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Autore: vali_    28/12/2014    2 recensioni
[SPOILER 6x18 “LA FINE”]
La fine di Jack è arrivata e, visto che ha finito col convincersi che è stato il destino a portarlo lì, vuole almeno scegliere il luogo dove morire, lo stesso dove è atterrato nell’ormai lontano ventidue settembre duemilaquattro.
Un mio piccolo omaggio al finale di una serie intramontabile.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: At least, it was all about fate and destiny
Personaggi principali: Jack Shephard
Collocazione temporale: 6x17 – 6x18 “La fine”
Genere: Introspettivo, Drammatico
Avvertimenti: Nessuno 
Note: Salve a tutti! :)
So di essere nuova in questo fandom e voglio entrare proprio in punta di piedi, con una cosina piccina picciò.
Il giorno di Natale, mi sono rivista il pilot di Lost e, parlandone con un’amica che è una fan sfegatata, mi è venuto fuori lo spunto per questa piccola flashfic.
Non riuscivo a togliermi dalla testa l’idea che Jack è letteralmente andato a morire nello stesso posto dove si è ritrovato all’inizio del telefilm e quindi… eccomi qua.
Se qualcuno passa da queste parti ed ha intenzione di lasciare un salutino a me fa di certo piacere ^^ e se non volete farlo, pazienza, ma quello che vi auguro, visto che siamo in aria di festa, è di passare un buon anno, magari migliore di quello che sta per terminare ;) 
 

At least, it was all about fate and destiny
 

«I’ll do it. This is why I’m here? This is… this is what I’m supposed to do?»
«Is that a question, Jack?»
«No».

(Jack and Jacob in “What they died for”)

 

Cammina lentamente, le mani a premere sulla ferita al fianco e le gambe stanche, pronte a cedere, ma cerca di resistere con tutta la forza che gli è rimasta; è quello che fa da quando si è risvegliato sulla riva di quel fiume, bagnato di acqua e sangue.
 
Respira, Jack Shephard, l’aria che entra nei polmoni e sembra voler squarciare la pelle già lesa; respira forte e si guarda intorno, reggendosi ad uno dei bambù di quel campo che lo ha accolto al suo arrivo.
 
Non è tra le rocce di un fiume che vuole lasciarsi morire. Deve essere in quel campo, dove tutto è iniziato, dove la sua vita ha acquistato un senso profondo, anche se ci ha messo parecchio a realizzare quale fosse.
 
Si guarda intorno; non è cambiato molto da quando è precipitato in quella terra desolata, misteriosa e a volte incomprensibile che, con un linguaggio tutto suo, ha saputo parlargli, alla fine. Il campo è sempre lo stesso, solo meno fitto e più luminoso di quando si è svegliato – spaventato e ansimante – quel lontano ventidue settembre; è lui ad essere diverso, ad aver intrapreso un viaggio che lo ha portato fino a qui, un’ultima volta.
 
Le gambe gli cedono e le lascia vincere, sconfitto e affaticato, sdraiandosi al suolo. Continua a premere sulla ferita e sente un abbaiare avvicinarsi alle sue orecchie. Volta la testa e sorride quando Vincent gli è accanto; allunga una mano per accarezzarlo e lui, docile, lo annusa, sdraiandosi poi al suo fianco, quasi a voler aspettare la sua fine, a fargli compagnia nel momento della sua dipartita.
 
Vivere insieme morire soli, un detto sbagliato che lo ha accompagnato per tutta la vita. Jack non è mai stato solo da quando è piombato su quest’isola e non lo è nemmeno adesso che sta per lasciarla per sempre.
 
Respira, sempre più a fatica, la bocca schiusa e le mani abbandonate in grembo che non hanno più la forza di provare ad arginare il sangue che scorre lento fuori dal suo corpo.
 
Guarda verso l’alto: il rumore del Boeing 737 [1] gli arriva alle orecchie, tenendo viva la sua attenzione, e Jack lo osserva solcare i cieli con un sorriso.
 
Un’altra delle convinzioni popolari è scardinata: non si rivivono i momenti salienti della vita vissuta quando stai per morire. Jack sente solo il sollievo di aver portato a termine la sua missione: aver salvato l’isola ed essere riuscito a rispedire a casa chi ama.
 
Ha passato giorni – lunghi come l’eternità in quell’isola sperduta – a discutere di sorte e fato con Locke e, a quanto pare, era lui ad avere ragione. E’ sempre stata una questione di destino. Le sue scelte sono valse a poco considerando dov’è adesso, sdraiato a terra in un campo di quell’isola di cui si è detto custode finché sarebbe stato in grado di farlo [2] e, ora che certamente non lo è più, può chiudere gli occhi e smettere di lottare e il cerchio può finalmente chiudersi.
 


[1] Il Boeing 737 della compagnia aerea Ajira Airways è il mezzo di trasporto utilizzato da Jack, Kate, Hurley, Sun, Sayid, Ilana e Ben, il famoso volo 316 che li ha riportati sull’isola.
[2] Sono le parole, leggermente cambiate, di Jacob quando fa bere l’acqua a Jack, affidandogli il compito di proteggere l’isola. 

  
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