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Autore: Koa__    27/12/2014    4 recensioni
È un anno che è successo, è un anno che è accaduto e io ancora stento a crederlo. Spesso mi capita di sentire la sua voce ed allora mi volto credendo di vederlo, ma la mia espressione non dev’essere delle migliori quando realizzo che no, non c’è nessuno dietro di me. Perché Mycroft è morto.
[Death!Fic]
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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To die, to sleep perchance to dream
 

 
È un anno che è successo, è un anno che è accaduto e io ancora stento a crederlo. Spesso mi capita di sentire la sua voce ed allora mi volto credendo di vederlo, ma la mia espressione non dev’essere delle migliori quando realizzo che no, non c’è nessuno dietro di me. Ogni tanto, invece, mi illudo di scorgerlo nel traffico di questa Londra metropolitana, vedo un uomo vestito in impermeabile scuro e con un ombrello agganciato al braccio e mi sembra che sia lui ed allora corro e corro, fino a quando non mi rendo conto che non è possibile.

 
Mycroft è morto.


Non è più con me; come è possibile che non ci sia più? Eppure abbiamo condiviso così tante cose! Di lui mi manca anche il pessimo carattere, il suo essere manipolatore e persino le manie di controllo. Mi manca il suo genio, la sua intelligenza, la sua sagacia, ma più di tutto sento nostalgia dei suoi baci. Mi vergogno ad ammetterlo, ma ne ho scordato il sapore. Ho dimenticato anche il calore dei suoi abbracci e tante altre piccole cose, come le facce buffe che faceva al risveglio. Quando si svegliava era sempre troppo presto ed era sempre di corsa, perennemente in balia di quel suo dannato lavoro e prigioniero di una qualche crisi internazionale che lo avrebbe certamente portato via da casa per dei giorni interi. Ho dimenticato troppe cose e mi odio, mi odio per non essere riuscito a salvarlo.


Perché Mycroft è morto.
 

Toglie il fiato, l’idea che non lo rivedrò mai più. Mozza il respiro e fa girar la testa. I primi tempi, dopo il funerale, ho cercato di mantenere la calma. Mi dicevo che era tutto un imbroglio, come fece Sherlock, ma i giorni passavano e diventavano mesi e lui continuava ad essere morto ed io ero solo contro un dolore troppo grande da poter anche solo concepire. Andrò avanti con la mia vita, prima o poi lo farò e troverò qualcuno che mi voglia bene, ma non sarò mai completamente vivo. Non sarò mai più tanto felice, come lo ero quando lui stava con me. Non godrò mai più di una carezza come quando era lui a concedermela. Non amerò più nessuno come ho amato il mio uomo con l’ombrello e sarò banale, non m’importa, perché Mycroft è morto e una parte di me se n’è andata con lui.


Morto.


Non sono mai andato sulla sua tomba. John mi ha raccontato che la famiglia Holmes ha voluto fargliene una molto bella, che fosse sobria ed elegante al contempo. Mycroft non è mai stato uomo da apprezzare le pacchianerie e quando John mi fece vedere la lapide ricordo che annuii perché mi sembrò la scelta più adatta a quelli che sono, cioè che erano i suoi gusti. Sua madre addirittura mi interpellò e mi invitò a collaborare, a scegliere i fiori e cose del genere, è una brava donna e voleva che partecipassi; fui io a rifiutarmi e a rinchiudermi nel mio dolore. Non volli vedere nemmeno Sherlock! Semplicemente, mi rifiutai di incontrarlo. Era, è troppo difficile. Perché ogni qual volta che chiudo gli occhi e penso a Sherlock, mi riaffiora nella mente il ricordo del funerale e rivedo ancora quei due grandi occhi azzurri, sgranati ed umidi, le labbra contratte che si mordeva di continuo ed una postura rigida che tradiva un contegno forse impossibile da raggiungere; c’era un dolore appena accennato e fin troppo trattenuto sul suo volto, come se avesse temuto di perdere il controllo da un momento all’altro e di scoppiare in un pianto fragoroso. Quindi no, per mesi non volli vedere nessuno, presi un periodo di malattia al lavoro e mi rintanai in casa, in quello che era il mio appartamento prima… prima… prima che lui… Non ce la faccio nemmeno a dirlo. Sono lacrime quelle che ora mi rigano il volto e mi bagnano le guance per poi morirmi sulle labbra? Perché piango proprio adesso? Perché? Credevo d’essermelo lasciato alle spalle. Ero sicuro di essere pronto, eppure, ora mi trovo di fronte alla sua tomba, in questa gelida notte di fine dicembre e tutto il dolore che durante quest’anno ero certo d’aver superato, mi ritorna addosso ed è più potente che mai.


Mycroft.


Sussurro il suo nome che si perde nel vento, prima di crollare in ginocchio mentre, ancora, il mio silenzioso pianto mi solca le guance di gocce salate. Mi vergogno, ma non riesco a ricacciarle indietro. Fatico addirittura a stare in piedi, tanto che sono costretto a sorreggermi alla lapide per non cadere al suolo, ma il dolore mi soggioga e mi stringe come in una morsa fino a che, sfinito, non mi arrendo a lui completamente.


Sorreggimi ancora, Mycroft. Come quando stavi con me e la notte mi stringevi, mi abbracciavi da dietro. Sorreggimi, come quando il mattino, appena sveglio, mi sussurravi all’orecchio che mi avresti sempre protetto. Sostienimi di nuovo, ora più che mai io ho bisogno di te.


E lo fa, anche se in modo completamente differente, ma lo fa lo stesso ed è gelido e di marmo, il che è buffo perché era come tutti quanti erano sicuri che fosse: freddo e granitico. Ma lui no, non è mai stato così. Era divertente, ironico e incredibilmente dolce, anche se la dolcezza era una di quelle virtù che veniva fuori soltanto se era sbronzo. Da sobrio non mi avrebbe mai detto alcuna stramberia romantica, come era solito definire i miei slanci d'affetto. Sono contento d’averlo fatto ubriacare una volta o due, è stato bello sentirgli dire che mi amava e incontrare i suoi occhi lucidi e un po’ languidi, mentre mi sussurrava che non avrebbe mai e poi mai amato nessun altro al di fuori di me. Ho un disperato e folle bisogno di lui, voglio che mi dica quelle “stramberie romantiche” di nuovo.


Dove sei?

 
Gli parlo piano, ma non mi risponde e tutto ciò che sento è una folata di vento gelido che mi taglia la faccia. Perché sono venuto? Perché ero sicuro di aver superato il lutto, quando invece ancora respiro Mycroft e lo vivo come se fosse accanto a me? Ero sicuro che ce l’avrei fatta, che sarei riuscito a dirgli addio. L’ultimo giorno dell’anno e l’ultimo saluto all’uomo più splendido e meraviglioso che io abbia mai incontrato, e invece sono crollato a terra e tutto ciò che ho voglia di fare è dormire.


Dormi, Gregory.


E sarò pazzo, ma la voce che nella mia mente mi sussurra di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, è incredibilmente simile alla sua. Solo lui mi chiamava in quel modo, e io a dirgli che odiavo il mio nome completo e lui a ribadire che era bellissimo (come me, aggiungeva poi facendomi arrossire). Mi manca anche questo. Mi mancano la sua voce e i suoi silenzi… Non è la stessa cosa stare in silenzio senza di lui. Quelle sere d’inverno in cui mi siedo di fronte al camino con un bicchiere del suo brandy migliore e lo sorseggio mentre leggo un buon libro, mi dico che sto aspettando che torni. Ma il tempo passa e la pendola sul camino batte la mezzanotte e quando accade, come Cenerentola, mi risveglio dall’incantesimo e mi rendo conto che non c’è più nessun Mr Holmes di cui attendere il ritorno. Non è partito per un lungo viaggio, lui è… lui è m… dirlo fa male, fa ancora dannatamente male.

Voglio dormire, ho bisogno di chiudere gli occhi e di perdermi nei sogni perché la realtà è troppo dura da affrontare e
non la voglio nemmeno, affrontare. Quindi chiudo gli occhi e, come quando era vivo, a lui mi lascio andare e contro il suo forte torace dormo il sonno dei giusti. Forse un giorno supererò questo lutto e il dolore si attenuerà, ma non qui e non oggi. Ora voglio solo sognarlo e perdermi nelle mie false illusioni, nelle mie vane speranze (ne ho bisogno). E mentre il mio respiro si fa più lento, la mezzanotte scocca. È il nuovo anno, tuonano le campane e le grida festose che odo in lontananza, a quest’ora avrei dovuto dirgli addio e sarei già dovuto essere sulla via di ritorno, eppure sono ancora qui ed è il solo luogo in cui voglio stare. Con lui.


Fine
 

*Il titolo è una citazione dal monologo di Amleto, è il famoso: “Morire, dormire. Dormire, forse sognare.”

Ho scritto questa storia di getto, seguendo l’onda dei miei sentimenti quindi ci sarà di certo qualche errore, lo so.
Con questa storia, oltre che Mycroft, muore un po’ anche la mia voglia di pubblicare Mystrade. Ho scritto questa storia sull’onda di un mio malessere personale, avevo bisogno di scrivere certe cose, ma detto questo penso che mi prenderò un periodo di riflessione. Sono molto prolifica, e chi mi segue spesso lo sa, ma ho bisogno di staccare almeno per un periodo.

Auguro a chi è arrivato fino a qui un Buon Anno.
Koa
   
 
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