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Autore: Ari_92    25/12/2014    4 recensioni
«Passa la Vigilia di Natale con me.»
«Come, scusa?»
«Sul serio. Solo questa sera.» 
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A tutti coloro che hanno voluto correre via da tutto, almeno una volta nella vita.
A quelli che stanno ancora correndo, a quelli che sono caduti, e ai fortunati che hanno trovato quel Qualcosa per cui vale la pena fermarsi.
Buon Natale ♥
 



 
 
Snowflake
 
 
La neve cadeva fitta, quella sera. Così fitta che era impossibile distinguere il contorno delle macchine parcheggiate, il gradino dei marciapiedi o anche solo il colore del cielo: tutto si confondeva in un freddo vortice biancastro che oscillava da una parte e dall’altra, a seconda del vento. Le uniche cose visibili erano alcune luci sparse qua e là, del tipico colore aranciato che ricorda l’intimità di una famiglia. Probabilmente era esattamente ciò che si sarebbe trovato guardando dietro a quelle finestre: tante famiglie diverse che aspettavano l’arrivo del Natale e si compiacevano della neve che continuava a scendere, trasformando la loro città spigolosa in un soffice gomitolo bianco.
Eppure, nonostante tutto, c’era qualcuno che si stava augurando esattamente il contrario, qualcuno che guardava su e sperava che la neve smettesse di cadere. C’era qualcuno dalla parte sbagliata di quelle finestre illuminate.
 
Kurt Hummel stava correndo.
Non avrebbe saputo dire da quanto per l’esattezza: non sapeva se le gambe gli facevano male per lo sforzo o per il freddo. Però sapeva che stava correndo, praticamente alla cieca, con i fiocchi di neve che gli si impigliavano tra le ciglia e che non aveva intenzione di fermarsi finché avrebbe avuto fiato. Ma Kurt Hummel non era l’unico che stava correndo, quella notte. Lui non lo sapeva – non poteva saperlo – ma c’era un altro ragazzo che si destreggiava in una solitaria danza tra i fiocchi di neve. Che correva e scivolava, poi si rialzava e continuava a correre.
 
Blaine Anderson voleva scappare il più lontano possibile.
Era quello l’unico proposito che teneva vigile il suo cervello mentre il suo corpo infreddolito si muoveva automaticamente in avanti, sempre in avanti. Fu durante uno slancio particolarmente avventato che scivolò. Si era trattato di singolo un gradino, un gradino che Blaine non vide perché niente quella notte poteva essere visto chiaramente, tranne qualche luce accesa. Inciampò nel dislivello che non aveva notato e cadde in ginocchio: mise avanti le mani e le vide sprofondare nella neve fino ai polsi. Rabbrividì da capo a piedi e prima di rialzarsi si concesse un minuto. Un minuto per chiudere gli occhi e sentire i fiocchi di neve pungergli sulle guance, ghiacciati, così diversi dai suoi occhi roventi delle lacrime che rimanevano lì, senza scendere.
 
«Stai bene?» Blaine si costrinse a sollevare le palpebre e a guardare in su.
Kurt lo stava osservando dall’alto, con una mano tesa verso lo sconosciuto accasciato ai suoi piedi. Stava correndo e aveva visto qualcuno scivolare sulla neve, proprio vicino a lui, così si era fermato e gli aveva offerto il suo aiuto. È qualcosa che non fanno tutte le persone: bisogna aver conosciuto la solitudine per imparare quel tipo di gentilezza, quella che ti fa smettere di correre in mezzo alla tormenta per allungare una mano.
Blaine non guardò subito il viso al quale quella mano apparteneva. Guardò solo quella, e la prese. Per un attimo pensò di essere morto, perché non aveva mai avuto più freddo di così e perché nessuno smette di correre per aiutare uno sconosciuto a rimettersi in piedi. Poi però quella mano strinse con forza la sua e lui riuscì a tornare a reggersi sulle sue gambe.
 
«Grazie.» Disse sinceramente.
«Stai bene?» Ripeté Kurt, perché quel ragazzo non gli aveva ancora risposto. Il cappello e la sciarpa nascondevano buona parte del suo viso, ma gli occhi – due grandi occhi socchiusi per evitare i fiocchi di neve – erano quelli di un ragazzo. Anche Blaine poteva vedere solo gli occhi della persona che lo aveva aiutato. Erano giovani, eppure vecchi, in un certo senso. C’era un alone di stanchezza ad offuscarli.
«No.» Rispose. «E tu?»
«No.» Kurt si stupì di avergli detto qualcosa del genere, in fondo non sapeva nemmeno con chi stesse parlando. Eppure era sembrata la cosa giusta, dire la verità. Gli era sembrato giusto confidarla a due occhi anonimi, sconosciuti, ma che appartenevano a qualcuno che aveva appena detto di non stare bene e Kurt, beh, nemmeno lui stava bene.
 
«Come ti chiami?»
«Kurt.» Blaine annuì, ripetendosi in testa quel nome con lo stesso tono di voce del suo proprietario. La bufera si era portata via parte del suono e lo aveva confuso insieme al resto, ma Blaine lo aveva sentito, e ora stava galleggiando nella sua testa sopra a tutto il resto.
«Io sono Blaine.»
Kurt adocchiò brevemente il cornicione del palazzo più vicino, a malapena visibile tra i vortici bianchi che riempivano il cielo. Blaine dovette intercettare il suo sguardo perché poco dopo entrambi avevano trovato riparo lì sotto, con le spalle appoggiate al muro e le braccia strette attorno al corpo.
Kurt tenne lo sguardo fisso sulla punta imbiancata delle sue scarpe per un po’, finché non si fece coraggio e guardò di sottecchi alla sua sinistra: Blaine lo stava fissando con un grande sorriso. Kurt socchiuse la bocca dalla sorpresa, perché quando aveva offerto il suo aiuto a quel ragazzo non aveva idea che fosse così carino.
Aveva ancora qualche fiocco di neve sulla pelle e il freddo lo aveva reso innaturalmente pallido, ma le sue labbra sembravano molto più soffici della neve, il suo sorriso molto più candido e i suoi occhi decisamente molto, molto più caldi.
 
«Allora, Kurt. Dove corri la Vigilia di Natale?» Trovò il coraggio di chiedergli Blaine, che ancora non si era del tutto ripreso dalla corsa, dal freddo e dal viso di quel ragazzo, quel Kurt, che stava correndo come lui ma che si era fermato ad aiutarlo.
Aveva la pelle più chiara che Blaine avesse mai visto, cosa che non faceva che mettere in risalto il rossore sulle sue guance e sulla punta del naso. Le sue labbra sottili si tendevano in un sorriso un po’ imbarazzato, un po’ incerto, ma indubbiamente gentile. Aveva gli occhi chiari e splendenti del cielo invernale. Avrebbe detto che era una specie di miracolo nato insieme alla bufera se non fosse stato per quel rossore sul suo viso.
«E tu? Dove corri?» Fu in quel momento che Blaine decise di essere sincero. Perché era la Vigilia di Natale, perché Kurt gli aveva teso la mano e perché semplicemente ne aveva bisogno.
«Non corro da nessuna parte.»
«E allora perché uscire con questo tempo, la sera della Vigilia?» Blaine guardò Kurt per un momento.
«Non sto andando verso qualcosa, me ne sto andando da qualcosa.» Gli occhi di Kurt si fecero attenti, come se avessero dimenticato di dover sembrare stanchi, o offuscati.
 
«Anche io sto andando via da qualcosa.»
«Da che cosa?» Kurt si perse negli occhi di Blaine, che sembravano il tramonto di un giorno d’estate, quando sono lunghissimi e tolgono in fiato. Gli rivolse una specie di sorriso.
«Da tutto.» A Blaine sembrò la risposta più giusta che Kurt avrebbe potuto dare. Lo guardava, e gli attribuiva quel genere di bellezza che si sciupa se viene toccata. Pensò che doveva essere quella la ragione per cui stava correndo via da tutto, per non permettere alle persone di sciuparlo.
«E hai deciso di farlo proprio la sera della Vigilia?»
«Non credo che ci sia un momento migliore o peggiore per farlo. E comunque anche tu hai scelto stasera.»
Blaine non poteva fare a meno di sorridere, nonostante stesse battendo i denti e la voglia di piangere fosse ancora lì che spingeva nel retro della sua testa. Guardò il ragazzo bellissimo, infreddolito e tremante al suo fianco e improvvisamente si sentì coraggioso. O molto stupido, a seconda dei punti di vista.
 
«Passa la Vigilia di Natale con me.»
«Come, scusa?»
«Sul serio. Solo questa sera.»
Kurt sentì il cuore accelerare, sotto un’innumerevole quantità di strati di vestiti. Guardò Blaine, sentì i suoi occhi su di lui e fu come se lo stesse scaldando, nonostante non lo stesse nemmeno sfiorando.
«Okay.» Rispose sottovoce, talmente piano che il vento soffiò via le sue parole e tutto ciò che arrivò a Blaine fu un minuscolo, insignificante frammento di suono.
«Davvero?» Chiese, e Kurt annuì, tenendo lo sguardo basso: la sua pelle si era arrossata ancora di più mentre lo faceva.
Blaine non riusciva a capacitarsi di Kurt. Non tanto del suo essere così bello, ma del modo in cui lo era. Non si sforzava di esserlo, probabilmente non ne aveva la minima idea e se ne stava semplicemente lì, in piedi e tremante, dopo avergli teso la mano.
Blaine si avvicinò a lui di un passo e Kurt incontrò cautamente il suo sguardo, come se avesse paura di scottarsi.
 
«Che cosa vuoi fare?» Kurt arrossì e abbassò rapidamente gli occhi, chiedendosi se Blaine lo avesse notato. Scrollò le spalle, perché non aveva idea di che cosa dire.
«Davvero, qualunque cosa.»
«Non lo so. Tu che cosa vuoi fare?» Blaine si guardò intorno: il vento era calato e la neve aveva iniziato a scendere con meno violenza. Poteva distinguere le insegne illuminate dall’altra parte della strada e i palazzi imbiancati che si stagliavano su un cielo ugualmente candido.
«Cioccolata calda.»
«Cosa?»
«I bar sono aperti anche durante la Vigilia, e io voglio una cioccolata calda.» Kurt gli rivolse un mezzo sorriso.
«Pensavo stessi scappando.»
«Lo sto facendo.» Disse Blaine, guardandolo negli occhi.
Kurt pensò che aveva ragione, in fondo. Erano fermi, eppure non avevano smesso di correre. Passare la Vigilia di Natale con uno sconosciuto aveva lo stesso peso di correre in mezzo a una tempesta? Lo rendeva più libero? Kurt non lo sapeva, ma sapeva di avere freddo e che dall’altra parte della strada c’era un bar. Poi Blaine lo stava fissando, e Blaine era così bello che Kurt aveva qualche difficoltà a sostenere il suo sguardo.
«Andiamo allora.»
 
Attraversarono la strada uno affianco all’altro, con le spalle che si sfioravano ad ogni passo facendo scivolare un po’ di neve fresca dalle giacche. Il loro ingresso nel locale fu accompagnato dal suono di un piccolo campanello posto sopra alla porta. Il proprietario li lasciò sedere in uno dei tanti tavoli liberi: Kurt ne scelse uno vicino alle lucine natalizie che pendevano dal soffitto, poi entrambi si tolsero sciarpa e cappello. Blaine rimase a guardare ogni movimento di Kurt, da quando si stava sfilando il cappotto al suo scivolare a sedere sulla sedia. Lui continuava ad evitare il suo sguardo, finché non si decise a sollevare gli occhi, con una certa apprensione.
«Sono i capelli?» Chiese, scostandosi rapidamente dalla fronte un ciuffo castano leggermente scompigliato.
«Cosa?»
«Mi stai guardando. Ho qualcosa che non va ai capelli?»
«Non hai niente che non va.» Lo rassicurò Blaine, che non avrebbe cambiato nemmeno un capello, una lentiggine, una luce nello sguardo di Kurt, che era bellissimo esattamente perché era così e solo così.
Kurt lasciò perdere i suoi capelli e guardò Blaine. Improvvisamente voleva sapere tutto, ogni singola cosa di lui. Appoggiò i gomiti sul tavolo e piegò appena la testa da una parte, mentre le punte delle sue dita riprendevano lentamente sensibilità.
 
«Ce l’hai un cognome, Blaine?»
«Blaine Anderson.»
«Da cosa stai scappando, Blaine Anderson?» Blaine fece per rispondere, ma fu interrotto dall’arrivo della prima delle due cioccolate che avevano ordinato.
Guardò Kurt che fissava la tazza fumante muovendo appena le dita intorpidite dal freddo e di nuovo, si sentì incredibilmente coraggioso. Allungò le mani sul tavolo e prese quelle di Kurt, le portò alla tazza e le tenne lì, sotto alle sue, a scaldarsi.
«Dalla mia famiglia e dai miei amici. Da tutto, quindi. Credo.» Sentì le dita di Kurt muoversi appena sotto le sue, così lo guardò. Era davvero, davvero arrossito.
«Mi dispiace.» Biascicò in fretta, ma poi Kurt riacciuffò le sue mani e le strinse a sua volta sulla superficie liscia e calda della tazza e fu Blaine ad arrossire.
«Anche io. È che ci sono delle volte in cui diventa tutto... troppo, hai presente?»
«Troppo.» Ripeté Blaine mentre arrivava la seconda cioccolata e Kurt lo lasciava andare bruscamente, in imbarazzo.
«Sì. Non è che non ami la mia famiglia o che non voglia bene ai miei amici. È che ci sono dei giorni, tipo oggi, che- non lo so.» Blaine si sporse un po’ verso di lui, invitandolo a continuare. Kurt sospirò, gesticolando vagamente e spostando così qua e là il fumo che saliva dalla sua tazza.
«Volevo solo scappare.»
«Ce l’hai un cognome, Kurt?»
«Kurt Hummel.» Blaine gli sorrise, bevendo un sorso della sua cioccolata.
«Credo che stiamo scappando dalle stesse cose, Kurt Hummel.»
Kurt sorrise e anche lui bevve un sorso di cioccolata, un po’ per scaldarsi, un po’ per avere l’opportunità di nascondersi dietro alla tazza per qualche prezioso secondo.
 
«Dimmi qualcos’altro di te.» Gli chiese Blaine, osservando come le labbra di Kurt riprendevano lentamente colore, diventando solo più invitanti. Kurt dovette notare che le stava fissando perché le strinse appena, nervoso.
«Tipo, la scuola che faccio- »
«No, di te. Dimmi una cosa che hai sempre pensato ma che non hai mai detto a nessuno.»
Kurt rise, per la prima volta da quando si erano incontrati. Blaine sentì una strana contrazione al cuore quando accadde, quella buffa sensazione che ti fa presente che potresti abituarti facilmente ad un suono del genere.
«Perché?»
«Perché no?» Kurt rise di nuovo e abbassò lo sguardo per un paio di secondi, poi lo riconcesse a Blaine.
«Okay. Uhm... Ho sempre pensato che fosse strano che non esistano due fiocchi di neve con la stessa forma e che fosse uno spreco, perché arrivano a terra e si sciolgono prima che chiunque possa sapere come sono fatti. Sono unici, e nessuno ci fa caso.» Disse Kurt, e pensò che valeva anche per le persone.
Blaine ascoltò ogni parola poi annuì, con la sua tazza tra le mani.
«Sai, hai ragione.»
«E tu? Che cosa pensi?» Blaine rifletté qualche istante.
«Penso che se un fiocco di neve avesse coscienza di sé, se fosse vivo, diciamo, non penserebbe di essere uno spreco. Anche se nessuno si accorge di quanto è speciale lui saprebbe di esserlo. Se avesse coscienza di sé, dico.» Kurt picchiettò le dita sul bordo della tazza ormai vuota, guardando Blaine di sottecchi.
«O forse non lo saprebbe mai. Di essere unico, voglio dire. Dipende dall’autostima del fiocco di neve.»
«O magari capita che cada proprio in mano a un bambino che lo vede e si meraviglia di quanto sia speciale.»
«Non stiamo più parlando dei fiocchi di neve, vero?»
«Non proprio.»
Kurt si lasciò andare a una risata imbarazzata e Blaine fece lo stesso, senza poter fare a meno di continuare ad osservare ogni piccola cosa che gli era possibile notare nel viso di Kurt. Il taglio degli occhi, la curva delle labbra mentre sorrideva.
 
«Ha smesso di nevicare.» Disse Kurt, guardando oltre i vetri leggermente appannati del locale.
La strada era completamente imbiancata, così come i rami secchi degli alberi e i tetti dei palazzi. Era il genere di tranquillità che di solito lo faceva sentire triste, svuotato, come se tutto quel bianco strappasse via anche i suoi, di colori. Ma non quella sera. Si voltò e guardò Blaine.
«Andiamo fuori.»
«Fuori?»
«Sì. C’è un parco qui vicino, voglio andarci.»
Blaine si alzò dal suo posto praticamente subito. Alle sue spalle pendeva un sottile filamento luminoso e c’erano palline colorate dappertutto. Kurt rimase incantato a guardarlo, perché gli occhi di Blaine erano pieni di calore e perché avrebbe baciato quel suo sorriso incredibile anche ora, se solo avesse potuto.
«Andiamoci subito allora, Kurt Hummel.» Disse Blaine, lasciando due banconote sul tavolo. Kurt fece lo stesso e lo seguì fuori dal locale, di nuovo in mezzo alla neve.
Lo stava guidando verso il parco quando all’improvviso Blaine si sporse leggermente verso di lui. Kurt sentì il calore del suo respiro sulla pelle e il suo corpo fu scosso da un brivido mentre Blaine sussurrava piano al suo orecchio, come se si trattasse di un segreto tra loro due e quel cielo bianco.
 
«Voglio pattinare sul ghiaccio.»
Kurt chiuse per un momento gli occhi, mentre il tepore alla base del suo collo si affievoliva e il brivido se ne andava. Poi sentì le mani di Blaine – le stesse che avevano scaldato le proprie con una tazza di cioccolata – appoggiarsi gentilmente sui suoi fianchi. Glieli strinse con una fermezza delicata, fece sfiorare il proprio petto contro la sua schiena e – prima che Kurt potesse capire che cosa stesse succedendo – Blaine lo stava già spingendo sulla piccola lastra ghiacciata che si era formata ad un angolo della strada. La luce di un lampione ci si tuffava dentro e restituiva il riflesso confuso di un ragazzo che traballava, di un altro che rideva e delle finestre aranciate sopra di loro.
Kurt scivolò per qualche metro, poi finì con i piedi nella neve. Solo allora si permise di tirare il fiato e di appoggiarsi completamente al petto di Blaine, con un piccolo sospiro di sollievo.
«Tu sei matto.»
«Anche tu.» Replicò Blaine, mentre lasciava andare la vita di quel buffo, tenero sconosciuto con cui stava passando la Vigilia di Natale. Kurt era completamente rosso in viso e sembrava rifiutarsi di guardarlo negli occhi, cosa che permise a Blaine di concedersi l’ennesimo sguardo furtivo alle sue labbra. Erano sottili, eppure stranamente piene, un po’ arrossate per il freddo; aveva la sensazione che non aspettassero altro che essere baciate. Kurt si scostò da lui e si infilò le mani in tasca, lanciandogli una piccola occhiata di rimprovero prima di sorridere.
«Andiamo?»
 
Si scoprì che il parco aveva uno scivolo, un dondolo e due altalene. E si scoprì che Kurt aveva portato lì Blaine per una ragione.
«Vediamo chi va più in alto.» Disse, mentre spazzava via il cumolo di neve che si era formato su una delle altalene e ci si sedeva sopra, dandosi una piccola spinta con i piedi. Blaine lo guardò slanciarsi verso il cielo: le catene cigolarono appena sotto al suo peso dopo una spinta un po’ più decisa. Kurt gli lanciò uno sguardo veloce, ridendo.
«Allora? Hai paura di perdere?» Blaine non ci pensò nemmeno: si mise dietro di lui e lo aiutò a spingersi più su.
«Blaine!» A Kurt scappò detto a voce un po’ troppo alta, ma d’altronde non si aspettava che si mettesse a spingerlo. Chiuse gli occhi e rise come avrebbe fatto da bambino, quando ancora credeva di stare effettivamente per spiccare il volo.
«Kurt!» Gridò Blaine in risposta, spingendolo un po’ più in alto. «Come si sta lassù?»
Kurt dondolò in avanti e girò la testa per guardare Blaine, che si chiese se sarebbe davvero volato via, alla fine. Forse era quello che facevano gli sconosciuti così carini e con gli occhi chiari come il cielo invernale; volano via, a un certo punto.
Ma Kurt non volò via. Kurt saltò. Quando l’altalena fu abbastanza in alto lasciò andare le catene e si buttò in avanti, atterrando su un’enorme quantità di neve fresca. Sprofondò a sedere fino alla vita e Blaine corse da lui.
 
«Stai bene?» Kurt non rispose, così si piegò verso il basso, cercando di intercettare il suo sguardo. «Ehi?» L’ultima parola gli morì sulle labbra mentre Kurt lo afferrava saldamente per i lembi della sciarpa e lo trascinava giù con sé in mezzo alla neve. Blaine provò a protestare, ma prima che potesse anche solo aprire bocca era già per terra, con Kurt che rideva al suo fianco.
«Tu sei matto.» Gli disse, mentre si rimetteva a sedere. Kurt era ancora sdraiato, con gli occhi chiusi e il sorriso sulle labbra.
«Dimmi una cosa, Blaine.» Disse, mentre si tirava faticosamente su, tremando un po’.
«Se potessi chiedere qualunque cosa per Natale che cosa desidereresti?» Blaine gli sorrise e Kurt rimase senza fiato per un attimo.
«Perché questa domanda?»
«Perché mancano pochi minuti a mezzanotte.» Blaine ci pensò su qualche secondo, poi tornò a guardarlo.
«Vorrei qualcuno che mi capisse. Che capisse tutto, hai presente? Anche le cose stupide come quella che ho fatto stasera quando sono corso via- »
«Non è stupido.» Lo interruppe Kurt, prima di fargli un mezzo sorriso. «In poche parole desideri una fidanzata.»
«Non necessariamente. Mi basterebbe essere capito sul serio, per una volta. E comunque al massimo sarebbe un fidanzato.»
«Sarebbe un- oh.»
Blaine cercò di soppesare la reazione di Kurt, ma non riuscì a capirla. Se ne stava semplicemente lì con gli occhi bassi, a tremare. Incrociò le braccia al petto nel tentativo di scaldarsi un po’, finché non poté più trattenere dal porre una delle prime domande che avrebbe voluto fargli.
 
«Da cos’è che stai scappando, Kurt?» Lui rimase zitto per un minuto, poi sospirò.
«Da questo posto, e dalle persone che ci abitano. Non mi sono mai sentito a casa, hai presente?»
«Non ti sei mai sentito speciale?»
«Mi sono sempre sentito diverso, più che speciale.»
«Come quel fiocco di neve?» Gli chiese con un sorriso un po’ triste che Kurt ricambiò.
«Sì, penso di sì.» Blaine allungò una mano verso di lui e gli spazzò via un po’ di neve dalla spalla.
«Io credo che tu sia speciale.»
«Ma se non mi conosci nemmeno.»
«Per questo ho detto “credo”, in base a quello che ho visto. E comunque un po’ ti conosco.»
«Davvero?» Gli chiese, con un tono un po’ divertito e un po’ di sfida. Blaine sorrise.
«Sei il tipo di persona che si ferma ad aiutare gli sconosciuti che cadono sulla neve, che cerca di scappare da tutto, che non si sente a casa, che ama andare in altalena e che se lo sconosciuto di prima gli chiede di passare la vigilia di Natale insieme dice di sì.»
Rimasero entrambi in silenzio per un po’. Solo due ragazzi in fuga seduti su uno spesso strato di neve fresca la sera della Vigilia di Natale. Il corpo di Kurt fu scosso da un brivido e Blaine gli diede una mano a rialzarsi in piedi insieme a lui. Notò che il suo sguardo continuava a sfuggirgli e si inumidì distrattamente le labbra, a disagio.
 
«Non volevo esagerare. Hai ragione: non ti conosco.» Kurt tornò a guardarlo, un lampo azzurro da sotto le ciglia.
«Tu sei il tipo di persona che chiede a uno sconosciuto di passare la Vigilia insieme così, senza un perché. Che ama la cioccolata calda, che sa ascoltare, a cui piace pattinare sul ghiaccio e che ogni tanto ha voglia di scappare, perché magari mentre scappa potrebbe imbattersi in qualcuno che lo capisce nel modo in cui vorrebbe essere capito.» Si interruppe, rivolgendogli un sorriso timido.
Blaine sapeva che non era solo presto per pensarlo, era assurdamente presto, eppure aveva la sensazione che Kurt avrebbe potuto rappresentare questo, per lui. Avrebbe potuto essere la ragione per la quale avrebbe smesso di correre. Probabilmente lo stava guardando da un po’ troppo tempo, perché Kurt ridacchiò.
 
«Che cosa c’è?»
«Niente. È che hai sbagliato su una cosa.» Kurt piegò appena la testa da un lato.
«Cioè?»
«Non ti ho chiesto di passare la Vigilia insieme proprio senza un perché, insomma... Sei carino.»
Kurt spalancò gli occhi e abbassò lo sguardo, ma a Blaine non sfuggì il modo in cui era arrossito, o il piccolo sorriso che non era riuscito a trattenere. Non poté davvero impedirsi di proseguire.
«In realtà “carino” non rende l’idea. “Carino” sembra qualcosa di piccolo, non credi? Tu sei bello, direi. E mi spingerei oltre dicendo che sei molto, molto bello. E dato che ci siamo direi anche che- »
«Blaine.» Kurt si avvicinò di un passo e improvvisamente Blaine sentì le sue dita fredde accarezzargli le guance. Il suo cuore cambiò ritmo e si adattò alle mani di Kurt, timorose ma stranamente decise sulla sua pelle. Si avvicinò a Blaine rapidamente, prima di poterci ripensare, e si fermò solo quando i loro nasi si stavano sfiorando.
 
«Non- non è una cosa che faccio di solito. Con le persone che ho appena- »
«Mm mm.»
L’ultima cosa che Kurt vide fu il sorrisetto divertito di Blaine, giusto un attimo prima che il non-poi-così-sconosciuto ragazzo che aveva appena incontrato gli poggiasse gentilmente una mano dietro alla nuca e lo attirasse a sé.
Le sue labbra erano incredibilmente calde contro le sue, gelide e screpolate dal freddo. Kurt non poteva saperlo, ma Blaine amava che fossero così. Amò poter girare leggermente la testa da una parte e catturare le labbra ghiacciate di quell’angelo tra le sue, sentirle mentre si scaldavano. Kurt si lasciò baciare e lo baciò finché il freddo sparì del tutto e forse anche un po’ oltre, perché quando si separarono si rese conto di avere il fiato decisamente corto. Sorrise leggermente a pochi centimetri dalle labbra di Blaine.
 
«È solo per la Vigilia di Natale, non è così? Della serie, “quello che succede la Vigilia di Natale resta nella Vigilia di natale”, o qualcosa del genere?» Blaine ricambiò il sorriso di Kurt, che sembrava fin troppo triste per essere considerato tale.
«Sì, se è quello che vuoi.» Gli occhi azzurri di Kurt si animarono di un guizzo di luce mentre guardavano i suoi, poi per un momento le sue labbra, poi di nuovo gli occhi.
«E se... Metti che non sia quello che voglio. Che cosa succederebbe?»
«Resina di acetale polivinilica.» Rispose Blaine con semplicità, godendosi l’espressione smarrita nello sguardo di Kurt. Lo prese per mano, tirandolo delicatamente verso di sé.
 
«È solo mezzanotte, abbiamo ancora un sacco di cose da fare. Ero serio quando dicevo di voler pattinare, dovrebbe esserci una pista da queste parti- »
«Cos’era quella cosa?» Blaine inarcò le sopracciglia.
«Quale cosa?»
«Quella cosa. Quello che hai detto. Resina... uhm.»
«Di acetale polivinilica.»
«Quella.» Blaine sorrise e si avvicinò a Kurt. Sopra di loro il cielo preannunciava una seconda nevicata imminente.
«È una soluzione che permette di conservare i fiocchi di neve. Ne metti uno lì dentro e non si scioglierà mai. Tra cento anni sarà ancora lì, unico e irripetibile come è sempre stato. Potrà essere visto da chiunque sia abbastanza intelligente da non lasciarsi scappare l’occasione di guardarlo, ancora e ancora, per sempre. Non sarebbe più uno spreco, non credi?» Kurt lo guardò di sottecchi.
«Mi piace questa soluzione.»
«Sì?» Kurt annuì, stringendogli a sua volta la mano.
«Decisamente sì.»
 
Blaine intrecciò le proprie dita con le sue mentre si incamminavano attraverso il parco – senza correre, non avevano fretta.
  
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