle spalle. Tutto era rifinito nei minimi dettagli, perfino le due tartarughe di pietra i cui musi inespressivi puntavano verso il cancelletto di ferro.
-Abiti qui?- chiese Yoshi, affascinato da un posto tanto magnifico.
Fin da quando era nato, egli aveva vissuto in una modesta casa con i suoi genitori, prima che perissero per mano di un clan dal nome impronunciabile. Al massimo aveva solo un misero abete che durante le festività addobbava con qualche pallina o arance. Non aveva di meglio.
-Sì. E ora, credo che dobbiamo salutarci- fece Tang, spostando una ciocca dietro l’orecchio.
Inconsciamente, Yoshi allungò la mano verso la guancia dell’altra per toglierle un fiocco di neve in un gesto inaspettato e dolce. Tang spalancò gli occhi, colta alla sprovvista, mentre arrossiva lievemente.
Senza dire una parola, essendo troppo impacciato, Yoshi le posò il cestino in terra e dopo un inchino rispettoso e soprattutto frettoloso sparì immediatamente, lasciando la giovane con un’espressione stupita che mutò in una risatina dolce.
-Yoshi, eh?- sussurrò, mentre spingeva il cancelletto per entrare. -Mi ricorderò sicuramente di te...-.
 
Da quel giorno, per Yoshi non c’erano stati altri pensieri al di fuori di quella ragazza tanto bella in ogni momento della giornata. Nemmeno con l'allenarsi o meditare era riuscito a riportarlo nella normale vita.
Perfino durante le lezioni di ninjitsu del suo sensei si erano rivelate infruttuose, oltre che quasi vergognose nei momenti in cui fraintendeva gli ordini o sbagliava anche le mosse più semplici.
-Yoshi San, il tuo spirito è frastagliato. Per questo motivo, è bene che tu resti nell’angolo a meditare. Tornerai da me quando ti sarai liberato di tutto ciò che non appartiene al mio dojo!- richiamava il suo sensei, allenando gli altri suoi promettenti allievi.
Oroku Saki era uno di loro; primogenito di due ricchi affaristi che avevano girato il mondo intero. Viziato, prepotente era un avversario degno quanto scorretto fuori il dojo ma era amico di Yoshi, sebbene si guardasse spesso le spalle dai suoi sorrisi sinistri.
-Riposatevi per un momento- fece il sensei, con le mani dietro la schiena. -Ci rivedremo fra dieci minuti-.
-Hai, sensei!- gridarono gli stanchi allievi.
L’uomo dall’aspetto severo, che ricordava molto quello di un soldato nelle Grandi Guerre, lasciò il dojo, dando un ultimo freddo sguardo a Yoshi che nemmeno lo aveva notato. Quegli occhi come il ghiaccio penetravano qualunque Chi.
Lo chiamavano il Soldato del Ninjitsu ma il suo vero nome era Yumoi Ishitawa.
Saki, per nulla interessato ai discorsetti perversi degli altri membri del dojo sul rimorchiare le ragazze, si era avvicinato a Yoshi che schiuse gli occhi e allentò le mani a pugno giunte come in preghiera, interrompendo finalmente la sua sessione meditativa.
-Andiamo fuori Yoshi. Qui dentro ci sono solo perditempo- propose con voce grave.
Il ragazzo accettò e insieme raggiunsero il pergolato di legno a piedi nudi. Le toghe del pavimento ben cerato erano gelide contro la calda pelle ma in un attimo si raffreddò, così come l’aria cupa che regnava in quel posto.
-Nevica- disse piano Yoshi, raccogliendo un fiocco di neve nella mano.
-Che cos’è che rende il miglior allievo di Yumoi Sempai in uno dell’ultima categoria?- chiese Saki, guardandolo con la coda dell’occhio.
Yoshi non rispose, schiacciando il fiocco che vi si era già sciolto nel suo palmo.
-Non vuoi rispondermi?- stuzzicò Saki.
-Lascia perdere- tagliò corto Yoshi, voltandosi verso il cancelletto del dojo.
In quel preciso istante, una ragazza chiamata Tang Shen stava passando con un fascio di fiori nella piegatura del braccio e una bianca rosa nei capelli. Era bellissima nel suo soprabito beige che raccoglieva perfettamente il suo corpo snello.
-E’ lei, dunque?- sogghignò Saki, nel suo orecchio.
La sfumatura rosea in Yoshi cambiò in una leggera stizza. -Non sono affari tuoi, comunque-.
-E’ carina. Come si chiama?-.
Sentendo i loro discorsi, Tang Shen si fermò, salutando festosamente il bravo ragazzo che non aveva più visto in quasi cinque giorni.  D’altra parte, Yoshi non poté fare a meno di ricambiare e avvicinarsi al cancelletto, sbuffando leggermente al ghigno freddo che un Saki dalle braccia conserte aveva alle sue spalle. Quel ragazzo era una vera spina nel fianco, quando voleva!
-Ci rincontriamo, finalmente!- sorrise Tang Shen. -Ne sono felice!-.
Yoshi sorrise. -Posso dire lo stesso-.
-E’ qui che abiti?-.
-No. E’ il dojo di Yumoi Ishitawa, dove mi alleno per diventare maestro di ninjitsu- spiegò, schiacciandosi alle sbarre del cancelletto. -Mi ha... fatto piacere vederti-.
La bella Tang Shen arrossì, mentre il vento le scuoteva dolcemente i setosi capelli. Yoshi si schiarì rumorosamente la gola per spezzare quel silenzio imbarazzante e fece un passo indietro, con un ampio sorriso.
-Non voglio rubarti altro tempo, Tang Shen. Ti auguro buone feste- disse.
Al che, la giovane parve perplessa, tanto che si schiacciò alle sbarre del cancelletto, toccando immancabilmente la mano che Yoshi non aveva staccato dal freddo metallo grigio. I loro occhi si incontrarono e un calore tenero gonfiò i loro cuori palpitanti. Bianche nuvolette uscivano dalla bocca come mille parole che mai avrebbero detto.
-Perché? Non ci rivedremo più, forse?-.
-Non posso prometterlo-.
Tang Shen annuì tristemente e si staccò dal cancelletto, spostandosi una ciocca dietro l’orecchio. D’altro canto, Yoshi non seppe cosa dire e si limitò a un saluto, voltandole le spalle con una leggera amarezza.
-Sayonara...- sussurrò la giovane, proseguendo per la via di casa.
Il giovane Yoshi si appoggiò stancamente a uno dei pilastri del pergolato, passandosi una mano nei neri capelli ribelli, scaturendo una risata in Saki.
-Che hai da ridere?-.
-Ti riduci così per una mocciosetta?- esclamò, divenendo immediatamente serio. -Ti conviene dimenticarla. Tu e lei siete troppo diversi. E adesso rientriamo. Il sensei potrebbe punirci se non ci trova nel dojo-.
Yoshi non la pensava così...
 
....
 
La casa di Tang Shen era gremita di persone. La Vigilia di Natale era da sempre stata simbolo di ricevimenti con ottimi propositi per l’anno nuovo per i suoi genitori. Per lei, invece, era un noioso momento di solitudine fatto di complimenti dagli spasimanti figli dei ricchi amici di suo padre, famoso industriale originario di Kyoto. Perfino l’indossare vestiti che mostravano il suo corpo la rattristavano.
Tang si allontanò verso il pergolato del suo giardino, guardando la luna piena specchiarsi nella lastra gelata che aveva ricoperto il laghetto e sospirando alla pesantezza che gravava sul suo cuore.
-Yoshi...- mormorò, toccandosi le labbra ciliegia con le esili dita.
Gli mancava e non poteva nasconderlo. Quel giovanotto che si era offerto di accompagnarla verso casa aveva rimasto un segno indelebile nella sua memoria che difficilmente avrebbe cancellato.
In quel momento, un rumore crescente di passi veloci si avvicinarono, fermandosi davanti al cancello. L’ombra mascolina proiettata dalla luna si allungò verso Tang che, incuriosita dal buio che le aveva oscurato la visuale, alzò il capo verso i familiari occhi scuri che la guardavano intensamente.
-Yoshi...- sussurrò con un sorriso, avvicinandosi al cancello.
-Buon Natale, Tang- le disse, consegnandole il pacchettino blu. -Ecco... questo è per te-.
La giovane, ammaliata da un gesto del genere, aprì il cancello e con foga le si buttò al collo, ricomponendosi subito dopo per aprire il pacchetto grazioso. Yoshi non poté fare a meno di arrossire al bianco vestito che indossava la sua amica: una fascia di raso avvolgeva la vita, scendendo sul fianco sulla morbida gonna oltre il ginocchio coperto da bianchi stivali con tacco medio non molto alto.
Era scollato sul suo seno perfetto e non adatto per una gelida serata come quella.
-Yoshi...- esclamò stupita la giovane, guardando il fermaglio d’argento con un fiore bianco con perle fra le sue mani. -E’ bellissimo... grazie...-.
Il giovane ricambiò con un cenno del capo e le depositò sulle fragili spalle la sua giacca nera, preferendo restare in canottiera bianca, infilata nel lungo pantalone nero, in tono alle ballerine tradizionali nipponiche, sorretto da una cinghia bianca.
-Ma avrai freddo, così...- disse Tang, guardando il pettine. -Puoi mettermelo tu?-.
Yoshi non ne sapeva molto di acconciature ma ricordava bene sua madre quando lo usava per ornare i suoi lunghi capelli terra d’ombra, tanto amati da suo padre; quindi cominciò con l’alzare i morbidi capelli, lasciando libere due ciocche vicino alle orecchie e li intrecciò senza far troppo male, tenendoli fermi con il pettine che utilizzò come coroncina.
Sotto la luna, la bellezza di Tang brillava ancora di più.
-Sei bellissima...- osò pronunciare.
-Grazie, Yoshi San... è il regalo più bello che abbia mai ricevuto-.
Yoshi sorrise bonario, allungando la mano verso quella di Teng che la strinse dolcemente anche con l’altra. -Era di mia madre. Ho pensato che sarebbe stato meglio a te...-.
Tang rapì le sue labbra con un bacio inaspettato che per poco non fece perdere l’equilibrio a un Yoshi spiazzato al quale necessitarono alcuni secondi per realizzare ciò che stava accadendo di così magico quasi alla mezzanotte del nuovo giorno, ossia Natale.
-Buon Natale...- sussurrò Tang vicino alle sue labbra.
-Buon Natale...-.
Yoshi le avvolse le braccia intorno alla vita, approfondando il bacio che tanto aveva immaginato in questo tempo in cui Tang gli era sempre venuta in mente. Era così magico, morbido ma con la pecca che sarebbe durato troppo poco.
-Penso di amarti, sai?- mormorò Tang, a corto di fiato.
-Non ho mai avuto dubbi del mio amore per te. A prima vista...-.
Tang Shen era felice più che mai. Aveva trovato il principe dei suoi sogni...
Ma all’improvviso l’ombra di una donna si allungò verso di loro, interrompendoli con un richiamo in giapponese che irrigidì la bella Tang Shen.
-Mamma!- disse, scottata leggermente.
-Cara, chi è quel ragazzo?- domandò curiosa. -Coraggio, entra dentro. C’è qualcuno che vuole conoscerti!-.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo perplesso ed entrarono nel tepore caotico della casa ricca di antichi richiami ai Grandi Antenati e agli avi della famiglia della giovane fanciulla, guardinga dal brindisi che suo padre aveva fatto con un uomo di cui ignorava l’esistenza.
-Tang Shen, questo è Koitaro Saki, il più grande affarista che l’intero Giappone e parte dell’Europa abbia mai conosciuto- introdusse, con un caloroso applauso dei presenti nel sala ben addobbata. -E adesso, lascia che ti presenti il tuo futuro marito-.
Sia per Tang sia per Yoshi il mondo si fermò quando dalle spalle dei due uomini comparve nientemeno che Oroku Saki, elegantemente vestito in abito grigio scuro, con una camicia di seta rosso sbiadito e una rosa infilata nel taschino della giacca che porse alla triste fanciulla.
Saki fissò con un piccolo ghigno un Yoshi stordito che fece un passo indietro, completamente stranito. Tang Shen accettò timorosamente la rosa ma negò vigorosamente e si avvinghiò al braccio di Yoshi, con un fuoco di determinazione e rabbia negli occhi umidi.
-Tang Shen, che cosa stai facendo?!- ruggì suo padre, facendo cascare il bicchiere sul pavimento.
-Non sposerò mai chi non amo! Padre, non puoi decidere per me e per il mio cuore!- gridò. -E Yoshi che amo! Non qualcuno che a malapena ho visto oggi!-.
Saki si rabbuiò, vergognato che una bella ragazza si fosse innamorata di uno straccione come Yoshi. Era un oltraggio che non poteva sopportava.
-O me o lui!- ringhiò, a pugni stretti.
Vedendo tanto astio, soprattutto nello sguardo della sua famiglia, per la giovane Tang Shen parve subito chiara la risposta più sincera che avrebbe determinato il suo futuro.
-Yoshi. Io lo amo. Io sono felice con lui e nessuno potrà cambiare ciò che provo per lui!- gridò, mentre Yoshi la prendeva per mano e correva dritto verso il cancello.
Adirato, il padre di Tang fece schioccare le dita e due uomini dai tratti orientali si dileguarono in giardino, dalla porta secondaria in giardino, dove due affamati cani di guardia vennero liberati come vendetta per aver rotto un proficuo futuro di ricchezze con la famiglia Saki.
-YOSHI!- urlò Tang Shen, avendo riconosciuto i ringhi delle due bestie che non ci avevano impiegato molto a raggiungerli.
Il ragazzo abbracciò la sua bella, avendo una chiara visuale della situazione nel momento in cui due fari vi si accesero per circondarli meglio. Sul pergolato, il padre di Tang imprecava ad alta voce ma i due, troppo spaventati dai canini mostruosi delle bestie, non lo udivano.
Uno dei cani si fiondò violentemente su Yoshi che lo eluse con una piroetta fulminea; il secondo anche ci provò e  gli saltò letteralmente addosso, imprimendo l’intera dentatura nella spalla sinistra.
-YOSHI! NO!- urlò Tang, spaventata dalla quantità di sangue che stava scorrendo dalla ferita.
Yoshi si gettò in terra, avendo cura di cadere sull’animale che non lasciava la sua presa.
-Via! Stupido cane!- imprecò Tang, calciando il fianco dell’altro cane verso il cancello.
La bestia si stordì e crollò al suolo, ansimando. Sollevata da questa svolta improvvisa, la giovane spinse Yoshi violentemente verso il cancello, facendo capitare, però, l’animale contro il metallo che gli fece assaggiare la stessa dolorosa sorte del compare.
-Andiamo, Yoshi!- esclamò Tang, trascinandolo nella strada fredda...
 
....
 
Miracolosamente, la bella Tang era riuscita a condurre il debole Yoshi all’ospedale più vicino.
-Aiuto!- gridò, catturando l’attenzione di alcuni infermieri di passaggio. -Il mio ragazzo sta male!-.
Yoshi sorrise debolmente alla menzione di “compagno”, mentre i suoni diventavano ovattati mormorii di sottofondo e le macchie nere davanti alla sua visione si allargavano in tenebre che lo fecero crollare sul pavimento, stremato dalla perdita ingente di sangue.
Tang lanciò un urlo di terrore e si rifiutò di lasciarsi portare via Yoshi anche quando iniziarono a medicargli la ferita che non aveva danneggiato l’osso del braccio.
-E’ stato morso da un cane per salvarmi...- continuò a mormorare, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime...
Il trattamento durò circa quaranta minuti e infine lasciarono Yoshi a riposare in una stanza, dando un letto anche a Tang che chiuse gli occhi al contatto con il cuscino...
 
La notte trascorse tranquilla e il mattino seguente un forte temporale irruppe nel cielo delle sei e trenta. Al rumore improvviso, Yoshi si destò confusamente, ancora mezzo stordito da alcuni antibiotici che gli avevano somministrato durante la medicazione che aveva ricoperto parte dello sterno, l’intera spalla fino alla metà del bicipite.
Nella stanza bianca, respiri morbidi da parte di Tang si susseguivano al suo fianco; a Yoshi bastò vederla teneramente sotto una coperta per allargare un sorriso e ripercorrere con la mente la movimentata mezzanotte scorsa.
Il padre della sua anima gemella avrebbe voluto prometterla nientemeno a Oroku che gli aveva giurato vendetta indirettamente dietro l’espressione “O me o lui!”. Ma dopo quanto esclamato da Tang, il tempo aveva cominciato a volare in contemporanea all’attacco dei cani.
“E che cani...! Per poco non mi staccavano il braccio!” pensò Yoshi.
Un leggero movimento da parte di Tang lo riportò nella realtà; la giovane sbadigliò dolcemente, mettendosi seduta, mentre i capelli le caddero a cascata sul viso.
-Buongiorno!- salutò Yoshi.
Gli occhi di Tang si illuminarono al quel suono sensuale che le aveva rapito il cuore e si fiondò letteralmente su Yoshi, felice di rivederlo sveglio.
-Come ti senti?- chiese preoccupata.
-Bene, in verità. Tranne un leggero fastidio alla spalla- ammise il giovane, accarezzandole la guancia.
Tang chiuse gli occhi e vi si unirono in un bacio che trasudava il loro sgomento inerente a ciò che avevano passato la notte precedente.
-Mi dispiace di aver... rovinato tutto...- sussurrò improvvisamente Yoshi, cupo.
La giovane negò e lo costrinse a guardarla ancora. -Non rimpiango ciò che ho detto. Non sarei stata felice con chi non amo. Odio i matrimoni combinati e mio padre aveva progettato tutto questo alla mia nascita-.
-A questo punto, io mio chiedo se... sia meglio fuggire da Ohara e dileguarsi, magari, verso Tokyo- pronunciò Yoshi. 
Tang Shen annuì vigorosamente, felice più che mai...
 
....
 
Anni seguenti...
 
L’amore era cresciuto in questi anni, portando i due a essere più che semplici amici diciassettenni in marito e moglie. La loro giovinezza li aveva guidati verso l’età adulta, abbandonando alle spalle la rottura del legame che univa Tang Shen alla sua famiglia.
Nei momenti meno lucidi, spesso Yoshi chiedeva se la sua bella avesse rimpianti ed ella replicava sinceramente che adesso la sua famiglia era solo e soltanto lui.
Adesso avevano una bella casa a Tokyo, verso la periferia, un lavoro e si preparavano a trascorrere le feste che rimanevano.
Era Natale, ormai e insieme erano inginocchiati sul tappeto del modesto salottino, accanto all’abete ben decorato del loro piccolo duplex per scambiarsi i regali.
-Tieni, amore. Questo è per te- cominciò Yoshi, porgendole un pacchetto rosso.
-E questo è il tuo da parte mia- fece l’altra, consegnandogli un piccolo scatolo blu.
Entrambi scartarono i regali, rimanendo soddisfatti.
-Yoshi... è bellissimo!- esultò Tang, alzando il ciondolo con una vera perla accanto al suo viso. -Come facevi a sapere che mi piaceva proprio questa?-.
-E’ compito di un marito rendere felice la propria donna, no?- replicò con un sorrisino furbesco, mentre privava del coperchio il suo regalo.
Era un tubicino bianco alquanto strano; Yoshi non seppe riconoscerlo fino a quando non lo prese in mano a mo’ di termometro e intravide due linee rosate.
-Non mi dire che...- espirò incredulo.
-Continua...-.
Yoshi allargò un ampio sorriso, prendendola in braccio per danzare e baciare le sue morbida labbra. Era un test di gravidanza positivo!
-Sono incinta di due settimane- spiegò la bella Tang. -Questo è il mio regalo e anche quest’altro-.
Yoshi aveva sulle spalle una giacca calda marrone, con il collo impellicciato, perfetta per le serate di gelo come quelle che si stavano susseguendo dal ventitré dicembre, ormai.
-Io non so cosa dire...- fece commosso.
-Non dire nulla. E pensiamo a goderci questo momento fantastico...!-.
Yoshi non era più d’accordo di così con la sua bella moglie...
 
....
 
-Ed è nata Miwa!- esclamò Donatello, alzando popò e braccine con felicità.
-Sì. Esatto- sorrise il sensei, interrompendo volutamente la storia.
I suoi pulcini non erano ancora pronti a conoscere cosa avvenne a un anno dalla nascita di Miwa, per mano di Oroku Saki. Troppo sangue e violenza non avrebbe fatto loro bene; inoltre, avrebbe finito con l’insegnare l’oscura tentazione della vendetta.
-E dov’è Miwa?- domandò Leonardo, guardandolo con i suoi occhi cobalto.
-Purtroppo, è volata in cielo, figliolo-.
Un silenzio angosciante si posò nella stanza improvvisamente più fredda. Forse non avrebbero dovuto chiedere. Michelangelo cominciò a tirare su con il naso, prima di scoppiare in lacrime, dispiaciuto per la perdita di Miwa. Sebbene avesse solo tre anni, le sue doti empatiche erano così sviluppate che era in grado di percepire le varie sfumature dei sentimenti in una persona con estrema naturalezza.
-Shhh, figliolo. Va tutto bene- rincuorò il sensei, accarezzandogli il guscetto.
Il piccolo continuò ancora per qualche minuto, poi si calmò, rimanendo, però, aggrappato alla veste del padre che sorrideva amorevolmente. Anche se aveva perso una famiglia, era riuscito a farsene un’altra che compensava la mancanza della prima.
Però, non poteva dimenticare assolutamente...
 
Yoshi e Tang Shen passeggiavano nel parco dei ciliegi in fioritura con la loro adorata piccola Miwa, di un solo anno di vita. La piccola dai capelli e occhi neri non smetteva di tubare per ogni petalo che incontrava nel suo passeggino.
-Credo che le piacciano i ciliegi- ridacchiò Tang Shen.
-Sì, moltissimo- concordò Yoshi, prendendo in braccio Miwa per coccolarla. -Ah, la mia piccola kunoichi! Sono sicuro che sarà in gamba e farà vedere a tutti i sorci verdi-.
-Ma sarà anche dolce e ubbidiente- aggiunse sua madre, morbidamente.
In quell’attimo di dolcezza, un uomo vestito con un soprabito nero alzò leggermente il capo coperto da un cappello dalla sua posizione seduta, con i gomiti sulle ginocchia per fissarli. Una sensazione di disagio crebbe nello stomaco di Yoshi che, facendo segno a sua moglie, tornarono a casa, ripercorrendo la stessa stradina che avevano imboccato inizialmente...
 
Era notte fonda e Yoshi non poteva dormire. Uno strano campanello d’allarme risuonava nella sua testa, rendendolo confuso oltre che nervoso. Sapeva con certezza che il presentimento oscuro era legato all’uomo che avevano incontrato al parco, nel pomeriggio.
Alla fine, impossibilitato nel riposare come sua moglie al suo fianco, si alzò, avvicinandosi alla finestra per perdersi nel guardare il bianco satellite lunare che brillava silenzioso nel cielo di aprile. L’aria era ancora fredda ma non abbastanza per scaturire brividi lungo il corpo.
Improvvisamente, un leggero bagliore vermiglio catturò la sua attenzione. Yoshi scostò meglio la tenda e identificò un principio di fiamme proprio davanti alla porta del suo duplex; non solo, vi era anche una possente figura che lo guardava dal basso e aveva addosso qualcosa somigliante a un’armatura con tanto di mantello.
-No...!- imprecò sottovoce, svegliando sua moglie. -Tang, prendi Miwa! Dobbiamo andare via!-.
La donna spaventata fece come ordinatogli ma non gli staccò la mano dal braccio. -E tu dove vai?!-.
Yoshi la zittì con un bacio sulle labbra e una sulla fronte della piccola Miwa singhiozzante, svanendo nel corridoio.
Raggiunta la porta, marciò dritto in giardino, constatando con orrore che la piccola fiamma era diventata un incendio che stava divorando la sua casa.
Yoshi si abbassò esternamente all’istante, evitando un pugno con due affilate lame sul dorso che sbucarono dal nulla; avvolse le gambe intorno a quel misterioso braccio, scaraventando pesantemente l’uomo in terra. Lo tenne bloccato sedendoglisi sullo sterno e sfilò l’elmo di metallo con un gesto secco.
Il suo cuore mancò un battito.
-O... Oroku...-.
Saki ghignò e con una ginocchiata laterale al fianco si liberò di lui, rialzandosi con una verticale. Il ragazzino che ricordava Yoshi era cresciuto in un freddo uomo ambizioso e assetato di sangue, voglioso di una rivincita.
-E... eri tu al parco oggi, non è vero?- intimò Yoshi, alzandosi con una mano sul fianco colpito.
-Sono Shredder, adesso, capo del Foot Clan-.
Yoshi indietreggiò, sbiancando alla menzione di quel nome. L’impronunciabile Clan che aveva portato via i suoi genitori alla tenera età di sei anni adesso aveva un nuovo capo.
-Che cosa vuoi?- ruggì.
-Distruggere la tua vita-.
Yoshi, avvampato dall’odio nutrito per il Clan distruttore della sua infanzia, gli si fiondò addosso con un pugno diretto al viso; Shredder lo evitò con una schivata laterale sinistra e lo tenne fermo bloccandogli il braccio cosicché potesse martoriargli lo stomaco con una serie di ginocchiate.
-Come ci si sente a perdere tutto?- rise malignamente.
Yoshi non poteva rispondere: il dolore gli stava annebbiando i sensi. Shredder concluse l’attacco con una gomitata alla tempia che lo sbatté contro un albero.
Ma non aveva certamente finito. Preso per il bavero del pigiama, lo alzò dal suolo, costringendolo a guardare la casa completamente fiammeggiante.
-Tua moglie e tua figlia periranno quest’oggi- sibilò con odio. -Tu hai rovinato il mio futuro. La storia si ripete e la ruota gira-.
La realizzazione che Shredder voleva fargli perdere tempo colpì Yoshi che avvolto dalla collera stordì il nemico con un colpo unisono con i dorsi delle mani al collo e vi si liberò dalla presa con un calcio al mento.
-Maledetto!- urlò, correndo verso la porta di casa che prese a spallate. -TANG! MIWA!-.
Una fiammata gli stava sbarrando la casa così facilmente... Yoshi urlò, gettandosi in quel muro dall’alta temperatura ma non concluse nulla: nel momento che mise piede sul gradino della scala bruciante che lo avrebbe condotto dalla sua bella urlante, il soffitto si sfondò e tutto il suo mondo divenne nero...
 
“Avevo perso mia moglie e mia figlia in una volta sola...”...
 
Splinter non si era accorto che i suoi figli si erano addormentati ai suoi piedi teneramente. Li portò a letto, coprendoli delicatamente e a ciascuno di loro riservò una carezza.
“Ho perso mia moglie e mia figlia per un nemico sottovalutato” pensò con una lacrima sul viso...
 
....
 
Quattro piccole paia di piedi lasciavano la stanzetta per correre in salotto, dove l’albero di Natale brillava con quattro pacchetti colorati alla base.
-Non facciamo rumore!- fece Donnie, guardando verso la stanza del sensei. -Papà non si è svegliato-.
-Ma oggi è Natale! E dobbiamo aprire i regali!- brontolò Raphael.
Michelangelo, con il suo peluche di pezza stretto al petto, lasciò a Leo il compito di domare gli altri due fratelli e si diresse alla camera del sensei, entrando in punta di piedi. Il maestro riposava nel suo letto, dando le spalle alla porta e i suoi respiri erano morbidi.
Mikey ridacchiò sottovoce, tirando fuori un piccolo disegno che aveva realizzato per suo padre dalla tasca segreta sul dorso del suo animaletto di pezza e si arrampicò sul letto.
-Papà, buongiorno- sussurrò nell’orecchio paterno. -Svegliati, è Natale-.
Il maestro Splinter sbadigliò, allungando la mano per accendere il lume sul comodino e accolse il suo bambino che gli saltò al collo, respirando tranquillamente nel tepore della pelliccia marrone.
Michelangelo gli ricordava la sua piccola Miwa in ogni movimento. E Splinter era grato che questo piccolo angelo con le lentiggini fosse più piccolo degli altri che amava ugualmente con ogni pregio e difetto. Aveva la possibilità di prendersi cura di un bambino più piccolo, come Miwa, ancora una volta.
Inoltre, Mikey cresceva molto più lentamente rispetto agli altri e Splinter poteva godersi meglio la paternità strappata.
-Auguri, papà!- esclamò, consegnandogli il disegno.
Vi erano raffigurati tutti quanti con l’albero e molti regali. Splinter sorrise, abbracciando nuovamente il figlioletto che si infilò sotto la coperta, ridendo tranquillamente.
Richiamati dalle risatine del fratellino, anche i tre tartarughini più grandi si erano spinti verso le shoji appannate della camera paterna e adesso facevano timidamente capolino.
-E’ ora di aprire i regali!- esclamò il maestro, sapendo che era questo ciò che volevano.
I bambini gridarono in estasi, fiondandosi verso i pacchetti dalle carte luccicanti inerenti ai colori delle loro mascherine.
-Buon Natale, papà!- gridarono felicissimi.
Splinter non poteva chiedere un Natale migliore. Anche se ogni volta questo periodo era un richiamo alla sua vita passata, la gioia c’era, soprattutto ora che aveva nuovamente quattro cuccioli a cui badare. E il suo piccolo Michelangelo che era una reincarnazione perfetta della sua Miwa.
Guardò la foto che ritraeva lui, sua moglie e sua figlia sulla mensola nel dojo: non doveva essere triste. Sapeva che erano entrambe accanto a loro e sicuramente sorridevano.
Splinter accarezzò la testolina di Mikey che gli rivolse i suoi occhioni brillanti di gioia...
Un altro splendido Natale della sua vita...
 
The End

 


Angolo dell'Autrice

Per la prima volta ho scritto su Hamato Yoshi ed è stato... insolito. Beh, inerente al Natale, ci voleva proprio!
Vi auguro Buone Feste e vi abbraccio calorosamente! :)
A prestissimo!
  
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