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Autore: music_and_life01    28/12/2014    2 recensioni
Come un demone dietro il volto di un angelo...come un angelo dietro la maschera di un demone
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Sentii un grido. Il tempo sembrava essersi fermato. Chiamavo disperatamente il nome di mia sorella. Nessuna risposta. Silenzio. Solo il silenzio assordante a rispondermi. Dovevo fare qualcosa. La luce se ne era andata quindi non vedevo gran ché. Cominciai a correre, sbattendo di tanto in tanto da qualche parte. Vivevo ancora con i miei, nella prefettura di Kyoto, che quel tempo era la capitale. Era molto isolata. Non potevo cercare aiuto. Inoltre si trovava in un boschetto, quindi non avrei mai fatto in tempo a chiedere aiuto, o meglio trovare qualcuno disposto ad ascoltarmi e ad aiutarmi, nessuno mi avrebbe mai creduta. Quando sentii un tonfo proveniente dalla mia camera, corsi subito verso essa. Spalancai la porta, ritrovandomi davanti un mostro dagli occhi color sangue e capelli color latte che si stava battendo con mia sorella. Avevano poco spazio e, se in cucina si poteva vedere pochissimo, qui non si vedeva nulla. La libreria cadde a terra, sfiorando entrambi. Io non riuscivo a muovermi, ero letteralmente paralizzata. Il mostro mi vide e si diresse infuriato verso me. Mia sorella continuava a ripetermi di allontanarmi. Niente. Non c'era niente da fare, non riuscivo a reagire: le gambe non volevano scappare, il respiro era pesante e tutti i muscoli mi stavano abbandonando. Lui era vicinissimo ed io credetti di essere già morta, ma una lunga lama gli trafisse il petto. I suoi occhi, ora, erano completamente iniettati di sangue e un rivolo ne uscì dal lato della bocca. Mia sorella mi prese la mano e corremmo verso l'uscita. Una sua lacrima si posò sulla mia guancia: stava piangendo. Io ero ancora troppo piccola e ingenua per comprendere a pieno ciò che era successo, ma non mi importava perché volevo solo andarmene da lì. Altre gocce si posarono sul mio naso, sulle guancia e sulla spalla. Eravamo già tutte bagnate prima ancora di renderci conto che stava piovendo. Sì, stava piovendo dopo mesi di siccità. Stava piovendo in piena estate, sui tetti delle case, sui gatti acciambellati agli angoli della strada. Pioveva sui dubbi, sulle paure, su di noi. Continuavo a sanguinare in silenzio, senza rendermene conto. La pioggia e il sangue erano diventati una cosa sola. Ora anche le lacrime volevano cadere. Una sola si posò sulla mia palpebra, per poi scendere fino al mento ed essere travolta dalle grandi gocce di pioggia calda. Non volevo piangere, sapevo che non sarebbe servito a nulla, neanche a consolarmi. Volevo sparire. Volevo sparire proprio come aveva fatto quell'unica lacrima che non ero riuscita a trattenere. Ancora una volta i miei pensieri tornarono su quello che era successo pochi istanti fa. Ma in quel momento dovevo solo pensare a correre il più velocemente possibile. Cademmo entrambe dallo sfinimento. Eravamo fradice, con i capelli incollati alla fronte e gli occhi che gridavano. Eravamo lontane abbastanza da fermarci e camminare. Dopo poco, lei si accorse che ero molto stanca e mi caricò sulla schiena. Non mi accorsi di essermi addormentata fino al mattino seguente quando mi risvegliai sotto l'ombra di un ciliegio. Dietro le mie spalle si poteva benissimo scorgere delle case che segnavano l'inizio della città di Kyoto. Quasi sollevata, appoggiai la guancia sulla spalla di mia sorella che al tocco sobbalzò e si svegliò. Ancor prima di aprire gli occhi mi replicò che dovevamo trovare un rifugio al più presto. Sapevo che non era tutto ciò che voleva dire. Me ne accorsi anche se non ero brava a capire né i sentimenti altrui né tanto meno i miei. -Devi dirmi qualche cosa?- chiesi con un po' di curiosità. Strinse le labbra, aggrottò le sopracciglia e mi guardò, poi sorrise. -Nulla di importante, non preoccuparti-. Essendo molto vicine, arrivammo in pochi minuti alla città. Non era mai stata molto grande anche se vi abitava molti abitanti. Le case erano graziose, con fiori ben curati e le persone sembravano felici e spensierate. Riuscimmo a trovare una casetta in breve tempo. Non era messa malissimo, anche se era un po' sporca e da un lato era completamente diroccata e lì sembrava che i muri volessero cadere da soli per essere rimpiazzati con altri nuovi. La prima notte nessuna delle due riuscì a dormire. Durante l'arco di tempo che separa il giorno dalla notte, mia sorella mi raccontò che nostro padre era una sorta di dio-demone che sposò nostra madre, una semplice umana figlia di un contadino. Alla fine provammo ad addormentarci. Dovevamo per forza dormire abbracciate. Il motivo principale era perché faceva freddo e poi ci sentivamo al sicuro solo se restavamo unite. Già dalla seconda notte cominciavo ad essere stanca nel restare in quella topaia, così decisi di partire. Lasciai mia sorella sola. Sapevo che lei non mi avrebbe mai abbandonata, ma il fatto era che mi mancava molto casa nostra. Aprii la porta il più delicatamente possibile per non farla cigolare. La chiusi dietro di me, ma appena feci due passi sentii lo stesso grido di quella notte. Mi fiondai subito dentro la casa, ma non vidi nessuno. Andai in cucina, che era anche la camera da letto, e vidi due uomini difronte a mia sorella che impugnava una katana. Non sembravano mostri ed erano abbastanza tranquilli. Uno si girò ma prima che potessi vederlo svenni, anche se non completamente. Ero abbastanza in me quando una voce maschile sussurrò vicino al mio orecchio -Da grande diventerai una grande guerriera. Tu vendicherai tua sorella, i tuoi genitori e la nostra specie-. Pochi secondi dopo percepii una sensazione di freddo e di caldo contemporaneamente. Qualcosa di tagliente mi perforò il collo. Tutto intorno si tinse di rosso. E poi, il buio. Al risveglio non ricordavo più nulla, solamente qualche parola buttata a casaccio. Ero confusa e spaventata. Mi girava la testa e non sapevo che cosa fare. Tentai invano di alzarmi. Non avvertivo più la sensazione di avere né gambe né braccia. Quando mi ripresi, uscii a cercare qualcuno disposto ad aiutarmi. Chiedevo ovunque. Nessuno ci fece caso fino a quando una voce gentile mi chiese se stavo cercando qualcuno. La voce sembrava che facesse l'eco nella città. Probabilmente era una mia percezione, dato che ero ancora confusa. Mi girai e vidi un signore. Era sia di corporatura che di statura minuta; indossava una divisa celeste e bianca e portava due katane al fianco sinistro; aveva capelli corti raccolti in una coda ed occhi marroni. Senza troppi giri di parole, gli dissi che stavo cercando mia sorella maggiore di nome Reina. Andammo in un Quartier Generale con un casato. Quando entrammo dal portone d'ingresso degli uomini si stavano allenando nel cortile con le katane di legno. Il signore chiese il mio nome che lo ripeté non appena glielo dissi. Lui non mi disse il suo ma mi portò nella sala da tè dove me ne offrì una tazza. Lo rifiutai e affermai che volevo SOLO ritrovare Reina. Mi chiese di descriverla. -Ha dei capelli rosso fuoco e i suoi occhi sono capaci di penetrarti l'anima-. Purtroppo non l'aveva né vista e neanche sentita nominare. Mi soffermai a guardare gli allenamenti, prima di andarmene, quando notai un'ombra dietro al casato. Andai a vedere. Inizialmente non vidi nessuno, ma dopo mi accorsi di un bambino, più o meno della mia stessa età, seduto su dei gradini con la testa tra le mani. Gli andai accanto. Sembrava che non si fosse accorto della mia presenza, ma dopo un po' alzò la testa e mi squadrò con i suoi grandi occhi, facendo anche una smorfia. Non capivo cosa avesse tanto da guardare, ero solo seduta accanto a lui. Mi chiese il mio nome. Io gli ribattei la domanda. -Il mio nome è Souji e ho otto anni-, mi rispose con sincerità. Poi mi ripropose la domanda, chiedendomi anche il perché mi trovassi in un posto del genere. -Sono Akira. Ho sette anni-. Aspettai qualche secondo di troppo. -Mia sorella mi ha lasciato qui quando avevo quasi sette anni. Non riusciva più a mantenermi da sola-. Rimasi scioccata. -Io sono venuta per trovare mia sorella, Reina. Ma perché da sola, non hai genitori?-, chiesi con una curiosità innocente. -Mio padre era un samurai, è morto in guerra. Mia madre stava male-, era sincero. La sua era una storia tristissima, ma dovevo continuare a cercare mia sorella, quindi non potevo aspettare; lo salutai e andai a cercarmi una nuova sistemazione. Ne trovai una al centro della città: era tutta rosa e fiori. Sinceramente non mi piaceva gran ché, ma almeno era confortevole, e non come quella diroccata. Non riuscivo più a smettere di pensare a mia sorella. ....NOVE ANNI DOPO..... I giorni passarono, e anche gli anni. Ritornai nella capitale dopo il lungo viaggio che avevo affrontato. Esattamente come non c'era nulla della vecchia, genuina, voglia di rivedere il Giappone. Però, in un certo senso mi mancavano i ciliegi di Kyoto e i kimoni di seta dai colori abbaglianti e vivaci. Avevo un solo sogno, un solo pensiero, una sola ossessione: volevo ritrovare Reina e vendicare i miei genitori. Con il passare degli anni compresi che mia sorella sapeva che tutto era previsto. Ripresi la strada verso Kyoto. Montai in sella al mio cavallo nero di nome Kato. Ero intenzionata a cambiare il destino.
   
 
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