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Autore: sfiorisci    27/12/2014    4 recensioni
Forse erano proprio i fiori il problema. Nina sospendeva il suo giudizio su di loro, perché non era ancora riuscita a capire se le piacessero o no: era facile dire quanto fossero belli, così splendenti, pieni di vita, colorati e profumati al punto che la gente davanti ad essi si commuoveva, oppure si fermava a fare foto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tristi come i fiori
 
 
Le unghie mangiucchiate della ragazza tradivano la sua perenne ansia. Non sapeva da dove le veniva fuori, non sapeva da cosa fosse composta, ma l’ansia era una parte di Nina tanto quanto lo erano il suo braccio, la sua testa o le sue gambe.
Gambe che in quel momento apparivano fine − decisamente troppo fine − per reggere il peso dell’ansia provata, fino al punto da costringerla a sedersi e respirare profondamente. Non era bello, non le piaceva sentire il cuore martellare in petto e non poter fare nulla per calmarsi; aveva provato già di tutto: fare lunghi respiri, bere un sorso d’acqua, provare a distrarsi, ma era tutto inutile.
L’ansia la avvolgeva nella sua fitta rete tanto da soffocarla, non facendole vivere lo spettacolo che aveva intorno. Si trovava su di una panchina, immersa in un parco scozzese, quelli dall’erba così verde che facevano quasi male gli occhi a fissarla per troppo tempo.
Alcuni fiori erano da poco sbocciati e si facevano cullare lentamente dal vento, pretendendo di essere osservati, con tutti i loro colori sgargianti, emanando profumi inebrianti per coloro che passeggiavano tranquilli fra le dolci colline. Il cielo primaverile era di un azzurro splendente, le poche nuvole presenti vi creavano striature biancastre perfettamente intonate, quasi come se fossero state sfumature del cielo stesso. Nina era l’unica cosa che sembrava stonare con il paesaggio così armonico, un concentrato di ansie e brutti pensieri, come un punto grigio su un dipinto altrimenti pieno di colori. Stonava, eppure non aveva intenzione di muoversi da lì. Si ricordava di quando le avevano detto che sentirsi in quel modo era come avere le farfalle nelle stomaco, ma le sue preoccupazioni assomigliavano più a vespe volanti in tutte le direzioni desiderose di uscire dalla sua esile figura, le facevano così male che non sapeva cosa la facesse trattenere dal tirarle fuori e buttarle in malo modo sul prato verde e i fiori.
Forse erano proprio i fiori il problema. Nina sospendeva il suo giudizio su di loro, perché non era ancora riuscita a capire se le piacessero o no: era facile dire quanto fossero belli, così splendenti, pieni di vita, colorati e profumati al punto che la gente davanti ad essi si commuoveva, oppure si fermava a fare foto. I più belli, coloro che venivano scelti, erano staccati dal prato e portati con orgoglio nelle case, esposti in trionfali vasi, fino a quando non marcivano. Era allora che i fiori smettevano di piacere, perché sostituiti da altri e la loro bellezza, il loro colore, il loro profumo spariva, ma nessuno pensava mai a questo. Nessuno pensava mai a quando il fiore appassiva, veniva semplicemente gettato nella spazzatura, rimpiazzato da un altro appena colto, rigoglioso, che sembrava guardare il predecessore con aria di sdegno, come a voler dire “Guarda, tu sei nella spazzatura mentre io splendo in un vaso di vetro!”, ignaro del fatto che la sua fine sarebbe stata come quella del predecessore che derideva.
Com’era triste la vita dei fiori. Triste, perché passavano tutta la loro esistenza a splendere, a farsi scegliere, ad aumentare quel minuscolo ego perché una bambina sorridente li carpisse per poi esporli e finire nel dimenticatoio. Eppure loro non sembravano curarsene, continuando la loro stupida gara, sembravano dire “Prendi me! Scegli me! Voglio essere io il tuo trofeo!” ed era proprio quello il problema. Nina non capiva come mai ci si dovesse dare pena per un momento così effimero di gloria, per qualcosa che non avrebbe portato a nulla di buono.
Non lo capiva e invidiava i fiori per questa ragione: molte volte anche lei aveva provato a dare il meglio sé, sperando che qualcuno rimanesse impressionato da lei, ma non era mai accaduto nulla di simile. Aveva visto persone accanto a lei venire scelte ed essere esibite, proprio come quei fiori rari che un giorno sarebbero appassiti, mentre lei rimaneva la più anonima delle margherite, quella che non era colta nemmeno per fare un “M’ama, non m’ama”. Perché quella volta doveva essere diversa? Cosa l’avrebbe mai resa il fiore di qualcuno?
Guardare i fiori non le aveva fatto diminuire le sue ansie al contrario, se possibile, le aveva aumentate. Non ci sarebbe riuscita, non avrebbe mai potuto guardare quegli occhi color cielo di primavera e dirle che voleva essere il suo fiore preferito, quello che avrebbe messo in un vaso all’ingresso da far notare e ammirare a chiunque entrava in casa.
Sentì chiaramente il desiderio di urlare a tutto il mondo che lei non era un fiore e che non ci sarebbe mai riuscita, che ci aveva provato, ci aveva provato sul serio, ma non era mai riuscita ad esserlo. Ecco, stava succedendo di nuovo. Stava pensando ai fiori quando le sue ansie erano crollate su di lei come un’onda che si abbatte su uno scoglio, frantumando le sue certezze contro la roccia dura e infrangendo i suoi sogni, lasciando solo frammenti il cui destino era quello di spargersi nel mare. Era proprio questa la ragione per cui le sue ansie facevano parte di lei: non importa cosa facesse per allontanarle, queste tornavano insistenti per rovinarle i bei momenti.
«Ciao, scusa per il ritardo» le disse il ragazzo che attendeva, posandole una mano su una spalla. Nina sobbalzò leggermente avvertendo la pressione della mano di lui sulla sua pelle nuda e si maledì per essersi messa una semplice canottiera. Era bastato un semplice tocco per farle sentire il calore che emanava e si era sentita così nuda, come se lui sapesse indovinare ogni suo punto debole.
«Figurati» gli rispose, obbligandosi a sorridere e a tacere le voci dell’ansia che s’insinuavano nella sua testa. Era incredibile di quanto aumentassero quando lui, il Ragazzo dalla R maiuscola fosse accanto a lei.
«Mi piace questo posto, capisco perché il tuo preferito» commentò lui sedendosi accanto alla ragazza. Erano vicini, ma non tanto da toccarsi e la distanza che li separava faceva sentire Nina come se ci fosse uno sbaglio fondamentale nell’universo e la distanza era quello sbaglio. Avrebbe voluto toccarlo, abbracciarlo, scoprire se il suo volto era liscio, se la peluria che aveva sotto il mento era piacevole o se dava il solletico, ma non poteva farlo. Non sarebbe mai stata lei a fare il primo passo, era troppo preoccupata che il Ragazzo con la R maiuscola non l’avrebbe considerata il suo fiore per prendere l’iniziativa.
Così, Nina annuì semplicemente, cercando di non contemplare in maniera troppo evidente la meraviglia che aveva accanto, lanciandogli semplicemente occhiate fugaci quando i suoi fari blu erano puntati altrove mentre si tormentava le mani.
«Sembravi molto concentrata quando ti ho vista, a cosa pensavi?» le chiese. Sembrava perfettamente a suo agio, aveva un sorriso sincero stampato in volto e i suoi occhi blu erano posati su di lei, la fissavano curiosi. Nina sentiva la presenza di quegli occhi su di lei, avvertita dai suoi sensi, che le dicevano di non muoversi minimamente per non sembrare a disagio mentre la osservava.
«Ai fiori» “A come vorrei essere il tuo fiore, ma ho così tanta paura di finire appassita in un cestino, fissando sconsolata il fiore più bello che sceglierai per rimpiazzarmi”.
«Sono belli, eh? Così nel pieno della loro vita» il Ragazzo dalla R maiuscola aveva spostato il suo sguardo, ora fissava l’oggetto della loro conversazione con una certa malinconia.
Per la seconda volta, Nina non poté far altro che annuire, sperando che lui continuasse il discorso. Dopo tutto quello su cui aveva riflettuto temeva di dirgli ciò che pensava, aveva paura che lui la giudicasse strana e con qualche problema mentale.
Fortunatamente continuò.
«Mi piacciono i fiori, sono così umili. Danno il meglio di loro stessi per noi, per allietare la nostra vista e noi li ringraziamo trattandoli in malo modo, raccogliendoli e sbarazzandocene quando non servono più».
«Umili?» ripeté Nina «Io non credo lo siano. Sono egocentrici, sono belli perché vogliono essere notati, vivono di attenzioni. Sono loro che gridano a gran voce per farsi cogliere, sono orgogliosi quando vengono esibiti, così orgogliosi da non rendersi conto che la loro fine è data proprio da questa mania di mettersi in mostra».
«Davvero? Sei sicura che questa sia una loro scelta? Non credi sia colpa nostra?»
«Cosa intendi dire?»
«Siamo noi i colpevoli del loro triste destino. Li osserviamo, ne siamo colpiti, desideriamo avere la loro bellezza sempre con noi, ma averla sempre accanto ce ne fa dimenticare il valore. Così li gettiamo nel cestino e ne raccogliamo altri, sperando che ciò che ci ha fatti innamorare in precedenza ci colpisca e la storia si ripete all’infinito. Tutto per provare a sostituire la prima bellezza che ci ha impressionato».
«Stiamo ancora parlando dei fiori?» chiese Nina, senza riuscire a trattenere un sorriso. Quel Ragazzo dalla R maiuscolo le stava piacendo sempre di più, in una maniera che sarebbe risultata fatale se non avesse fatto un po’ di attenzione. Era difficile non innamorarsi di chi riusciva a capire così bene i fiori, o meglio, ciò che i fiori simboleggiavano.
«No, hai ragione, scusami. Però trovo difficile concentrarmi sulla bellezza dei fiori quando ne ho una maggiore accanto che mi distrae» rispose lui, sorridendo a sua volta.
Nina arrossì violentemente e tornò a fissarsi le mani, mentre lui rideva, affascinato dal suo imbarazzo. Le ragazze non reagivano più in quel modo ai complimenti e lei si era sempre sentita inadeguata perché lo faceva.
«N-non esagerare…» balbettò ansiosa.
«Non esagero. Vedi Nina, io non sono abituato alla bellezza, per cui mi lascio sorprendere ogni volta che la trovo. E tu sei bella, Nina, sei bella come nessun altro al mondo lo è. Non perché tu abbia i capelli lunghi o un bel fisico, ma perché sei tu. È l’insieme di te che ti rende bella».
Il colore del viso di Nina stava attraversando tutte le tonalità di rosso fino ad arrivare a quello più scuro. Lui le prese il volto fra le mani e lentamente fece combaciare il viso con il suo. Entrambi avevano gli occhi chiusi e sentivano il battito del cuore dell’altro.
Le loro labbra si sfiorarono appena, eppure il semplice tocco procurò a Nina un brivido che le percorse tutto il corpo, partendo dalla nuca fino alla punta dei piedi. Era incredibile come quel quasi bacio la facesse sciogliere tutta. Il Ragazzo dalla R maiuscola non esitava a muoversi e lei capì che se avesse voluto qualcosa di più – e lo voleva sul serio – doveva essere lei a comunicarglielo. Così si spinse più verso di lui, facendo aderire perfettamente le labbra e mettendo le mani fra i suoi capelli. Erano pieni di gel, ma a Nina non sembrava importare. Amava baciarlo, amava sentire quella sensazione e sperava con tutta se stessa che quel bacio sarebbe stato solo il primo di una lunga serie.
«Voglio essere il tuo fiore, Ed» gli sussurrò staccandosi appena.
«No, non esserlo. Sii semplicemente la mia Nina e io sarò il tuo Ed».
 
   
 
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