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Autore: Rowena    11/11/2008    1 recensioni
La Terza Prova del grande Torneo Trimaghi si è conclusa con una tragedia. Uno dei concorrenti è morto, Voldemort è tornato e Harry Potter è stato testimone della sua rinascita. Silente e i suoi amici hanno un gran bel daffare in una situazione tanto delicata, perciò l'ultima cosa che desiderano è un'impicciona ficcanaso come Rita Skeeter tra i piedi. Ci vuole un mago a distrarla e tenerla buona per un po', un mago che non possa essere utile al momento in nessun altro modo... Sei libero per questa notte, Sirius?
Genere: Demenziale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Rita Skeeter, Severus Piton, Sirius Black
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Note: Avviso ai deboli di cuore: questa storia presenta un pairing bizzarro... Volete sapere quale? Ebbene sì, Sirius/Rita. No, non sono impazzita! Né ho divorziato da Sirius, il mio grande amore potteriano... Dunque, è nato tutto da un giochino a domande sui personaggi del Potterverse su un forum e a me è toccato inventare un intermezzo narrativo perché Rita arrivasse a deflorare Sirius. La domanda del test prevedeva queste esatte parole, giuro. Inventare una sintesi per una possibile storia... Peccato che giocavano con me Alektos e Ladyhawke, che mi hanno subito ricattata a scrivere questa storia malsana (rido).
La dedico a loro, in particolare a Lady, che l'ha attesa con trepidazione per un sacco di tempo. Vuole essere anche un mio regalo di compleanno posticipato, auguri polla!
L'avevo pensata a capitolo unico, ma alla fine è diventata molto ma molto più lunga di quanto avevo preventivata e mi è sembrato (su consiglio di Ale, grazie polla!) il caso di tagliare. Ecco a voi la prima metà, sulle note di un gruppo a caso, i Queen...


La tua mente dolcezza è un luogo desolato
Vivere nella tua mente è vivere in uno spazio desolato
La tua mente viene da una corsa spietata
Ma c'è un pulsare di battito cardiaco
Che continua a pompare
Come un juke-box che suona lo stesso disco incantato
O una radio all'angolo che continua a urlare
Ho la sensazione che proprio non se ne vuole andare
Che il mondo mi stia usando

[Queen, Action This Day]

Hogwarts sembrava caduta nel caos, in una notte ben lontana da felicità, gloria e fortuna che si aspettavano per la serata di chiusura del Torneo Tremaghi.
La folla accorsa per assistere alla terza prova era scemata rapidamente, cercando rifugio lontano dal castello, e perfino il Ministro aveva abbandonato il campo rifiutando anche solo la possibilità di verificare la storia raccontata dal giovane Potter.
Il caro Cornelius, tuttavia, era riuscito a fare la propria parte: Crouch Junior era stato condotto ad Azkaban, ormai senz’anima e incapace di avvalorare le parole di Silente.
Presto il Preside si sarebbe trovato a spiegare a tutti i suoi ragazzi cosa era avvenuto nel labirinto, fronteggiare la stampa, tentare di convincere Caramell a credere al ritorno di Voldemort…
Era stanco: iniziava a sentire la vecchiaia sulle sue spalle e i compiti ingrati toccavano come sempre a lui. Si fermò sulla porta dell’infermeria, cercando con lo sguardo un ragazzo addormentato tra i letti del salone.
«Harry?» Domandò piano a Madama Chips, che gli era andata incontro.
«Sta dormendo, adesso. La seconda dose di Pozione ha fatto il suo lavoro». Rispose l’infermiera con semplicità, indicando un letto poco distante, il solo con le tende tirate.
Harry Potter dormiva vegliato da molte persone: i suoi migliori amici non si spostavano dal suo capezzale, e così la signora Weasley con Bill. Poco distante stava in piedi Sirius, che non toglieva gli occhi di dosso dal suo figlioccio.
«Povero ragazzo, che situazione tremenda…» mormorò Molly, passandosi una mano sugli occhi.
Silente annuì gravemente. «E il peggio deve ancora venire».
Tutti i presenti fissarono il Ragazzo Sopravvissuto, che riposava ignaro di tutto sotto l’effetto di un potente sonnifero.
«Albus, fuori c’è quella pazza scatenata di Rita Skeeter, che pretende di intervistare seduta stante Harry per avere la sua versione dei fatti di questa notte» sospirò Minerva affacciandosi sulla porta dell’infermeria. «Sono riuscita a farla rimanere al portone, ma non credo che si lascerà cacciare via».
La giornalista si stava conquistando l’odio di tutti i presenti che ancora avevano un minimo di rispetto per lei, compresa la signora Weasley, che qualche mese prima aveva letto quasi con orrore un suo articolo su un possibile affetto sentimentale tra Harry e Hermione, prendendo le sue parole per oro colato.
Per quanto riguardava Sirius, quella donna meritava la morte da molto tempo, ricordando il periodo in cui aveva piantonato le celle in cui erano stati richiusi tutti i maghi arrestati per possibile collaborazione con Voldemort in attesa di un processo. E i condannati a vita che non si meritavano nemmeno una sentenza, come lui. La sua voce al di là delle sbarre che lo implorava per avere un intervista era un ricordo davvero spiacevole, che lo faceva ribollire di rabbia.
Toccava a Silente, tuttavia, decidere cosa fare: Hogwarts era il suo regno ed era compito suo decidere come comportarsi con gli ospiti del castello, per quanto fossero sgraditi.
«Le hai ricordato che, per quanto sia grave la situazione, continuano a valere le restrizioni che abbiamo imposto?» La voce del Preside si era mantenuta calma ed educata, ma tutti i presenti non ebbero difficoltà a riconoscere un discreto fastidio nell’intonazione.
La donna scosse il capo, irritata quanto lui. «Non ha voluto ascoltarmi e, da quel che ho visto, non si fermerà davanti a nulla».
«Ci mancava anche questa scocciatura, con tutti i problemi che dobbiamo già affrontare».
«Qualcuno dovrebbe allontanarla, così che non disturbi ancora: non ho ascoltato tutti i vostri discorsi, ma penso che abbiate troppe cose di cui occuparvi prima che faccia giorno per badare anche a quella strega», suggerì Hermione strofinandosi gli occhi per il sonno. «Io avrei un piano, però...» Un profondo sbadiglio le impedì di finire: era troppo stanca, poverina, per continuare la frase. Silente le concesse un sorriso benevolo, prima di mettersi a pensare.
«Qualcuno di noi dovrebbe distrarla, così da permettere agli altri di continuare a svolgere i compiti assegnati loro: onestamente non sono tranquillo con quella testarda reporter appostata appena oltre il mio portone».
«Nessuno lo sarebbe al tuo posto, Albus, ma non ti seguo: tutti noi, perfino quel traditore di Piton», e qui il Malocchio originale si trattenne dall’accompagnare il nome da molti aggettivi coloriti a una occhiataccia del vecchio amico, «insomma, abbiamo da fare; ci andrei io, ma un occhio magico e la gamba di legno non sortirebbero grande attrazione, temo. Inoltre, quella pazza aveva preso di mira anche me, la scorsa primavera, tentando di convincermi a tracciare un profilo di quanto fosse peggiorata la mia paranoia. Ci credereste?»
Nessuno rispose, temendo la reazione del vecchio Auror.
«Inoltre», aggiunse la signora Weasley, «sono sicura che quella donna non si lascerà distrarre da una persona che sa vicina a Harry. Le si possono attribuire molti difetti, ma certo non è stupida».
L’osservazione era sensata: anche lo stesso Silente avrebbe avuto problemi a mandarla via poiché, conoscendo l’affetto che l’anziano Preside provava per il Ragazzo Sopravvissuto, Rita non si sarebbe lasciata cacciare senza creare altri problemi.
No, a occuparsi di lei doveva essere una persona sconosciuta, che apparentemente non aveva interessi per proteggere dagli artigli laccati della giornalista il giovane Potter. Albus sembrava non avere idee, purtroppo, quando il suo sguardo si posò su Sirius, che stava rimuginando qualcosa senza badare alla conversazione in corso.
Silente iniziò a riflettere, iniziando a vedere uno spiraglio. «Forse, se un mago sconosciuto l’avvicinasse per caso, colpito da lei, e le offrisse qualcosa da bere…»
Black si rese conto di cosa stava succedendo. «No. Qualunque cosa tu abbia in mente, no». Il Preside sapeva essere inquietante, quando si metteva a pensare, e quella strana espressione che gli stava dedicando non prometteva nulla di buono.
«Non crederai che possa funzionare: avanti, sono il ricercato numero uno del mondo magico! Come è possibile che non se ne renda conto?»
«Proprio perché è un piano così assurdo funzionerà, te lo assicuro. E poi è notte, e se domani mattina sguscerai via abbastanza in fretta non avrà possibilità di riconoscerti».
«Non credo che sia così facile da raggirare…» la voce di Sirius si spense in un istante, allibito a quanto gli toccava ascoltare. «Un momento: domani mattina? Perché diavolo dovrei rimanere lì fino a domani mattina?»
Stava diventando leggermente isterico, malgrado il suo pallido tentativo di mantenere il controllo; perché Silente gli stava facendo questo? Non ne aveva già passate a sufficienza nel corso della sua vita?
Albus lo fissò ancora, con aria più supplichevole però, e in quel momento Sirius si sentì fregato: il Preside gliene aveva lasciate correre troppe per non acconsentire ad aiutarlo. Era il solo, fortunatamente, che riusciva a forzare i suoi infimi sensi di colpa, e senza neanche aver bisogno di parlare.
«Ti prego, non farmi questo» pigolò tentando un salvataggio della propria persona in extremis.
Minerva ebbe pietà di lui e cercò di fargli sembrare l’ostico compito meno terribile. «Vedila come un’occasione, Sirius. Sei stato tanto tempo da solo… Può essere divertente, no?»
La reclusione a vita ad Azkaban non era mai sembrata tanto dolce e piacevole a Sirius Black.


L’aula di Pozioni era buia e fredda perfino alla fine di giugno: nel sotterraneo era rimasto tutto molto simile ai tempi in cui un giovane Grifondoro non troppo amante della materia seguiva le lezioni del professor Lumacorno, ad eccezione della figura umana che stava riordinando alcune ampolle su uno scaffale polveroso.
«Che vuoi?»
Il quasi quarantenne Sirius Black sobbalzò dalla sorpresa: per fortuna era lui che si trasformava in un cane dai sensi sopraffini, e non quel barbagianni di Piton! «Come facevi a sapere che ero io?»
Il professore di Pozioni si voltò, esibendo il suo solito sorrisetto beffardo.
«Non racconto certo a te i miei segreti. Allora, Black, che stai cercando nel mio studio?»
Il ricercato si sedette stancamente, ancora indeciso sul da farsi: il compito che gli era stato assegnato era davvero ingrato, e aveva bisogno di ricordarsi che lo faceva per Harry per trattenersi da una nuova fuga. «Hai un beverone torcibudella che mi faccia rincretinire abbastanza da compiere l’impresa? Da sobrio non posso farcela».
«Questo lo dici tu, Black. Piuttosto, credo dovresti preoccuparti di ben altro problema, nella tua situazione», ammiccò Piton muovendo un dito della mano destra, prima di rimettersi a riordinare le ampolle sugli scaffali. «Del resto, è passato parecchio tempo da quando ti divertivi qui a Hogwarts, se non mi sbaglio».
Sirius lo fissò con odio, senza trovare nulla di altrettanto maligno da rispondere. Per Merlino, stava perdendo colpi! Azkaban si faceva sentire, ancora, perfino nella sua capacità di prendersela con il prossimo. E dire che Piton era un bersaglio così facile…
«Quanto sei divertente, Mocciosus; mi era mancato questo tuo spiccato senso dell’umorismo, in prigione. Allora, racconta un po’ che superalcolici nascondi in questa spelonca».
Severus sembrava restio a condividere i suoi tesori con il suo nemico giurato di gioventù. «Tutto quello che serve a sopportare quegli inetti dei miei studenti, in realtà; spiegami, però, perché dovrei dividere le mie scorte segrete con te».
Sirius era oltraggiato: ma in tempi difficili come quelli che stavano vivendo non si doveva condividere tutto? Con la sceneggiata a cui li aveva costretti Silente poco prima, oltretutto… Gli aveva perfino stretto la mano, non meritava ora una ricompensa? «Potresti andarci tu a sistemare la piattola, se sei così egoista» buttò lì, certo di non riuscire a salvarsi per così poco.
Come dare torto a Mocciosus? Lui stesso, nei panni unticci del vecchio rivale, non avrebbe accettato lo scambio per nulla al mondo.
Infatti l’altro rispose secco: «Preferisco affrontare l’Oscuro Signore e il suo seguito. Cosa che dovrò fare davvero tra poco».
Ancora deciso a non rassegnarsi, Sirius tentò la carta dell’accusa di vigliaccheria: con James aveva funzionato per anni, quello si sarebbe dichiarato pazzo d’amore per la McGranitt pur di non farsi dare del codardo!
«Fifone», sibilò.
«Idiota». Risposta altrettanto decisa e cattiva. Nulla da fare, non ci era cascato.
Quasi vent’anni sembravano essere passati invano, in quel momento, ma almeno i due non avevano messo mano alle bacchette per sfidarsi a duello.
«Allora, cosa mi offri?» Ripeté Sirius iniziando a spazientirsi: non bastavano dodici anni di prigione immeritata, o quello passato alla macchia, vivendo come un cane randagio per le strade del mondo, no! Ora doveva perfino sacrificarsi per quell’ingrata missione.
«Quanto vuoi essere sobrio?» Domandò Piton sospirando, ormai consapevole che non sarebbe riuscito a salvare gli spiriti.
«Temo che nemmeno annegando nell’alcool puro riuscirò a dimenticare completamente cosa mi attende. Dimmi che mi sbaglio, per favore», supplicò Sirius, ormai rassegnato, senza però ottenere risposta. «Il tuo silenzio è molto rassicurante».
Non c’era davvero speranza.

Purtroppo, Rita era appostata subito all’esterno del portone principale. Sirius maledì l’attaccamento professionale di quella vipera e si buttò sulle spalle il Mantello dell’Invisibilità che il vero Alastor Moody gli aveva infine prestato dopo mille rassicurazioni.
Dannazione, quell’Auror era anche taccagno, oltre che paranoico! Non era tanto normale pretendere il giuramento sulla sua testa e su parti ben più delicate del suo corpo per riavere un vecchio Mantello logoro dopo aver passato quasi un anno rinchiuso in un baule.
Sempre maledicendo Malocchio, fissò attentamente lo sguardo sulla strega, per rimanere basito se non disgustato: falsa, innaturale, ridicolmente costruita nel folle tentativo di sembrare avvenente.
Non sapeva cosa lo infastidiva di più, se la ridicola acconciatura o gli artigli sicuramente fasulli dipinti di rosso, per non parlare della strana piega artificiale delle sue sopracciglia.
La penna magica color verde acido si agitava in maniera quasi isterica tra le sue lunghe dita, probabilmente condividendo il bisogno febbrile della donna di scrivere un altro po’ di bugie e maldicenze.
No, decisamente Rita Skeeter non corrispondeva al suo ideale di donna. Era già un personaggio gretto e per nulla attraente da giovane, quando bazzicava per celle e tribunali alla ricerca di nuovi scoop, come Vita in diretta da Azkaban, I rimorsi di un pluriomicida e molti altri sulla falsariga, ma negli anni era notevolmente peggiorata nel tentativo di sembrare insensibile allo scorrere del tempo.
Avvolto nella stoffa impalpabile del Mantello, il mago vagliò ancora tutte le possibilità che aveva di fronte: in fondo, Silente aveva coperto la sua fuga, sebbene ancora non avesse agito per scagionarlo dalle accuse che pendevano sul capo del ricercato, e Harry era tutto ciò che rimaneva della sua amata famiglia, insieme a Remus.
Sospirò piano, controllandosi perché la strega pedante non si accorgesse della sua presenza; non aveva scelte di fronte a sé, se non andare fino in fondo. Si allontanò un poco dal portone, così che la Skeeter non avesse dubbi sul suo arrivo improvviso, e si mostrò alla luce della Luna.
Silente aveva preteso di lavarlo, in una tinozza adatta a fare il bucato per di più, e a sistemargli un poco barba e capelli in modo che Rita non collegasse all’istante il suo volto con il mago più pericoloso in circolazione.
Beh, si disse Sirius, almeno dopo questa notte cercheranno qualcuno più pericoloso di me.
Fece un bel respiro, pregando Merlino e Morgana di avere pietà di lui, e si rese visibile non appena gli sembrò di essere in un punto abbastanza distante da poter essere creduto; dal campo di Quidditch ancora arrivavano segnali di caos e confusione e le grida disperate dei signori Diggory, che vegliavano il corpo del figlio in una tenda poco distante.
Bello sfondo per quel genere d’approccio, oh sì. Come se la situazione non fosse tragica solo per il gramo incarico ricevuto.
Si sentiva perduto: tentare di circuire una strega – e che strega! – in un momento simile gli sembrava davvero fuori luogo. Avrebbe trovato qualunque scusa pur di salvarsi, perciò decise di mettersi all’opera prima che il suo senso di auto-conservazione lo portasse a fuggire lontano.
L’alcol che Piton gli aveva messo davanti e lui aveva trangugiato forse cominciava a fare effetto: sì, vista così, nella quasi totale oscurità, forse Rita sembrava quasi una persona interessante. Quasi.
Forse, cercando di confonderla con una delle tante ragazze con cui se l’era spassata in gioventù, la situazione sarebbe sembrata meno tragica. Aveva la mente abbastanza annebbiata per immaginarsi di tutto, ormai.
Si avvicinò in silenzio, per sfruttare l’effetto sorpresa e cercare di ammutolire la strega: era una missione impossibile già in partenza, conoscendo il soggetto, ma tanto valeva provare. E poi trovare un modo indolore di farla tacere per il resto della notte, magari una bella mattonata in testa, sì!
Indolore per se stesso, ovviamente, mica per quel mostro travestito da donna: in fondo, Silente non aveva mica specificato come doveva intrattenerla. Poteva nasconderla nella Foresta Proibita, magari gli Schiopodi Cosi, i nuovi cuccioletti di Hagrid, avrebbero fatto il resto…
Azione, Sirius! Si disse il mago più baldanzoso che mai: ora che aveva ideato un piano che non lo vedeva come agnello sacrificale, era pronto a giocarsi il tutto per tutto.
«L’hanno chiusa fuori, signorina?» attaccò con la voce più profonda e suadente che gli riuscì: i lunghi anni di silenzio forzato gliel’avevano resa più roca, cosa che in quel momento poteva rivelarsi molto utile. «È tipico di Albus Silente non avere alcun riguardo per la stampa».
Prima regola per far capitolare una donna, anche trattandosi di Rita Skeeter, era adularla con credibilità, Felpato non avrebbe mai potuto dimenticare questa fondamentale verità, neanche in quasi quindici anni di prigionia.
Incredibile ma vero, funzionò: Rita, che stava cercando un sistema per introdursi nel castello, si voltò di scatto, forse più per la paura delle conseguenze che per altro; le bastò guardare il mago appena arrivato – Sirius rabbrividì a quella lunga e attenta occhiata scrutatrice – per tranquillizzarsi.
Era il momento di sfoderare il proprio valore di sciupafemmine e usare la mossa Mano nei capelli numero uno, la preferita di James.
Il suo migliore amico si sarebbe rivoltato nella tomba, ne era sicuro, visto lo scopo per cui metteva in pratica la sua arte di seduttore, ma in fondo era per una buona causa. Lo sperava almeno.
Se non altro, assistere per anni al pavoneggiarsi di Potter-Il-Cercatore-Più-Fantastico-Della-Storia finalmente pagava in qualche modo. Doveva solo farle abbassare la guardia e colpirla, per poi andare a scolarsi un goccetto dopo l’altro da Aberforth fino a dimenticare il pericolo corso.
Povero Sirius, era così soddisfatto di sé da non accorgersi del largo sorriso che si era lentamente disegnato sul volto di Rita. «Ma noi non ci conosciamo?» domandò lei.
Davvero non l’aveva riconosciuto? L’uomo ghignò tra sé e sé, fiero del proprio fascino assassino. «Non di persona, sfortunatamente, ma sono un grande fan del suo lavoro». Come no, vecchia befana: già chiamarti signorina è un complimento esagerato! «Penso che la sua determinazione per rendere nota la verità su certi personaggi della nostra società che godono di una fama immeritata sia davvero encomiabile».
La stava sparando troppo grossa? Di certo aveva battuto il suo storico record di bugie in una sola volta, con le stupidaggini che si era appena inventato.
Troppo gongolante per la propria astuzia, tuttavia, Sirius non si era ancora accorto della strana luce che brillava negli occhi della giornalista che, piano piano, gli si stava avvicinando sempre di più.
Il piano funzionava, il piano funzionava… Preso com’era a complimentarsi con sé stesso, la Skeeter fu libera di abbrancarlo per un gomito e prenderlo a braccetto senza resistenza, mettendosi poi a ridacchiare tutta soddisfatta.
Troppo tardi Sirius cercò di liberarsi, visto che la strega lo stava già trascinando verso la Testa di Porco, così come troppo tardi arrivarono gli strepiti e i tentativi per fermarla: Rita sembrava come animata da una forza sovraumana. «Dato che lei è un mio grande fan, perché non continuiamo la conversazione davanti a un bel drink? Adoro le persone che amano parlare di me!»
Forse c’era ancora spazio per farla ubriacare e salvarsi in extremis, forse.
«Ma ma ma.. Io veramente non posso fermarmi a lungo, la notte è lunga e io dovrei…» Stava iniziando a balbettare, disperato, vedendo la luce in fondo al tunnel in cui era stato spintonato da Silente allontanarsi sempre di più.
Rita lo strattonò ancora, costringendolo ad entrare: «Esatto, la notte è lunga. Siamo qui, noi due, soli, in un momento difficile vista la gravità degli eventi di questa sera; cosa può avere di meglio da fare che godersi l’occasione?»
Un sacco d’impegni, sicuramente, a cominciare da un bello shampoo a quel corvo unto di Piton. Sirius scoccò un’occhiata disperata al barista perché, se non altro, rendesse la… cosa meno atroce possibile.
Una radio consunta suonava in un angolo, lanciando dal suo altoparlante vecchio di secoli una canzone lenta e cupa, che in quel momento risuonò come un lamento funebre.
Sentendosi un bambolotto senza via d’uscita, il mago capitolò: era perduto.

 

   
 
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