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Autore: NightWatcher96    25/12/2014    5 recensioni
Quattro anni.
Quattro maledetti anni erano già passati da quando Splinter aveva scoperto la relazione incestuosa che legava Raphael e Michelangelo. Li aveva cacciati dalla famiglia, sottraendo loro il cognome Hamato e dimenticati anche. E la cosa che maggiormente doleva era che nemmeno Leonardo e Donatello avevano provato a cercarli né telefonato o scritto una volta.
E Natale era il giorno peggiore che potesse loro capitare, in ricordo di ciò che era accaduto quattro anni prima. Ma adesso, le cose erano cambiate. L’amore che legava l’arancione al rosso era cresciuto a tal punto di formare il frutto del loro amore, ossia il loro piccolo tartarughino che sarebbe nato tra poco.
T-Cest [RaphxMikey] Mpreg
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: Incest, Mpreg
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Quattro anni.
Quattro maledetti anni erano già passati da quando Splinter aveva scoperto la relazione incestuosa che legava Raphael e Michelangelo. Li aveva cacciati dalla famiglia, sottraendo loro il cognome Hamato e dimenticati anche. E la cosa che maggiormente doleva era che nemmeno Leonardo e Donatello avevano provato a cercarli né telefonato o scritto una volta.
E Natale era il giorno peggiore che potesse loro capitare, in ricordo di ciò che era accaduto quattro anni prima. Ma adesso, le cose erano cambiate. L’amore che legava l’arancione al rosso era cresciuto a tal punto di formare il frutto del loro amore, ossia il loro piccolo tartarughino che sarebbe nato tra poco.
Mancava davvero pochissimo! E Mikey non vedeva l’ora di abbracciarlo.
-Raph, guarda come sono imponente!- ridacchiava puntualmente l’arancione, mentre appendeva una pallina e l’altra nella loro piccola casa.
L’avevano trovata in una notte di viaggio, nascosta dalla fitta vegetazione alla periferia ed era diventata il loro nido d’amore.
-Sì- commentava sensuale l’altro, abbracciandolo in vita. -A malapena riesco a cingerti, lo sai?-.
Il grembo di Michelangelo era molto grande proprio perché era ormai nel suo nono mese di gravidanza. Raph cercava di non dimostrarsi nervoso perché doveva essere forte per il compagno che trascorreva le sue ultime settimane di gestazione con serenità.
La loro casa non era così grande, anzi era una bicocca di muratura composta da un cucinino con un divano logoro e una tv in parte scassata; da una porticina a soffietto si andava in camera da letto e nel bagno che affacciava sul minuto granaio alle spalle.
Non era il massimo ma perfetto per loro due, anzi... tre fra poco!
Michelangelo guardò il minuto abete che avevano addobbato e divenne improvvisamente triste, prendendo posto sul divano. Quando il venticinque dicembre vi si avvicinava, il senso di colpa che ancora custodiva cresceva a dismisura e i ricordi riemergevano con brutalità.
-Raph, io ti amo- disse con occhi gonfi di lacrime.
Sapendo cosa il bocconcino voleva dirgli, Raph prese posto al suo fianco, facendolo appoggiare sul suo petto.
-Mikey, non è colpa tua. Ho accettato anche io tutto questo. Non devi pensare più a loro. Appartengono al passato- mormorò nel suo orecchio, accarezzandogli il pancione. -E credo sia un fattore positivo che il nostro piccolo non incontri mai loro. Potrebbero fargli del male-.
L’arancione concordava e gli stampò un bacio sul naso, mentre si alzava con cautela per tornare a rigirare l’arrosto nel forno per non bruciarlo e controllare i biscotti che aveva preparato, assieme a tante leccornie che facevano impazzire un Raphael che preferì uscire nel bosco per la legna scarseggiante.
-Torno presto, Mikey. Non ti stancare!- disse, mentre usciva nel tramonto serale della Vigilia di Natale.
L’aria fredda lo investì come un getto violento, facendogli rimpiangere il non essere a sangue caldo; fortuna, però, che indossava il suo fido maglione nero e la giacca marrone, anche dentro casa a volte.
Raphael afferrò l’accetta nel granaio alle spalle e si diresse verso nord, dove conosceva a memoria il piccolo fiume dove una volta aveva liberato un cerbiatto finito nella sfortunata tenaglia di alcuni bracconieri.
Il calore del suo fiato si mutava in nuvolette, man mano che avanzava nella neve fresca che sarebbe cominciata a cadere nella notte, rendendo più magico, silenzioso e in parte anche triste questo nuovo Natale della loro vita.
Se solo avessero provato a telefonarli una volta, forse, l’odio e il rancore che covava verso di loro sarebbe stato meno influente.
-MALEDIZIONE!- urlò Raphael, scaraventando l’accetto nel tronco sottile di un albero.
I suoi occhi dorati ristretti in due piccoli puntini luminosi nel suo volto ombroso erano carichi di disperazione che mai avrebbe permesso di venir fuori sotto forma di lacrime. Piangere era una debolezza che mai aveva accettato. C’erano altri modi, infondo, per sfogarsi, no?
Raphael cadde in ginocchio, tossendo con impeto crescente; dannazione anche alla sua fottuta asma che quando ci si metteva, gli stringeva nel petto dolorosamente.
Cercò l’inalatore nella tasca profonda della sua giacca e prese una boccata, sentendosi subito meglio e soprattutto più lucido.
-Diventerò padre tra pochissimo e loro sono storia chiusa- disse, riprendendo l’accetta con un colpo secco che sfregiò ulteriormente la corteccia. -LORO NON FANNO PIU’ PARTE DELLA NOSTRA VITA!-.
Accecato nuovamente da una collera che gli abbagliava la mente, cominciò a colpire violentemente l’albero con l’accetta fino a quando non rovinò rumorosamente al suolo, incrinando la lastra di ghiaccio che aveva ricoperto il fiume.
-Maledetti che non siete altro... ci avete completamente escluso dalla vostra vita... e dimenticati!- ansimò, crollando in ginocchio.
Almeno aveva fatto rifornimento di legno in un colpo solo!
Raph estrasse una corda dalla tasca interna della sua giaccia e legò l’estremità inferiore dell’albero grosso e cominciò a tirarlo verso casa, mentre tutto si faceva sempre più buio. La finestrella della cucina spiccava maggiormente nella sera meno estranea al giorno soleggiato che era stata la Vigilia.
Posato l’albero nel granaio, Raph accettò i rami meno spessi e se li caricò sotto il braccio, rientrando nel tepore della casa.
-Mikey, sono tornato!- disse.
-Bentornato!- rispose l’altro, sbucando dalla cucina con una ciotola di crema in mano. -La cena è pronta!-.
-Bene!-.
Raph si disfò della giacca e gettò i legni dentro una cassetta per fruttivendoli, spingendola sotto la finestrella della cucina rustica.
Mikey gli porse un piatto di pasta fumante e servì il pane e un po’ di formaggio, sedendogli frontalmente. Purtroppo dovevano accontentarsi di quello che erano riusciti a comperare con i risparmi che guadagnavano con il lavoro di meccanico per moto che Raph svolgeva in periferia, sotto mentite spoglie.
-Buona Vigilia, Mikey- sorrise il focoso.
-Buona Vigilia anche a te, Raphie!-.
Iniziarono a mangiare, tenendosi per mano e scambiandosi sguardi d’amore molto dolci. L’orologio a pendolo nel salottino era il loro sottofondo acustico, insieme alla bollitura di alcune pentole che sarebbero servite a Mikey per i suoi cupcakes.
D’un tratto l’arancione si fermò, premendo una mano sulla pancia voluminosa, dove il bambino stava scalciando piuttosto intensamente.
-Che succede?- chiese frenetico Raphael, strofinandosi il petto.
-Credo gli piacciano i miei patti. Sta prendendo a calci i miei poveri organi all’impazzata!- rispose, per poi rabbuiarsi. -La tua asma si sta facendo sentire molto... Raph, sono preoccupato per te. Ti stai stressando troppo e non va bene... mangi a malapena e non dormi a sufficienza. Ti prego, almeno stanotte, rimani di più nel letto...-.
Raphael distolse lo sguardo, sorpreso che Mikey avesse notato tutto ciò che aveva disperatamente cercato di nascondere e gli si avvicinò di più con la sedia per coglierlo di sorpresa con un bacio sulle labbra.
-Te lo prometto, bocconcino-.
Sollevato, Mikey annuì felice, raccogliendogli la mano per metterla sulla pancia per sentire il piccolino, che andò a calmarsi incredibilmente.
-Forse scalciava perché voleva solo coccole- ridacchiò Raphael, tornando a mangiare assieme al compagno.
Una vibrazione anticipò il trillo del T-Phone di Raphael, che lo teneva sempre gettato all’interno della borsa dove teneva i suoi utensili di meccanico. I due ninja si scambiarono un’occhiata stupita ma Raph si ritrasse, distogliendo lo sguardo cupo.
Mikey prese l’iniziativa di leggere un numero che gli appesantì il macigno nello stomaco.
-E’... lui...- sussurrò con un fil di voce. -Che cosa devo fare?-.
Il focoso stava respirando affannosamente ma cercava di nasconderlo con l’espressione torva, le braccia conserte e soprattutto la bocca serrata per non lasciar uscire i suoi versi strozzati che richiedevano un aiuto d’aria.
Mikey piegò la testa da un lato e rifiutò la chiamata, scagliando il telefono sul top della cucina. Dopo quattro anni provavano a chiamare? Il ninja scosse il capo, abbracciando alle spalle un Raph appoggiato al tavolo, in piedi che lottava per riprendere la padronanza del suo respiro.
-Raph, concentrati sul mio respiro. Imitami- ordinò dolcemente, guardando la pancia ampia che lo separava un po’ dal corpo palestrato del suo Alpha.
In pochi minuti, la rabbia asfissiante che gravava sul petto del rosso si allentò e stremato, crollò seduto sulla sedia, scoppiando in un eccesso di tosse che convogliò tutto il suo odio sotto
forma di pugni sbattuti sul tavolo, con una vibrazione sonora delle stoviglie.
-C... come possono farci questo? Non ci hanno più considerati né cercati! In quattro anni si sono completamente dimenticati di noi e adesso ci chiamano? ADESSO?! Per rovinarci il Natale?!- urlò.
Michelangelo inarcò la schiena dolorante e tolse i piatti vuoti del primo per servire l’arrosto fumante e qualche carota bollita.
-Non pensiamoci, Raph. Non è il caso di rodersi il fegato proprio per questo- disse Mikey, tornando a sedersi, aggiustandosi la manica del suo maglione crema, che aveva lasciata scoperta una spalla ossuta. -Accidenti! E pensare che l’avevo ristretto qualche settimana fa!-.
Raphael sbatté forchetta e coltello sul tavolo, esplodendo in lacrime, tanta era la rabbia repressa.
-Non hanno speso nemmeno una lettera per noi! Non si sono chiesti che fine abbiamo fatto, che ne è stato di noi! Non hanno la più pallida idea della tua malattia e della mia asma! E ci chiamano solo adesso?!-.
Mikey abbassò lo sguardo, deglutendo. La sua malattia, è vero.
La Miastenia. Il suo corpo si stava assottigliando ogni giorno di più, trasformandosi in scheletro; ma, almeno, il suo bambino era in perfetta forma, al sicuro dalla grinfie della suddetta malattia mangia-muscoli.
-Raph, ascoltami- pronunciò, tirandolo con il viso sul suo pancione. -Loro sono un capitolo chiuso. E continuare a pensarci ci farà solo male. Abbiamo la nostra vita e il bambino. Dobbiamo solo andare avanti nel futuro-.
Raphael si strinse maggiormente al suo compagno, singhiozzando maggiormente. Durante un controllo da parte di Leatheread, l’unico amico fidato che era dalla loro parte e che mai aveva spiattellato della loro vita agli Hamato, lui solo era stato messo al corrente dell’alta mortalità della Miastenia.
Mikey poteva morire... e lasciarlo da solo.
-Ti amo, Raph- disse, accarezzandogli la testa con affetto.
Il focoso continuava a singhiozzare con impeto, strofinando la guancia sulla pancia voluminosa dove c’era un mini-Mikey in procinto di venire al mondo. Non avrebbe mai rinunciato al suo compagno adorato, colui che era stato identificato come capo promotore dell’incesto da Splinter.
Un piccolo trillo risuonò nuovamente dal T-Phone sul top e fu nuovamente Mikey a prenderlo, allungando semplicemente un braccio. Era un messaggio sempre da parte sua.
 
“Non riserviamo più rancore. E’ inutile. Perché non trascorriamo un Natale tutti insieme?”
 
Era il turno di Mikey di respirare affannosamente e spremere il T-Phone come avrebbe voluto fare con la testa di Donatello. Dopo quattro maledetti anni, li invitavano a casa?
-Che cosa dice?- chiese Raph, appoggiato ancora alla sua pancia.
-Ci vorrebbero a casa per un Natale tutti insieme-.
Raphael socchiuse gli occhi, baciando la pancia, mentre la sua mente elaborava velocemente ogni possibile risposta nel dettaglio. E soprattutto, intuire le vere intenzioni che vi erano dietro a quel messaggio.
-Raph, non voglio andarci. Non ora che c’è questo angioletto... non sopporterei un’altra rissa- disse Mikey, con le lacrime sul viso.
A Raph spremette il cuore, però questa volta non poteva concordare.
-Non posso promettertelo, Mikey. Voglio sapere il motivo di questo loro approccio fraterno nei nostri confronti. Ci andrò da solo, stanotte-.
-Non mi lasciare, Raph! E se... e se nascesse il bambino mentre non ci sei? Tu devi essere al mio fianco!- esclamò.
-Beh, ecco...-.
-Per favore, ignorali!-.
Raph gli prese delicatamente le mani ossute e se le strofinò sulle guance, sospirando gravemente. Doveva andarci. Doveva sapere assolutamente.
-D’accordo, ho capito. Vorrà dire che ci andremo insieme- replicò deciso Mikey.
-C... come?- balbettò il focoso, scosso. -Mikey, non è salutare un viaggio nel freddo nelle tue condizioni! Abbiamo la moto come mezzo di trasporto e non un’auto!-.
-E allora? Bastano maglioni e cappotti e voilà! Il gioco è fatto!-.
Raphael si mise a ridere, abbracciandolo. Il suo Mikey era così speciale...
 
***
Era sera, ormai e soprattutto tempo di andare all’appuntamento.
Raphael non era intenzionato a rinunciarci ancora e mentre aiutava Mikey ad allacciarsi il soprabito cioccolato sul suo corpo magro, ma voluminoso d’addome, la sua mente fantasticava su ciò che aspettava loro due. Litigi? Sorrisetti falsi? O una reale riconciliazione?
-Ecco qui, possiamo andare- fece Mikey, infilandosi sciarpa e cappello.
La moto elegantemente corvina li aspettava nel granaio, già pronta per sfrecciare sull’autostrada per rientrare in città e fermarsi alla 39esima. Raph aveva controllato freni e carburazione almeno un’ora prima e aveva anche appuntato catene per la neve sulle ruote per essere sicuro al massimo.
Mikey guardò la sua pancia grossa, il compagno e la moto con un’espressione dubbiosa.
-Dici che ci entreremo? Io sono imponente, lo sai...-.
-Tranquillo. Stasera avrai il piacere di stare davanti, mentre io dietro. Diciamo che, potresti guidare tu la moto!-.
Gli occhi di Mikey brillarono di felicità e gli stampò un bacio selvaggio, prendendo posto e afferrando il manubrio del gioiellino a due ruote.
-Preparati, piccolino! Mamma e papà ti portano in moto!- disse, accarezzando la pancia.
-Che ha detto?- ridacchiò Raph, montandogli dietro e avviò il motore.
-Scalcia perfettamente d’accordo!-.
-Ah! Mi fa piacere perché quando sarà più grandicello lo porterò tutti i giorni in moto!- sogghignò Raph, abbracciandolo in vita. -Dai, Mikey! Dacci dentro e mostrami cosa ti ho insegnato!-.
L’altro si sentì più sicuro quando le mani del compagno furono sulle sue, per accompagnarlo nel rettilineo che avrebbe impiegato quasi quaranta minuti d’autostrada...
 
Un’ora dopo, i familiari grattacieli corvini spiccavano all’orizzonte, fusi quasi con l’oscurità serale del cielo incerto. Non c’era anima viva in città e una buona metà dei suoi abitanti era barricata in casa, a festeggiare in solitudine o compagnia. Le luci degli abeti si riflettevano nelle finestre chiuse, sembrano sfere di cristallo Swarovski eccezionali.
-Siamo quasi arrivati...- mormorò Raphael, accarezzando la pancia di Mikey.
L’arancione rallentò, parcheggiò la moto sullo spiazzale del vecchio magazzino abbandonato, e Raph la legò a un palo con una catena, cosicché non la potessero rubare.
-Ci siamo- disse freddamente.
Mikey abbassò lo sguardo, avvinghiato da pensieri che aveva cercato di sotterrare disperatamente in quattro anni; troppo dolore, troppa rabbia e delusione.
Improvvisamente il faro del magazzino si accese, illuminandoli e un’ombra comparve dinanzi a loro, sbucata dalla porta secondaria del magazzino.
Mikey si strinse a Raphael, non volendo guardare chiunque fosse.
-Bentornati...- mormorò.
Il focoso ridusse gli occhi a due fessure, avvampando di collera e scaraventò il misterioso uomo contro la serranda del magazzino che protestò con un sordo rumore, con un pugno violento.
-Bentornati? A noi?! Dopo quattro anni è tutto quello che riesci a dire, maledetto? Rispondimi, LEONARDO!-.
Il ninja si rialzò, palpando lo zigomo umido di sangue ma rimase in silenzio, aprendo la serranda leggermente ammaccata.
-Entrate, su-.
Mikey prese le mani di Raph per costringerlo a non colpire più e seguirono Leonardo verso l’ascensore ovoidale che li condusse nel sottosuolo. Dopo quasi quattro anni, avevano scordato il tanfo tremendo di fogne che ristagnava nella tana.
-Come potete vedere, non è cambiato nulla- disse Leonardo, con un piccolo sorriso sincero. -Donnie! Sono arrivati!-.
Dalla zona notte, dove una serie di stelle filanti sfoggiavano il loro rosso sulla cornice della porta, fece capolino il genio che aveva una collezione di piccole cicatrici sul braccio destro.
-Ciao...- disse timidamente, alzandosi gli occhiali da saldatore sulla testa.
I due ninja non risposero.
Alla loro sinistra una shoji si aprì lentamente: era il maestro Splinter, con un viso più invecchiato e mite. Aveva il solito bastone e una mano appoggiata sulla schiena. Era così diverso dalla belva che li aveva allontanati quattro anni fa.
Michelangelo si nascose leggermente dietro Raph, grato anche che il suo soprabito fosse di due taglie più grandi che mascheravano il suo pancione gonfio, dove il bambino non aveva scalciato, come se avesse capito che tipo di tensione vi fosse nel nuovo ambiente.
-Benvenuti- disse il maestro, allargando le braccia.
Raphael strinse i pugni e fissò un Leonardo con una cicatrice che trapassava l’occhio sinistro.
-Perché?- chiese a denti stretti.
-Perché siamo una famiglia-.
-UNA FAMIGLIA?!- urlò addirittura Michelangelo. -Liberarsi di me e di Raph per poi farci venire qui sia un gesto familiare? Non farmi ridere!-.
-Mikey, ti prego, non vogliamo litigare- pronunciò Donatello, facendo un passo avanti. -Quattro anni sono stati anche troppi per tutti noi. Abbiamo davvero sbagliato e il nostro silenzio ci ha macchiati di una colpa troppo pesante-.
L’arancione sbuffò a denti stretti e non parlò più. Al contrario, Raphael era rimasto a guardare acutamente Leonardo che gli sfuggiva continuamente, non sopportando quella rabbia cieca nei suoi e nei loro confronti.
-Nient’altro?- chiese freddamente. -Abbiamo affrontato un viaggio solo per questo?-.
-No. Vogliamo riavervi con noi- rispose il maestro Splinter, addolorato da un simile veleno.
Mikey spalancò gli occhi, deglutendo a fatica...
 
Michelangelo conservava ancora il ricordo amoroso della sua notte di fuoco con Raph che doleva nelle parti intime, mentre raggiungeva il dojo per il consueto allenamento. Fu questione di un attimo, però.
Leonardo era sulla destra, Donnie sulla sinistra di uno Splinter furente che stringeva il bastone con le unghie che scavavano nel legno.
Mikey avvertì all’istante la sensazione che stesse per accadere qualcosa e si guardò nelle varie direzioni, alla ricerca di Raphael, che non era presente.
-Come hai potuto?- infierì Splinter, sbattendo il bastone. -Come hai potuto disonorare questa famiglia in un modo sporco che ha macchiato il tuo stesso nome?-.
Mikey deglutì, guardando Leo e Donnie che erano altrettanto ostili con i loro sguardi distaccati e accusatori.
-Vi ho visti mentre prestavate il vostro corpo in atteggiamenti a dir poco immondi!- gridò Splinter. -Vi ho visti molte volte, quando risalivate in superficie per consumare il vostro presunto amore. Questo è un sacrilegio e un insulto alla memoria del maestro Yoshi-.
Il cuore di Michelangelo mancò un battito... allora erano dei sensei gli occhi invisibili che aveva sempre percepito sul collo nelle notti appassionanti che trascorreva con Raph in superficie!
-Dov’è Raph?- chiese Mikey, ritrovandolo seduto sul divano con sguardo scioccato.
-Da oggi in poi, tu e il tuo compagno non fate più parte di questa famiglia. Per tanto il cognome affibbiatogli vi sarà revocato e come tale non apparterrete più a me, né come figli né come allievi. Siete esiliati per sempre!- urlò Splinter.
Il cuore di Mikey si spezzò in mille pezzi...
 
-Non porteremo più il cognome Hamato... non saremo più tuoi allievi né figli... è questo ciò che hai detto. Perché adesso vorresti riportare le cose come un tempo?- mormorò Michelangelo dal freddo sguardo vuoto.
-Perché è stato un errore da parte mia, figlio mio- disse Splinter.
-NO! Non siamo più tuoi figli!- urlò Michelangelo, sbottonando il suo soprabito per indicare il pancione. -Questo nel mio grembo è mio figlio! Noi non siamo più niente per te! E nemmeno il piccolo è tuo nipote!-.
Donatello fece un passo avanti, stupito di vedere il fratello minore in stato di gravidanza avanzato e aprì la bocca per dire qualcosa ma fu preceduto da Leonardo.
-Non ci posso credere...- espirò con un sorriso. -Questo è una sorpresa... una perfetta gioia per Natale!-.
Mikey guardò Raphael che aveva leggermente ammorbidito lo sguardo torvo, come se voleva provare a capire se Leonardo mentiva o era sincero.
-Questo è incredibile... di quanti mesi sei, Michelangelo?- tubò anche Donatello, volendo toccare la pancia.
Mikey schiaffeggiò la mano, indietreggiando. -Non toccarmi! Pensi che possa perdonarti? Tu, non hai fatto nulla per cercare di capire me e Raph! Insieme a Leo hai assecondato i voleri del sensei!-.
-Mikey, adesso calmati. Tutto questo stress non ti fa bene- fece Raphael, visibilmente preoccupato dal leggero ondeggiare di un Mikey avvampato di collera.
Lo fece sedere sul divano, baciandogli la fronte amorevolmente.
-Ho sbagliato su una cosa- mormorò il maestro Splinter, sorridendo dolcemente. -Quello che vi unisce è un legame molto forte. Vero amore... e io non me ne sono accorto mai-.
I due ninja si stupirono di vedere due lacrime sfuggire agli occhi del maestro che non fece nulla per asciugarsele.
-Mi dispiace molto, figli miei- disse, inginocchiandoglisi dinanzi. -Ho impiegato troppo tempo per capirlo e l’odio che nutrite verso di me è giusto, in fondo. Non posso pretendere il vostro perdono dopo ciò che ho causato-.
Mikey e Raph si scambiarono uno sguardo confuso e ben presto anche Don e Leo imitarono loro padre.
-Siamo addolorati...- mormorò Leonardo. -Ma se voi potreste darci almeno una possibilità...-.
-Che cosa vedo...- sibilò Raphael, alzandosi in piedi per afferrare Leo per la fascia da leader. -Il caro Fearless implora il perdono? Hai visto Mikey? I pazzi sono tornati in sé! Che cosa ne pensi?-.
L’arancione scoppiò in una risata sinistra e finse di pensarci. -Oh, beh. Sembra ironico-.
Raphael lasciò andare l’azzurro e si inginocchiò accanto a uno Splinter che non osava alzare la testa, troppo vergognato dal male commesso.
-Alza i tuoi occhi a noi, padre. Non serve che tu ti inchini per implorare il perdono- pronunciò, inghiottendolo in un abbraccio. -Vogliamo accettare le vostre scuse-.
-E ricominciare- continuò Mikey, prendendo la mano di Donnie per poggiarsela sulla pancia. -Forse questo piccolino ha bisogno di due zii e un nonno-.
Azzurro e viola piangevano di gioia come bambini...
 
***
 
La famiglia Hamato era riunita intorno al tavolo per festeggiare le ultime ore che dividevano Natale da Santo Stefano per consumare insieme una cena importante tutti insieme, dopo quattro anni.
-Buon Natale, ragazzi!- fece Mikey, abbracciando Leo e Donnie che non volevano schiacciargli in alcun modo la pancia.
-Caspita, com’è voluminosa!- commentò il viola, ridacchiando.
-Già! Puoi ben dirlo e il nostro bambino dovrebbe nascere a momenti- confermò Raphael, tossendo un paio di volte. -Dannata asma!-.
Leonardo sospirò amaramente alle condizioni del secondogenito ma non poté trattenersi dal formulare una domanda che aveva cominciato a rodergli la testa dal momento stesso in cui Mikey si era disfatto del cappotto. Aveva notato che il bianco maglione che indossava era estremamente largo alle spalle e alle braccia e un po’ strettino di pancia. Inoltre, il suo fratellino sembrava molto deperito, come se si fosse sottoposto a un ferrea dieta.
-Mikey- chiamò, non sapendo come iniziare. -H... hai fatto la dieta?-.
Al che, l’arancione posò le posate sul piatto e si sfilò il maglione, facendo scalpore a Don, Leo e Splinter. Le sue braccia erano piccole ed esili, scheletriche come quelle di un anoressico. Sotto i piastroni superiori potevano palpare lo sterno con le relative ossa e le sue cosce erano minuscole, insieme ai polpacci talmente sottili da spaventare.
-No. Nessuna dieta. Chiamatela malattia- disse, infilandosi il maglione.
-Ch... che malattia?- ripeté Donnie.
-Miastenia-.
La malattia mangia-muscoli comparve all’instante nella mente del viola che sbiancò. Michelangelo fece un triste sorriso, mentre si appoggiava a un Raph afflitto.
-Ma... è pericolosa per il bambino?- chiese Leonardo.
-E’ comparsa dopo la prima settimana di gravidanza- raccontò Raphael. -Ma no. Non si trasmette al nostro piccolo-.
-Siete a conoscenza che è una malattia ad alto potenziale di morte?- intervenne ancora Donatello.
Il focoso lo fulminò con un’occhiataccia, guardando Michelangelo che non aveva battuto ciglio.
-Lo sapevo...-.
-Lo sapevi?- ripeté Raphael. -Ma... io non te l’ho detto...-.
Internet faceva miracoli, dopotutto. Michelangelo aveva deciso di documentarsi e aveva imparato a memoria tutto ciò che c’era da sapere su questa malattia.
Improvvisamente, l’arancione si irrigidì, guardando la sua pancia enorme; una sensazione strana stava crescendo dall’interno.
-Mikey, che succede?- domandò Raphael, preoccupato.
-Mi sento strano...- pronunciò, divaricando le gambe quando una sensazione umida si fece strada sotto le parti intime. -Oh oh! Credo che... mi siano rotte le acque... Raph, il bambino sta per nascere! E non sono pronto!-.
-COSA?!-.
-Donatello, porta immediatamente tuo fratello in laboratorio! E’ necessario intervenire!- ordinò il maestro Splinter.
-E chiamare Leatheread!- gridò Mikey, respirando affannosamente. -Oh, cavolo! L’avevo più volte immaginato il parto ma non pensavo che fosse stato tanto... doloroso!-.
Raphael premette la mano sul petto, scuotendo leggermente il capo. Non poteva farsi venire un attacco proprio quando il suo compagno aveva più bisogno di lui!
Leonardo si occupò di telefonare a Leatheread, con un sottofondo di grida in agonia di Mikey trasportato in laboratorio da Donatello che era leggermente estraneo in materia di gravidanza.
-D’accordo, Mikey... respira profondamente! Ricorda, questo gioiellino è un prezioso regalo di Natale e va maneggiato con cura- disse.
-E lo dici a me?!- protestò il minore, alzando la testa e divaricando le gambe. -Tu piuttosto, aiutami!-.
-E’ quello che sto cercando di fare! Solo che tu mi stai innervosendo!-.
-Ti starei innervosendo?! Scusa, ma fra me e te sono io a star partorendo! Oddio...! RAPHIE!- urlò Mikey, inarcando la schiena a una scarica di dolore  bianco che attraversò la sua spina dorsale.
Il focoso gli tamponò la fronte con un panno morbido, stringendogli la mano. Era bianco come un lenzuolo e sembrava che di lì a poco sarebbe svenuto!
-Leatheread sarà qui tra un attimo- informò frettolosamente Leonardo. -Come sta Mikey?-.
-Sinceramente non saprei. Potrei dire che non è ancora del tutto pronto a consegnare il neonato- spiegò Donatello, pregando internamente che Leatheread sarebbe davvero arrivato il più presto possibile perché non aveva la più pallida idea di come trattare questo momento delicatissimo.
-Come ti senti, bocconcino?- chiese Raphael, apprensivamente.
-Come sotto una pressa...!-.
Improvvisamente e quasi incredibilmente poi, una bussata di campanello risuonò dal dojo così intensamente da far sobbalzare tutti quanti, anche Mikey che per lo spavento emise un nuovo grido di dolore al fremito involontario del suo corpo stressato.
L’imponente figura di Leatheread fece il suo ingresso nel laboratorio con il solito camice bianco da scienziato, guanti di lattice e una borsa di pelle che ricordava molto quella di un avvocato, che poggiò sul banco da lavoro di Donatello. Gli Hamato ebbero un leggero timore nel vedere lo sguardo gelido con il quale il coccodrillo li stava osservando che andò a ricorda loro quanto avessero sbagliato a bandire Raph e Mikey dalla famiglia.
-Adesso ci prenderemo cura di te, Michelangelo- pronunciò dolcemente, voltandosi verso gli altri. -Per favore, uscite tutti quanti. Eccetto te, Raphael. Tu puoi restare-.
Nessuno replicò nulla e Leonardo dette uno sguardo di scuse al coccodrillo, chiudendo la porta dietro al guscio.
-Leatheread, siamo tornati a essere degli Hamato- spiegò Mikey, con un sorriso stanco.
-Davvero? Sono rinsaniti, allora?-.
-Già! Ti racconteremo tutto dopo, però. Ho la vaga impressione che Mikey non resisterà a lungo in questo stato- disse Raphael, ansimando alla stretta eccessiva alla mano che il suo compagno di stava dando a causa del dolore immenso.
Leat si mise all’opera: per prima cosa controllò che l’apertura per il neonato fosse abbastanza dilatata; poi divaricò maggiormente le gambe di Mikey e calò la mascherina sul muso.
-Spingi, amico mio-.
L’arancione aumentò nuovamente la stretta alla mano di un Raph che si ritrovò a gridare insieme al compagno!
-Ancora!- ordinò il coccodrillo.
-Dai, piccolo! Stai uccidendo la mammina, così!- urlò Michelangelo, ancora insieme a Raph sicuro che la sua mano sarebbe stato un sacchetto di ossa tritate.
La seconda spinta fu forte abbastanza da far sbucare una piccola macchia verde che per Leatheread rappresentò la testolina del neonato.
-Michelangelo, devi spingere con tutte le tue forze- disse con una nota d’eccitazione. -Però, ti chiederei di lasciar andare la mano di Raphael-.
L’arancione notò effettivamente l’alone cianotico che avvolgeva le tre falangi del compagno che stava sforzandosi di sorridere amorevolmente, nonostante il dolore acuto alla povera mano.
-Mi dispiace, Raph... AHHHHH!-.
Fu tutto così veloce: Leatheread si ritrovò con il tartarughino in mano e Mikey crollò stremato sul lettino, respirando così affannosamente da non sentire quasi i vagiti del nascituro. Raphael, invece, appena vide il piccolo, scoppiò a ridere e a singhiozzare allo stesso tempo.
-Congratulazioni- fece il coccodrillo, lavando il neonato e avvolgendolo in un asciugamano per consegnarlo a Mikey. -E’ una bambina-.
-Ehi... ciao...!- mormorò commosso Mikey, facendosi stringere il dito nella piccola manina della sua piccola. -Finalmente ci incontriamo! Non sai quanto ho desiderato farlo!-.
-E’... stupenda...- commentò Raph.
La bimba singhiozzante era un verde germoglio con piccole striature più chiare sul viso. Aveva occhi dorati e le lentiggini di Mikey.
-Come la chiamiamo?- domandò Michelangelo, mentre gli altri entravano.
Raph ci pensò su e un’idea gli venne. Aveva letto un libro sui nomi per neonati in un negozio di maternità quando aveva scoperto della gravidanza del compagno. Fra tanti, divisi in maschili e femminili, due gli avevano colpito.
Se fosse stato un maschio lo avrebbe chiamato Daiki per simboleggiare una grande gioia.
E per una bambina...
-Da quand’è che avete dei gelsomini in camera?- ridacchiò Mikey, guardando la sua bambina ancora senza nome.
-Riko...- espirò Raphael, stupito. -Mikey, se ti fa piacere, vorrei chiamarla Riko, che significa “gelsomino” e simboleggia nuova speranza dopo un periodo buio-.
Un sorriso concordante spiccò sul viso di Michelangelo che poteva finalmente riposare in pace, adesso che aveva la piccola con sé. Certamente, con le cure a cui sarebbe stato sottoposto, sarebbe guarito dalla Miastenia e sicuramente non avrebbe demorso né perso la sua battaglia con la Morte. Non avrebbe chiuso gli occhi ora che c’era la sua piccolina. L’avrebbe cresciuta.
-Ti aspetta un lungo calvario di terapie, Michelangelo- fece Leatheread. -Ma tu sei forte e supererai tutto egregiamente-.
-Inoltre, non sei più da solo- aggiunse Leonardo, commosso nel ritrovarsi zio di una pulcina di due chili e ottocento. -Né Riko né tu, Raph... siete importanti per tutti noi-.
Raphael batté una pacchetta affettuosa sulle corazze dei suoi fratelli: era orgoglioso di ricominciare tutto da capo.
-Beh... però io e Mikey torneremo a casa nostra- disse. -Almeno quando Riko sarà più grandicella-.
Mikey era troppo stanco per rispondere e con l’immagine di un Natale felice, dopo quattro anni, si abbandonò al mondo dei sogni...
 
The End

 
 
Angolo dell'Autrice

Buon Natale, ragazzi! Anche oggi vi ammorbo con un'altra delle mie storie, stavolta basata sul T-Cest (ero in crisi di astinenza, lo ammetto! Ehehehehehe!). Un grosso abbraccio e tantissimi auguroni di Buone Feste!
Colgo l'occasione per
abbracciare virtualmente LaraPink777, AyumiEdogawa, Gru, HellenBach, CartoonKeeper8, Nolimetangere94 e tutti i miei amatissimi lettori!
  
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