Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    25/12/2014    4 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XXX





Le luci che scompaiono non si spengono, ma vivono e bruciano nelle altre con più intensità.

Nijimura aveva passato una settimana intera a pensare ai lavori più disparati, prendendone in considerazione uno per poi scartarlo per un altro, in un continuo circolo di dubbi, di “se” e di “forse”.
Era assurdo che a vent'anni non avesse ancora idea di quale sarebbe dovuto essere il suo futuro impiego, e l'insensatezza della sua situazione si faceva più reale e concreta soprattutto quando pensava ad Akashi - che aveva già chiara ogni cosa e si stava preparando per cominciare l'università - e ad altri - Murasakibara e Aomine, per la precisione - che sembravano aver sconfitto la pigrizia e avevano cominciato a lavorare prima di lui.
I pensieri che si erano accavallati nella sua mente durante quell'ultima settimana lo avevano messo a dura prova, tanto che aveva deciso di smettere di cercare, aveva scritto dei minuscoli bigliettini con i vari mestieri che aveva preso in considerazione e poi ne aveva presa una manciata, per provare a metterli direttamente in pratica.
Aveva passato un paio di giorni a girovagare per la città, a chiedere se avessero bisogno di personale nei locali, se necessitassero di qualcuno che insegnasse un po' di basket ai bambini nelle scuole, se fossero in cerca di commessi al supermercato, ma dopo essersi sentito rispondere di no una dozzina di volte si era ritrovato con un solo bigliettino.
Era il colmo che l'ultimo bigliettino rimasto riguardasse un mestiere che aveva aggiunto soltanto per fare numero: era vero che aveva aggiustato almeno un paio di volte il lavandino di sua madre, ma in cuor suo sapeva benissimo che un simile evento non avrebbe mai potuto classificarlo come idraulico, eppure, dopo aver incontrato due esperti del settore ed essere stato messo alla prova, gli erano stati assegnati un paio di incarichi.
Pur non avendo idea di quale lavoro facesse per lui, Nijimura era sicuro di una cosa: non voleva fare l'idraulico, si ripeteva continuamente che quella situazione era solo momentanea, che quello non sarebbe stato il suo lavoro definitivo ma solo un ripiego per racimolare qualche soldo e aiutare Akashi a sostenere le ultime spese mediche.
In verità c'era un lavoro che sarebbe stato felice di fare, ma era uno di quei desideri che molto probabilmente avrebbe tenuto nel cassetto - dopotutto si trattava di una grande ambizione, avrebbe dovuto fare tanta strada prima di arrivare ad un simile traguardo, ma non avrebbe mai avuto né il tempo né il modo -.
Nijimura prese una grossa boccata d'aria, per poi lasciarsi sprofondare contro il morbido schienale del divano e sbuffare sommessamente: non aveva voglia di stare chiuso in casa a pensare che avrebbe passato tutta la vita ad aggiustare tubi, voleva uscire e fare una passeggiata, anche se ciò significava lasciare Akashi da solo - e non che fosse un male per Seijuurou, anzi si veniva a creare una condizione decisamente migliore per studiare, ma Shuuzou era ancora scettico riguardo la sua salute e si ostinava a tenerlo d'occhio e ad assicurarsi costantemente che stesse bene -.
Shuuzou sbirciò oltre lo schienale del divano e si soffermò per qualche istante sulla figura silenziosa di Akashi, con un libro aperto sulle ginocchia e gli occhi impegnati nel guizzante inseguimento dei versi dell'ennesima poesia.
«Ehi?» Nijimura si sporse un poco e Akashi sollevò il proprio sguardo, restando a guardarlo in silenzio.
«Adesso che ho trovato una specie di lavoro potremmo andare a trovare gli altri al campetto.» per una volta sperava che Akashi potesse lasciare da parte lo studio e uscire con lui.
«Non so a che ora si danno appuntamento.»
Shuuzou rimase a fissarlo e protese le labbra, aggrottando la fronte in un cruccio: da quando Akashi non sapeva? Il non sapere era un concetto inesistente nel suo vocabolario.
«Chiama Kuroko.» cercò di incalzarlo, ma Akashi non rispose e si limitò a chiudere il libro.
Nijimura sospirò sommessamente e tornò a guardare davanti a sé, almeno finché Akashi non si sistemò accanto a lui.
«Io non potrò tornare a giocare a basket, Shuuzou. Non immediatamente, almeno.»
Nijimura trattenne il fiato per un istante: aveva la sensazione che Akashi avesse come al solito un obbiettivo ben preciso, che volesse arrivare a qualcosa e che fosse disposto a tutto pur di farlo.
Seijuurou gli aveva raccontato che si era lasciato sopraffare dall'Occhio dell'Imperatore perché aveva avuto la sensazione di essere rimasto indietro rispetto agli altri, si era sentito come una gemma vuota circondata da fiori sbocciati, si era sentito minacciato, schiacciato da una parte da suo padre e dal desiderio di vittoria, dall'altra dal talento incontenibile dei Miracoli: doveva essere così anche in quel momento, forse si trattava addirittura di una sensazione più forte, di una condizione reale a cui Akashi sapeva di dover porre rimedio il più in fretta possibile.
«Non sono ancora guarito del tutto e quando lo farò la mia ripresa sarà lenta, non sarò in grado di sostenere neppure un uno contro uno.» Akashi fece una piccola pausa e socchiuse gli occhi non appena avvertì la mano calda dell'altro adagiarsi al centro della sua schiena «non avrebbe senso andare al campetto ogni giorno, so già quello che sono in grado di fare, so già quello che faranno. Vederli giocare a basket ogni giorno senza potermi unire a loro mi farebbe sentire solo più vuoto.»
«Quindi ...» Nijimura esitò per un istante «non hai più intenzione di vederli?»
Akashi voltò lentamente il viso verso di lui e accennò un sorriso, estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
«Non ho detto questo, Shuuzou.»


«E poi ho detto a Dai-chan che non può essere così scortese con Ki-chan!»
Aida ignorò lo strepito di Momoi e affondò la mano nella tasca della giacca.
«Insomma, se Ki-chan lo va a trovare è perché‒» Satsuki si zittì non appena l'altra gesticolò con la mano «umh? Che c'è?»
«Aspetta.» Riko estrasse il cellulare, pronta a dirne quattro a suo padre che non faceva altro che chiamarla ogni volta che metteva piede fuori casa - e tutto perché era fermamente convinto che fosse tornata a frequentare Hyuuga e Teppei e aveva paura che tornasse a vivere con loro -, ma non appena vide un altro nome campeggiare sullo screensaver sobbalzò e balbettò qualcosa di insensato.
«Chi è?» Momoi si fermò e sbatté appena le palpebre, cercando di sporgersi per dare una rapida occhiata al cellulare dell'altra, ma Aida lo strinse al petto e prese una grande boccata d'aria, cercando di riordinare le idee.
«È … è Akashi-kun-!» ancora non ci credeva che l'ex capitano della Generazione dei Miracoli la stesse chiamando, che l'ex capitano della Generazione dei Miracoli avesse il suo contatto in rubrica! - A proposito: chi gli aveva dato il suo numero? -
Momoi sgranò gli occhi e le afferrò la manica della giacca, strattonandola appena.
«Che aspetti, Riko-chan?! Rispondi!»
«Eh-? Sì, sì! Adesso rispondo!» cercò di mantenere la voce più ferma possibile e una stretta salda sul cellulare, diventato improvvisamente scivoloso - probabilmente perché a causa di quella chiamata aveva cominciato a sudare freddo -.
Dopo aver scambiato una fugace occhiata con l'altra, Aida prese una grande boccata d'aria e rispose con un verso molto simile ad un rantolio che la fece immediatamente sprofondare nell'imbarazzo.
«Mi auguro di non averti disturbato, Aida-san.»
Riko trattenne il fiato ed esitò per qualche istante, negando con un lieve cenno del capo e riprendendo a parlare soltanto quando Momoi le strattonò la manica della giacca.
«No, certo che no!»
«Bene.»
Aida si sentì attraversare da un brivido: Akashi doveva star sorridendo.
«Ho una proposta.»


«Hai avuto davvero una bella idea, Akashi-kun.» Aida esitò appena, non tanto per ciò che aveva detto - visto che lo pensava sul serio -, ma piuttosto perché non aveva la minima idea di quale fosse il modo migliore per rompere il ghiaccio con Akashi.
«Si può sapere cos'hai intenzione di fare?» Nijimura, alle loro spalle, intervenne con voce molto più ferma, e Riko, che aveva già inteso tutto - anche il suo destino -, si sporse leggermente, in attesa che l'altro rispondesse.
«Non è ovvio, Shuuzou? Voglio insegnarvi ad andare a cavallo.»
La risata nervosa e sommessa di Aida richiamò immediatamente l'attenzione di Akashi, che restò ad osservarla in silenzio, in attesa che dicesse qualcosa.
«Dobbiamo farlo anche io e Momoi?»
«Sarebbe divertente!»
Riko rivolse un'occhiataccia all'altra e ringhiò sommessamente, mentre Akashi accennò un piccolo sorriso.
«Non vedo perché escludervi.»
Aida strinse i denti, al contrario di Momoi che, entusiasta, batté le mani e sorrise.
«Posso avere un pony?!»
«Niente pony, i vostri cavalli sono già pronti. Anche il tuo, Aida-san.»
Riko si sentì punta nel vivo e rabbrividì appena: non che avesse paura dei cavalli, dopotutto, essendo cresciuta in una grande città fortemente tecnologica come Tokyo, aveva avuto occasione di vederli dal vivo pochissime volte e che ricordasse non era neppure mai riuscita a toccarli, ma la presenza di Akashi le stava incutendo un certo timore.
Quando i quattro raggiunsero gli altri, Akashi diede qualche rapida direttiva per indicare ad ognuno quale fosse il suo cavallo, soffermandosi per qualche istante su assenze - Kuroko e Kagami - e su presenze poco gradite - Himuro e Takao -.
«Shuu?»
Gli occhi di Akashi guizzarono immediatamente sulla figura di Himuro, e a Midorima, che aveva notato il movimento repentino, sembrò che le sue pupille fossero attorniate dalle fiamme; Nijimura, dal canto suo, distolse l'attenzione dal suo cavallo e cercò il volto a cui apparteneva quella voce.
«Tatsuya?»
Gli occhi di Akashi guizzarono ancora più rapidi sulla figura di Nijimura, letteralmente iniettati di sangue, tanto che anche Takao doveva averlo notato e aveva cominciato a stuzzicare Midorima con qualche leggera gomitata.
«Sei davvero tu?»
«Muro-chin conosce Niji-chin?»
«È piccolo il mondo.» Himuro sorrise e Akashi pensò che, sì, era fin troppo piccolo il mondo, tanto piccolo che il caso, fortunatamente, aveva decretato anche la sua presenza in quel luogo - presenza che stava passando inosservata, soprattutto agli occhi di Nijimura -.
«Ti dispiace, Himuro? Rimandiamo i saluti a più tardi.» Akashi troncò di netto la conversazione, tornando a rivolgergli il proprio sguardo.
«Ehi Akashi, si può sapere cosa ce ne dobbiamo fare di questi cosi?» e ringraziò mentalmente Aomine per aver posto la domanda più inutile della storia.
«Immagino che nessuno di voi abbia mai avuto a che fare con un cavallo.» Seijuurou ignorò la domanda di Daiki e procedette, socchiudendo l'occhio destro a causa della leggera pressione esercitata dal muso del suo cavallo sulla spalla.
«Si può sapere cos'ha?»
«Yukimaru è contento di vedermi.» Akashi accennò un sorriso e accarezzò il muso del cavallo, che nitrì sommessamente e si avvicinò un poco di più a lui: erano cresciuti insieme, erano sempre stati amici, quindi era logico che avessero sentito la mancanza l'uno dell'altro e fossero felici di essersi finalmente rincontrati - un po' come Himuro e Shuu, a quanto pareva -.
Seijuurou si schiarì appena la voce e tornò a rivolgersi a loro «quindi vi insegnerò come ...» ma le parole gli morirono in gola, soffocate dall'interesse che gli suscitò la visione di Kise già in sella.
«Dovevo aspettarmelo da te, Ryouta.» era probabile che qualche minuto prima avesse osservato un fantino e memorizzato tutti i suoi movimenti: dopotutto lui aveva l'imitazione dalla sua parte.
«Eh?» come se avesse cominciato ad ascoltare Akashi solo in quel momento, Kise aggrottò la fronte e si indicò con l'indice «ah, sì! L'ho già fatto un paio di volte in Inghilterra!» poi sorrise.
«Sul serio, Ki-chan?!» come se vestisse i panni della sua più grande ammiratrice, Momoi si affiancò al suo cavallo e sollevò leggermente il viso, trattenendo il respiro e osservandolo con occhi sognanti: cavalcare doveva essere una bella esperienza - anche se Akashi non le aveva permesso di prendere un pony -.
«Akashi-kun, insegnaci!»
Momoi si ritrovò gli occhi di Aida e Aomine puntati addosso, ma prima che quest'ultimo potesse dire qualcosa, Akashi lo precedette.
«Bene: io e Ryouta vi spiegheremo come si fa.»


Quando Takao si voltò verso di lui e notò la postura rigida, gli occhi immobili e le labbra serrate in una smorfia, trattenne una risata di scherno: Midorima non doveva sentirsi per niente a suo agio sul cavallo, al contrario di tutti gli altri, visto che perfino Aida sembrava aver superato la paura di quella novità.
Il cavallo di Takao nitrì sommessamente e avvicinò il muso a quello di Midorima che, reticente, ruotò il capo dall'altra parte, sfuggendo allo sguardo dell'altro.
«Shin-chan, il tuo cavallo ti somiglia!»
Midorima aggrottò appena la fronte e rivolse una rapida occhiata a Takao, poi guardò il suo cavallo e anche lui ruotò il capo, sfuggendo allo sguardo dell'altro.
«Ma che dici?»
«E non essere così rigido! Rilassati!»
«Takao, taci.»
Lo scalpiccio sommesso e regolare provocato dal cavallo di Akashi attirò l'attenzione di Shintarou, tanto che il suo sguardo si soffermò, quasi incantato, sull'andatura elegante dell'animale, sul lungo e liscio crine bianco e sul portamento fiero ed elegante. Una volta Seijuurou gli aveva detto che si trattava di un andaluso e gli aveva mostrato delle foto, ma vederlo dal vivo era tutta un'altra cosa: la somiglianza con il suo proprietario non era più solo un sospetto, ma una certezza.
«Ora voglio che vi dividiate in gruppi da due.» Akashi parlò e Aida si sentì per un momento sottratta dal suo incarico.
«Consegnerò una mappa ad ogni coppia.»
«Di cosa si tratta?» Kise si sporse appena, curioso di scoprire che cosa avesse in mente Akashi.
«Ho chiesto ai proprietari del maneggio di organizzare una piccola caccia al tesoro.» Akashi consegnò una mappa a Kise, una ad Aida, un'altra a Murasakibara e un'altra ancora a Midorima.
«Vedete i punti azzurri? Quelli sono i tesori, mentre il punto arancione è quello da raggiungere una volta che li avrete presi tutti o avrete deciso di arrendervi.»
«Sembra carino!» Kise esordì con un sorriso e Aomine, dell'idea completamente opposta, alzò gli occhi al cielo e sospirò esasperato.
«Ho fatto in modo che fossero loro ad occuparsene, così potremo partecipare anche io e Shuuzou.»
«Ah, fantastico.» Daiki brontolò sommessamente, ma Seijuurou non vi badò e riprese a parlare.
«Avete tutti le zollette di zucchero? Sono di grande aiuto quando si è alle prime armi con un cavallo.»
«Aka-chin, io le ho finite.»
Akashi inarcò leggermente le sopracciglia, esterrefatto da quelle parole ingenue e tranquille.
«Atsushi, quelle erano per il cavallo, non per te.»


Murasakibara mugugnò indispettito e abbassò la testa, cercando di scacciare i rami più bassi con un rapido movimento della mano.
«Dobbiamo farlo davvero?» l'idea di quel gioco non lo allettava per niente, soprattutto dopo che Akashi aveva specificato che il “tesoro” era composto da tante piccole spille da portare al punto arancione e non da dolcetti come aveva sperato lui.
«È un'occasione per passare un po' di tempo insieme ed esplorare il posto, non credi?» al contrario di Murasakibara, Himuro era completamente a suo agio in sella al proprio cavallo, soprattutto perché la sua altezza non era spropositata come quella dell'altro e quindi la sua testa non veniva continuamente colpita dai rametti rinsecchiti che facevano da base a quelli più verdeggianti.
«Io ho fame.»
Sovrappensiero, Himuro ignorò il brontolio dell'altro e restò ad osservare solo per qualche istante la lunga coda nera del suo cavallo che oscillava lentamente. Troppo lentamente.
Voleva davvero passare un po' di tempo con Murasakibara ed esplorare il posto, vincere la caccia al tesoro non era una priorità irrinunciabile, eppure aveva la sensazione che Akashi avesse scelto per loro i cavalli più lenti - e di certo non si trattava di un caso -.
«Muro-chin, non sapevo che conoscessi Niji-chin.»
Lo sguardo di Tatsuya guizzò e si soffermò sui capelli di Atsushi, che per altro ondeggiavano con la stessa lentezza della coda del suo cavallo: era troppo loquace e non sapeva spiegarsi se la causa fosse la fame o, molto più probabilmente, la curiosità di scoprire come mai conoscesse Nijimura.
«Ci siamo incontrati in America, ma è una storia lunga.» non così tanto lunga, in verità, ma il tono basso di Murasakibara non gli piaceva.
«Aka-chin non sembrava molto contento.»
«Non lo hai notato, Atsushi? Io, Takao e Taiga non gli stiamo molto simpatici.»
Murasakibara rimase in silenzio per qualche istante e annuì appena, afferrando un rametto fra le dita e spezzandolo.
«Non gli piacciono particolarmente le persone estranee alla Generazione dei Miracoli che vogliono entrare a farne parte.»
Himuro fece per controbattere, ma sarebbe stato inutile dire a Murasakibara che lui non era una di quelle persone: lui voleva entrare a far parte della Generazione dei Miracoli, lo aveva sempre voluto, ancor di più da quando Kagami si era avvicinato così tanto a tutti loro.
«Un momento ...» Tatsuya aggrottò la fronte confuso: lui che cosa sapeva di Nijimura? Si erano dati un nomignolo per simpatia, certo, ma non avevano passato insieme più di un pomeriggio, Shuuzou gli aveva raccontato che si trovava a Los Angeles a causa del padre malato, lo aveva aiutato ad acchiappare una banda di teppisti e poi avevano giocato a pallacanestro, ma per il resto non sapeva da quale città giapponese provenisse, quale scuola avesse frequentato e, soprattutto, di quale squadra di basket avesse fatto parte.
«Atsushi?»
Murasakibara tirò goffamente le redini del cavallo che, dopo aver battuto a terra gli zoccoli un paio di volte, si fermò.
«Sì?»
«Shuu …»
Murasakibara si voltò a guardarlo e anche Himuro fermò il proprio cavallo, forzando un sorriso.
«Nijimura non è una di quelle persone che tenta di far parte della Generazione dei Miracoli, vero?»
Murasakibara rimase in silenzio per qualche istante e inspirò appena, tornò ad osservare il sentiero sterrato di fronte a sé e tese nuovamente le redini del cavallo, cercando di colpirlo al fianco con quanta più delicatezza possibile - Akashi gli aveva detto di fare attenzione almeno cinque o sei volte prima di congedarsi -.
«Niji-chin non ne ha bisogno: ne fa già parte.»
Nonostante quelle parole fossero semplicemente una conferma ai suoi sospetti, Himuro non riuscì immediatamente a capacitarsi della cosa e boccheggiò, riuscendo a riprendere fiato soltanto quando l'altro tornò a parlare.
«È lui che al Teikou ha lasciato ad Aka-chin il posto di capitano.»
Tatsuya non poté credere alle sue orecchie: davvero lui, quattro anni prima in America, aveva incontrato l'ex capitano della Generazione dei Miracoli?
«Muro-chin, cosa c'è?»
Himuro ignorò il richiamo di Murasakibara e si lasciò avvolgere da una sensazione calda e confortevole, una nuova speranza che dal petto sembrava confluire fino agli arti e farlo sentire pronto e preparato per ogni sfida: Nijimura gli aveva detto che gli piaceva il suo stile di gioco, si erano promessi che avrebbero fatto un'altra partita se si fossero rincontrati, lui faceva parte della Generazione dei Miracoli e, come se non fosse bastato, era quello più vicino ad Akashi, quello che avrebbe potuto eliminare almeno in parte la sua inflessibilità e renderlo più tollerante nei suoi confronti. Nijimura era il suo biglietto di ingresso nella Hall of Fame.


«Cos'altro hai fatto in Inghilterra che io non so?»
Kise aggrottò la fronte in un'espressione corrucciata e tese le redini in modo che il suo cavallo rallentasse, poi diede un'occhiata oltre la propria spalla destra e si soffermò per un istante sulla smorfia indispettita che campeggiava sul volto di Aomine.
Le labbra di Ryouta ebbero un fremito: perché era arrabbiato? Era così offensivo il fatto che lui fosse già stato al maneggio?
«Non credo che all'epoca ti interessasse sapere cosa facevo in Inghilterra.» rispose con calma, senza smettere di guardarlo e arrestando definitivamente la marcia del cavallo che, in segno di protesta, nitrì rumorosamente.
«Adesso potrebbe interessarmi ...» Aomine borbottò, assottigliando lo sguardo e sfiatando sommessamente; Kise, dal canto suo, accennò un sorriso intenerito.
«Aominecchi è geloso!» cinguettò vagamente divertito, e Aomine gli strepitò immediatamente contro.
«Io non sono geloso, idiota!»
Kise ampliò il sorriso e riprese a parlare quando il cavallo di Aomine, contro il volere di quest'ultimo, si fermò di fianco al suo.
«Aominecchi, vado in Inghilterra sì e no due settimane l'anno.»
Aomine rimase in silenzio e continuò a guardarlo con una certa diffidenza.
«E poi lo sai che ho perso la verginità con te.»
«Kise!» almeno finché l'imbarazzo non investì e soffocò la gelosia.
«Che c'è? Pensi che mi possa aver sentito qualcuno oltre i nostri cavalli?»
Aomine fece per controbattere, ma si limitò a sbuffare sommessamente, ancora imbarazzato a causa di quell'intervento inaspettato.
«Te la sei cercata, Aominecchi.» Kise lasciò le redini e si voltò verso di lui, sporgendosi appena e afferrandogli il viso fra le mani.
«O-ohi, che fai?» Aomine borbottò, cercando di sfuggire alla sua presa, ma Kise non lo lasciò e gli stampò un bacio sulle labbra, poi un altro ancora, finché l'altro non si decise a ricambiare e ad approfondire il contatto.
Il primo ad aver cominciato fu anche il primo ad estraniarsi da quel contatto, afferrando nuovamente le redini senza, tuttavia, staccare il proprio sguardo da quello dell'altro.
«Sai Aominecchi, stavo pensando che la caccia al tesoro potrebbe aspettare.»
Aomine drizzò il capo e rimase in ascolto, guardandosi intorno solo per qualche istante: possibile che quel bacio avesse risvegliato in Kise talmente tanta voglia di fare sesso da fargli perfino abbandonare l'idea della caccia al tesoro? Davvero voleva farlo lì? Da quanto si ricordava Kise non si era mai trovato a suo agio immerso nella natura, soprattutto se la terra e l'erba erano umide e quindi pullulavano di quelle creaturine invertebrate a cui, molto probabilmente, avrebbe preferito un leone affamato, ma a quanto pareva gli ormoni facevano miracoli.
«Facciamo una gara!» Kise indicò davanti a loro e Aomine si sentì improvvisamente molto stupido, oltre che profondamente imbarazzato.
Kise sembrò accorgersi che qualcosa non andava, ma Aomine riuscì a parlare ancor prima che gli chiedesse quale fosse il problema.
«Una gara?» anche quella era una proposta interessante, e il sorrisino sornione di Kise rendeva quasi impossibile rifiutare.
«Vediamo se riesci a battermi, magari hai la fortuna del principiante dalla tua parte.»
Aomine ghignò divertito e tese appena le redini, rivolgendo il proprio sguardo davanti a sé.
«Non fare troppo il gradasso, Kise. E vedi di non perderti durante il tragitto.»
Ryouta ampliò il sorriso e gli rivolse un'occhiata silenziosa, poi indirizzò il proprio sguardo di fronte a sé e tese le redini, pronto alla sfida.


«Shin-chan, siamo a due! Fermiamoci un momento a riposare!»
Midorima inforcò gli occhiali e gli rivolse un'occhiata piena di disappunto.
«Takao, non possiamo riposarci ogni volta che arriviamo ad un punto azzurro.» Midorima fece una piccola pausa, per poi schiarirsi la voce e riprendere «e poi voglio battere Akashi.»
«Shin-chan, è una bella giornata, dovresti pensare a distrarti un po'.» Takao arrestò il cavallo e Midorima, che aveva acquisito decisamente più sicurezza, continuò per ancora un paio di metri, come a volerlo avvertire che sarebbe andato avanti anche senza di lui.
Midorima diede un'occhiata oltre la sua spalla e restò ad osservare Takao che, testardo come un mulo, era addirittura sceso da cavallo e se ne stava immobile ad un paio di metri da lui.
Kazunari aveva ragione: era una bella giornata e non faceva neppure molto freddo. Era meraviglioso che fosse proprio Takao, che si trascinava ancora dietro la sofferenza della perdita, a dire a lui, che aveva come unico tormento qualche ora di studio intensivo, di godersi ciò che gli veniva offerto, di smetterla di correre e osservare con più attenzione ciò che gli stava intorno.
Midorima sospirò sommessamente e dopo qualche difficoltà riuscì a condurre il cavallo fino a Takao.
«Hai in mente qualcosa in particolare?»
Takao sollevò il viso e sfoderò un sorriso, ma non disse nulla e si avvicinò al cavallo di Midorima, infilando il piede sinistro nella staffa e adagiando entrambe le mani sul posteriore dell'animale.
«Takao, che diavolo fai?»
«Salgo su!»
«Cosa?! Guarda che così ti ammazzi, idiota!»
«Ma cosa dici, Shin-chan? Faccio due saltelli con il piede destro e poi salgo su!» ripeté a pappagallo uno dei passaggi spiegati da Akashi poco prima e saltellò sul piede destro, poi si sollevò, ma la spinta non bastò e perse l'equilibrio.
«Takao!»
Il tonfo di Takao spaventò il suo cavallo, che nitrì rumorosamente e si alzò sulle zampe posteriori, per poi scattare in avanti e correre via.
«A-ahia … la schiena–» Takao restò steso sulla schiena e mosse i piedi solo per qualche istante.
«Sei davvero un idiota!» Midorima, dal canto suo, scese in fretta da cavallo e si chinò per controllare che fosse tutto a posto, cosa che gli venne confermata dalla fragorosa risata di Takao.
«Che hai da ridere?! Ti faceva male la schiena fino a due secondi fa!»
«Mi fa ancora male ...» Takao lo guardò e gli sorrise «ma è divertente vederti così arrabbiato soltanto perché sei preoccupato per me.»
«Non dire idiozie.» Midorima sbottò e rivolse lo sguardo altrove, arrossendo appena, ma Takao continuò a guardarlo e ampliò il sorriso, per poi circondargli il collo con le braccia e trascinarlo verso il basso, un poco più vicino a lui.
Midorima si lasciò trascinare, ma prima diede una rapida occhiata davanti a sé, nella speranza che il cavallo di Takao fosse ancora nei paraggi, poi, trovando il sentiero vuoto e silenzioso, si decise a rimandare la ricerca dell'animale a più tardi e lasciò scivolare le dita fra i capelli dell'altro, ricambiando la stretta senza dire una parola.


«Momoi, sei sicura che sia una buona idea?» il tono di Riko tremò vagamente e fu a malapena udibile a causa dello sciabordio del fiume.
«Ma certo! Se attraversiamo il fiume al posto di fare il giro largo arriveremo molto prima.»
«Sì, ma se la corrente …?»
«Andrà tutto bene, fidati del mio sesto senso femminile!» Momoi esordì con un sorriso e Riko strinse i denti, indecisa sul da farsi: si parlava di guadare un fiume a cavallo e, soprattutto, le toccava fidarsi dell'altra.
«Momoi?» Riko restò ad osservare le zampe anteriori del cavallo di Momoi già immerse almeno per un quarto nell'acqua e la chiamò «sei sicura che non ci sia un ponte?»
Momoi diede un'altra rapida occhiata alla mappa e la ripiegò per l'ennesima volta «direi di sì, sulla cartina non c'è nessun ponte.»
Aida pensò all'eventualità che fosse una cartina su cui non erano stati segnati i ponti, ma non disse altro e si limitò a catturare una grossa boccata d'aria, trattenendo il respiro per qualche istante: aveva scelta? No, ormai il cavallo di Momoi era arrivato ad immergere nell'acqua anche le zampe posteriori e il suo aveva cominciato a muoversi.
Doveva ammettere che si trattava di un luogo molto suggestivo, un frammento di Paradiso di felci e arbusti color verde smeraldo che si rifletteva su uno specchio d'acqua cristallina, oltre la cui superficie si vedeva il fondale di pietre tonde, grigie e nere; l'unica pecca era il sottile strato di fango lungo il margine del fiume e le chiazze sulle rocce più grandi, che a tratti parevano sorte di isolotti di pietra nel bel mezzo del fiume.
Il cavallo di Aida raggiunse molto presto quello di Momoi, che pareva profondamente affascinata da quell'esperienza, assorta ad osservare l'acqua del fiume scorrere impetuosa, trasportando a valle quale foglia o qualche ramoscello secco.
Un suono rapido e vagamente roco mise in guardia entrambe, in particolare Aida, mentre Momoi guidò il cavallo proprio nel punto da cui credeva fosse provenuto.
«Meglio se ci sbrighiamo.» Aida intervenne e ne approfittò per far avanzare il proprio cavallo.
«Riko-chan, sta tranquilla, cosa ci potrà mai essere di cos—» la voce di Momoi venne nuovamente sormontata da quel suono, e siccome le era sembrato così vicino le venne spontaneo voltarsi alla sua destra e dare un'occhiata ad una delle rocce che trafiggevano la superficie del fiume.
Quando la minuscola ranocchia gracidò di nuovo e si tuffò dal piccolo scoglio, piombando in acqua con un tonfo sordo, Satsuki cacciò un urlo e scivolò da cavallo, facendo molto più baccano del povero anfibio che, senza fare nulla, era riuscito a spaventarla a morte.
Aida cercò di capire cosa fosse successo, sia estremamente sorpresa sia terribilmente divertita da quella scena inaspettata, poi si sporse da cavallo e Momoi riemerse, scostandosi i capelli zuppi dal viso.
«Va tutto bene?»
«M-meglio se torniamo indietro ...»
Riko non riuscì a capire se le gocce al lato degli occhi fossero lacrime o semplicemente acqua, ma a giudicare dalla voce tremante era probabile che le venisse da piangere, quindi si limitò ad annuire e tornarono indietro.
«Non avevo considerato le rane.» Momoi brontolò e si levò la giacca, cercando di strizzare alla bene e meglio la maglietta bianca; Aida, dal canto suo, rimase per qualche istante ad osservare il seno tondo dell'altra ben visibile - almeno in parte, visto che indossava il reggiseno - oltre il tessuto bagnato, quasi incollato alla pelle.
«Ti ...» quando Momoi incrociò le braccia al petto, Aida scosse appena il capo e distolse lo sguardo «ti fanno paura?»
Satsuki sbuffò appena e gonfiò leggermente le guance «colpa di Dai-chan.»
Aida rimase a guardarla ancora per qualche istante, poi si levò la giacca e gliela gettò addosso con decisamente poca delicatezza.
«Togliti la maglia e mettiti la mia giacca, ti terrà caldo.» si voltò per lasciarle il tempo di cambiarsi: dopotutto vederla zuppa dalla testa ai piedi, con la maglietta bagnata ben aderente alle forme del corpo, le aveva fatto uno strano effetto e non voleva rischiare ancora.


Arrivato al promontorio, lì dove gli alberi lasciavano posto agli arbusti e quindi la visuale non era turbata, Akashi si fermò ad osservare il paesaggio: c'erano colline tondeggianti completamente scure e spoglie alternate ad altre, verdi e vitali, una corona di mare blu e stracci di nubi bianche e cinerine immerse nel tenue azzurro di un freddo cielo invernale.
Era proprio come lo ricordava, proprio come lo aveva dipinto sua madre.
Era lei a portarlo al maneggio, le piaceva andare a cavallo e così facevano lunghe passeggiate insieme, spesso giungendo in posti suggestivi che lei ritraeva durante le pause, proprio come aveva fatto con il promontorio.
Aveva talento sia nel ritrarre che nel dipingere, giocava meravigliosamente con i colori, era l'artista sognatrice che completava in tutto e per tutto il razionale e autoritario signor Akashi.
«Mi piace questo cavallo.» Nijimura fece capolino dalla boscaglia e lo raggiunse, e Akashi abbandonò a malincuore la contemplazione del paesaggio, ritrovando la pace non appena si fu voltato verso di lui.
«Lo so, li ho selezionati apposta per voi.» accennò un sorriso «e comunque è una femmina: è la fidanzata di Yukimaru.»
Come se avesse capito, Yukimaru nitrì sommessamente e affondò il muso nella criniera scura della fidanzata, mentre Nijimura protese le labbra in una smorfia di disappunto.
«Akashi, non avrai scelto lei soltanto perché è la fidanzata di Yukimaru, vero?»
Seijuurou lo guardò ancora per qualche istante e continuò a sorridere, poi tornò ad ammirare il paesaggio freddo e silenzioso e dopo qualche attimo di esitazione affondò le mani nella bisaccia appesa al fianco destro di Yukimaru.
Nijimura restò a guardarlo mentre si rigirava fra le mani la penna estratta dalla bisaccia, poi diede una rapida occhiata all'orizzonte e l'impressione di aver già visto quel paesaggio lo investì in pieno.
Shuuzou ebbe qualche istante di esitazione nel quale fece vagare lo sguardo dal paesaggio ad Akashi e viceversa, finché il sospetto di aver già scorto la morbidezza di quelle colline e la delicatezza di quell'azzurro chiarissimo in uno dei disegni di sua madre non si trasformò in certezza.
Akashi si stava ancora rigirando la penna fra le mani, e Nijimura si chiese se non avesse intenzione di ritrarre il paesaggio, così diede una rapida occhiata nella propria bisaccia, poi nelle tasche dei pantaloni e infine in quelle della giacca.
«Ehi, non posso darti niente di meglio.» cercò di stendere alla bene e meglio il foglio spiegazzato che aveva trovato nella tasca sinistra della giacca e glielo porse, e Akashi, dal canto suo, lo afferrò e gli sorrise.
«Credo proprio che lascerò a qualcun altro la possibilità di vincere.» Akashi scese da cavallo e Nijimura fece lo stesso, anche se incontrando qualche difficoltà.
«Avevo portato un asciugamano per fare una pausa dopo la vittoria.» aprì nuovamente la bisaccia e lo estrasse, stendendolo a terra con un movimento rapido e deciso.
«I cavalli?»
«Yukimaru e Masami sono ubbidienti, non scapperanno.» Akashi fu il primo a prendere posto sull'asciugamano, piegò entrambe le gambe e fece aderire il foglio al ginocchio, cominciando a disegnare soltanto quando Nijimura si affiancò a lui.
Restarono entrambi in silenzio a lungo, lo sguardo di Nijimura abbandonò la contemplazione del paesaggio reale per osservare attentamente quello che Akashi stava ricreando sul foglio, con tratti precisi e delicati, movimenti così rapidi che lo facevano sembrare un esperto.
Pur avendo soltanto una penna blu ed un foglio di carta stropicciato, Akashi se la stava cavando meravigliosamente, riusciva a rendere alla perfezione le forme, le luci e le ombre e di conseguenza la prospettiva. Seijuurou stesso era consapevole di star facendo un buon lavoro, ed era felice che sua madre gli avesse trasmesso almeno in parte l'amore per l'arte, per i boschi, il mare, per gli animali e per tutto ciò che il mondo reale - e non quello creato dagli uomini - poteva offrire: era come se una parte di lei vivesse ancora in lui, poteva sentire la sua voce sussurrare e mescolarsi al delicato e continuo scorrere della punta della penna sulla carta, poteva ritrarre il mare che abbracciava le montagne e ricordare il calore materno delle sue braccia gentili attorno al suo corpo.
Nei momenti più belli, quando qualcosa di meraviglioso lo estasiava, Akashi non poteva fare a meno di rimpiangere la scomparsa di sua madre e sentirne la mancanza, e Nijimura lo sapeva, così attendeva in silenzio che la traccia di malinconia scomparisse dai suoi occhi e in quel momento, in particolare, aspettò che finisse di disegnare e rivolgesse un sorriso soddisfatto all'orizzonte, poi gli afferrò il mento fra le dita e lo baciò.


«Abbiamo trovato questo, dovresti stare più attento.»
«Il mio cavallo!» nell'esatto istante in cui Takao afferrò le redini, Akashi le lasciò, per poi avvicinarsi a Midorima, Kise, Aomine e Aida.
«Spiacenti per il ritardo. Allora, chi ha vinto?»
«Emh … Akashicchi, vedi ...» l'esitazione di Kise, la risata nervosa di Aida e lo sbuffo di Midorima lo misero immediatamente in guardia, ma la sua attenzione fu attirata quasi immediatamente dal continuo tremolio di Momoi.
«Momoi-san, va tutto bene?»
«S-sì-» Momoi si affrettò a rispondere con voce tremante «sono solo bagnata.»
Seijuurou la guardò ancora per qualche istante, poi scorse il resto dei presenti con una rapida occhiata ed infine incontrò lo sguardo di Nijimura: dopotutto anche loro due avevano deciso di lasciare da parte la caccia al tesoro per fare qualcos'altro, quindi non era nella condizione di poter rimproverare le altre tre coppie che gli stavano davanti.
Takao aveva perso il cavallo, Momoi - a giudicare dal fatto che fosse bagnata fradicia dalla testa ai piedi - doveva essere caduta in un fiume, ma Kise e Aomine che cosa avevano fatto, di preciso? Akashi schiuse le labbra, deciso a metterli alle strette per cercare di capire se i suoi sospetti fossero corretti, ma una voce alle sue spalle si sovrappose e trionfò sulla sua.
«Scusateci per il ritardo.» Himuro accennò un sorriso e scese da cavallo, prendendo posto fra Kise e Momoi.
«Non importa, immagino che anche voi abbiate ignorato completamente la caccia al tesoro.» Seijuurou parlò con calma, senza degnarlo neppure di uno sguardo.
«A dire il vero le abbiamo recuperate tutte.» Himuro estrasse dalla tasca della giacca sette piccole spille azzurre e gliele mostrò, e Akashi gli rivolse un'occhiata imperturbabile ma decisamente aggressiva ed eloquente.
«Molto bene, bravi.» mantenne un tono calmo e fermo, poi rivolse un'occhiata silenziosa a Murasakibara che, ancora in sella al proprio cavallo, ricambiò il suo sguardo.
«Quando arriveremo alla struttura cercherò di farmi dare dei vestiti per te, Momoi-san. Ora torniamo indietro.»
«Grazie mille, Akashi-kun.» Momoi batté i denti e salì sul cavallo con l'aiuto di Kise e, dopo che anche Takao ed Aomine - che furono quelli ad incontrare maggiori difficoltà - riuscirono a mettersi in sella, cominciarono a muoversi.
Murasakibara lasciò passare avanti il gruppo e Akashi aspettò che si fossero allontanati tutti prima di avvicinarsi a lui.
«Atsushi, assicurati che il tuo ragazzo non dia fastidio a Shuuzou.» sussurrò, senza smettere di guardarlo.
«Va bene, Aka-chin.» e Murasakibara, dal canto suo, rispose con un piccolo cenno del capo.


Nijimura abbandonò la lettura della rivista e sbirciò Akashi, le gambe nude scivolare sotto le coperte, il busto aderire e sprofondare appena al centro del grosso cuscino.
Akashi rimase in silenzio e afferrò il libro posto sul comodino, lo aprì lì dove c'era il segnalibro ma attese qualche istante prima di cominciare a leggere, voltando il capo in direzione dell'altro.
«Shuu
Le dita di Nijimura arpionarono la rivista, il corpo si irrigidì all'improvviso e il respiro mancò, affondò il canino nel labbro inferiore e lo guardò, boccheggiando appena.
«Akashi, posso spiegarti.»


Su fogli di carta si gettano ombre e si dipingono stelle: l'anima piange il ricordo straziato dell'infanzia.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

Lo ammetto: questo capitolo era pronto da pubblicare già il 23 dicembre, ma siccome mi piace fare le sorprese ai miei lettori ho deciso di pubblicarlo oggi (consideratelo il mio piccolo regalino sotto il vostro albero di Natale!)
Ebbene sì, prima di tutto: buon Natale!
Come potete vedere ho optato per un capitolo leggero e piuttosto demenziale (con qualche frammento di serietà che, a parer mio, non guasta mai), ma questa volta non usufruirò di questo spazietto per parlare di ciò che ho scritto (a parte qualche piccolo appunto che sono costretta a fare, ovvero: la “storia” di Nijimura e Himuro non è inventata da me, bensì la si può trovare nella Replace V; il nome del cavallo di Akashi è realmente Yukimaru, ma la razza - andaluso - l'ho scelta io; il fatto che la madre di Akashi amasse l'arte e fosse una brava ritrattista e pittrice è una mia headcanon personale).
Volevo ringraziarvi, tutti quanti.
Hall of Fame è nata lo scorso febbraio, all'epoca era una specie di embrione malformato (qua siamo alle metafore level Aomine Daiki, ok) e io non avevo uno straccio di idea, ma ho deciso di portala avanti perché alcune di voi mi avevano accolto fin da subito molto gentilmente e pensavo di poter trovare finalmente un posticino dove potessi stare bene, sentirmi soddisfatta di me stessa e conoscere persone nuove.
Sono felice di essere entrata nel fandom di Kuroko no Basket, ho conosciuto delle bellissime persone e un posticino confortevole l'ho trovato per davvero.
Visto che ritenete degne di lettura le mie storie vi amo a prescindere, ma mi sento di dire che siete meravigliosi soprattutto perché rispetto a molti altri fandom siete “umani”, cercate il contatto, siete curiosi, non avete paura di chiedere o di esprimere le vostre opinioni … volevo da tanto dei lettori così e sono davvero felice di averli trovati.
E adesso copio e incollo ciò che ho scritto nell'angolo autrice della OS a tema natalizio che ho pubblicato questa mattina (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2959435).
Oltre agli auguri di buon Natale vorrei lasciarvi un consiglio per l'anno nuovo (siccome è molto probabile che la prossima volta che pubblicherò saremo già nel 2015!)
Le ultime settimane sono state difficili per me e questa volta non sto parlando di università, ma di problemi di salute (non gravi, ora sto meglio, anche se dovrò fare ulteriori esami a febbraio) che mi hanno fatto sentire debole e completamente vulnerabile e sbalzi/negativi/di umore che mi hanno fatto perdere la concentrazione in qualsiasi cosa facessi.
Il mio pessimo umore, in particolare, era dovuto al fatto che mi fossi tenuta dentro per mesi cose che non ho avuto il coraggio di dire, quindi il mio consiglio per l'anno nuovo è proprio questo: non abbiate paura di parlare quando c'è qualcosa che non va; parlare è il primo passo verso la soluzione, e se la persona con cui avete dei problemi vi vuole bene vi ascolterà e vi capirà. Tenersi tutto dentro vi trasforma in una persona diversa da quella che conoscete e parlare è il rischio da correre per sistemare le cose (e se le cose si sistemano, credetemi, ne vale la pena).
Ancora buon Natale! (e spammo la pagina FB, ma sì: https://www.facebook.com/pages/Neu-Preussen-EFP/416393978469818?ref=hl)
Alla prossima!
   
 
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