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Autore: V a m p i r e    25/12/2014    2 recensioni
La piccola, piccola Emma è più intelligente dei normali bimbi di cinque anni.
E ha passatempi diversi. Più pericolosi.
[Prequel del racconto "Emma", pubblicato in un libro scolastico, ma non è necessaria la sua lettura.]
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E il mostro era nato.


Emma era piccola.
Una bambina piccola, minuta, con lunghi capelli biondi e una frangetta che faceva sembrare la sua carnagione ancora più bianca. Le vene erano in bella mostra sul suo collo e le sue mani, mai ferme, erano troppo spesso screpolate.
La madre aveva tentato di farla mangiare di più, ma Emma aveva opposto resistenza da subito. Mangiare era perdere il controllo, lei non avrebbe ingerito né più né meno cibo di quello che le serviva per sopravvivere. Aveva cinque anni.
Che non fosse una bambina normale era noto a tutti, e a lei non piaceva. Avrebbe ostacolato i suoi piani essere vista come più intelligente della media, anche se chiaramente non era superiore a quei piccoli idioti dei suoi compagni di scuola, che mangiavano la sabbia - così sporca e puzzolente, piena di germi letali - e si buttavano di testa giù dalle scale.
Spesso desiderava che morissero lì, su quelle scale, con la testa spaccata. Le sembrava una giusta punizione per la loro stupidità. Se non riuscivano a dare valore alla loro vita, perché non avrebbe potuto pensarci lei? Ma non era idiota, lei. Non diceva in giro ciò che pensava, era divertente vedere come per tutti fosse una bimba perfetta, sempre con i capelli al loro posto, sempre ben disposta e pronta a ridere alle battute dei maestri.
Erano dei ciechi che non vedevano al di lì del loro naso.
Un giorno però Emma si annoiava.
Era un bel mattino d’autunno, le foglie si staccavano dagli alberi e cadevano a terra stanche, lente. Sua madre aveva pensato di coprirla con strati e strati di maglioni, metterle addosso un orrido cappellino rosa e portarla fuori a giocare, ma Emma non aveva avuto la minima intenzione di muoversi dal divano.
“Giocare” fuori era noioso. Non c’era divertimento a correre o lanciarsi il fango come facevano i bambini della sua età. Le loro risate le davano il tormento, aveva sempre più spesso flash in cui li zittiva in modi molto fantasiosi.
No, il suo tipo di gioco era un altro.
Aveva adocchiato una tavola Ouija in cantina, e l’aveva nascosta sotto al suo disgustoso letto bianco panna. Era bella, di legno chiaro, con lettere intarsiate e ricoperte di nero. Ne era rimasta affascinata.
Ovvio, non credeva ad una parola che la madre le aveva detto in tono contrito per metterla in guardia: solo una mente semplice poteva pensare che esistessero cose non provate.
E sua madre, constatò con piacere, era una mente semplice. Adorava vestirla come una bambolina, riempirla di dolci ipercalorici e darle da leggere libri grossolani per brave bambine. Emma si divertiva ad odiarla.
Si guardò allo specchio. I capelli biondi erano lunghi fino ai fianchi, il viso scavato ben si addiceva all’autunno nuvoloso, il vestito bianco per una volta faceva al caso suo. Sorrise.
Aspettò la notte, la notte era il momento giusto. Le persone abbassavano la guardia; di notte sua cugina, più grande di lei, si nascondeva sotto le coperte dopo aver sentito un rumore fuori dalla porta. Dubitava che avesse una grande mente. Forse era di famiglia.
Si sedette sul pavimento e iniziò a dare colpi al muro con la testa.
Uno.
Due.
Sua madre l’avrebbe sentita presto, non sopportava il minimo rumore nella sua casetta perfetta.
Tre.
Quattro.
Il male che sentiva le faceva bene, le faceva piacere. Il male non è la noia, e la noia è la cosa peggiore.
Cinque.
Sei.
«Emma!» Urlò sua madre, vedendola in quella situazione bizzarra. Si trattenne dal ridere, povera mammina. «Emma, cosa succede?»
Controllò la sua voce, doveva essere perfetta. «Sento delle voci.» Rispose con un sussurro flebile, quasi impercettibile.
«Delle voci?» Il viso della madre fu un’emozione forte, come Emma non ne provava da anni. Diventò bianco in un momento, le cadde il mondo addosso. E la bimba seppe di aver vinto.
Annuì. «Mi dicono di fare brutte cose...»
«Non, non ascoltarle.»
La madre la portò a letto senza dire un’altra parola, spaventata a morte. Il mattino dopo Emma finse di non ricordare nulla di quella notte, sorrise a colazione, mise il cerchietto rosso che tanto piaceva alla mamma e andò a scuola col vestitino rosa.
E il mostro era nato.



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Falalalalà, lalà lalà. Buon Natale! Eh sì, proprio un buon Natale per parlare di una bambina pazza. La bimba pazza in questione - ti voglio bene, tesoro - è un mix tra il mio prof. di filosofia e storia (che non è fuori di testa, nota i dettagli e dà attenzione alle parole), Alison DiLaurentis di PLL (Miss Sociopatica 2014), Sherlock Holmes, Moriarty in Elementary, Sheldon Cooper e Margaery Tyrell della saga del Ghiaccio e del Fuoco.
Questo è il prequel del racconto "Emma" racchiuso in un libro di racconti di cui non so ancora se posso dire il nome. Più in là nel tempo saprò anche se posso mettere il racconto stesso, dato che non mi hanno pagato per inserirlo e non ho ricavato nulla dalla sua vendita.
Enjoy e ancora buon Natale!
   
 
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