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Autore: Sapientona    28/12/2014    9 recensioni
Nico amava le vacanze natalizie per tre motivi principali: non doveva andare a scuola ed interagire con altri esseri viventi, poteva seppellirsi sotto una montagna di coperte ed ultima (ma non meno importante) motivazione, poteva organizzare con tutta calma le sue maratone di serie TV.
Eppure i suoi programmi verranno sbaragliati dall'arrivo di parenti che sbucano da qualche parte dell'Italia, e solo una persona può salvarlo dalle sgradite visite di zie mai viste prima che apparentemente hanno tutte il vizio di pizzicargli le guance...Percy Jackson!
Piccola FF senza pretese per strappare un sorriso:D [Percico]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi col penultimo capitolo di questa mini-long.
Vi avevo detto che sarebbe stata per puro divertimento, ed infatti...:D
Avevo deciso di non aggiornare fino alla fine delle vacanze, ma per questa storia ho fatto un'eccezzione dato che siamo in tema natalizio - beh, un po' in ritardo, ma non fa niente...^^

 

Ade non era quel tipo di persona che blaterava di continuo ai più giovani ‘ai miei tempi…’, riempendogli la testa di inutili ramanzine che loro avrebbero accantonato in una parte remota del loro cervello. Anzi, era sempre stato un padre piuttosto aperto mentalmente e comprensivo verso i comportamenti strani e ribelli dei suoi ragazzi, ripetendosi il più spesso possibile che anche lui era stato adolescente; era ciò che più si rammentava: non dimenticare mai di essere stato un ragazzino pure lui.
Aveva sempre impartito le giuste lezioni ai suoi figli – torna a casa in orario; non fare abuso di alcol; non accettare droghe, ne va della tua vita ricordatelo; usa le giuste precauzioni, aspetta il momento giusto però; non bruciare le tue tappe inutilmente. Tannto per citarne alcuni –, ma non era stato troppo opprimente, né aveva voluto sapere ogni dettaglio della loro vita amorosa.
Comunque era sempre stato contento del fatto che, e questa volta si parla solo di Bianca visto che le relazioni amorose di Nico erano pari ad uno zero tondo tondo, sua figlia fosse una ragazza seria e che non si lasciava abbindolare da tutte le stupidaggini a cui vanno dietro i giovani, come la libertà ed altre realtà assurde secondo le quali sono autorizzati ad ubriacarsi e fare sesso con la prima persona a tiro.
Quindi era stato una persona generalmente abbastanza discreta, e non si scandalizzava praticamente per nulla, ma il flirtare spudoratamente di Anna con Percy lo disgustava oltre ogni limite. Già quando era una bambina di dodici anni l’aveva inquadrata come una ragazzina tutt’altro che seria, ma si era sempre astenuto dal far commenti in presenza di sua moglie, quindi adesso non poté che averne la conferma.
Quel giorno, a pranzo, si schiarì la gola per attirare l’attenzione di tutti quanti.
«A scanso di futuri equivoci» esordì, lanciando un’occhiata di sfuggita ai due ospiti «voglio informare tutti gli ospiti di questa casa, che ci sono precise regole da seguire».
Anna e Gabriele si fecero subito attenti, mentre Percy continuò a trangugiare la sua lasagna senza farsi troppi problemi; Maria e Bianca si scambiarono uno sguardo preoccupato e curioso allo stesso tempo, mentre Nico grugnì appena senza staccare gli occhi dal piatto.
«Numero uno: niente alcol» Ade zittì i lamenti dei due italiani con un’occhiata truce «se volete rovinarvi il fegato prima del tempo, bene: fatelo quando non siete sotto la mia responsabilità. Numero due: niente ragazze o ragazzi la notte, avete capito bene cosa voglio dire».
«Numero tre?» domandò allora Anna, dato che Ade aveva smesso di parlare.
«Non esiste un numero tre» fece spallucce quello «ma state sicuri che queste due regole non possono essere trasgredite per nessun motivo…»
«Altrimenti?» domandò con curiosità ed una punta di strafottenza Gabriele.
«Altrimenti avrete modo di conoscere la parte peggiore di me» sorrise cinicamente Ade, tornando poi a mangiare «buon appetito, signori».
 
«Nico!» il richiamo di suo cugino fu gradevole quanto lo stridere del gessetto sulla lavagna.
Suo malgrado, Nico fu costretto a voltarsi e rispondere con una smorfia abbastanza carina da poter passare per un sorriso.
«Mi chiedevo dove stessi andando» il ghigno che seguì quella domanda implicita non preannunciava nulla di buono. Infatti il quattordicenne lo guardò, scettico, ponderando se fidarsi o meno di quel diavolo travestito da angioletto; con la sua finta aria da ragazzo della porta accanto poteva ingannare Percy, o forse anche sua madre, ma non lui.
«Andiamo, non sarai ancora arrabbiato per quello scherzetto?» fece, dandogli un pugno sulla spalla. Nico si portò una mano sul punto colpito e lo strofinò, convinto che forse avrebbe dovuto rivedere il significato di ‘pacca amichevole’.
«Stavo solo andando a fare un giro in giardino» allora scrollò le spalle, sospirando internamente.
«Posso venire con te?»
Aveva pensato di far finta di non aver sentito, infatti si era girato ancor prima che la domanda fosse posta, ma evidentemente non funzionò tanto bene, visto che mentre scendeva le scale sentì dei passi dietro di lui.
«Allora, cuginetto, che mi racconti di nuovo?» continuò imperterrito Gabriele, con quel suo sorriso stampato sulla bocca.
Il quattordicenne fece spallucce, cercando di mantenere la conversazione al minimo. Quindi non si preoccupò neanche di rigirare la domanda al ragazzo vicino a lui.
«E la ragazza?» fece dal nulla l’italiano. Gli occhi di Nico si fecero un po’ più scuri, dettaglio che non gli sfuggì, quindi andò a tentoni «Brutto argomento?»
Il grugno che seguì sembrò farlo tacere per un po’; si limitarono a vagare per l’ampio spazio, affondando i piedi nella neve. Poi fecero il giro della casa, ritrovandosi sul retro. Nico prese posto su un’altalena, cominciando a pensare di aver trovato un po’ di pace.
«A scuola come va?» continuò Gabriele, ritrovando l’allegria «Scommetto che sei ancora un genio».
C’era qualcosa che non andava, Nico lo sapeva. Semplicemente…sentiva la falsità in ogni parola ed in ogni gesto, come se l’altro si stesse sforzando di mettere su una recita abbastanza credibile da trattenerlo laggiù.
«Okay, basta stronzate» sputò Nico, «che cosa c’è sotto? Cosa vuoi da me?»
«Sto solo cercando di mettere su una conversazione» fece innocentemente Gabriele.
In quello stesso istante, dalla finestra della camera di Nico provenne un rumore sordo, come se qualcuno avesse spinto la scrivania contro il muro. I due cugini si scambiarono uno sguardo, e prima che il più grande potesse fermarlo, Nico si era alzato di scatto dall’altalena ed era corso su per le scale.

Aprì la porta di camera sua bruscamente, solo per trovare un Percy a metà tra l’arrabbiato e l’estremamente imbarazzato con il didietro premuto alla scrivania, ed Anna che gli batteva le ciglia con una mano sul petto.
«Adesso basta!» gridò Nico, attirando l’attenzione del resto dei familiari, che accorsero in camera per vedere che cosa stesse succedendo. Ade sembrava abbastanza preoccupato,  e con le sopracciglia aggrottate incuteva anche un po’ di timore, ma era facilmente distinguibile il guizzo curioso nei suoi occhi nel vedere suo figlio – sempre silenzioso ed abituato a mantenere un basso profilo – aizzarsi in quel modo.
Maria, da un’altra parte, era un po’ sollevata nell’aver appurato che nessuno si fosse fatto male – beh, non ancora – e decisamente allarmata dalla reazione di Nico che, troppo preso dalla rabbia, non si era accorto della presenza di un pubblico.
«Qual è il tuo problema?» fece annoiata Anna.
«Sei tu il mio problema! Non fai che tentare di abbordarlo da quando sei arrivata!» esclamò, rosso in volto, il quattordicenne «E non mi sta bene».
«La cosa non ti interessa» tentò di troncare la situazione lei, roteando gli occhi.
«Invece sì!»
«Per quale motivo?!» anche lei cominciava ad innervosirsi davanti all’insistenza del cugino.
«Perché Nico è il mio ragazzo» Percy si intromise, spostandosi di fianco all’amico e cingendogli la vita con un braccio. La stanza cadde in un silenzio profondo, rotto qualche secondo dopo dalla risata di Anna «Bello scherzo, ragazzi, siete divertentissimi!»
«Non è uno scherzo. È il mio ragazzo» constatò nuovamente Percy, assumendo un’espressione dura «spero che tu non abbia nessun problema al riguardo».
Gli occhi della ragazza si fecero subito seri, così come quelli del fratello che, Nico aveva dato un’occhiata veloce, era rimasto a bocca aperta.
«I-impossibile» mormorò lei «insomma, tu…con Nico?»
Quella domanda, pronunciata come se l’altro fosse un parassita, fece accigliare il sedicenne; la realizzazione lo colpì in pieno volto come uno schiaffo, investendolo violentemente con la realtà: Nico era stato tormentato dai suoi cugini per il suo aspetto fisico, allo stesso modo in cui veniva preso in giro dai suoi compagni di scuola.
«Sì» rimarcò nuovamente Percy, sorridendole e posando la testa sulla spalla del più piccolo «tanto difficile da credere?»
Lei emise uno sbuffo irritato, poi batté il piede a terra e se ne andò, seguita dal fratello.
«Idiota!» esclamò Nico, riprendendosi dallo shock iniziale e liberandosi dalla sua presa. Gli occhi neri erano pieni di lacrime ed odio, ma soprattutto gli mostravano quanto fosse ferito.
Il ragazzino lanciò uno sguardo di fuoco ai suoi genitori e sua sorella, intimandogli solo con quello di andarsene.
«Nico, puoi ascoltarmi per un attimo?»
Il quattordicenne si voltò verso l’altro prendendo un respiro profondo. Gli mise una mano sulla spalla, scuotendo la testa «Prima devo dirti una cosa io».
Gli fece cenno di sedersi sul letto, mentre lui rimase in piedi, bisognoso di tenersi in movimento per via del nervosismo; gli sembrava che la stanza stesse vorticando su sé stessa. ma in realtà tutto era immobile come qualche attimo prima.
E se Percy avesse reagito male?
Se non avesse più voluto vederlo, o addirittura si fosse sentito disgustato da lui?
Ripensò a tutte le volte in cui avevano dormito nello stesso letto, abbracciati, e gli era sembrato che il cuore potesse uscirgli dal petto.
Alle miriade di volte in cui era stato difeso dai bulli della scuola, ed altrettante in cui era stato portato in infermeria.
«Tu…io-» aveva la voce bloccata in gola e sentiva solamente il desiderio di scappare e non farsi mai più vedere.
Temeva ciò che sarebbe accaduto dopo.
Probabilmente suo padre gli avrebbe detto di non farne una questione di stato e di farla finita subito, così se lo immaginò, lì davanti a lui con quel suo portamento austero, e sputò tutto fuori «Mi piaci, da un sacco di tempo» confessò quindi, «no, non mi piaci…ti amo, ti amo così tanto che a volte non ragiono, come poco fa, e mi faccio prendere dalla gelosia. Ma ti prego, non sentirti disgustato…ti prometto che non ti toccherò più, ma rimaniamo amici, ho bisogno di te…»
Percy era rimasto lì, sorpreso dalla dichiarazione improvvisa. Certo immaginava che l’amico avesse una sorta di cotta per lui – come non notarlo? –, ma non poteva neanche lontanamente pensare ad un sentimento così forte come l’amore.
E poi c’era stata la disperazione nella sua voce, il terrore di perderlo. Agli occhi del sedicenne era una paura insensata, deciso ora più che mai a dichiarare pure lui i suoi sentimenti, ma quell’emozione nella voce di Nico lo fece rimanere di stucco per qualche minuto, come se avesse scoperto un lato nuovo dell’altro – uno che gli era stato tenuto nascosto – e nel provare a sfiorarlo si era scottato.
«Io non ho intenzione di andare da nessuna parte» si affrettò a chiarire accortosi che il più piccolo cominciava ad avere gli occhi lucidi, probabilmente turbato dal suo silenzio «solo che…non so se sono all’altezza, sai».
Toccò a Nico rimanere sorpreso: Percy non all’altezza?
Il sedicenne era sempre stato perfetto in ogni cosa che faceva, ed era opinione comune; tanto più agli occhi di Nico pareva un eroe, ma che potesse diventare il suo di eroe, la vedeva una possibilità remota.
«Anche tu mi piaci» confessò quindi il ragazzo con gli occhi verdi, puntandoli in quelli neri di fronte a lui «e tanto, anche. Solo non credo di esser pronto a dire ‘ti amo’…non fraintendermi, il mio è un sentimento forte, solo che ci ho messo tanto per accettare quello che provavo, che non mi sento ancora pronto».
Nico rimase in silenzio per un po’, la testa bassa.
Percy non riusciva a scorgere la sua espressione per via dei capelli davanti la faccia, e dopo cinque minuti di silenzio cominciò a preoccuparsi. Tese una mano in avanti, e proprio in quel momento il quattordicenne alzò lo sguardo; un piccolo sorrisino cominciò a farsi strada sul suo volto, poi chiese «Quindi ora stiamo insieme?»
Percy si rilassò visibilmente e rise ad alta voce, annuendo ed aprendo le braccia in un invito ad abbracciarlo.
Nico gli andò incontro, tremando leggermente, poi gli mise le braccia attorno al collo e lo strinse a sé con un sorriso sul volto. Un po’ esitante, avvicinò i loro visi e si fermò a pochi centimetri dalle labbra del più grande «Posso baciarti?»
Percy fu sul punto di ribattere, ma qualcuno si schiarì la gola sulla porta ed i due si allontanarono bruscamente, trovandosi faccia a faccia con Ade.
«Beh, ero venuto a controllare che fosse tutto apposto» disse con nonchalance, cercando di far finta di nulla «ma vedo che state bene. Vi aspetto di là, c’è qualcuno che vuole parlarti, Percy».
  
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